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Benetton, storia del nuovo re della Patagonia
by para de babar ovo de playboy Wednesday, Feb. 18, 2004 at 11:49 AM mail:

Puo' il sogno di una semplice famiglia della Patagonia mettere in discussione l'impero della corporation Benetton? Il matrimonio formato da Rosa Nahuelquir e Attilio Curiñaco dimostra che e' possibile.

Benetton, storia del...
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Senza volerlo, questa famiglia Mapuche della provincia di Chubut ha provocato un terremoto che ha messo in discussione la svendita ai capitali stranieri di una delle zone piu' ricche del paese; non e' una favola, ma la storia tangibile e concreta di migliaia di chilometri di territorio svenduti per qualche soldo al miglior offerente. Si tratta della Patagonia, una zona che comprende il 30% del territorio argentino, circa 780.000km2 in cui si concentra l'80% delle riserve petrolifere del paese, grandi risorse idriche e una enorme varieta' di flora e fauna che in alcune regioni sono ancora incontaminate. Di recente si e' scoperta anche l'esistenza di oro e argento: una nuova ricchezza a cui ambiscono i capitali stranieri. Il gruppo Benetton, attraverso The Argentine Southen Land Company Limited o Compagnia Terre del Sud Argentino (semplicemente "la Compagnia da qui in poi), possiede il 9% delle terre migliori di questa regione. E' proprietario di 900 000 ettari nelle provincie di Neuquén, Rio Negro, Santa Cruz e Chubut: un territorio simile per estensione alla provincia del Chaco, quaranta volte piu' grande della Capitale Federale.

-Hanno comprato, in breve, un'intera provincia.

Uno dei suo proprietari, Carlo Benetton, prova una "splendida sensazione di liberta'" ogni volta che viene a supervisionare personalmente lo stato dei suoi campi e di alcune delle 290 000 pecore che vi pascolano.Il gruppo opera in 120 paesi con decine di fabbriche e 7000 negozi. I possedimenti acquisiti in Argentina producono appena il 10% della lana che viene impegata dall'azienda per produrre ogni anno circa 100 milioni di capi. Sommando la totalita' dei settori - dall'industria tessile alla costruzione di strade - l'impresa muove 2000 milioni di euro all'anno, una somma che pare in grado di comprare qualsiasi sentimento. Negli anni, sia Benetton che i proprietari precedenti hanno acquistato anche una sensazione di impunita' senza precedenti.
Qui proviamo a raccontare come un sogno di dignita' ha aperto una breccia nel passato e nel presente di questa enorme provincia.

-Tornare alla terra

Rosa e Atilio sono membri di una famiglia Mapuche urbanizzata forzosamente. Rosa ha abbandonato il terreno di famiglia a otto anni, dopo la morte di suo padre, per lavorare prima in un hotel e poi come operaia tessile. Ricorda ancora come se ne andarono, su un carro di buoi, e sogna di ritornare in quella stessa terra, perche' adesso sa che il modo in cui fu venduta e' illegale.

Atilio e' nato e cresciuto alla stazione ferroviaria Leleque, dentro la Compagnia. Suo padre fu obbligato a lavorare e vivere li' dopo che i commercianti turchi, come gia avevano fatto con altri piccoli proprietari, si erano presi le loro terre.

Rosa inizio a lavorare nel 1986 in una delle fabbriche tessili piu' grandi della citta' di Esquel. Poco dopo Atilio fu assunto in una fabbrica di frigoriferi, dove lavoro' per 15 anni alla manutenzione.

Con gli sforzi di entrambi hanno cresciuto quattro figli e continuano ad aiutarli anche adesso.

Fin qui la loro via era la vita umile e tranquilla di migliaia di operai del sud del paese. Ma il 27 febbario 2002 qualcosa cambio' il destino della famiglia: come tante altre imprese, la fabbrica tessile dove lavorava Rosa chiuse da un giorno all'altro, lasciando tutti i lavoratori sulla strada.
C'era ancora il lavoro di Atilio nella fabbrica di frigoriferi, ma i 150 pesos che guadagnava ogni 15 giorni non bastavano a mantenere tutta la famiglia.

