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Ebrei americani rinunciano al loro diritto alla cittadinanza israeliana
by misha Friday, Jan. 17, 2003 at 1:44 PM mail:

Alcuni Ebrei americani rinunciano al loro diritto alla cittadinanza israeliana e respingono la politica di Israele, che giudicano «barbara»

Alcuni Ebrei americani rinunciano al loro diritto alla cittadinanza israeliana e respingono la politica di Israele, che giudicano «barbara»

Ritrasmesso da Al-Awda-Unity - News Service (http://al-awda.org/) il 6 gennaio 2003 : Jewish Americans Renounce Right to Israeli Citizenship; Reject Israel's Policies as "Barbaric"

In una lettera indirizzata al governo israeliano, circa 60 Ebrei americani hanno rinunciato al loro diritto legittimo alla cittadinanza israeliana, per dissociarsi dalla politica «barbara» di Israele verso i Palestinesi. Mentre per la maggior parte degli Ebrei americani il sostegno ad Israele continua ad essere un riflesso condizionato, si sono costituite alcune associazioni ebraiche, a causa della crescente preoccupazione a proposito delle violazioni israeliane dei diritti umani dei Palestinesi. Associazioni come «gli Ebrei contro l'occupazione» (Jews against Occupation) e «Non in mio nome» (Not in My Name), per esempio, condannano la brutale occupazione militare nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania e protestano contro la punizione collettiva dei Palestinesi.

La lettera, diffusa originariamente in Inghilterra, si spinge oltre: essa dichiara che il diritto legittimo alla cittadinanza - accordato a tutti gli Ebrei, ovunque si trovino, dalla «Legge del Ritorno» di Israele - è «moralmente indifendibile». Essa ricorda che «quelli che dovrebbero avere per primi il diritto ad un vero "ritorno" (i Palestinesi) sono esclusi, essendo stati obbligati «con la forza o il terrore, ad abbandonare» i loro focolari. Infine, i firmatari della lettera esprimono la loro speranza di un avvenire democratico e «la solidarietà con tutti coloro che, in questo momento, lavorano perché venga un giorno in cui le persone possano vivere in Israele, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza senza alcuna restrizione fondata su sedicenti origini razziali, culturali o etniche».

La lettera:

Noi siamo Ebrei, nati e cresciuti al di fuori di Israele, che, in virtù della «legge del ritorno» di Israele, abbiamo un diritto legittimo di vivere in Israele e di esserne cittadini. Noi non abbiamo sollecitato questo diritto e desideriamo rinunciarvi perché:

1. Consideriamo moralmente indifendibile che questo diritto legittimo ci sia accordato, mentre quelli che per primi avrebbero diritto ad un vero «ritorno», essendo stati obbligati a fuggire, con la forza o il terrore, ne sono esclusi.

2. La politica di Israele verso i Palestinesi è barbara - noi non vogliamo identificarci, in alcun modo, con quello che Israele sta facendo.

3. Noi non siamo assolutamente d'accordo con l'idea che l'emigrazione sionista verso Israele rappresenti una qualche «soluzione» per gli Ebrei della diaspora, l'antisemitismo o il razzismo - gli Ebrei, che sono stati o sono gravemente vittime del razzismo, non hanno alcun diritto di perseguitare altri.

4. Noi vogliamo esprimere la nostra solidarietà con tutti quelli che, in questo momento, lavorano perché venga un giorno in cui le persone possano vivere in Israele, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza senza alcuna restrizione fondata su sedicenti origini razziali, culturali o etniche.

Noi speriamo con tutto il nostro cuore che venga il giorno in cui tutti i popoli della regione possano vivere in pace gli uni con gli altri, sulla base dell'assenza di discriminazioni e del reciproco rispetto. E' anche possibile che alcuni di noi sperino di vivere là, ma solamente se i diritti dei Palestinesi saranno rispettati. A quelli che considerano Israele come «rifugio sicuro» per gli Ebrei di fronte all'antisemitismo, noi diciamo che non ci può essere alcuna sicurezza nel fatto di accettare il ruolo dell'occupante e dell'oppressore. Noi speriamo che gli Israeliani e i loro dirigenti arrivino presto a capirlo.

da http://www.solidarite-palestine.org

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hai visto?
by neuro Friday, Jan. 17, 2003 at 4:00 PM mail:

ma come?
sono contro la politica dei governanti israeliani e auspicano un futuro di pace in israele, cisgiordania e striscia di gaza...il concetto premette l'sistenza di uno stato di israele giusto?
da queste parti non vengono solitamente chiamati sionisti del cazzo coloro che accettano l'esistenza di israele (anche se in pace)?

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Sì, certo. MA a volte succede anche qualcos'altro.....
by Lollo Friday, Jan. 17, 2003 at 4:02 PM mail:

da "l'Opinione" di giovedì 16 gennaio 2003

«Se tocca a Sharon porre rimedio alle persecuzioni di Arafat»

A chi possono chiedere aiuto due fratelli palestinesi perseguitati dagli sgherri di Arafat per avere osato convertirsi al cristianesimo?
Elementare Watson, a Israele. E infatti i fratelli Saeed e Nasser Salame proprio al governo di Gerusalemme hanno chiesto asilo politico dopo avere constatato la sparizione della sorella Fatima, probabilmente fatta uccidere
come collaborazionista.

