Indymedia Italia


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BUSH a Roma : accogliamolo sventolando la nuova bandiera statounitense
by c.c.c.c.p. Wednesday, May. 12, 2004 at 2:55 PM mail:

Accogliamo Bush con la nuova bandiera dell' IMPERO ! Scaricala dalla web, stampala su carta o ... fattela stampare sulla tua canottiera bianca !!!

BUSH a Roma : accogl...
bandiera_stato_canaglia_piu_grande_del_mondo.gif, image/gif, 617x365

Comitato di accoglienza per la vista di Bush a Roma

Per accogliere Bush il 4 giugno a roma:
- vai dal fornaio e fatti dare un sacchetto di carta, quelli che si usano
per il pane
- facci due buchi (altrimenti non ci vedi)
- mettitelo in testa
- soprattutto: stampati un paio di queste bandierine che tanto piacciono a Giorgino: fanne bandierine, camicette e quanto la tua fantasia ti permetta di farci: NON CI SONO LIMITI all' opposizione al NUOVO E FIAMMANTE IMPERO NAZIFASCISTA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

se diffondi la notizia Bush sarà accolto da 100-1000-10.000 torturati, quelle immagini, anche in medioriente, significheranno che *siamo tutti torturati*

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geniale
by concordo Wednesday, May. 12, 2004 at 2:57 PM mail:

Una idea geniale.

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Brutta
by + creatività grazie Wednesday, May. 12, 2004 at 3:06 PM mail:

Meglio quella di Mahjoob:
http://www.mahjoob.com/

Per es.
Il rosso delle striscie dovrebbe essere sangue che gronda
Al Pedro di PD ne avevano una "potente" con teschi al posto delle stelle attorno al simbolo del nucleare.

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mah
by AntiNazista Wednesday, May. 12, 2004 at 3:06 PM mail:

guarda, mi auguro che gli Stati Uniti non si comportino come la Germania nazista di Hitler altrimenti sono dolori

qua nessuno si ricorda l'annessione dell'Austria, l'invasione della Polonia, della Cecoslovacchia, del Belgio, della Francia, i bombardamenti sul Regno Unito

se gli americani avessero fatto qualcosa del genere ora tu non potresti scrivere, probabilmente saresti morto o in qualche carcere, noi parleremmo tutti inglese, e qualcuno dei più bravi starebbe proteggendo chissà quante persone colpevoli solo di essere diverse da noi

no, non è questo lo scenario
certo, non è roseo, ma per fortuna quell'abbisso ancora non l'abbiamo raggiunto

chiedete agli ebrei, ai gay, ai comunisti che son passati nei lager...

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geniale
by bravo compagno Wednesday, May. 12, 2004 at 3:07 PM mail:

geniale...
partito_comunista.jpg, image/jpeg, 251x194

e portate anche quest' altra per favore !

ben alta ed in vista ...


hasta siempre

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io indosso solo maglie rosse
by una compagna Wednesday, May. 12, 2004 at 3:24 PM mail:

Una buona idea...ma a protestare contro l'imperialismo americano e il suo cane da guardia italiano, bisogna andare con le maglie rosse! Io indosserò una falce e martello con un'enorme stellone dorato... quella con i simbolacci gliela facciamo indossare a Bush con la forza!!!!!!!!!!!!

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bandiera in dotazione al reparto dei torturatori dei marines
by trotzky Wednesday, May. 12, 2004 at 3:25 PM mail:

bandiera in dotazion...
bandiera_in_dotazione_al_reparto_dei_torturatori_dei_marines.gif, image/gif, 961x598

I soldati nord americani hanno filmato materiale cosi' compromettente: eccovi il perche'...


Ma ci avete mai pensato?

Perche' si sarebbero fatti beccare girando films cosi' compromettenti e scattando foto di torture sadomaso ?
Cretini non sono.

Ve lo dico IO !

E' stata una idea di Rumesfild per quel impotente di George W. Bush affinche' si possa masturbare assieme a tony blaire ...


credete a me che e' davvero cosi': e' la pura verita' !!!!!!

nel pentagono (rovesciato!) e nella casa bianca ci sono .... satanisti !!!

scaricatevi QUESTA bandiera e portatevela quando riceverete lo 'zio sam' ....

