Anche se alcuni lettori e critici ci hanno spontaneamente collocato tra gli spiriti «di destra», spesso ci è stato chiesto: «Siete di destra o di sinistra?». Accettiamo volentieri l'etichetta di destra, ma a condizione che ci si lasci precisarne il contenuto. Innanzitutto è opportuno rispondere: «Che cosa intendete per destra e per sinistra?». Le risposte che otteniamo ci confermano nell'opinione che le nozioni di destra e di sinistra sono avviluppate, nello spirito della maggior parte degli uomini, in una inverosimile nuvola di pregiudizi e di illusioni. Personalmente ricordiamo di esserci fatti trattare, nello stesso giorno, da odiosi reazionari perché affermavamo che avremmo trovato la salvezza soltanto nella creazione di una nuova aristocrazia, e da terribili socialisti perché esprimevamo qualche dubbio sulla legittimità della proprietà puramente capitalistica. A nostro avviso due grandi fonti di errore contribuiscono, in questo campo, a confondere e a sviare gli spiriti. La prima consiste nel considerare certi problemi sociali che hanno un contenuto eterno non più, come converrebbe, in funzione delle leggi essenziali della natura umana, ma unicamente dal punto di vista di quel mostruoso - e relativamente recente - accidente costituito dal dominio assoluto del denaro. Vi è in ciò una inesauribile miniera dì equivoci. Da un lato, troppi uomini di destra, pontefici e profittatori del capitalismo, si immaginano di incarnare ì valori di ordine e di stabilità; dall'altro, troppi uomini di sinistra, dissimulando i loro istinti di sovversione sotto il velo di un ideale di giustizia e di progresso, sono fin troppo felici di scuotere, attraverso il falso ordine borghese e la tirannia del denaro, le nozioni eterne di autorità e gerarchia. Affermiamo la necessità di una sana élite dirigente, indipendente dai risucchi e dal capriccio delle masse? Subito ci si tratta da nemici del popolo, si lega la nostra causa a quella delle potenze finanziarie o dei borghesi oziosi e degenerati. Si dimentica soltanto una cosa: che l'élite di cui parliamo ha così pochi rapporti con la pseudo-aristocrazia dei padroni e dei profittatori del momento, che è ancora quasi tutta da creare! Rimproveriamo ad una certa ideologia dì destra di non avere altro fine oltre a quello di salvare, con la scusa di opporsi all'anarchia, certi vantaggi esclusivamente materiali e finanziari. Ma proviamo un'eguale repulsione per quell' ideologìa di sinistra che mira unicamente a reclamare per tutti gli uomini gli stessi sordidi vantaggi.
In ambedue i casi, il primato assoluto della materia e del denaro radice fatale di ingiustizie, di depravazione e di conflitti - non viene minimamente scosso. Le nostre ambizioni sono più profonde. Noi vogliamo un rifacimento centrale della società che, a tutti i gradi della scala sociale, assicuri agli uomini una larga indipendenza nei confronti del denaro. In altri termini, vogliamo sostituire, come criterio dello sforzo di un uomo e del suo posto nella gerarchia, ì valori vitali e spirituali ai valori finanziari. Siamo cosi poco borghesi, nel senso spregiativo del termine, che, lungi dal voler imborghesire il popolo (Péguy aveva già denunciato questa tara di un certo socialismo), vorremmo disimborghesire lo stesso borghese. Se il socialismo consiste nel frenare gli eccessi del capitalismo liberale a profitto delle comunità e delle gerarchie naturali, siamo socialisti. Ma se consiste nel distruggere il capitalismo liberale a profitto di un capitalismo di Stato più estraneo ancora ai bisogni profondi dell'uomo, non siamo più socialisti. Se si tratta di riassorbire il proletariato permettendo a ciascuno di svolgere un ruolo organico in una società organizzata e di sviluppare la propria personalità nel proprio lavoro, siamo d'accordo. Ma se si tratta di sostituire l'insicurezza dei proletari con la morta sicurezza di una polvere di funzionari senza ambiente umano e senza legame vivente con il loro compito, più sradicati e più irresponsabili ancora dei borghesi egoisti, tutto ciò che sappiamo dell'uomo e tutto ciò che amiamo nell'uomo insorge contro tale forma di «progresso». Il capitalismo è come una tavola dove cibi adulterati vengono serviti ad un piccolo numero di uomini. Sfortunatamente, troppi rivoluzionari non hanno altra ambizione che quella di moltiplicare all'infinito il numero dei convitati a quell'impuro festino. Quanto a noi, vogliamo rovesciare la tavola, al fine di servire agli uomini un alimento più umano.
