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Milano: giovane ucciso il 16 Marzo in strada, accusato confessa
by da repubblica Tuesday, Sep. 16, 2003 at 1:48 AM mail:

Dopo il presidio sotto il Tribunale dei Minori di oggi una nuova notizia:


Federico Morbi, accusato insieme al padre e al fratello minorenne di avere ucciso il 16 Marzo a coltellate Davide Cesare, il ragazzo del centro sociale Orso di Milano, ha confessato il delitto in una lettera consegnata all'avvocato del fratellino. Federico asserisce di avere ucciso per difendere se stesso e il fratello.

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Ergastolo!
by chi c'è dietro? Tuesday, Sep. 16, 2003 at 1:51 AM mail:

Chi c'è dietro a questi fascisti?
Perche' le stragi fasciste sono rimaste impunite?
Perche' i responsabili della strage di Ustica e di Piazza Fontana o della strage di Bologna sono liberi?

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«Erano più di sei, armati di tirapugni e catene»
by da "il giorno" Tuesday, Sep. 16, 2003 at 9:45 AM mail:

«Chi è questo, un nuovo acquisto?». Domanda provocatoria e resa minacciosa da un tirapugni e una catena bene in vista: l'avrebbe rivolta Davide Cesare, Dax per i molti amici del centro sociale Orso, al «nemico» rasato: Federico M. La domanda, racconta Federico nella sua lettera confessione, è nei riguardi del fratello minore, Mattia. Dax, con «l'aria da capo» l'apostrofa dal un gruppo nutrito: «Non meno di sei» scrive l'accusato d'omicidio. Alcuni testimoni parlano di quattro.
E' il 16 marzo, 22.30: è allora che Federico estrae il coltello. Lo porta con sè che dal giorno in cui era stato aggredito con un tirapugni da Dax e i suoi, l'11 marzo, sempr e per colpa della vistosità del cane Rommel. Lo porta per autodifesa, dice. Visti gli incontri coi giovani dell'Orso.
Il coltello dunque compare una frazione di secondo prima che parta il pugno verso Mattia, il quale traballa e cade. Qualche attimo dopo, la mischia: «Ho reagito con calci e pugni tirati anche con la mano armata».
Mattia si riprende e interviene a fianco di Federico. A mani nude. Però altri testi raccontano di un seconde giovane col coltello. Il padre Giorgio giunge dopo: non era uscito a spasso coi due ragazzi reduci da una partita di calcio e col rottweiler della discordia, per via del nome. Quando Giorgio M. arriva, si butta pure lui, sempre mani nude, nella rissa.

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«Ho ucciso in difesa di Mattia»
by da "il giorno" Tuesday, Sep. 16, 2003 at 9:47 AM mail:

«Ho ucciso io Dax». L'ha ucciso, magari senza sapere che lo ammazzava, nella furia cieca dell'esasperazione, e accecato dal cazzotto che lui, Davide Cesare, aveva tirato al giovane fratello. L'ha ucciso per proteggere Mattia. Confessa e accusa. Rivela dove è il coltello dell'omicidio, dell'omicidio di Davide Cesare, 16 marzo, Navigli-Ticinese. Nessuno l'aveva trovata, l'arma del delitto, il serramanico tipo svizzero. Lo ha gettato, e certo non c'è più, nel cestino di fronte al commissariato di polizia di via Tabacchi. «Siamo andati là, mio padre, Mattia e io - scrive Federico M., 29 anni, accusa d'omicidio volontario e duplice tentato omicidio - per farci aiutare dopo l'accoltellamento. Suonammo, ma la polizia non ci volle aprire, dissero che ormai avevano chiuso...».
Confessione e arma del delitto: quattro pagine vergate da Federico M. Arriva al tribunale per i minori nel giorno in cui il fratello Mattia, 17 anni, ritenuto complice del maggiorenne, viene sottoposto all'udienza preliminare. La lattera, depositata dal legale di entrambi i giovani, Marco Rezzonico, scaturisce dal timore che il ragazzo più piccolo possa passare per «reticente». Faccia così da suo ostaggio e ci si giochi l'esistenza. Così Federico scrive la sua colpa, e Mattia fa più di un'ammissione: «Ho visto mio fratello col coltello, ma non l'ho visto colpire» dice ai giudici minorili. Dice che non ha partecipato direttamente al delitto. Ne ricostruisce la dinamica e la vita di un'intera famiglia con simpatie di destra nel quartiere «dell'estrema sinistra», dei centri sociali.
La via d'uscita per Mattia viene dal tribunale per i minori: prima di decidere se procedere col giudizio abbreviato, si dà mandato allo staff di psicologi ed educatori dei servizi minorili di redigere un programma di recupero per il ragazzo. Di vagliare la possibilità di «affidamento in prova», si dice. Che equivale a scampare il carcere. E il primo dicembre quel programma verrà valutato dallo stesso tribunale: se ritenuto congruo, il processo per il minore sarà sospeso fino a un massimo di tre anni. E potrebbe non essere mai celebrato. Risultato di tutta soddisfazione per ragazzo e avvocato, che dice: «Mattia finora aveva taciuto certi fatti al tribunale per non danneggiare il padre, e soprattutto, il fratello».
Sei mesi è durata la linea del silenzio della famiglia indagata per i fatti del 16 marzo, tra via Brioschi e via Zamenhof. La famiglia di destra, col cane Rommel, oggetto dello sfottò antagonista, e col busto di Mussolini in casa. Federico, Mattia e il padre Giorgio finirono il giorno dopo la morte di Dax in galera, inchiodati dai testimoni che li indicavano pienamente partecipi alle violenze, e degli indumenti sporchi di sangue. Il coltello non fu mai trovato. Nessuno ha pensato di cercare nel cestino di fronte a un commissariato chiuso per fuori-turno. Ora, il padre 54enne, difeso da Daniela Dawan, è agli arresti domiciliari, Mattia potrebbe uscire dal tunnel del Beccaria, e Federico?
Federico no, scrive la sua colpa e accusa. Il giovane «rasato» si toglie più di un sassolino. Scrive al tribunale per i minori, «per sfiducia nei confronti della Procura». Che «ci ha dipinti come aggressori di un povero gruppo dei centri sociali, ma così non è».

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