Siglato a Kathmandu l'accordo che mette fine alla guerra civile.
Conflitti dimenticati Pace, il Nepal arriva in vetta
> Martino Nicoletti [Il Manifesto] Siglato a Kathmandu l'accordo che mette fine alla guerra civile. E al medioevo politico nepalese. Dopo dieci anni di combattimenti e 13mila morti il capo del governo Koirala e il leader guerrigliero maoista Prachanda firmano il patto che conclude la lotta armata, caccia in modo definitivo il sanguinario re Gyanendra e convoca nuove elezioni.
L'ultima teocrazia del pianeta adesso и proprio finita. Ieri sera a Kathmandu il capo del governo Koirala e il leader guerrigliero maoista Prachanda hanno firmato l'accordo che mette fine alla guerra civile in Nepal. Ha insanguinato le montagne dell'Himalaya per dieci anni, ha fatto circa 13mila morti, ha finito per spodestare l'ultimo monarca del mondo che racchiudeva nella sua persona il potere politico, militare e religioso del paese, quel re Gyanendra asceso al trono sul sangue dei suoi stessi parenti, massacrati a colpi di mitra in una strage compiuta a corte da un nipote che dissero impazzito, che provт a chiudere il parlamento e venne sepolto dalla rivolta guerrigliera che scese dalle montagne e dalla rivolta civile che nell'aprile scorso riempм di barricate la cittа. Giа da maggio il re era stato messo in disparte. Ora il patto prevede che la guerriglia deponga le armi, nuove elezioni, un parlamento di 330 seggi (73 dei quali per i maoisti) e una assemblea costituente.
L'ultima pagina del Nepal ha cominciato a essere scritta lo scorso maggio. I sette partiti della coalizione democratica (Spa), capeggiata dall'ottuagenario Koirala, non appena proclamata la caduta della monarchia si trovarono di fronte a due imbarazzanti interrogativi: cosa fare dell'appena destituito re e, soprattutto, come agire nei confronti dei maoisti del Communist party of Nepal (maoist) capeggiati da Prachanda.
I colloqui portarono in tempi ragionevolmente brevi alla definizione di un accordo in otto punti, che apriva la strada alle trattative formali che ultimamente hanno permesso allo stesso Prachanda di uscire dalla clandestinitа e di iniziare a pianificare, assieme al governo, l'elezione della costituente. Di lм, come и naturale, i primi colloqui riguardanti il futuro disarmo della guerriglia maoista sotto il controllo degli osservatori Onu e il conseguente convogliamento delle truppe maoiste entro le fila dell'esercito regolare. Questi programmi di intesa hanno avuto il loro culmine nella firma di un accordo tra le parti, siglato lo scorso 8 novembre e considerato, dai giornali locali e da sparute cronache internazionali, come uno storico traguardo. Da quel giorno, qui a Kathmandu, si и proclamata vittoria.
Vittoria gridavano i manifestanti dei partiti democratici che in quei giorni hanno sfilato in massa per la cittа. Vittoria urlavano i maoisti, felici di togliersi il bavaglio che li rendeva clandestini e di scorrazzare propagandisticamente per la strade della capitale. Vittoria annunciava il loro capo, Prachanda, che iniziava a concedere interviste a largo raggio, edulcorando i propri radicali programmi politici, divenuti ormai antiquati e inadeguati viste le nuove prospettive apertesi per il proprio partito.
Ma vittoria и talvolta semplificazione e qui, per la veritа, il quadro sembra essere davvero piщ complesso e meno felice. All'indomani della caduta del re, la coalizione dei partiti fu costretta a riconoscere che, senza l'azione dei maoisti, nulla qui in Nepal sarebbe mai cambiato: dieci anni di sistematica e capillare guerriglia maoista avevano infatti abbondantemente lavorato ai fianchi il regime, logorandolo e indebolendolo come mai sino ad allora. La scorsa primavera, l'epoca dei sollevamenti popolari, a far cadere il giа vacillante regime fu sufficiente una spintarella e un paio di occhiatacce da parte della comunitа internazionale. Caduto il re, i maoisti arrivarono in cittа. La coalizione dei partiti democratici fu allora costretta, obtorto collo, ad ammetterli al tavolo delle trattative. Quello che seguм fu poi opera della abile diplomazia politica nepalese: far apparire come vittoria quella che, in realtа, era solo l'impotenza del nuovo regime democratico post-monarchico ad arginare una falla.
Non va dimenticato che in Nepal attualmente esistono de facto due distinti stati e due distinti governi. Sebbene la caduta del re sia avvenuta in aprile e gli accordi con i maoisti siano iniziati poco dopo, vaste aree del paese restano tutt'oggi sotto il controllo totale di governi autonomi maoisti. Quello che, una volta, era ancora una sporadica e anche non perfettamente sistematizzata modalitа di taglieggiamento, si и ora trasformata in un vero e proprio sistema di tassazione finalizzato al sostegno dei governi maoisti locali. Oggigiorno la stessa permanenza di un turista straniero nelle aree sotto il controllo maoista и stato fissato, pare per tutto il paese, allo standard fisso di 100 rupie al giorno, poco piщ di un euro.
