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La mia antipatia per Google è ormai fatto noto, tuttavia rimango perplesso nel leggere gli effetti della legge sull’editoria. Il filmato del pestaggio di un diversamente abile, girato in una scuola e finito in Internet, procura noie legali al famoso motore di ricerca. Il reato è di diffamazione. L’omesso controllo sul materiale pubblicato dagli utenti conduce Google in tribunale. libri2_internet.gifC’è da dire che la legge sull’editoria vige solo nel nostro Paese, dove l’alfabetizzazione informatica è ancora limitata. In genere chi fa le leggi sull’informatica nemmeno sa cosìè un computer. Lo sviluppo tecnologico multimediale si è evoluto così in fretta da non permettere un’opportuna competenza a tutti i cittadini. Accusare Google di diffamazione per reati commessi da altri è come accusare Telecom di truffa se un cittadino carpisce la buona fede di un altro usando la linea telefonica. La logica è la stessa.
La legge sull’editoria è inadattabile alla rete Internet che, come tutti sappiamo, è una sorgente aperta. Se un utente entra sul vostro sito e vi scrive una frase inopportuna, che colpa potete averne? Del resto nessuno può controllare 24 ore su 24 i contenuti inseriti da terze persone.
Tutto da rivalutare
Marco Dimitri
da Tgcin :
Video disabile, Google indagata Diffamazione per legali rappresentanti
La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati i due legali rappresentanti di Google Italy nell’ambito dell’inchiesta avviata sul video shock girato ai danni di un giovane disabile. Entrambi gli indagati sono americani. I reati contestati sono quelli di concorso omissivo nel reato di diffamazione a mezzo internet. Estesa anche su Google la normativa sulla stampa.
Le indagini ora puntano ad accertare la reale disponibilità dei legali rappresentanti di Google Italy del server attraverso il quale passano i video. I due indagati sono cittadini statunitensi che si sono alternati, a cavallo del periodo interessato dai fatti interessati in qualità di rappresentati di Google Italia. Il reato di cui sono accusati ricalca la normativa riguardante l’omesso controllo da parte dei direttori di testate giornalistiche riguardo ai contenuti pubblicati.
L’inchiesta è nata dalla denuncia presentata in Procura dal legale dell’associazione Vividown, l’avvocato Guido Camera, che ipotizzava il reato di diffamazione aggravata a danno dell’associazione in quanto, all’interno dei video pubblicati su Google, uno dei giovani protagonisti pronunciava frasi denigratorie nei confronti di down.
“E’ un passo avanti molto importante perché può contribuire a mettere chiarezza nel mondo di internet”, ha detto l’avvocato Guido Camera, che difende l’Associazione Vividown. “Si tratta di una decisione corretta in punto di diritto e di fatto”, ha spiegato l’avvocato che, nei giorni scorsi, ha presentato al pm Francesco Cajani una corposa memoria in cui, in sostanza, si sostiene l’equiparazione dei responsabili legali di un portale internet come Google ai direttori responsabili delle testate giornalistiche, i quali rispondono di omesso controllo nel caso in cui, sugli organi di stampa che dirigono, vengano pubblicati contenuti diffamatori.
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