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"Territori Occupati"
by ABDULLA' ABBACAR Wednesday, Sep. 03, 2003 at 10:11 AM mail:

Il villaggio palestinese di Mas'ha, a sud di Qalqiliya, e' a tre miglia dalle frontiere del giugno 1967 - note anche come Linea Verde - che separano Israele dai "Territori Occupati".


Mas'ha e' povero e debilitato. Domina il colore del cemento armato grezzo. La sua desolata strada principale e' piena di negozi chiusi, testimonianza di giorni migliori. Il villaggio, situato in quella che era una grande arteria per il traffico, era una volta un mercato regionale, ma le sue fortune precipitarono quando l'esercito israeliano chiuse la via principale. Il checkpoint e' un pezzo di strada non pavimentata, ampio 300 piedi, sormontato, ad entrambe le estremità, da cumuli di terreno e macigni alti cinque piedi, i quali impediscono alle automobili di entrare nel villaggio e nell'adiacente, illegale insediamento israeliano di Elkana.

Da quando, tre anni fa, fu eretto il checkpoint, circa la metà del quattromila abitanti di Mas'ha se ne sono andati. La maggior parte di coloro che sono restati sono disoccupati. Poche imprese continuano a lottare. Abbiamo visto i loro operai scaricare e trasportare a mano merci pesanti attraverso quei macigni, come formiche infinitamente pazienti, che soffrono in silenzio a causa dei capricci di un bambino il cui crudele divertimento consiste nel porre ostacoli sul loro cammino.


Elkana e' in un universo differente. Le sue casette immacolate dal tetto rosso seguono una strada a serpentina chiusa da un letto di vegetazione lussureggiante, verde smeraldo, che contrasta con l'aspetto tipicamente mediterraneo delle colline che lo circondano. L'acqua e' sovrabbondante, fornita con generosità dal governo. Quella stessa acqua viene negata ai palestinesi e questo e' il segreto di Pulcinella del miracolo eco-politico di Elkana.

Il bus ad aria condizionata che serve Elkana ed altri tre insediamenti vicini ci porterà a Tel Aviv ad un prezzo ridicolmente basso - grazie ancora alla generosità del governo israeliano - su strade perfettamente asfaltate. Per contro, il nostro viaggio mattutino a Mas'ha ci ha portato su strade rocciose, non pavimentate, che distruggono le vecchie auto " di servizio" che la percorrono giornalmente.

Sulla linea di giunzione tra Elkana e Mas'ha, gli effetti della politica israeliana di apartheid e di colonizzazione sono visibili e palpabili. Da una parte, vi e' un enorme investimento di denaro per rendere Elkana sicuro, economico ed attraente per gli israeliani, inclusi sussidi per gli affitti, l'acqua ed i trasporti, infrastrutture al top e costante presenza militare. Dall'altra parte, i palestinesi di Mas'ha sono soggetti a maltrattamenti, trascuratezza e vessazioni economiche.

E' ormai un anno che Israele ha cominciato ad erigere una barriera fisica tra i suoi centri ebraici e palestinesi. I palestinesi la chiamano "muro di apartheid", mentre gli israeliani la definiscono "muro di separazione". Apartheid significa separazione.

Per gran parte della sua lunghezza, la barriera possiede sensori elettrici, trincee con filo spinato, un tracciato d'ispezione ed una strada di ricognizione. La barriera e' enorme, alta 60-100 piedi, una ferita color sabbia che taglia gli oliveti sulle colline circostanti. Sugli alberi d'olivo a migliaia di piedi di distanza, le olive sono coperte di uno spesso strato di polvere. La barriera e' un assalto al territorio. In essa vi e' un'oscenità che e' difficile convogliare attraverso le parole. E' un imbruttimento monumentale della terra, un'espressione iconoclasta di auto-coinvolgimento e ripugnanza. Guardarla ferisce gli occhi.

Molti israeliani credono che la barriera segua la Linea Verde. Invece il governo di Sharon ha adattato la barriera alla vecchia mira del sionismo - prendere quanta più terra palestinese possibile, liberandosi della popolazione locale. Il sentiero della barriera spinge le dita profondamente nelle aree palestinesi, cercando di includere non soltanto quanti più insediamenti possibile, ma anche quanta più terra ancora appartenente ai palestinesi possibile, lasciando spesso solo le aree costruite dei villaggi, dall'altro lato. La barriera corre tra i campi coltivati, e separa i villaggi dalle fonti del loro sostentamento e dalle sorgenti d'acqua. E' la solita, vecchia storia del dispossesso che si ripete.

Già e' stata confiscata gran parte della terra e sradicati migliaia di alberi per fare strada alla barriera. Le terre ad ovest del muro non sono state confiscate, ma l'accesso ad esse e' stato reso così difficile da rendere addirittura impossibili le coltivazioni, in alcune aree. Ai contadini viene spesso impedito l'accesso ai loro campi, a volte vengono picchiati e vessati, a volte li si lascia passare a piedi, senza permettere il passaggio dei loro mezzi meccanici di lavoro. Non vi e' limite alla creatività dell'apparato di sicurezza israeliano.
Se i contadini non possono coltivare le loro terre, Israele fa ricorso alla vecchia legge Ottomana che dichiara "pubblica" la terra non utilizzata. Questo metodo di confisca e' stato usato spesso nel passato. Dunque, conoscendo il fatto, i contadini palestinesi continuano a coltivare anche le terre che non daranno profitti sull'altro versante della barriera. Alcuni di essi restano a dormire nei campi.

