Domenica si vota. Sale la violenza della guerriglia. E la gente chiede la pace
La Colombia si appresta a votare. Le parlamentari si terranno domenica prossima, ma la tensione nel Paese sale. Mentre l’Esercito di liberazione nazionale (Eln) ha dichiarato una tregua per assicurare il regolare svolgimento della tornata elettorale, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) stanno aumentando in modo esponenziale le loro azioni di guerriglia. Unico obiettivo Destabilizzare, mettere i bastoni fra le ruote a uno Stato che vogliono distruggere. Alle urne. I colombiani saranno chiamati a scegliere 102 senatori e 166 deputati, usando per la prima volta il voto di preferenza. Grande novità per la Colombia, che fino alle scorse elezioni vedeva passare il turno soltanto i capolista scelti dal partito. Gli analisti la considerano una vera e propria svolta, che trasformerà vecchi costumi, antichi giochi di potere. Ogni cittadino ha il potere di scegliere il proprio rappresentante, scavalcando le vecchie lobby. Non importa il numero che gli è stato assegnato, né tanto meno la posizione, coloro che avranno più suffragi saranno i rappresentanti del popolo in parlamento. Una riforma elettorale, questa, che è nata sulla scia di Paesi come Brasile, Repubblica domenicana, Perù, Panamá ed Ecuador, alcuni dei quali hanno ispirato anche l’introduzione della lista unica per le due camere e dell’uso dell’inchiostro indelebile, considerato garanzia anti-brogli. Escalation. Nelle ultime due settimane sono 75 le persone rimaste uccise durante attacchi messi a segno dalle Farc. E il bilancio è destinato a salire. Una fra le ultime vittime in ordine di tempo si chiama Luz Myriam Farias. Aveva 26 anni. Indigena guahíbos makaguán, era un’insegnante nel resguardo (proprietà indigena) Caño Claro, Arauca L’unica sua colpa: voler disperatamente riavere indietro il corpo di suo marito, governatore indigeno, anche lui ucciso dalla guerriglia il 23 febbraio scorso per aver violato il copri fuoco imposto a boicottaggio della campagna elettorale. Luz si è presentata martedì in aula, in preda al panico. Non smetteva di piangere. Ha avvertito che sarebbe mancata per alcuni giorni ed è sparita. Arrivata nella zona del Tame, ha contattato l’Associazione dei governatori tradizionali indigeni e insieme hanno trovato un carrofunebre, decisi a riprendersi il cadavere. Grazie a indizi e a preziosi consigli lungo la via, Luz riesce a individuare la zona dove cercare Juan. Lo trova: il suo copro è sul ciglio della strada con tre fori di pallottola in testa. Aiutata da tre amici che l’avevano accompagnata, carica il corpo e torna indietro. Ma all’improvviso un posto di blocco della guerriglia la costringe a fermarsi. È la fine. Secondo quanto affermano i tre testimoni, senza nemmeno che Luz apra bocca le sparano in testa. Muore sul colpo. Perché? Per aver viaggiato nonostante il divieto dettato dalla Farc. Aver violato la legge della rivoluzione. Aver agito seguendo il cuore. Episodio tragico che non si va che a sommare agli scontri a fuoco pressoché quotidiani in molte zone del Paese, specialmente nel sud, fra esercito, polizia e paramilitari uniti contro i guerriglieri. Gli attentati mirati a colpire i punti strategici dell’economia colombiana, i boicottaggi, le pressioni, le minacce e le continue violenze sui cittadini delle zone agricole, colorano dunque a tinte fosche il clima pre-elettorale. Spiragli. Per questo la gente sta chiedendo a maggioranza gli accordi di pace. Il 62,6 percento dei colombiani, secondo un’inchiesta de El Tiempo, il più importante quotidiano nazionale, vuole che il prossimo Governo negozi con la guerriglia. Uno smacco alla politica di repressione militare di Uribe, che ha sempre negato ogni avvicinamento con la più grande forza rivoluzionaria del Paese, le Farc, e sta portando per le lunghe il già avvenuto approccio con le Eln, visto di buon occhio dal 78 percento dei cittadini. Un dato significativo, se lo si compara a quello ricavato nel marzo del 2002, alla vigilia delle presidenziali in cui sbancò Alvaro Uribe e la sua politica di sicurezza democratica. All’epoca la netta maggioranza della popolazione voleva una soluzione militare del conflitto. Cosa può aver influito su questo cambiamento radicale? Innanzitutto la prova di forza delle Farc che, a differenza di quanto afferma il presidente, stanno dimostrando di essere tutt’altro che sconfitte; e in secondo luogo gli oltre tremila ostaggi ancora in mano alla guerriglia, che potranno tornare liberi esclusivamente previo accordo umanitario. Il parere. “Mentre nel continente latinoamericano– spiega Daniel Gamboa*, ex guerrigliero dell’Esercito di liberazione nazionale, che adesso lavora nell’Associazione nazionale smobilitati - stanno sorgendo governi progressisti in qualche modo impegnati a correggere l’ingiustizia e la disuguaglianza sociale, acutizzata dalle riforme aperturistas e neoliberali degli ultimi decenni, in Colombia sembra, al contrario, consolidarsi uno dei governi più lontani dall’interesse della gente. Gli ultimi accordi per la firma del Trattato di libero Commercio tra gli Stati Uniti e la Colombia, gestiti politicamente dal presidente Uribe, dimostrano come la politica di consegna delle risorse nazionali al capitale estero sia spalleggiata dai settori di destra. Destra che negli ultimi anni è cresciuta e ha consolidato il suo potere con l’appoggio, i finanziamenti e la collaborazione dei paramilitari e del narcotraffico. Oggi, in Colombia, i paramilitari, in un processo di apparente smobilitazione, proseguono non solo con il controllo territoriale e le intimidazioni alla popolazione, bensì legittimando la loro economia basata sul narcotraffico e sugli apparati militari. Grazie a questi metodi dominano intere regioni, nelle quali impongono loro candidati alle elezioni per il parlamento, candidati che quindi andranno a sostenere Uribe e la sua politica”. Rintracciato a Bogotá dove adesso vive e lavora, assieme a tanti altri che come lui hanno scelto una vita senza armi ma fatta di studi e di parole per un mondo migliore, Daniel spiega: “Solo un anno fa, Mancuso e Berna, noti capi paramilitari, narcotrafficanti e proprietari terrieri, confessarono al mondo che i loro soldi condizionavano il 60 percento del Congresso colombiano e che, con la nuova strategia di legittimazione e azione politica messa in piedi da Uribe, sarebbero arrivati ad avere l’80 percento della rappresentanza in Parlamento. E così è. E questi rappresentanti alleati del paramilitarismo non fanno parte di un solo gruppo politico, bensì sono distribuiti in sei partiti di destra. Regioni del paese come la Guajira, Santanderes, Antioquia, Bolívar, Córdoba e molte altre sono famose ormai per le infiltrazioni e l’incidenza paramilitare in istituzioni e governi locali. Questa strategia si sta espandendo anche in altre zone, in particolare in quelle d’importanza geopolitica ed economica, in vista della consolidamento dei grandi progetti di sviluppo previsti dal Trattato di libero Commercio. E’ in questo contesto – conclude - che le prossime elezioni ricoprono un’importanza fondamentale per il futuro del paese".
www.peacereporter.net/
|