Una ricerca del programma ambientale dell'Onu mette sotto accusa gli scarichi industriali nel Mediterraneo. Inquinanti decine di volte sopra i limiti dell'Oms. A rischio le risorse ittiche
L’apporto di inquinanti nel Mediterraneo da parte di insediamenti industriali è ancora molto sopra i livelli di guardia. Lo rivela un rapporto Unep presentato al Cairo, nell’ambito della conferenza euro mediterranea. Sempre al cairo è stato siglato l’accordo Horizon 2020 che stabilisce un piano d'azione a breve, medio e lungo termine per arginare l'inquinamento del Mediterraneo. L’accordo prevede la realizzazione di infrastrutture nei paesi del nord Africa, come impianti di depurazione, reti fognarie delle maggiori città costiere e monitoraggio costante dello stato di salute delle acque marine.
Dalla ricerca emerge che fosforo, azoto, metalli pesanti, idrocarburi, sono alcune delle sostanze inquinanti che superano di decine di volte i limiti previsti dall'Organizzazione mondiale per la sanità (Oms).
I risultati sono stati illustrati da Paul Mifsud, coordinatore generale Unep/Map, e dal ministro italiano dell'Ambiente italiano Alfonso Pecoraro Scanio. Il rapporto ha monitorato 9.400 industrie costiere del bacino del Mediterraneo che eliminano le loro acque reflue direttamente in mare; i dati sono stati forniti dai 21 paesi rivieraschi che aderiscono alla Convenzione di Barcellona.
Sul banco degli imputati le raffinerie di petrolio, fonti della quasi totalità di sversamenti di idrocarburi (98.9%), fenoli (99.5%) e in parte anche di cadmio (42%). Seguono quelle metallurgiche, che rilasciano zinco (98.8%), oli e grassi (85%).
Gli allevamenti industriali, invece, sono i maggiori responsabili dell'inquinamento da fosforo (94%), mentre l'industria manifatturiera dei fertilizzanti si distingue per l'inquinamento da mercurio (98.8%). Chimica e industria della carta causano, rispettivamente, i maggiori sversamenti da piombo (55.7%) e da organocloruri (96.2%).
I rischi per la salute umana derivano dalla contaminazione dei pesci che poi finiscono sulle nostre tavole. A destare maggiore preoccupazione i metalli pesanti come mercurio e piombo che si accumulano nei tessuti grassi degli animali marini.
Disfunzioni renali, danni al sistema riproduttivo, nervoso, a polmoni, pancreas e stomaco, tumori sono solo alcuni dei possibili effetti sull'uomo di una eccessiva esposizione a metalli pesanti.
Lo stesso vale per le sostanze tossiche persistenti e gli inquinanti organici persistenti, di lunga permanenza nell'ambiente, come idrocarburi, organocloruri e fenoli. "La ricerca dimostra che c'è necessità di interventi urgenti sul Mediterraneo - ha commentato Pecoraro - di un controllo rigoroso per quanto riguarda i siti industriali costieri e l'agricoltura".
Il ministro ha chiesto anche ''un controllo rigorosissimo del traffico delle navi commerciali, aumentato moltissimo sotto la spinta dei commerci indiani e cinesi, che attraversano lo stretto di Suez e passano per Gibilterra. Vanno previsti i doppi scafi, previsto l'uso dei biorcarburanti, controllati i lavaggi cisterna, verificato il transito delle navi con rifiuti tossici. Il Mediterraneo oggi registra la presenza di una quantità di catrame pelagico superiore a quella del Giappone e del golfo del Messico. E anche sulle navi da diporto va perseguita una politica di mobilità sostenibile''.
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