Il secondo errore consiste nello stabilire un' opposizione assoluta tra la destra e la sinistra, quando queste due nozioni, nella misura in cui corrispondono ad un oggetto reale, si compenetrano e sì completano nell'unità della vita. E uno strano abuso quello di incollare su ogni testa pensante un' etichetta inamovibile di uomo di destra o di uomo di sinistra. In realtà, nessuna autentica guida dell'umanità, è di destra o di sinistra in modo assoluto e definitivo: è di destra o di sinistra secondo i tempi, i luoghi, le circostanze e le diverse realtà con cui ha a che fare. Bossuet, per esempio, è a destra quando proclama il diritto divino dei re? Ma è a sinistra quando denuncia l'egoismo omicida dei ricchi? Significa essere a sinistra prendere le parti del vero popolo che soffre e che lotta? Ma significa essere a destra opporsi alla canaglia (e questa canaglia non comprende necessariamente solo dei poveri...) avida di distruggere e di dominare? In ultima analisi, le nozioni di sinistra e dì destra hanno soltanto un' importanza molto relativa. Ciò che è capitale, è realizzare una sintesi vitale dei diversi elementi (libertà e autorità, eguaglianza e gerarchia, ecc.) che le due opposte ideologie ricoprono. Ogni educatore degno di questo nome si sente duro di fronte ad un bimbo viziato e tenero di fronte ad un fanciullo martire. Lo stesso amore per il fanciullo detta questi due atteggiamenti in apparenza contrari. Un buon carrettiere spinge la ruota in salita e frena in discesa, e questi due gesti testimoniano di una eguale cura per la buona marcia del veicolo. Lo stesso per la destra e per la sinistra. Là dove l'impalcatura sociale minaccia di crollare verso destra, noi ci portiamo verso sinistra per tentare di ristabilire l'equilibrio, là dove minaccia di crollare verso sinistra, noi ci portiamo verso destra.
A coloro che ci accusassero di relativismo e dì opportunismo, e ci rimproverassero di non prendere nettamente partito per questo o quel movimento di destra o di sinistra, noi risponderemmo che da sempre abbiamo preso partito per il centro di gravità dell'edificio. Tutti sono d'accordo oggi nel denunciare il fallimento del capitalismo liberale. L'anticapitalismo è diventato il grido di raccolta della maggior parte dei partiti, dall'estrema destra fino all'estrema sinistra che stigmatizza con grande chiasso «la dittatura dei trust». Guardiamoci tuttavia dal lasciarci ipnotizzare da un fine puramente negativo. Esiste un dovere più importante ancora della lotta contro il capitalismo: è quello di suscitare gli organismi di base, i quadri e le élite capaci di rifare un mondo vitale attraverso il crollo del capitalismo. Abbiamo il diritto di affermare che oggi tali elementi esistono? L'organizzazione capitalistica non costituisce forse, in molti casi, l'ultima struttura sociale - struttura artificiale e malsana senza dubbio, ma oltre la quale non esiste più altro che una polvere di individui? E se questa struttura si spezzasse improvvisamente, come potremmo evitare dapprima il caos e poi la costrizione totalitaria? Da ciò l'urgenza di preparare al più presto quegli organismi professionali e locali, quelle comunità vive che ci eviteranno di passare dalla tirannia del finanziere a quella del burocrate, dal regno della cassaforte a quello della circolare. Non basta sbarazzare il terreno, occorre anche costruire, o piuttosto occorre sbarazzare il terreno costruendo. L'ideale sarebbe che il capitalismo venisse non distrutto da una rivoluzione, la quale lascerebbe dietro di sé soltanto rovine, ma riordinato e sostituito gradualmente dallo sviluppo delle vere comunità umane. Dobbiamo lottare contro il capitalismo come la seconda dentizione dei bambini lotta contro la prima: ogni dente che cade è sostituito da un dente più solido e più adatto ai bisogni dell'essere umano.
