Prendo la parola in occasione di questa spregiudicata campagna elettorale svolta da organizzazioni e partiti istituzionali, o che aspirano a diventare tale. Prima di tutto dobbiamo ricordare, come compagni e come proletari, che le elezioni dal dopoguerra fino ad oggi sono state sempre una corsa ai bocconi più grossi di profitti, prodotti dallo sfruttamento del lavoro di milioni di operaie e operai. Marx aveva detto nell’ottocento che il suffragio universale era il punto più maturo raggiunto dalla classe operaia nella democrazia borghese. Ma sono passati più di 100 anni e sono avvenute delle profonde trasformazioni economiche nel sistema di produzione e distribuzione capitalistico, soprattutto, di conseguenza la democrazia borghese ha raggiunto un alto grado di maturità. Ciò significa che le dittature fasciste e naziste in Europa e nei paesi a capitalismo avanzato sono consumate come forma specifica di dominio sulla classe operaia e sui popoli oppressi. Non che gli operai non vengono più sfruttati sul lavoro, anzi, e non che i popoli non vengono più oppressi e dominati, vedi il popolo arabo e i popoli dell’Africa e dell’America latina. Il punto è che lo sfruttamento e il dominio si fa più pesante ma i sistemi di accettazione e quindi di consenso delle politiche che sottendono lo sfruttamento stesso sono diverse, non predomina esclusivamente l’uso della forza militare e poliziesca ma anche la politica dei partiti e dei sindacati confederali che gestiscono o cogestiscono il potere economico dei padroni delle multinazionali. Quei compagni in buona fede che credono di poter migliorare le politiche padronali sedendo su una poltrona di un qualsiasi parlamento o parlamentino di piccoli o grandi comuni d’Italia e d’Europa, non sono su una strada nuova, ma vecchia e già percorsa, e già analizzata trent’anni fa quando in Italia e in Europa i comunisti hanno dichiarato che ”la via pacifica al socialismo” è revisionismo e riformismo piccolo borghese. La rottura col revisionismo ha segnato un’epoca che nessuno, che si professi o non comunista, può ributtare indietro nella storia. Le lotte operaie e proletarie di quegli anni hanno maturato, con tutti i limiti e le contraddizioni interne al movimento rivoluzionario, un punto di vista politico nella classe stessa che suona in questo modo: mai più fiducia ai parlamentari di destra o di sinistra, che aiutano solo i padroni a sfruttare gli operai. Le istanze più mature che vogliono essere coerenti con la storia del movimento rivoluzionario e operaio non dichiarano il contrario. Per questo dobbiamo assolutamente disertare le campagne elettorali di qualsiasi partito o organizzazione politica, anche di quelle che si professano comuniste. La corsa è di chiaro segno borghese, atta alla continuazione dello sfruttamento della classe operaia in Italia e in Europa e all’oppressione dei popoli nei paesi arabi e dell’America latina. Quelle organizzazioni che hanno condotto o contribuito alle lotte proletarie in questi ultimi anni che oggi ritengono la via elettorale una strada giusta per interloquire con le masse popolari dovrebbero sapere che la Duma dello zar non c’è più né tanto meno il parlamento del periodo prebellico italiano. Questa non è assolutamente un’esortazione a non votare e quindi all’astensionismo, poiché esso non ha mai prodotto, nella storia delle moderne democrazie, automaticamente la nascita di una società socialista. L’abbattimento del capitalismo può avvenire solo con l’azione attiva delle masse operaie e proletarie dirette dalle avanguardie rivoluzionarie, in una parola, solo con la rivoluzione. L’ultimo governo di centrodestra presieduto da Berlusconi ha dato piena continuità alle politiche dei governi precedenti che si sono succeduti. Questo non perché erano dello stesso schieramento politico-istituzionale ma bensì i rappresentanti della stessa classe sociale, la borghesia imperialista. Nessun governo, stando così le cose, cioè con l’esistenza dello sfruttamento del lavoro degli operai, può rappresentare i lavoratori, i pensionati, gli operai e i giovani proletari che si affannano alla ricerca di un lavoro per poter costruire un proprio futuro. Qualsiasi governo verrà eletto, nazionale o locale, farà gli interessi dei padroni, sostenendoli ad accumulare sempre più profitti sulla pelle di milioni di operai. Liste politiche indipendenti di sinistra, nel migliore dei casi, non avranno alcun peso sia in opposizione che in un’eventuale maggioranza governativa. Anche se correranno da sole ad un certo punto dovranno allearsi, anche se non ufficialmente, con le coalizioni più forti, quali quella di Berlusconi o quella di Prodi. Naturalmente le liste di sinistra saranno costrette ad allearsi con il centrosinistra anche a livello locale. In alcuni enti locali il centrosinistra già governa dalle legislature precedenti, e già si sono viste le politiche antiproletarie attuate negli ultimi anni. Per esempio in Campania e a Napoli in materia di occupazione e formazione al lavoro il centrosinistra ha solo aiutato quelle cooperative, società e consorzi di orientamento e formazione, loro amici, ad accaparrarsi i milioni di euro che arrivano dai Fondi Sociali