Giovanna Pajetta Roma
il manifesto del 23 Novembre 2006
Un'ora e mezza di fiction mescolata a realtà sui brogli del cavaliere. Anteprima a Roma di «Uccidete la democrazia» Giovanna Pajetta Roma Il corpo della vittima viene scoperto, come in ogni giallo, a metà del film. Con dati, tabelle e grafici, la giovane giornalista racconta l'incredibile mistero delle elezioni di aprile. Ovvero la scomparsa in tutta Italia di più di un milione di schede bianche (per la precisione si è passati da 1.692.000 a sole 445.497). Non solo, a instillare il dubbio che davvero ci sia stata un'unica mano assassina, ecco scorrere davanti ai nostri occhi un paese che per la prima volta si muove all'unisono. Tutte le regioni, che si tratti della regina delle bianche, la Campania (8,8 per cento 5 anni fa), o del più mite Piemonte registrano lo stesso dato: chi è andato alle urne ma non ha fatto nessuna croce è ormai una rarità, vale l'1, al massimo il 2 per cento dell'elettorato. Peccato però che, quando dopo un'ora e mezza scorrono i titoli di coda di «Uccidete la democrazia», del colpevole non ci sia traccia. O meglio, per rimanere nella letteratura di genere, l'unico accusato credibile è il solito maggiordomo. Al centro delle polemiche ancor prima di essere stato proiettato, sommerso dai veleni degli amici di Silvio Berlusconi (il maggiordomo in questione), il «docutriller» di Enrico Deaglio e Beppe Carmagnani vuole essere un film inchiesta. Il direttore del Diario ha ricostruito passo passo la storia di quella che forse è destinata a rimanere una leggenda metropolitana. Fin dalla notte dei risultati, quando i dati non arrivano, il quartier generale diessino si inquieta e manda Marco Minniti al Viminale, tra la folla che attende la vittoria dell'Unione a piazza Santi Apostoli cominciano a circolare le voci sui brogli. Poi, a urne chiuse, sarà proprio Berlusconi a brandire l'accusa più infamante. Nulla di nuovo, visto che da anni, sia che vinca sia che perda, il cavaliere dice che la sinistra «è maestra in queste cose». Questa volta però forse strilla tanto per coprire le sue malefatte, come ipotizza già a maggio un instant book intitolato per l'appunto «Il Broglio». Rigorosamente anonimo, e decisamente fantapolitico, diventa oggetto di un interpellanza a Giuliano Amato della margheritina Dorina Bianchi. Nessuno le risponde, ma Deaglio e Carmagnani si mettono all'opera. Per intrattenere lo spettatore finiranno per mescolare fin troppo realtà e fiction (citazioni di Marylin Monroe e Alberto Sordi, un attore trasformato in «gola profonda»). Il tutto condito da una buona dose di antiberlusconismo doc (con ripescaggio dei guai processuali di Dell'Utri e Previti). Ma il vero guaio è che la loro tesi, un broglio telematico organizzato da Beppe Pisanu e dallo stesso Berlusconi non sta in piedi. E' vero che un precedente c'è, negli Stati uniti un programmatore si è autodenunciato per aver inventato l'apposito software sposta voti. Intervistato, Clint Curtis, spiega quanto sia facile, soprattutto se invece di voti validi si manipolassero delle schede bianche. Peccato che in Italia manchi l'elemento chiave, ovvero il voto elettronico. «Ma le prefetture trasmettono i dati via intranet» replica sicuro Deaglio. Al Viminale e la notte dei risultati. Ma in realtà, sostengono sul Corriere Taradash e Calderisi, non è lì che si vede il risultato di un' elezione. Quello autentico, giuridicamente valido, viene proclamato infatti qualche giorno dopo dagli uffici elettorali delle Corti d'appello e di Cassazione. Dove i voti vengono contati non su un computer ma sulla carta dei verbali di ogni singolo seggio elettorale.
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