Il disgregarsi delle tradizioni, dei costumi e dei caratteri, l'instabilità familiare e professionale, la denatalità, la lotta delle classi e dei partiti e tutti gli altri mali diagnosticati in questo libro fanno risaltare ai nostri occhi, con un'evidenza angosciosa, la terribile perdita di sostanza che affligge il nostro paese. Troppi uomini, fissati sulle formule politiche più astratte, che arbitrariamente rivestono di un potere magico, litigano per decidere se la casa va ridipinta in bianco, in verde o in rosso: dimenticano soltanto che le sue fondamenta minacciano rovina. Non si tratta di imbiancare, ma di ricostruire. Si tratti di ricreare, umilmente, pazientemente e cominciando dalla base, una struttura organica della società, in cui l'uomo, interiormente collegato al suo compito ed ai suoi simili, possa vivere e lavorare conformemente alle esigenze profonde della sua natura, e in cui il minimo di costrizione legale, inerente ad ogni società, sia il baluardo e non la tomba della libertà. Un tal fine dovrebbe bastare a collegare gli sforzi di tutti gli uomini di buon senso e di buona volontà. Per parte nostra, non abbiamo mai avuto altra ambizione oltre a quella di rischiarare un poco la via che conduce a questo fine.
Lo spirito di sinistra e lo spirito di destra
E' facile definire l'uomo di sinistra come un invidioso o un utopista e l'uomo di destra come un soddisfatto o un «realista». Ma queste formule ci informano abbastanza poco sulla vera differenza interiore tra questi due tipi di umanità. Tentiamo di vederci più chiaro. Se evochiamo, in ogni campo, qualche personalità superiore (queste sole sono forse capaci di fornirci l'ingrandimento necessario alla scoperta delle essenze), si impone la seguente constatazione: il grande uomo di destra (Bossuet, de Maistre, Maurras, ecc.) è profondo e stretto, il grande uomo di sinistra (Fénelon, Rousseau, Hugo, Gide, ecc.) è profondo e torbido. Ambedue possiedono tutta l'apertura umana: portano nelle loro viscere il male e il bene, il reale e l'irreale, la terra e il cielo. Ciò che li distingue, è questo: l'uomo di destra, lacerato tra una visione chiara della miseria e del disordine umano e il richiamo di una purezza impossibile a confondersi con qualsiasi cosa di inferiore ad essa, tende a separare con forza il reale dall'ideale; l'uomo di sinistra, il cui cuore è più caldo e lo spirito meno lucido, tende piuttosto a confonderli. Il primo, preoccupato di conservare all'ideale la sua altezza e la sua difficoltà di accesso, fiuterà volentieri odore di disordine negli «ideali» che corrono per il mondo; il secondo, spinto dalla fretta di realizzare i suoi nobili sogni e forse un po' disgustato delle ascese severe, sarà portato a idealizzare il disordine. Qui si mescola, là si taglia... «Imbavaglia e disciplina i demoni che sono in te e nel mondo», dice lo spirito di destra. «Fanne degli angeli», ci sussurra lo spirito di sinistra; il guaio è, in quest'ultimo caso, che è infinitamente più facile travestire che trasformare.
L'ascetismo è a destra, il quietismo a sinistra. Il duello tra Fénelon e Bossuet riveste, da questo punto di vista, un immenso significato umano. Bossuet aveva fiutato nel quietismo il primo indizio, ancora timido e velato, di quella catastrofica confusione tra Dio e l'uomo, che doveva costituire il marchio dell'età moderna. La corruzione quietista equivale sul piano religioso alla corruzione democratica sul piano politico: l'una e l'altra sono il frutto di quell'affanno febbrile dell'essere impotente il quale, non avendo più forze per lottare né riserve per attendere, si affretta - al fine di realizzare senza ritardi né fatica il suo sogno di pienezza e di felicità - a confonderlo con qualsiasi cosa. Il quietismo e la mistica democratica consistono nel bruciare le tappe... in sogno! La febbre è a sinistra... I grandi pessimisti cristiani come Pascal o de Maistre non hanno certamente meno nobiltà o generosità di qualsiasi spirito di sinistra; essi hanno semplicemente una coscienza tragicamente viva dell'abisso che si stende tra ciò che l'uomo è e ciò a cui è chiamato: sono scettici per rispetto della verità suprema, realisti per amore della realtà del loro ideale. «La visione e il riconoscimento sinceri della miseria dell'uomo sarebbero dunque sentimenti di destra?», mi si chiederà. «Eppure, vedete a sinistra una tale cura di verità, una tale tendenza a smascherare tutto, a mettere a nudo tante bassezze indebitamente idealizzate (il freudismo e il marxismo per esempio sono a sinistra), mentre a destra si osserva piuttosto il farisaismo, l'oscurantismo, la pia fraus...».
