da Il Manifesto del 10 Aprile 2003 - di SERENA TINARI
BERNA
Un mitra arancione, che spara pallottole riempite di vernice colorata per marcare, e dunque identificare, i manifestanti: si chiama FN 303 e dopo avere sfigurato una persona, ha costretto alle dimissioni il capo della polizia di Ginevra. Denise Chervet, 45 anni, segretaria del sindacato indipendente dei giornalisti Comedia, sabato 29 marzo ha preso parte con il figlio sedicenne al corteo contro la guerra. Una sfilata pacifica e colorata di cinquemila persone, che si è conclusa nel sangue. Alla stazione di Cornavin, mentre un centinaio di manifestanti aspettava i treni per Berna e le altre capitali, è arrivata improvvisa, secondo i testimoni, la carica delle forze dell'ordine. Manganellate, cannoni ad acqua e pallottole di gomma.
Chervet ammette di avere lanciato una bottiglia contro la polizia, dopo aver visto il figlio a terra, colpito alla testa con manganelli tonfa. «Era la prima cosa che mi sono trovata fra le mani ed è stata una reazione istintiva. Ma con la mia giacca da signora per bene, certo non possono avermi scambiato per un casseur. E invece l'ho visto bene, un poliziotto vestito come Rambo: ha preso la mira e mi ha sparato addosso due volte. Mi ha colpito alla tempia ed ho cominciato a grondare sangue».
In ospedale, i medici suturavano la testa del figlio con quattro punti, ma non riuscivano a farsi una ragione della ferita della madre, lo zigomo spappolato e farcito di pezzi di plastica grandi come una moneta, frammenti di metallo, vernice. Immediata la dichiarazione del portavoce della polizia, ironico oltre il cattivo gusto: «Alla stazione di Cornavin non abbiamo sparato alcun colpo ed il proiettile che ha colpito la signora non fa parte della nostra dotazione. È stata colpita da qualcuno dei manifestanti: vittima del fuoco amico, come in Iraq».
Per tre giorni i vertici della polizia hanno sostenuto la versione, finché i quotidiani della Svizzera romanda, Le Temps e Le Matin, hanno pubblicato indiscrezioni secondo le quali il mitra arancione, d'altronde ben visibile nelle foto scattate dai manifestanti, da poche settimane sarebbe effettivamente in adozione dei reparti speciali antisommossa.
In poche ore, la capitolazione: la responsabile del Dipartimento di Giustizia e Polizia, Micheline Spoerri ammette la menzogna e la butta in semantica: «non è mica un proiettile.. si tratta di una palla colorante. Le responsabilità? Sono tutte della polizia e qualcuno dovrà risponderne». La prima testa a cadere è dunque quella di Christian Coquoz, capo della polizia ginevrina dal 1997. Ma molti chiedono che la stessa Spoerri lasci il suo posto e grande inquietudine solleva il fatto che Evian sarà gestito da un Commissario temporaneo, che deve ancora essere nominato. Denise Chervet ha denunciato la polizia: dovrà tenersi il viso sfigurato e fra un anno potrà sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica per rimuovere le schegge di metallo.
A Berna, intanto, è stato messo sotto tutela il capo della polizia cittadina, Kurt Wasserfallen: l'uomo forte dell'amministrazione bernese, celebre per le sue ambizioni repressive, d'ora in poi dovrà concordare le misure di ordine pubblico in caso di manifestazioni con una commissione di tre saggi nominata ad hoc dal Governo cittadino.
All'opinione pubblica non sono piaciuti, infatti, gli ultimi exploit dei reparti antisommossa della capitale federale, che hanno caricato l'ultimo corteo per la pace travolgendo scolaresche e genitori, e sgomberato con le maniere forti il «Pic nic contro la guerra» che gli studenti delle scuole superiori organizzano ogni settimana di fronte all'ambasciata americana.
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