Europei, lasciando le briciole ai disoccupati che svolgono i corsi di orientamento e formazione, senza ancora dare ancora una risposta concreta alle rivendicazioni delle lotte di questi ultimi anni: un lavoro stabile e duraturo. Non me ne vogliano male quei compagni e compagne che hanno diretto con grande impegno militante i movimenti di lotta, quello che è stato ottenuto sicuramente è anche il frutto delle lotte degli ultimi dieci anni, ma ha giovato soprattutto a quei proprietari di enti e cooperative di formazione professionale che certo non avevano bisogno dei soldi dei FSE per arricchirsi e vivere decentemente, dal momento in cui già nel settore privato hanno usufruito del denaro pagato da migliaia di giovani disoccupati e lavoratori che avevano bisogno di formazione professionale per accedere o aggiornarsi alle nuove mansione lavorative. E poi, lavarsi le mani, gli stessi amministratori regionali, con al capo il governatore, hanno erogato 350 euro al mese per 3500 disoccupati per 2 anni. I padroni ogni mese si vedono aumentare di zeri la misera e ridicola cifra erogata come “reddito di cittadinanza”, altro che 350 euro, si può parlare di 35000 o 350000 o 3500000 di euro a secondo di quale gradino occupano nella scala gerarchica delle bande di rapinatori di forza lavoro. Sempre in questo campo, molti ex LSU sono entrati con un contratto a tempo indeterminato in società di servizio ambientale, che sono tutte gestite da ex politici del centrosinistra che governano Regione, Provincia e Comune, società che anch’esse hanno usufruito dei vari fondi europei e governativi, e che non tutelano i lavoratori sul piano della remunerazione economica, finanche in alcuni casi non pagano gli stipendi per mesi e mesi, come nel caso della ex Smartway, società a capitale misto con maggioranza della Provincia di Napoli. Ma non solo nel campo del mercato del lavoro queste organizzazioni e partiti politici hanno sforgiato la loro infamia contro le masse proletarie. Le tasse regionali e comunali che paghiamo per i servizi sono aumentate, e i servizi sarebbe bene chiamarli disservizi. Per esempio la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti non funziona non per l’inadempienza dei lavoratori delle società, ma per l’abbuffarsi instancabile dei padroni di queste stesse, che sono gli amici o addirittura, in alcuni casi, parenti dei politici che governano il Comune e la Regione. La sanità pubblica non ha più un senso, per una visita o un esame medico i lavoratori e i pensionati aspettano mesi e mesi, per la mancanza di personale e di strutture, nonostante che sui nostri statini- paga compare nella parte delle trattenute ancora la voce dei contributi per il Servizio Sanitario Nazionale. L’assessore alla sanità e i loro adepti reclamano più soldi dal Fondo Sanitario Nazionale, facendo leva sulla carenza di servizi nella regione. In realtà il denaro che manca dalle casse delle strutture sanitarie (ospedali e presidii) è stato rubato legalmente dalle strutture private che, per esempio, per 10 sedute di fisioterapia intascano dalla regione centinaia di euro. Alcuni ospedali rischiano di chiudere, come il Fatebenefratelli di Napoli, non perché mancano i finanziamenti ma per i continui furti legalizzati e avallati dagli amministratori del settore che si perpetuano da anni. La cosiddetta malasanità non dipende altro che dalle rapine dei contributi di lavoratori e pensionati da parte dei padroni e avallati dai nostri governanti. Gli amministratori incentivano le strutture sanitarie private che tolgono spazio a quelle pubbliche. Negli ultimi anni gli imprenditori campani hanno usufruito del denaro pubblico della Regione e della Unione Europea, con il pretesto di nuove assunzioni, che sì ci sono state, ma tutte con contratti da fame e a tempo determinato (co.co.co., co.co.pro., stagionali, etc.) con i quali migliaia di lavoratori, bluffati, sono stati lasciati al lastrico insieme alle loro famiglie. Come se non bastassero gli utili realizzati in decine di anni con il lavoro di migliaia di operai. Tanto sbanderiata dalle giunte di centrosinistra e dai sindacati la “lotta al lavoro sommerso”, che è solo un pretesto per sostenere le già ricche e fiorenti imprese dei padroni. Migliaia di operai invece stramazzano di lavoro a ritmo forsennato, sottopagato, senza regole di sicurezza, senza diritto di indennità di malattia e infortunio, e senza un centesimo di euro di contributi previdenziali, senza, quindi, poter progettare un proprio futuro dignitoso. Il pretesto dell’esistenza della cosiddetta criminalità organizzata, è l’alibi per chi governa gli enti locali per le continue morti per droga. Quale peggiore criminalità organizzata se non quella della banda di Bassolino & c. che intasca i profitti detratti dagli operai che arrivano al sud Italia sotto la forma di vari fondi per l’assistenza, per l’occupazione e per lo sviluppo. Quale sviluppo, forse lo sviluppo delle bande di politici e padroni che continuano ad affamare operai e pensionati. Questo è il centrosinistra, tanto per ricordarlo a chi nutre delle simpatie, o sta per nutrire per comodità politica istituzionale e sindacale delle simpatie. Prima o poi