Risponderò che anche a destra esistono dei grandi smascheratori (un Pascal, un Nietzsche, ecc.). Tuttavia bisogna confessare che, nell'insieme, il bisogno di esplorare i bassifondi volgari o impuri dell'uomo e della società è un sentimento di sinistra. L'uomo di destra sente troppo la realtà della bassezza umana per provare il bisogno di gridarla sui tetti, e sente anche istintivamente i pericoli che una simile esibizione comporta; prova infine, di fronte alle miserie dell'umanità, una specie di rattristato pudore che lo porta a distogliere lo sguardo (quel pudore, di natura essenzialmente aristocratica, degenera, nel tipo «borghese», in farisaismo ipocrita). Ed assistiamo qui a questo curioso paradosso. I politici, i moralisti, gli educatori, ecc., di destra, teoricamente trascurano la bassezza degli uomini e sembrano addirittura idealizzare ipocritamente la natura umana (si vedano ad esempio le loro concezioni un po' semplicistiche dell' «anima», della «virtù», della «patria», ecc.), ma, praticamente, trattano l'uomo con la prudenza e il rigore richiesti dalla sua miseria (i climi spiritualisti furono sempre rigorosi); quelli di sinistra, al contrario, urlano ai quattro venti la materialità e l'impurità congenita delle tendenze umane (teorie marxiste e freudiane per esempio); solo che, dopo tale discesa puramente speculativa agli inferi, trattano l'uomo da angelo e il loro ottimismo pratico è senza limiti. E allora? Qual è il motore segreto di una tale smania di smascherare? Forse il desiderio di superare o di combattere ciò che l'uomo ha di inferiore o di vile? Il fondamentale anti-ascetismo di tutti questi smascheratori prova sufficientemente il contrario.
L'anima della loro sincerità è ancora... la sete di idealizzare la bassezza umana! Una volta dimostrato che gli «ideali» dell'uomo non sono altro che travestimenti dell'istinto sessuale (freudismo) o moventi economici (marxismo), cioè che la carne e la materia sono l'unica realtà, quale aureola appare al tempo stesso attorno alla materia e alla carne! L'uomo di sinistra stigmatizza con grandi strilli il male del mondo, ma questo male, in fondo, non lo prende sul serio: per lui è soltanto un accidente superficiale ed effimero; ancora un po' di tempo e svanirà al soffio del «progresso», della «rivoluzione», ecc. Certamente, ci sono ancora dolorose situazioni psicologiche dovute ai conflitti sessuali, e ci sono anche crudeli ingiustizie sociali, ma tutti questi mali scompariranno dal momento in cui l'uomo avrà veramente preso coscienza della realtà sessuale e della realtà economica. L'ottimismo freudiano e l'ottimismo marxista traboccano di preziosi insegnamenti: per l'uomo di sinistra, il male rischiarato e denunciato è già quasi guarito, il male non è in fondo altro che un malinteso, una specie di falsa posizione presa nel sonno dall'umanità... Esiste modo più sottile e più pericoloso di idealizzare il male che il presentarlo così esteriore e così curabile, evolventesi con tanta sicurezza verso un bene ed un equilibrio universali? Ma è proprio la bassezza umana che i profeti rivoluzione denunciano? No, poiché di questa bassezza fanno l'essenza dell'uomo. Ciò che essi denunciano non è la materia o il peccato (vi si adattano benissimo, non vedono nulla al di là), ma il tormento e il dolore inerenti alla materia e al peccato. Dalla materia e dal peccato finalmente organizzati, sbocciati, giunti alla piena coscienza e al pieno possesso di sé, sperano di veder scaturire un paradiso. È chiaro ora che cosa significa quella fretta di denunciare e di sopprimere tutte le miserie umane?