Prevedendo questa situazione, sotto la spinta dei propri sogni e animati dai loro figli, Atilio e Rosa decisero di tornare a lavorare la terra.

Attraverso l'IAC (Istituto Autarchico di Colonizzazione) hanno richiesto un podere chiamato Santa Rosa. Il 15 febbraio, dodici giorni prima che Rosa rimanesse disoccupata, presentarono una nota dicendo che "i dati ottenuti fanno pensare che si tratti di un podere demaniale" e che "e' nostro interesse richiederlo epr avviare una microimpresa familiare".

Attilio conosceva quel luogo sin da quando era mabino e per questo sapeva che era abbandonato da prima che nascesse; li' andava a caccia di lepri con i suoi fratellie vicini, o a raccogliere legna per placare il gelo invernale.

Lo IAC rispose - sempre verbalmente - sostenendo che il podere era una riserva indigena inutilizzata da anni. Con questa informazione, il 23 agosto di quest'anno si presentarono al Primo Commissariato di Esquel per fare un esposto che avvisasse della loro intenzione di occupare il lotto, e quello stesso pomeriggio con il loro nipote Franco, di sei anni, misero in piedi un accampamento per incominciare a lavorare.

Con i loro risparmi e con quanto ebebro in prestito da vari familiari e amici, cominciarono ad arare, a seminare ortaggi e frutta, a crescere animali e migliorare il terreno. Alzarono lo steccato caduto, crearono un sistema di irrigazione e cominciarono persino a mettere insieme il materiale per costruire una casa di pietra. Il sogno di tornare alla terra si stava realizzando.

-La rapidita' del sistema giudiziario

Il temporale non tardo' ad arrivare. Il 28 agosto la Compagnia firma un mandato in favore dell'avvocato Martín Iturburu Moneff, nominandolo procuratore dell'azienda. Due giorni dopo, il 30 agosto, la Benetton deposito' una denuncia sostenendo che il podere conosciuto come Santa Rosa e' proprieta' della compagnia, e che "non e' utilizzato come allevamento ma che l'amministrazione intende riforestare il terreno".

Firma la denuncia Ronald Mc Donald, l'attuale amministratore del sito e non a caso figlio e nipote dei "pionieri" che lavorarono per le vamiglie Braun Mendez e Mendez Bethery, i celebri sterminatori della Patagonia tragica. Il giorno dopo la denuncia, il 31 agosto, il giudice istruttore unico di Ezquel, il Dott. Colabelli, firma l'iscrizione nel registro degli indagati per "indagare sul fatto". Il giorno stesso, nonostante la pioggia, e' cominciato il livellamento della zona.

Cosi' e' iniziato un'impasse di due settimane, che Atilio e Rosa hanno impegato seminando e continuando i lavori nel campo, mentre l'azienda raccoglieva documenti. Il 16 settembre, il Dott. Moneff chiese lo sgombero a causa dei "gravissimi danni" che l'"usurpazione" di quel piccolo campo causava. Come prove porto' mappe, documenti del secolo scorso e foto satellitari, tutto materiale. Che, a studiarlo, non dimostra nulla, ma che e' bastato al giudice Colabelli per ordinare lo sgombero immediato.

Il 19 settembre il giudice ha ordinato la restituzione dell'immobile e aggiunge al fascicolo la testimonianza di Roberto Omar Villa, un agricoltore che - come tutti coloro che lavorano per i Benetton - testimonia che le terre sono dell'azienda e - mentendo, come vedremo in seguito - che non ci sono proprieta' demaniali nella zona. Tra i testimoni che si presentano c'e' anche un abitante del luogo che al momento dell'occupazione era in vacanza, cosa che non gli impedi' di dichiarare di aver visto l'occupazione e che - al contrario di quanto mostrato dalle fotografie - il podere era recintato.