Tutta la storia di cui ieri dava ampio conto la stampa americana, dato che i fratelli si sono rivolti anche agli Usa per avere asilo politico, mentre Israele per ora ha loro concesso un visto temporaneo di un mese, ebbe inizio
circa un anno orsono quando la famiglia Salame ebbe la malaugurata idea di convertirsi al cristianesimo. Da allora è stato un calvario fatto di accuse, imprigionamenti, torture e minacce per la loro stessa incolumità fisica.
Dopo la scomparsa della sorella i due fratelli si sono dichiarati disposti ad andarsene in Israele e hanno chiesto al governo di Gerusalemme un visto provvisorio, prontamente concesso, in attesa di trovare accoglienza altrove.

Subito sono stati tacciati di collaborazionismo e condannati a morte in contumacia.
La notizia è doppia se si pensa che Nasser Salam, uno dei due fratelli in questione, prima della conversione al cattolicesimo era stato uno degli uomini più fidati di Arafat dentro Al Fatah. I guai sono nati quando ha
avuto la dabbenaggine di confidarsi con altri miliziani palestinesi a proposito della propria recente conversione circa un anno fa.
Gli hanno subito risposto così: "sei matto (al anta majnoun?), qui dalle
nostre parti uno nasce con la religione islamica già specificata dentro il
certificato di nascita".
E poi minacce di ogni tipo, detenzioni immotivate e la tortura per farlo confessare di essere una spia sionista. Uscito dal carcere Nasser non ha trovato più la sorella ad attenderlo, mentre l'intera famiglia aveva deciso di andarsene dai territori sotto controllo dell'Anp.
Alla fine l'inevitabile decisione di chiedere aiuto all'odiato nemico israeliano. Con una lettera alla Coalizione per la libertà religiosa i fratelli Salame hanno raccontato tutte le loro tragedie dopo la conversione.
Jo Ann Davis, la presidentessa di questo movimento ha così scritto al perfido Sharon raccomandandogli la causa dei due fratelli.
Il governo di Gerusalemme ha però preso tempo in attesa di conoscere meglio la storia e ha dato solo un permesso provvisorio di 30 giorni, ma lo ha fatto in tempo reale contribuendo probabilmente a salvare la vita ai due
fratelli.
Per la cronaca almeno 200 palestinesi si trovano nelle stesse condizioni dei fratelli Salame e sono in stato di detenzione come collaborazionisti nelle carceri di Arafat. E dal settembre del 2000 almeno 100 persone sono state
linciate come sospetti collaborazionisti mentre altre cinque sono state condannate a morte. Solo negli ultimi tre mesi ci sono stati inoltre almeno 14 linciaggi e nella striscia di Gaza il numero sale a 60.
C'è un signore William Murray, presidente della Coalizione per la libertà religiosa, che senza particolari aiuti internazionali sta cercando di muovere il problema dei cristiani perseguitati dagli islamici nei territori
palestinesi. E sta cercando anche di svegliare Amnesty international. Pare che non siano in troppi a dargli retta, visto che l'argomento è tabù. Prima o poi però, chissà, anche i francescani come i vari padri David Jaeger o
Ibrahim Faltas, che ben conosciamo, si renderanno conto che in Terrasanta i problemi veri non vengono dagli ebrei ma dagli uomini di Arafat. Quelli che gente di chiesa come loro ha dipinto, con una malafede che è sotto gli occhi
di tutti, come poveri assediati e affamati all'epoca della crisi della chiesa della Natività.

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Menzogne ributtanti
by Spartak Friday, Jan. 24, 2003 at 8:02 PM mail:

I cristiani palestinesi in Terrasanta combattono da sempre al fianco dei loro fratelli musulmani contro l'occupazione israeliana. Non esistono persecuzioni contro i cristiani da parte dei palestinesi; solo gli israeliani perseguitano i palestinesi in quanto patrioti. La stampa filosionista può dire tutte le bugie che vuole, ma non cambierà la realtà.
La realtà si chiama padre Ibrahim Faltas, patriota palestinese attivo che ha vissuto, assieme ai suoi compatrioti musulmani, il dramma dell'assedio alla Basilica della Natività. La realtà si chiama padre Ilarion Capucci, sacerdote cristiano eroe della resistenza palestinese. La realtà si chiama Yigal Halevy, ebreo combattente dell'OLP
( come tanti altri ebrei di Palestina onesti e coraggiosi).
Il nemico dei Palestinesi, siano essi cristiani, islamici, protestanti o atei, ha un nome solo, e gli intrighi e le menzogne della stampa capitalista non lo cancellerano :
SIONISMO !!!!!

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A neuro
by Aaron Friday, Jan. 24, 2003 at 8:10 PM mail:

neuro, il tuo nome è azzeccato ed è il giusto commento per le cazzate che scrivi.

quindi tu non vuoi l'esistenza dello stato di Israele?
nemmeno in pace con i Palestinesi?
sei una merdaccia antisemita, neuro iscriviti a forza nuova che è quello il tuo posto!

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Aaron
by Emiliano Friday, Jan. 24, 2003 at 8:30 PM mail:

Aaron sei un idiota... Neuro è "dei tuoi", rileggi il commento.

E.

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scusa
by Aaron Friday, Jan. 24, 2003 at 8:39 PM mail:

scusa Neuro, scusissima!

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