Si è chiamato, questo, il socialismo nella "marcia al potere", fiducioso nella logica del progresso; il "socialismo fuori dal tempo"(1). Si trattava in realtà di un socialismo abbandonato alla corrente del tempo, di un appiattimento della lotta politica a vantaggio di un determinismo sociologico.
Lo strumento privilegiato dell'esperienza propriamente politica è il partito; la sua mediazione collega la strategia e la tattica, in un tempo che non è più quello, omogeneo e vuoto, dei progressi e della pazienza elettorale, ma quello pieno, contorto, ritmato dalla lotta e lacerato dalla crisi [...]
Il partito è quindi l'elemento di continuità nelle fluttuazioni della coscienza collettiva. La storia non è la marcia trionfale di qualche forza tranquilla verso uno svolgimento garantito, ma è un complesso di lotte, di crisi, di rotture. Il partito non si accontenta di illuminare un processo organico e naturale di emancipazione sociale, ma è costitutivo di rapporti di forza, generatore di iniziative, organizzatore della politica, non coniugata al futuro semplice ma al futuro anteriore. E', in altri termini, l'organizzatore di durate diverse, la condizione di un pensiero strategico che supera l'orizzonte immediato della tattica politicista quotidiana, contingente, priva di principi.
[...] la parola d'ordine che, secondo Tucholsky, riassume il vero atteggiamento politico di Lenin: "Siate pronti!". Pronti all'imprevedibile, all'improbabile, all'evento.
Che si tratti di rappresentanza, di organizzazione o di strategia, il pensiero politico di Lenin è elaborazione di una specifica temporalità che culmina nella comprensione delle crisi, delle guerre e delle rivoluzioni, dei momenti insurrezionali decisivi.
Il tempo lineare del progresso sembra operare in favore della socialdemocrazia che guadagna terreno e strappa posizioni istituzionali, ma nello stesso tempo secerne una pesante burocrazia conservatrice, la cui sorte diviene dipendente dallo Stato.
Lenin individua, primo con questa chiarezza, la nozione strategica di "crisi rivoluzionaria". In alcune circostanze particolari ed eccezionali, lo Stato diviene vulnerabile, l'equilibrio delle forze si fa critico. Non importa quando: in ogni lotta c'è un ritmo, vi sono pulsazioni, battiti che la nozione di crisi permette di concepire: "Ogni sfasatura dei ritmi provoca effetti conflittuali, squilibra e sconvolge, può provocare una lacerazione nel tempo, che va riempito con un'invenzione, con una creazione. Per l'individuo, come per la società, questo avviene solo attraverso una crisi"(2).
La politica parlamentare conosce una sola dimensione temporale, il susseguirsi monotono delle sessioni e delle legislature, mentre il tempo delle rivoluzioni è concentrato su se stesso. Succede allora che "mesi di rivoluzione educano meglio e più compiutamente che decenni di marasma politico"(3). Nel 1905, Lenin segue Sun Tzu nell'elogio della prontezza. Bisogna cominciare "al momento opportuno", "su due piedi", "costituire dappetutto e subito, gruppi di combattimento".
Nelle crisi rivoluzionarie, più tempi si intrecciano e si mescolano: la rivoluzione in Russia non è il semplice prolungamento o sviluppo ritardato della rivoluzione borghese, ma "l'accavallarsi" di due rivoluzioni.
Quest'idea che riassume lo spirito delle famose Tesi d'aprile (1917) deriva logicamente dallo sviluppo ineguale e combinato dello spazio-tempo di un'epoca.
La politica appare allora modellarsi di ritmi e rilievi. L'arte della parola d'ordine è quella della congiuntura: che la catastrofe possa essere evitata dipende dall'intuizione di un momento. La parola d'ordine valida ieri non lo è più oggi, ma potrebbe ridivenirlo domani.
L'elaborazione di questa problematica nel corso di anni di guerra e di opposizione all'ortodossia regnante sono, in Lenin, collegate alla rilettura della Logica di Hegel [...]
Ma perchè la crisi possa portare a una vittoria [...] un elemento [...] un progetto e una volontà politica capace di cogliere l'istante critico tra i molti possibili. Il partito [...] elemento centrale del dispositivo strategico. Strategia significa decisione, progetto, rapporto di forze. L'educazione ne è un aspetto. Ma significa anche battaglie, prove in cui il tempo non scorre in modo uniforme, ma in cui vale il doppio, il triplo.
[...] precarietà dell'istante [...] La scelta del momento è cruciale [...] Il tempo non è indifferente e occorre cogliere il momento.
[...] Lenin [...] elabora la propria temporalità: quella di un tempo spezzato.
La burocrazia sogna di tenere l'evento nelle sue mani, attende senza sorprese l'arrivo di quel che è previsto e non pensa che potrebbe non arrivare. Il rivoluzionario afferra l'evento in potenza nel corso della crisi. Nel momento della decisione si manifesta una presenza.
L'evento irrevocabile inaugura situazioni radicalmente nuve in cui "la nostra eredità non è preceduta da alcun testamento", perchè l'evento stesso illumina le condizioni della sua comparsa. Per questo la rivoluzione costituisce, secondo Hannah Arendt, il "vero evento, la cui grandezza non dipende dalla vittoria o dalla sconfitta".
(1) Il riferimento storica diretto, nel testo, è all'ortodossia kautskiana - ma, evidentemente, l'indicazione teorica è più ampia. (N. d. Tc)
(2) Henri Lefebre, Elements de rytmanalyse
(3) Lenin, Opere VIII
Daniel Bensaid
in Il partito per agire nel possibile, (in Lenin, il partito e la rivoluzione), Milano 1997, pp. 29-48
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