L'infelicità potrebbe far pensare al peccato: si ha fretta di farla finita con l'accumulo di dolori che la bassezza dell'uomo trascina con sé perché, finalmente!, non ci siano più obiezioni contro tale bassezza. Si perseguita il dolore per meglio canonizzare il peccato... Si tratta infatti in primo luogo (e quanti ideali morali e politici sono fondati su un tale desiderio!) di rendere la bassezza indolore, di addomesticare e castrare il peccato. Questi idealisti accettano tutto della caduta... tranne l'aculeo del castigo. Essi cercano, implorano una sorta di divino riposo nella vanità - nella povera gioia e nel povero orgoglio dell'uomo caduto. Non nutrono dubbi sulla divinità innata di tale uomo. Così lo spettacolo del male riesce loro insopportabile. Finché il male sussisterà, sarà impossibile adorare l'uomo senza riserve: un Dio non può, non deve soffrire! Conclusione: volontà di cancellare il male-peccato come un mito e il male-dolore come un accidente. Dopo di che tutto nell'uomo sarà ben mescolato, confuso, divinizzato! Tutto è Dio quando non c'è più né vetta né gerarchia. L'anarchia realizza il cielo a buon mercato. Strettezza a destra, miscuglio a sinistra. In tutti i campi, l'uomo abbandonato a se stesso può soltanto oscillare tra questi due scogli. E, in ogni campo, soltanto un clima morale e sociale vitalmente cristiano può risparmiargli questa amara scelta. La durezza ascetica di destra imprigiona gli abissi della rivolta e della miseria umana; la corta follia di sinistra li traveste, ma il cristianesimo li trasfigura. A sinistra, l'ampiezza impura e febbrile della palude in cui si mescolano l'acqua e la terra, i miasmi e la rugiada - a destra la purezza stretta e ghiacciata dei monti rigidi - in alto l'ampiezza suprema del cielo puro, tenero e senza fondo - del cielo più largo della pianura, più alto e più vergine dei monti!
Al limite, lo spirito di destra sbocca nella negazione dell'ideale, quello di sinistra nella sua prostituzione. Del resto, la fonte di questa perpetua confusione dei valori che caratterizza una certa mentalità di sinistra, risiede nell'anarchia interna degli individui. Questi sono dei decadenti nei quali le facoltà e i sentimenti sono incompleti e affetti da una temibile indifferenziazione. Nulla in loro è al proprio posto, non esiste gerarchia interna. Lo spirito e l'amore non possono manifestarsi nella loro purezza: sono saturati da richiami inferiori. D'altra parte la carne e l'egoismo sono anch'essi troppo deboli ed inibiti per dispiegarsi apertamente, chiamano in loro soccorso l'ideale e si fanno strada sotto una maschera generosa. Il decadente non sa disgiungere la propria bassezza dalla propria altezza: tutto in lui è confuso e irriconoscibile. Se è vizioso, chiama ciò amore, se è ambizioso afferma di servire la giustizia, e il peggio è che è sincero! Così la sua bassezza è infinitamente più pericolosa di quella dell'uomo di destra, in quanto è portata sulle ali dell'ideale. Confrontate un innamorato romantico con un uomo agitato da un normale bisogno sessuale, un tribuno socialista con un politico realista: i primi appaiono più grandi e più nobili, esercitano una maggior seduzione. E questo si può capire: hanno messo in gioco ciò che vi è di più alto! L'uomo normale può essere ipocrita, ma sa allora quello che fa. L'ipocrisia consiste per lui unicamente nel dissimulare la propria miseria.
Ma quella del decadente consiste nell' idealizzarla. Il primo mente per ciò che ha di peggiore e porta una maschera esterna. Il secondo mente per ciò che ha di migliore, porta una maschera interna, e il suo stesso viso è maschera. L'uomo di destra può essere mentitore, ma l'uomo di sinistra, al limite, è menzogna. Del resto, la destra e la sinistra, in ciò che hanno di estremo e di perverso, sono collegate da profonde affinità. Si passa con estrema facilità dall'una all'altra (confronta il capitolo su «La morale e la vita»), e queste pseudo-conversioni producono in generale dei risultati catastrofici. Nulla è più terribile di un uomo il quale, con un temperamento di sinistra, si fa, in materia politica o religiosa, difensore delle idee di destra. Per reazione contro la sua stessa confusione interiore, diventa ferocemente limitato e mutilatore, ha sempre qualcosa di nuovo da amputare o da reprimere: è una sorta di Argo che non cessa mai di strapparsi l'occhio che lo scandalizza! Reciprocamente, uno spirito di destra lanciato in un movimento di sinistra finisce, mettendo la propria unità e la propria continuità interiori al servizio del disordine e dell'utopia, con il portare questi mali alla loro suprema espressione. I peggiori rappresentanti di ogni campo sono i transfughi del campo opposto...
Gustave Thibon
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