Ma a Mas'ha la costruzione della barriera ha raggiunto vette inimmaginabili di assurdità e razzismo. La barriera dovrebbe passare tra Mas'ha e l'insediamento illegale di Elkana. In realtà, la recinzione di Elkana e' a soli pochi piedi di distanza dall'ultima casa di Mas'ha, che appartiene a Hani Amer ed alla sua famiglia. Per non creare inconvenienti all'insediamento, la barriera passa ad est della casa di Amer, separandola dal resto del villaggio ed imprigionandola di fatto tra la recinzione dell'insediamento e la barriera. L'esercito ha detto ad Amer che gli sarà concesso di passare attraverso la barriera due o tre volte al giorno, ma non potrà mai più avere ospiti in casa.

Ecco il genere di "pace" che Israele immagina con lo "stato" palstinese, una pace in cui i soldati israeliani decideranno se un palestinese potrà avere visitatori alla sua casa.
La visione del mondo che ha reso possibile un simile oltraggio e' stata riassunta succintamente da un supervisore della ditta di sicurezza privata che si occupa della costruzione della barriera. In una delle loro scaramucce verbali - Amer non si preclude la possibilità di infastidire i suoi tormentatori - il supervisore gli disse: "Tu appartieni al passato".

Amer, però, non pensa di appartenere al passato e non ha intenzione di svanire in silenzio per facilitare la colonizzazione ebraica della sua terra. Ha rifiutato i tentativi israeliani di comprarlo e si e' dedicato alla sua lotta privata per condurre una vita normale nella sua casa.
Il villaggio di Mas'ha ha lanciato una campagna per fermare la costruzione del muro. Gli organizzatori della Land Defense Committee e della PARC (Commissione di Sostegno per L'Agricoltura Palestinese) del villaggio hanno chiesto aiuto ad attivisti internazionali ed israeliani affinchè sostengano i diritti palestinesi con l'installazione di una "tenda della pace" sul tracciato dei bulldozers israeliani.

Gli abitanti di Mas'ha e di altri villaggi hanno ottenuto da Arafat e da Abu Mazen la promessa che la questione del muro sia una priorità nazionale nei negoziati con Washington. Questo sforzo ha dato il primo, modesto, frutto allorchè Abu Mazen e' riuscito a far diventare la questione del muro d'apartheid (che attorno a Qalqilya, con le torri ed i sensori, diviene un vero e proprio muro di prigione) un punto d'attrito tra Bush e Sharon. Ci sono state persino voci che il Dipartimento di stato intendeva considerare una riduzione degli aiuti ad Israele fino a che questi non congelasse la costruzione della barriera.

Il 5 agosto, le forze di sicurezza israeliane hanno attaccato la tenda per permettere ai bulldozers di demolire l'aia della casa di Amer. L'aia era, difatti, nella traiettoria progettata per la costruzione del muro. Quarantasette attivisti sono stati arrestati, tra i quali quattro israeliani e tre palestinesi. La polizia di frontiera e' arrivata alle sette di mattina, attaccando, per prima cosa, la gente con macchine fotografiche e telecamere. Un internazionale ha avuto due costole rotte, ma e' riuscito a passare la sua macchina fotografica a dei testimoni prima di essere arrestato.

La maggior parte di essi sono stati rilasciati il giorno dopo, dopo aver firmato un documento in cui si impegnano a restare fuori dai Territori occupati. Uno dei pacifici manifestanti, un palestinese di Mas'ha, e' restato in carcere un giorno in più. Subito dopo l'arresto, lo Shabak (la temuta e crudele polizia segreta israeliana) aveva detto alla sua famiglia che egli "non sarebbe tornato indietro". Questa e' tortura psicologica. Lo Shabak e' particolarmente infastidito dagli attivisti palestinesi non-violenti.

L'apparato di sicurezza israeliano non perde mai un'opportunità, non importa quanto fragile e limitata, per scoraggiare la cooperazione tra palestinesi ed israeliani. Il giorno dopo, eravamo presso la casa di Amer, vicino ad un albero di fico recentemente sradicato - le sue foglie cominciavano già ad appassire - quando vedemmo circa 25 attivisti arrivare a Mas'ha, fermarsi al chechpoint e costringere il bulldozer a fermare la costruzione della barriera.
L'azione fu animata ed efficace. I manifestanti occuparono i bulldozers con simboli che identificavano la barriera come il muro di un ghetto e che chiedevano la fine del furto delle terre.


Dopo un lungo confronto silenzioso, la polizia li arrestò garbatamente: erano tutti ebrei israeliani. Durante il confronto, alla famiglia del palestinese ancora imprigionato fu detto che il loro congiunto non poteva essere rilasciato poichè i militari erano troppo impegnati ad arrestare i manifestanti di Mas'ha.