questa farsa sarà una realtà visibile alla maggioranza dei proletari che lottano in questo paese e nella città. Certo queste osservazioni così apertamente critiche non devono far pensare come alternativa un governo locale di centrodestra, per loro è abbastanza osservare la spregiudicatezza che hanno utilizzato nei cinque anni di governo nazionale, anni che hanno visto solo la perdita del potere d’acquisto dei salari, licenziamenti e esuberi dagli stabilimenti produttivi e l’intervento attivo, con l’invio di proprie truppe di soldati, sul piano internazionale nelle guerre contro il popolo arabo e iracheno ( Iraq e Afghanistan ). Non potrebbero fare meglio al governo locale, anzi sì ma sempre a sostenere gli imprenditori nell’arricchirsi sulla pelle degli operai. Qualcuno potrebbe dire: ma questo sta dicendo che siamo spacciati! no! È solo la nostra forza organizzata che ha futuro, che può contrastare le politiche padronali, senza farci abbindolare nella rete istituzionale. Sul piano economico- sindacale i lavoratori dell’ATM di Milano hanno insegnato che ci possiamo far sentire, e possiamo far valere le nostre rivendicazioni; gli LSU di Napoli hanno dimostrato che la lotta paga e porta alla conquista di obiettivi importanti per i proletari come un posto di lavoro stabile e duraturo; i lavoratori dei servizi aeroportuali in molti aeroporti italiani hanno fatto lo stesso per difendere i loro compagni di lavoro minacciati di licenziamento; non è stato da meno la lotta degli operai metalmeccanici per il rinnovo del contratto, anche se i sindacati confederali hanno raggiunto un accordo di aumenti salariali che sono solo della metà della quantità richiesta nella rivendicazione originale. Sul piano politico il discorso, certamente è meno semplice, ma è possibile riprendere una pratica che viene forse considerata vecchia, perché vista solo in superficie, raccogliere e organizzare avanguardie che fanno il tentativo di elaborare tattiche e strategie per condurre le lotte proletarie, ma non per promuoverle, perché a questo già ci pensano le masse, che sono molto brave. Non ci possono essere organismi o movimenti di massa generati da una qualsiasi organizzazione rivoluzionaria o pseudo tale, poiché in questo modo, gli stessi organismi, perdono la loro stessa natura di massa, finendo di fare il doppione di qualcosa che già esiste e che dovrebbe fare un altro lavoro politico. Sono chiare a tutti noi le cadute di organizzazioni rivoluzionarie che hanno tentato negli ultimi anni di fare passi concreti nella lotta rivoluzionaria, ma questo non deve far pensare che sono cadute le basi teoriche delle strategie elaborate negli ultimi trent’anni, riprendendo così solo il percorso rivoluzionario fino alla Resistenza Antifascista, che è stata tale, cioè una lotta di popolo, e non una lotta per il potere operaio che è l’obiettivo storico delle avanguardie comuniste. Le esperienze devono essere prese tutte in considerazione e soprattutto in evoluzione politica, nel senso che le ultime sono sempre il superamento delle precedenti e così a ritroso, diversamente si finisce nel cadere in una concezione revisionista che già sappiamo dove ha portato dal dopoguerra agli anni 60 e 70. La ricostruzione del movimento rivoluzionario non è un gioco o uno sfizio di qualcuno o di un gruppo che soffre di crisi esistenziale e agisce per il mero desiderio di esistere politicamente o socialmente. Essa è la maturazione di una pratica politica proletaria da cui scaturisce una teoria strategica per l’abbattimento dello stato borghese, dalla quale può partire un tentativo concreto di un processo verso una società nuova, dove non c’è più la divisione in classi e non c’è più lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Al contrario con l’insistenza di praticare vecchie teorie, per non morire politicamente, segna già la morte, e produce solo un rallentamento del processo, e alimenta una confusione nelle masse, già prodotta dalla borghesia per riprodursi come classe dominante. Si fa il gioco della borghesia e sarebbe bene che i compagni e le compagne che non fanno militanza e che si creano il problema della propria esistenza politica si fanno da parte e aspettano una propria lucidità politica per costruire un reale processo rivoluzionario. Le riflessioni prodotte non portano ad una proposta visibile del che fare. Anche perché sarebbe in contraddizione con le riflessioni stesse. Un singolo soggetto non può fare proposte di percorsi collettivi organizzati. Ma le riflessioni certamente mirano ad aprire un dibattito sui temi che emergono in questo scritto: il parlamentarismo, la lotta sindacale, la ricostruzione del movimento. Aver elaborato con sforzo queste pagine auspica all’autore stesso che alcuni compagni e compagne si fermano a riflettere anche loro e conseguentemente si discuta su basi nuove che tengano ben presente delle ultime esperienze organizzative senza fermarsi solo a tappe passate che seppur importanti storicamente sono consumate e limitate negli obiettivi strategici.
DISCUTIAMO E ELABORIAMO UN PERCORSO REALE DI LOTTA POLITICA
Napoli, marzo 2006 Un compagno di Napoli
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