Con queste nuove prove, e dopo i procedimenti di rigore, il 30 settembre emise l'ordinanza dis gombero con la famiglia Curiñanco, che si concretizza il 2 ottobre, un altro di quei pomeriggi di pioggia ceh sembrano piacere al giudice per far eseguire i suoi ordini. I quindici poliziotti che hanno realizzato lo sgombero hanno distrutto la casa e sequestrato tutti gli attrezzi, inclusi due buoi con i quali Atilio e Rosa avevano cominciato ad arare.

Nella sua denuncia, l'avvocato dei Benetton parlava di "clandestinita'" e voleva dimostrare che i Curiñanco si erano comportati da delinquenti, penetrando di notte, nascondendosi tra gli alberi e sfondando il recinto che in realta', come mostrano le foto prodotte dalla famiglia, essi stessi si incaricarono di costruire.

Per i rappresentanti della Benetton, non e' un problema di rilevanza sociale; ancora oggi - un anno dopo - la causa che hanno intentato contro la famiglia Curiñanco vuole dimostrare che si introdussero del podere sapendo che apparteneva alla Compagnia, e che si tratta solo di "delinquenza comune".

-Estirpare l'esempio

Il podere Santa Rosa e' lungo la Ruta 40, tracciata a meta' degli anni Settanta. Se anche fosse davvero parte delle terre della Compagnia, sarebbe circa lo 0.144% delle proprieta' totali dell'azienda. Ma la legittimita' delle pretese della Benetton lascia molti dubbi; il podere non e' circondato da terre della Compagnia, ma da altri paesini che esistono da decenni. La strana e presunta estensione della Compagnia sull'altro lato della Ruta e' come un cuneo che si infiltra nel campo dei vicini.

Tutti gli abitanti interpellati sanno che si trattava di terra del demanio abitata per ultimo da una famiglia aborigena di nome Tureo. Perche' allora la Benetton la reclama con tanta violenza, accusando i Curinanco di essere usurpatori e delinquenti?

La spiegazione va cercata nella storia della zona partendo dalla Societa' Rurale, che per prima ha ripudiato l'occupazione e previsto che, se altre famiglie Mapuche seguiranno l'esempio dei Curiñanco nella regione si verifichera' "un'ondata di sangue e violenza". Semplicemente, e' questo che si teme; che siano un esempio, che altri cento sfrattati dalla terra decidano un giorno di tornare a recuperare cio' che appartiene loro da sempre.
"Sanno di mentire, e per questo hanno bisogno di tanti documenti, di tante bugie. Noi non ne abbiamo bisogno, perche' sappiamo di avere ragione".

-Benetton ha occupato il territorio Mapuche

"L'azienda di cui si discute non e' un'impresa straniera radicata nel paese, ma un'impresa nazionale". Questa cosa ridicola e' sostenuta dall'avvocato dei Benetton: solo per avere sede nella Capitale Federale, la Compagnia non e' straniera, ne' viola le leggi che limitano la proprieta' in mano a anonime societa' straniere nella provincia di Chubut.

In realta', la Comapgnai era inglese fino al 26 marzo 1982, quando prima della guerra delle Malvines cambio' e divento' di proprietari - o prestaanomi, non si sa - nazionali. In quest'anno, secondo gli stessi registri della compagnia, fu nominato presidente Eduardo Menendez Hume, membro della tradizionale oligarchia latifondista argentina.

Nel 1991, quando Benetton compro' l'impresa per 50 milioni di dollari, lo fece mantenendo l'invenzione legale che si trattasse di un'impresa argentina. E la compro' con tutte le terre rubate ai primi abitanti della Patagonia.

Per documentare la battaglia, la tattica dei Benetton fu di confondere le acque con una marea di documenti, mappe e scritti. Spulciarono gli archivi per trovare gli atti di proprieta' datati un secolo fa, una quantita' di carte scritte a mano che,pensarono, chissa' se qualcuno avrebbe mai letto. Ma qualcuno el lesse, e scopri' che i fratelli Benetton occupano un territorio che fu dei Mapuche, e che fu regalato dallo stato argentino al capitale inglese.

