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Carlo e Giorgiana, quella targa a Roma
by Dino Frisullo Friday, Aug. 24, 2001 at 6:43 AM mail: dinofrisullo@libero.it

Ripensando al 20 agosto a Roma: mille persone, il silenzio, l'applauso, le parole, le immagini. La cosa giusta

"Questa piazza è dedicata alla memoria di due giovani stroncati dalla stessa violenza: Giorgiana Masi, uccisa il 12 maggio 1977 a Roma dalla polizia di Cossiga, e Carlo Giuliani, ucciso il 20 luglio 2001 a Genova dai carabinieri
di Berlusconi".

A quattro giorni di distanza la targa di travertino è ancora là, in piazza Belli a Roma, di fronte al ponte Garibaldi che vide nel '77 agenti in borghese sparare su una ragazza indifesa. Gli stessi agenti che, variamente
travestiti, hanno contribuito ad innalzare drammaticamente la violenza a Genova fino a condurre alla morte di un altro ragazzo che si difendeva come poteva, Carlo Giuliani.

Il Tg2 e il Corsera hanno dato spazio a una vergognosa polemica del segretario dei radicali, tale Carlo Capezzone, che contrappone il "violento" Carlo alla "nonviolenta" Giorgiana. A parte il disgusto per chi di fatto calunnia un morto, basti qui riassumere l'intervento, uno fra i più belli e veri fra quelli che hanno seguito il lunghissimo applauso alla scopertura della targa, di un ignoto compagno quarantenne. Che diceva: "Io c'ero, ventiquattro anni fa a Ponte Garibaldi. Avevo chiuso in un cassetto quei ricordi, quei sogni e quegli incubi. Non sono andato a Genova, ed ho
impedito a mio figlio diciassettenne di andarci, perchè avevo paura per me e per lui. Infatti quel cassetto si è riaperto, ho rivisto e rivissuto la stessa violenza. Ho respirato di umano sollievo perchè mio figlio non era al
posto di Carlo, poi ho provato vergogna. Ora sono qui, il cassetto non si richiuderà più, non mancherò la prossima volta".

Perchè era giusto quell'accostamento? Perchè nella storia italiana del dopoguerra, dal '48 al luglio '60, al '69, al '77, ogni uccisione in piazza ha corrisposto al tentativo cosciente di pezzi dello Stato e dei suoi
apparati di riportare indietro l'orologio della storia. Perchè davvero gli ideali di Giorgiana e Carlo erano gli stessi. Perchè coloro che li negano con violenza sono gli stessi, sempre.

Tutto questo era ben presente, palpabile nelle due o tre generazioni che spontaneamente si sono date appuntamento quel giorno in piazza Belli raccogliendo l'invito dei Cobas, del Prc, del Villaggio globale, di Senzaconfine. Senza vessili, bandiere e appartenenze, come richiesto dai
genitori di Carlo - tranne una bandiera kurda, listata a lutto.

Quanti erano? Molte centinaia, forse mille persone, dal primo concentramento sul Lungotevere alle 17 fino all'ultima immagine di Genova proiettata a tarda sera su uno schermo improvvisato. Persone. La maggior parte di loro a Genova non c'erano stati. Donne e uomini richiamati lì da un imperativo morale, attraverso un "passaparola" di appena due giorni, mai visto prima a ridosso di Ferragosto. Donne e uomini che in quella piazza si guardavano negli occhi e ragionavano, e applaudivano con calore, anche i più anziani,
il ragazzo dall'aspetto di punk-a-bestia che diceva "io sono uno sbandato, campo alla giornata, ma a Genova non potevo non esserci, perchè amo la libertà".

La polizia? In disparte, discreta. Nessuno slogan contro di loro, non ce n'era bisogno. Parlavano i volti della gente, ed i loro tradivano imbarazzo. Per una volta, ascoltavano.

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speriamo
by paolo Friday, Aug. 24, 2001 at 6:43 AM mail:

speriamo solo che dalla loro morte, come da quella di Toto' Curro' e Claudio Spagnolo, uccisi allo stadio, noi tutti riusciremo ad imparare qualosa....ma io sono pessimista...
un sopravvissuto di Genova

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