COMUNICATO STAMPA del Comitato per la difesa del Clitunno
Allegata in fondo la petizione popolare su cui e’ iniziata la raccolta di firme.
AFFOLLATA ASSEMBLEA A CASCO DELL’ACQUA
PARTE LA RACCOLTA DI FIRME PER LA DELOCALIZZAZIONE DELLA “UMBRIA OLII
Si è svolta ieri sera, nella sede del Circolo Arci di Casco dell’Acqua, la partecipata assemblea pubblica promossa dal Comitato per la difesa del Clitunno. L’ordine del giorno era far partire la raccolta di firme per chiedere la delocalizzazione della Umbria Olii e riflettere sul disastro del 25 Novembre, sottolineando in particolar modo l’inadeguatezza degli interventi di soccorso al di là della retorica istituzionale sulla “perfetta efficienza” dei lavori di bonifica dopo la strage.
Più di 50 persone erano presenti al dibattito e quasi tutti gli interventi hanno prima di tutto reso omaggio alle quattro vite scomparse, sacrificate sull’altare del profitto di una fabbrica che il Comitato aveva qualificato come “fabbrica della morte” già il 1° marzo 2006 beccandosi denunce e perquisizioni.
Sono anni che ci siamo fatti profeti di sventura e che abbiamo denunciato il pericolo che rappresentava la Umbria Olii come autentica bomba ad orologeria pronta ad esplodere causando danni irreparabili all’ambiente circostante. Ma siamo stati sempre cassandre inascoltate. Ora che la bomba è di nuovo esplosa, provocando lutti e tragedie famigliari, i rappresentanti delle istituzioni piangono lacrime di coccodrillo ma nessuno di essi si è degnato di fare “mea culpa”, di iniziare una seria autocritica rispondendo agli inquietanti interrogativi che tutti si pongono in queste ore e che l’assemblea ha rilanciato.
Primo: come faceva un sito industriale ad alto rischio come la Umbria Olii ad essere ubicata nel mezzo di un centro abitato e a due passi dalle decantate Sorgenti del Clitunno?
Secondo: perché le istituzioni preposte (Asl e ARPA in primo luogo) non hanno mai effettuato controlli adeguati andando alla ricerca di quelle sostanze illegali (probabilmente trielina) quasi certamente utilizzate nel ciclo industriale della Umbria Olii e che hanno forse fatto da detonatore all’esplosione?
Terzo: Come mai più volte il Consiglio di Stato e il Tar hanno fatto riaprire la Umbria Olii ponendosi in contrasto con la saggezza e il buon senso popolare?
Ci siamo sentiti rispondere: “ le normative vigenti, a causa della deregolamentazione degli ultimi anni, consentono alla Umbria Olii come a tutte gli inquinatori di pagare una multa di diecimila euro e riaprire dopo aver provocato immensi danni all’ambiente”. Ma è qui il punto decisivo su cui i politici non possono glissare: sono le leggi dei governi nazionali e regionali che sono alla base dell’ennesima strage sul lavoro e sull’ambiente. Questo sì è detto all’assemblea: non bastano i fiori sulla fabbrica ci vuole una svolta radicale delle politiche sul lavoro e sull’ambiente. Qui a Campello un primo segno tangibile di questa svolta, un primo passo deve essere la delocalizzazione della “Umbria Olii”, la bonifica del Clitunno e la sua trasformazione in un parco Fluviale.
Si trattava anche di smentire l’assessore regionale Riommi il quale a poche ore dal disastro, come volesse coprire le vere responsabilità politiche, se ne è uscito raccontando che la “Umbria Olii” usa sistemi meccanici di produzione dell’olio. No caro Assessore, la Umbria Olii non è un frantoio! E’ invece “all’avanguardia” in Europa nella raffinazione chimica degli scarti della produzione di olio di oliva. E nella raffinazione vengono usati tutti quegli elementi chimici altamente infiammabili che hanno fatto forse da propellente all’esplosione.
La maggior parte dei partecipanti hanno insistito sul fatto che è stata una strage annunciata e che gli interventi per mettere in salvo il Clitunno sono stati tardivi ed inadeguati. Si poteva chiudere immediatamente la “Fossa nuova” (una vena d’acqua sorgiva divenuta ormai un grande tombino da cui gli scarichi industriali si riversano sul Clitunno) con la sabbia ma si è aspettato troppe ore e così centinaia di tonnellate, non di olio, ma di liquami di scarto preraffinati, si sono riversate nel fiume sacro. E’ vero, parte di queste sostanze sono state riassorbite dalle idrovore ma la gran parte sono finite nel fondo del fiume, creando una coltre limacciosa avvinghiata alle alghe e al fango.
In chiusura sono emersi altri inquietanti interrogativi su cui le indagini dovranno far chiarezza. All’interno della Umbria Olii sono presenti pozzi illegali da cui l’azienda prelevava acqua per il suo ciclo industriale. Quanta robaccia vi è finita dentro? Le falde acquifere di Campello sono state contaminate?
L’assemblea si è chiusa lanciando a gran voce la petizione popolare e auspicando che almeno questa volta le istituzioni facciano il loro dovere perseguendo penalmente i colpevoli del disastro e facendo seguire i fatti alle troppe promesse.
Trevi -Campello 29/11/2006
Comitato per la difesa del Clitunno
PETIZIONE POPOLARE
PER LA CHIUSURA E LA DELOCALIZZAZIONE DELLA “UMBRIA OLII”
La Tragedia del 25 Novembre, che è costata la vita a quattro operai, l’ennesimo scempio dell’ambiente e la perdita di nuovi posti di lavoro impone una svolta decisiva e netta nelle politiche regionali sulla sicurezza del lavoro e la salvaguardia dell’ambiente. Guai a quei rappresentanti politici che, dopo aver sulla coscienza la responsabilità del disastro non sappiano invertire la rotta. Con questa petizione chiediamo la messa in sicurezza di Campello e la salvaguardia del Clitunno attraverso un primo passo concreto la: DELOCALIZZAZIONE DELLA “UMBRIA OLII”. Questa fabbrica della morte, questa autentica bomba ad orologeria che è esplosa a più riprese decretando la soppressione di vite umane, della flora e della fauna del Clitunno non può essere ubicata a due passi del centro abitato e a ridosso del sito naturalistico più importante dell’Umbria. Il depuratore non basta occorre la delocalizzazione della fabbrica. La prossima tragedia non sarà solo annunciata ma volontariamente perseguita!
NOME E COGNOME RESIDENZA FIRMA
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