Le terre ostentate dalla Compagnia furono donate dallo stato argentino nel 1885 e 1896. Ti trattava, all'epoca, di lotti di 80000 ettari ciascuno, concessi singolarmente a cittadini inglesi residenti, per lo piu', a Londra, che amministravano i propri affari nel paese attraverso rappresentanti.

L'azienda oggi conosciuta come Leleque - alla quale apparterrebbe il lotto in discussione - fu donata a Henry Rushton Roger, un londinese del quale non c'e' traccia sui registri. Il terreno originale dell'azienda era di 80000 ettari, ma nel 1890, quando si fece un censimento delle terre, risultarono 96919 ettari. L'aumento fu accettato dallo stato argentino.

La persona che fece il censimento, tale Gorosito, disegnando le mappe lascio' un atto scitto di suo pugno e le referenze che uso' per introdursi nel territorio. Nell'atto spiega che ha scelto "per localizzare questa Colonia le valli occupate in precedenza dagli indigeni e conosciute come Lepa e Esquel".

Per non lasciare dubbi sull'interpretazioen delle sue parole, Gerosito termina il suo documento con alcune righe sulla flora e la fauna del luogo: "Questa colonia e' importante per la qualita' dell'erba, l'abbondanza e la varieta' di legname per costruzioni.Quanto alla fauna, ci sono molti guanachi e struzzi che di cui gli indigeni si nutrono".

In breve: il terreno ora occupato dalla Benetton, e' parte dell'antico territorio indigeno, sottratto con le armi per regalarlo al capitale inglese.

-La semantica dominante

La Compagnia si costitui' legalmente nel 1889, con una fabbrica a Londra e un'altra nella Capitale Federale. Si tratto' di una specie di consorzio di proprietari terrieri inglesi, che dominavano al momento di unirsi su un totale di 780.609 ettari. Negli anni successivi alla sua fondazione, sottoscrisse vari atti con i quali José Evaristo Uriburu, Antonio Bermejo, Roca e Juárez Celman accettavano tutte le condizioni e richieste dell' impresa; privilegi nel pagamento delle imposte, la concessione di terre per lavorarle.

Con il passare degli anni, l'azienda si diede un nuovo lustro aumentando il dominio della regione; negli anni quaranta si termino' il tracciato della ferrovia che attraversa la maggior parte dei campi dell'azienda. Il treno, pagato e dominato dal capitale inglese, nacque principalmente come servizio di trasporto privato della Compagnia.

L'atteggiamento usato dalla Compagnia per le sue richieste fu sempre improntato a superbia e all'imposizione. In una delle sue velate imposizioni allo stato segnalavano, in un atto del 1896, che "siamo in realta' coloro che fonno gli sforzi piu' grandi ed esercitano l'azione piu' perseverante in quelle lontane regioni della repubblica".

Piu' di cento anni dopo, i nuovi proprietari utilizzano lo stesso linguaggio. L'avvocato della Benetton dice in questo caso che "non servono striscioni sulle culture aborigene, che amiamo e rispettiamo, culture che anche il mio cliente ha promosso e preserva anche piu' della propria, per giustificare un illecito e l'infrazione alle leggi".

La storia ufficiale della Compagnia non dice nulla a proposito del furto di terre indigene. Al contrario, narra di una specie di idillio, in cui gli indigeni erano "assoldati dall compagnia per cacciare e ridurre la popolazione di guanachi. Nella storia della Benetton. Oltre alal retorica della Compagnia, si ripete la stessa invenzione; la grande presentazione dell'azienda e' un museo che riassume, in forma aggiornata, la storia della Patagonia.

La presentazione del museo e' il volto di un Chehuelche. Paragonare le figure dipinte nel cartello di benvenuto con i volti di Atilio e Rosa rende evidente che Benetton vorrebbe che fossero solo un disegno alla parete.

Mentre, al contrario, vogliono continuare ad esistere.

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