Le pagine dei giornali che riportano le notizie degli spontanei cortei popolari organizzati per celebrare gli accordi con i maoisti sono le stesse identiche pagine che, poco sotto, trasmettono la notizia di come i maoisti continuino a trascinare a forza fuori dalla scuole centinaia di studenti inviandoli a pedate a far festa per le strade con tanto di bandierine rosse e musi duri. Per non parlare poi del reclutamento coatto delle giovani reclute, cooptate a forza dalle scuole di villaggio. La prima pagina del Kathmandu Post del 16 novembre - che vanta un titolo quasi cubitale: Peace agreement today - и la stessa prima pagina che ospita un denso articolo sull'intensificarsi del reclutamento forzato di minori e scolaretti nelle fila della People's Liberation Army (Pla). E a nulla serve, pare, la ferma condanna di Lena Sundh, dell'Alto commissariato per i diritti umani dell'Onu nepalese (Ohchr), che senza mezze parole specifica come «il reclutamento coatto di minori sia un crimine contro l'umanitа». Quando non basta la forza и la seduzione della promessa di un lauto guadagno a scardinare i ragazzini dai propri villaggi. Questo ripetono i quotidiani a chiare lettere in pagine ancora piщ recenti.
Gli accordi formali di cui si и detto restano lettera morta specialmente nelle aree rurali del paese. Qui i maoisti sono ancora a tutti gli effetti i detentori di un potere che permette di mantenere una serie di privilegi a cui difficilmente vorranno rinunciare.
E sarа dura per lo stesso Prachanda convogliare tutta la massa, che sinora pare essergli stata obbediente, entro una politica moderata tendente alla pacificazione. И molto probabile che, man mano che si andrа avanti con le trattative, proporzionalmente crescerа anche il pericolo di spaccature interne e il proliferare di frange impazzite radicali, che proclameranno propri programmi e disconosceranno Prachanda tacciandolo di tradimento nei confronti degli ideali originari del suo partito. E in questa eventualitа non si potrа dar loro torto, visto che l'attuale classe politica con cui Prachanda si sta gradualmente accordando non и diversa dalla classe politica che governava il Nepal prima che il re revocasse i poteri al parlamento. La via della conciliazione che qui si sta avviando rischia infatti di aprire la strada a nuove radicalizzazioni.
La discesa dalle montagne, la presa della cittа, la cacciata del re e l'ingresso nella politica «democratica» nepalese: l'inafferrabile leader guerrigliero Prachanda ha firmato la piщ profonda delle svolte del proprio paese, politicamente transitato dal medioevo a un'instabile promessa di contemporaneitа nel breve volgere di pochi mesi. Ma ancora non basta a sdoganare il leader maoista, che adesso ha una assoluta necessitа di acquistare credibilitа. E su questo fronte il viaggio semiufficiale in India di qualche giorno fa non sembra infatti aver portato un gran che: sia il primo ministro indiano Singh che la stessa Sonya Gandhi avrebbero rifiutato di incontrare Prachanda, considerato tutt'ora un terrorista.
A questo si aggiunge un'altra terribile piaga, quella della violenza, la vera violenza perpetrata dai guerriglieri. Se ne parla molto anche in questi giorni. Un'organizzazione si occupa di raccogliere testimonianze e di offrire sostegno alle vittime della guerriglia maoista. И la Maoist's victims association, con sede a Kathmandu. Un'organizzazione che agisce in semi clandestinitа, difficile da trovare a meno che non si riesca ad avere l'appoggio di qualche introdotto amico nepalese. L'organizzione, nata all'indomani dell'intensificarsi della guerriglia maoista, raccoglie oggi circa ventisettemila aderenti. Parlando con alcuni degli esponenti e con alcune delle vittime il copione del terrore si ripetete con delle costanti raccapriccianti. Purna Lama, anziano soldato nepalese in pensione, qualche anno fa viene accusato di cospirazione dai maoisti. L'accusa diventa atto e, un brutto giorno, Purna и raggiunto da un drappello di guerriglieri, ferito con un'arma da fuoco e poi disossato a colpi di kukhuri, la terribile arma bianca nepalese. Vivo per miracolo, mostra ossessivamente le foto delle sue ferite. Anche quando gli si domanda se si puт fargli una foto, storce il collo offrendo di nuovo le sue ferite. Sembra che non abbia piщ altro da far vedere. Simile storia quella di Chinimaya, del distretto di Nuwakot nel Nepal centrale. Accusata anche lei di cospirazione и catturata, bendata e fatta prigioniera. Appesa a testa in giщ, racconta, viene a lungo torturata con spilli conficcati nelle gambe e sotto le unghie. Costretta a far la spia per i maoisti, Chinimaya riesce tempo dopo a fuggire il villaggio e a trovare riparo nella Maoist's victims association. Testimonianze. Testimonianze isolate che creano tuttavia l'idea del clima particolare di questi giorni. Un clima, francamente, ancora tanto, troppo, lontano da una possibile qualsiasi idea di pacificazione.
Il Manifesto, 22 novembre 2006 da Terrelibere.org
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