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Greenpeace cut military supply chain to war in Iraq
by Greenpeace UK Friday, Jan. 31, 2003 at 4:05 AM mail:

Greenpeace flag ship, the Rainbow Warrior, today (29/01/2003) entered Marchwood Military port in Southampton and blocked the departure of UK military supply vessels heading for the Iraqi conflict in the Gulf.

Rainbow Warrior blockades UK military port
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Last edited: 2003-01-29

Greenpeace cut military supply chain to war in Iraq

Greenpeace flag ship, the Rainbow Warrior, today (29/01/2003) entered Marchwood Military port in Southampton and blocked the departure of UK military supply vessels heading for the Iraqi conflict in the Gulf. The Rainbow Warrior, along with a flotilla of small inflatable boats, occupied the port by dropping anchor and blocking the exit, while Greenpeace climbers attached themselves to the Rainbow Warrior's anchor chains to stop the ship being moved. Supply ships have been loading day and night with helicopters, tank transporters, trucks and other military hardware.

The non-violent direct action by Greenpeace is part of the global campaign to prevent a military attack on Iraq that would kill hundreds of thousands of civilians and increase the chances of weapons of mass destruction being used.

Speaking from the bridge of the Rainbow Warrior, Stephen Tindale, Director of Greenpeace in the UK said:
"We are determined to stop the headlong rush to a war which places a higher price on oil than on blood. War with Iraq would not make the world a safer place: it would increase support for terrorism and could lead to the use of weapons of mass detruction. The human and environmental impacts would be appalling and no one would benefit other than George Bush and oil companies like Esso."

Greenpeace is opposed to war in Iraq, whether or not an attack is sanctioned by the United Nations, because it would have devastating human and environmental consequences. According to military and health experts a conventional war could kill over 200,000 people, mainly civilians, and a further quarter of a million could die from famine and disease (MEDACT). If war escalates to involve chemical or nuclear weapons the death toll could even run into millions.

Bush and Blair have cited Saddam Hussein's desire to acquire weapons of mass destruction as justification for an invasion. However, pre-emptive military strikes against states possessing or suspected of possessing chemical, biological or nuclear weapons do not provide a stable basis for controlling them. It would require repeated armed interventions against numerous countries. States known to have nuclear weapons include India, Pakistan and Israel. North Korea is openly seeking to acquire them. The Bush administration has stated that at least 13 countries are pursuing biological weapons research.

Greenpeace believes the solution to weapons of mass destruction is collective international arms control and disarmament. The framework already exists, in the form of the Nuclear Non-Proliferation Treaty (NPT), the Biological Weapons Convention and the Chemical Weapons Convention. But rather than being strengthened, these global treaties are being undermined by the existing nuclear weapons states.

The war is clearly motivated by oil. The same forces that are backing the war are also opposing the US signing the Kyoto Protocol, which would begin to combat climate change. The same US companies that maintain America's oil addiction and oppose the Kyoto Protocol are also backing the war against Iraq. The British Government has recently announced that one of the top five priorities for foreign policy is securing access to energy supplies. Yet Blair still denies that an attack on Iraq has anything to do with oil.

Any attack on Iraq would increase the threat from terrorism because it would further enrage peoples who consider themselves oppressed and push another generation of young people into the arms of terrorism.

Stephen Tindale added,
" A world based on international negotiation and renewable energy will be a safer place than the overheated and terrorised planet that George Bush has in mind."

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traduzione
by teresa Friday, Jan. 31, 2003 at 11:39 AM mail:

La nave di Greenpeace, Rainbow Warrior, oggi (29/01/2003) è entrata nel porto militare di Southampton ed ha bloccato la partenza delle navi da trasporto delle forniture militari britanniche che stavano salpando verso il Golfo per la guerra contro l’Iraq


Rainbow Warrior blocca porto militare
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data: 2003-01-29

Greenpeace taglia la catena di forniture militari verso la guerra del Golfo

La nave di Greenpeace, Rainbow Warrior, oggi (29/01/2003) è entrata nel porto militare di Southampton ed ha bloccato la partenza delle navi da trasporto delle forniture militari britanniche che stavano salpando verso il Golfo per la guerra contro l’Iraq La Rainbow Warrior, con una flottiglia di canotti gonfiabili, ha occupato il porto, gettando l’ancora e bloccando l’uscita, mentre gli attivisti di Greenpeace si attaccavano alle catene dell’ancora della loro nave per impedire che la spostassero. Le navi per i rifornimenti sono state caricate giorno e notte con elicotteri, mezzi corazzati, camion ed altre attrezzature militari.