La gente di Mas'ha capisce il messaggio delle forze di sicurezza coloniali: "arrendetevi, smettetela di protestare, dite agli attivisti di tornare a casa, e noi vi lasceremo vivere, in qualche modo". Ma la gente di Mas'ha ha, sinora, risposto con un sorriso amaro. Non vuole vivere per la misericordia dello Shabak. Vuole continuare a lottare per l'uguaglianza e la dignità.



traduzione a cura di http://www.arabcomint.com
da YellowTimes.org

*Gabriel Ash, nato in Romania, e' cresciuto in Israele. Scrive articoli perche' sostiene che, talvolta, la penna e' più potente della spada e talvolta no. Vive negli Stati Uniti.

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Firma la petizione contro il muro dell'Apartheid
by pengon Wednesday, Sep. 03, 2003 at 10:56 AM mail:

Ferma il Muro! Solidarieta’ con la Giornata Internazionale contro il Muro!

Noi, i firmatori di questa petizione, esprimiamo il nostro orrore e sgomento di fronte all’ Muro dell’Apartheid che lo stato d’Israele sta costruendo nei Territori Occupati Palestinesi del ’67 e chiediamo ai popoli e ai leaders di questo mondo di usare tutta la loro influenza affinche’ la costruzione del Muro venga fermata immediatamente!

Il Muro dell’Apartheid si prospetta come il piu’ grande furto di terre dal 1967 in poi. Secondo i piani attuali , il Muro permettera’ ad Israele di controllare circa la meta’ della Cisgiordania e avra’ una lunghezza di circa 650 chilometri. Questa costruzione, che chiamano in modo fuorviante “recinzione di sicurezza”, penetra per ora fino a 6 km dentro la Cisgiordania e, in certe zone, tagliera’ fino a 16 km all’interno. La logica dietro il percorso del Muro permette l’annessione del maggior numero di colonie possibili e il controllo di enorme quantita’ di terre palestinesi.

La vita dietro il Muro dell’Apartheid sara’ impossibile: il popolo palestinese, imprigionato dentro ghettos circondati da muri e spogliato da quasi tutti i Diritti Umani, perdera’ gran parte delle terre, delle risorse d’acqua e dei suoi mezzi di sostentamento. L’oppressione e la miseria generate da questo muro sono gia’ visibili nelle zone in cui lo hanno’ gia’ completato. Circa il 10% della popolazione della Cisgiordania e’ colpito dalle distruzioni della prima fase del Muro e ha perso ogni possibilita’ di raggiungere la terra e di guadagnarsi la vita. L’apertura recente di tre “punti di passaggio” – istallati su terra palestinese al fine di dividerla – e’ soltanto un’altro passo nell’istituzionalizzazione di questo furto di terra. Durante meno di un mese dall’apertura dei portoni, ai contadini e le loro famiglie e’ stato sistematicamente vietato l’accesso alle loro terre - sono stati invece umiliati, malmenati e obiettivo per i fucili israeliani. Questo Muro e i suoi cosiddetti punti di passaggio sono disumani ed illegali.

Sotto il pretesto della “sicurezza”, Israele continua ad attuare con la costruzione del Muro la sua politica di Occupazione, Discriminazione ed Espulsione che porta alla pulizia etnica e la distruzione della base materiale per la sopravvivenza e lo sviluppo della societa’ Palestinese nel suo complesso.

Uno stato Palestinese libero ed indipendente diventera’ impossibile. Dietro la retorica delle “trattative” gli oltre 100 bulldozer, che lavorano ogni giorno nei cantieri del Muro, costruiscono sul terreno il percorso effettivo che sta delineano la “Road Map”.

Noi, i firmatori, siamo la voce dei popoli di questo mondo. All’inizio di questo Millennio continuiamo ad alzare questa voce, forte e chiara, contro guerre ed occupazione. Dobbiamo dire no a questo Muro dell’Apartheid che costituisce - anche secondo la legislazione internazionale - un “Crimine di Guerra”, un “Crimine di Apartheid” e und “Crimine contro l’Umanita’”.

Le communita’ colpite dal Muro, sotto gli auspici della campagna palestinese contro il Muro, hanno indetto la “Giornata Internazionale contro il Muro” che si terra’ il 9 Novembre 2003, data della caduta del Muro di Berlino. Chiediamo tutti di sostenere questa iniziativa palestinese perche’ possa ottenere il richiamo mondiale e la spinta necessaria per poter fermare il Muro.

Vi chiediamo di unirvi da oggi ai nostri sforzi e di far valere la vostra influenza sullo stato d’Israele e i suoi sostenitori affinche’ applichano le nostre richieste:

Fermate e smantellate il Muro dell’Apartheid Immediatamente!
Restituite tutte le terre rubate per la costruzione del Muro ai proprietari palestinesi!
Fermate l’Occupazione!

Firma la petizione: http://www.pengon.org/wall/pet.php
Firmatari fino ad oggi: http://www.pengon.org/wall/list.php

Fate girare...

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