Indymedia Italia


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coatti, criminali, mafiosi, guardie, fascisti ...e indifferenti!
by d. Wednesday, Aug. 30, 2006 at 7:26 PM mail:

sono tutti sulla stessa barca!

il vero killer di renato è il ptototipo dell'italiano medio, un essere capace di usare a stento il telecomando, è quello che urla a brescia contro gli extracomunitari, è quello che fa la spesa in calabria nei centri commerciali della mafia, è quello che prova orgoglio nel vedere i soldati italiani che partono per il libano scambiandoli forse per la nazionale di calcio!
oggi non possiamo che aggiungere alla lista dei nemici gli indifferenti, che sono più infami degli infami noti e sopracitati, perchè i secondi hanno comunque un tornaconto dalle azioni che compiono mentre loro si parano semplicemente il culo cavalcando la quotidianità!
di fronte alle notizie parafrasate, all'invasione dei nostri spazi, alla merda che cercano di buttarci addosso dobbiamo solo unirci, stringerci, essere tanti, visibili e civili, contro chi cerca di farci passare per violenti e incivili non dobbiamo fare altro che essere noi stessi, ...come renato, persone che vivono per una vita migliore.

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by la memoria Wednesday, Aug. 30, 2006 at 7:58 PM mail:

per una volta tutti insieme per ricordare renato e tutte le precedenti aggressioni che negli ultimi mesi hanno messo a rischio la vita di chi frequenta come renato spazi autogestiti, centri sociali o semplicemente una dance hall sulla spiaggia...

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sottoscrivo
by mk Wednesday, Aug. 30, 2006 at 8:09 PM mail:

"oggi non possiamo che aggiungere alla lista dei nemici gli indifferenti, che sono più infami degli infami noti e sopracitati"

sottoscrivo e sottolineo che dovevamo accorgercene ben prima... anzi, già lo sapevamo: il nemico vero è al nostro fianco, tutti i giorni.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917

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