L’azione diretta nonviolenta di Greenpeace fa parte di una campagna globale per impedire un attacco militare all’Iraq che ucciderebbe centinaia di migliaia di civili ed andrebbe ad incrementare l’uso di armi di distruzione di massa.

Parlando dal ponte della Rainbow Warrior, Stephen Tindale, responsabile di Greenpeace della Gran Bretagna, ha affermato:
"Siamo determinati ad fermare la corsa ad una guerra che da più valore al petrolio che al sangue. La guerra con l’Iraq non renderà il mondo più sicuro, ma aumenterà il favore verso il terrorismo e potrebbe portare all’uso di armi di distruzione di massa. L’impatto in termini ambientali e umani sarà tremendo, nessuno ne può trarre dei benefici, salvo George Bush e le società petrolifere come la Esso.

Greenpeace si oppone alla guerra in Iraq, con o senza il benestare dell’ONU, perché un attacco avrebbe conseguenze umane ed ambientali devastanti. Secondo gli esperti militari e della sanità, una guerra convenzionale potrebbe uccidere 200.000 personale, in maggioranza civili, ed altre 250.000 potrebbe morire per carestie e malattie (MEDACT). Se ci sarà un escalation della guerra, con armi chimiche o nucleari, i morti potranno essere dell’ordine di milioni di persone.

Bush e Blair hanno citato l’intenzione di Saddam Hussein di acquistare armi di distruzione di massa come giustificazione per un invasione. Tuttavia l’attacco armato a stati in possesso, o sospettati di possedere armi chimiche, biologiche o nucleari non costituisce una base stabile per tenerli sotto controllo. Sarebbero necessari ripetuti interventi armati contro molti paesi. E noto che fra gli stati che hanno armi nucleari ci sono l’India, il Pakistan e Israele. La Corea del Nord sta apertamente cercando di acquisirle. L’amministrazione Bush ha dichiarato che almeno 15 paesi stanno facendo ricerche sulle armi biologiche.

Greenpeace ritiene che la soluzione per le armi di distruzione di massa sia il controllo collettivo internazionale sulle armi ed il disarmo. Ne esistono già le premesse, con il trattato di non-proliferazione delle armi nucleari (NPT), la convenzione sulle armi biologiche e la convenzione sulle armi chimiche. Ma invece di essere rafforzati, questi trattati globali sono minati alla base dagli stati che possiedono armi nucleari.

E’ chiaro che questa guerra è per il petrolio. Le stesse forze che stanno a sostegno a della guerra sono quelle che si sono opposte alla firma del protocollo di Kyoto, che avrebbe rappresentato l’inizio della lotta a cambiamenti climatici. Le stesse società americane che riforniscono di petrolio all’America e si oppongono al protocollo di Kyoto stanno anche sostenendo la guerra contro l’Iraq. Il governo britannico ha recentemente annunciato che una delle cinque priorità per la politica estera è garantire l’accesso alle fonti di energia. E ciononostante Blair continua a negare che l’attacco all’Iraq sia in qualche modo correlato con il petrolio.

Un attacco all’Iraq aumenterebbe la minaccia del terrorismo, perché farebbe montare l’ira dei popoli che si considerano oppressi e spingerebbe un’altra generazione di giovani nelle braccia del terrorismo.

Stephen Tindale ha soggiunto,
" Un mondo basato su negoziati internazionali e energie rinnovabili sarebbe un posto più sicuro che non il pianeta surriscaldato e minacciato dal terrore che ha in mente George Bush ”

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