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@AntiNazista ?
by c Wednesday, May. 12, 2004 at 3:57 PM mail:

Ma a té , ti sea fermato il orologio 50 anni fa ? , li americani anno entrato in la secunda gerra mondiale cuando loro anno voluto ,cio é ,primo , cuando anno guadagnato con la venta di armi e non solo , a la Germanis nazista , secundo , cuando anno visto a li nazisti e a la Unione Sovietica cosi deboli per poter loro sensa tropa fatiga comandare come lo anno riusito .

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per antinazista
by LHR Wednesday, May. 12, 2004 at 4:28 PM mail:

e perchè gli yankee dovrebbero bombardare i loro territori occupati europei; dove tra l'altro hanno centinaia di basi?

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ma se sono territori occupati...
by AntiNazista Wednesday, May. 12, 2004 at 5:00 PM mail:

perché puoi manifestarare contro Bush in questo territorio occupato? perché non sei stato ucciso oppure messo in galera? l'occupazione nazista era così

non sto dicendo che sono per la politica americana porca miseria! sto dicendo che la politica americana non è come la politica della germania nazista

se la politica americana attuale fosse come quella hitleriana noi non potremmo discutere di queste cose se non nella cantina di casa mia, aspettando da un momento all'altro l'irruzione della Gestapo!

disegnare una svastica sulla bandiera americana è solo un modo sbagliato di protestare contro la politica americana
se poi ci vai con la falce e il martello io ti dico che potete abbracciarvi con gli americani

tutto qui

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se ci vai con la falce e il martello io ti dico che potete abbracciarvi con gli americani
by x AntiNazista Wednesday, May. 12, 2004 at 5:07 PM mail:

gli americani sono comunisti ?
questa poi NON la sapevo mica !


P.S.: Anche quel tapiro di Bush ?

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per antinazista
by LHR Wednesday, May. 12, 2004 at 5:11 PM mail:

bhè se l'america non fosse una democrazia ti farebbero anche quello...e già lo fanno alle persone con i caratteri mediterranei.
Hai mai sentito parlare di Patrioct Act?

Per quanto riguarda i territori occupati, ti lasciano parlare ma se agisci sono cazzi tua: ti ritrovi in carcere con estrema facilità se solo tocchi gli interessi americani in Italia.

In quanto al comunismo: stai proprio fuori e evidentemente sei un anticomunista se hai scritto quelle cose.
Il comunismo non è mai stato alleato degli USA anzi in quanto ad anticomunismo gli Usa non hanno nulla da invidiare ad Hitler.

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come i nazi americani censurano mass media e co.
by Robert Fisk Wednesday, May. 12, 2004 at 5:22 PM mail:

Robert Fisk: Pictures of wounded men being shot by US forces censored by TV


By Robert Fisk
The Independent

The pictures are appalling, the words devastating. As a wounded Iraqi crawls from beneath a burning truck, an American helicopter pilot tells his commander that one of three men has survived his night air attack. "Someone wounded," the pilot cries. Then he received the reply: "Hit him, hit the truck and him." As the helicopter's gun camera captures the scene on video, the pilot fires a 30mm gun at the wounded man, vaporising him in a second.

British and most European television stations censored the tape off the air last night on the grounds that the pictures were too terrible to show. But deliberately shooting a wounded man is a war crime under the Geneva Conventions and this extraordinary film of US air crews in action over Iraq is likely to create yet another international outcry.

American and British personnel have been trying for weeks to persuade Western television stations to show the video of the attack. Despite the efforts of reports in Baghdad and New York, most television controllers preferred to hide the evidence from viewers.

Only Canal Plus in France, ABC television in the United States and the Canadian Broadcasting Corporation have so far had the courage to show the shocking footage. UK military personnel in the Gulf region have confirmed that the tape is genuine.

The camera, mounted beside the 30mm cannon of a US Apache helicopter on patrol over central Iraq on 1 December, first picks up movement on a country road, apparently several hundred metres from an American military checkpoint.

A lorry and a smaller vehicle, probably a pick-up, come into view and a man - apparently unaware of the hovering helicopter - is seen moving to a field on the left of the screen. He is carrying what seems to be a tube with a covering; it may be a rocket-propelled grenade.

One of two helicopter pilots is heard to say: "Big truck over here. He's having a little pow-wow." The driver of the pick-up looks around, reaches into the vehicle, takes out the tube-shaped object and runs from the road into the field. He drops the object and returns to the truck. The pilot then radios: "I got a guy running, throwing a weapon." Another pilot, or a ground controller, instructs him: "Engage - smoke him."

At this point, a tractor arrives close to where the man from the lorry dropped the object in the field. One of the Iraqis approaches the tractor driver. The Apache pilot opens fire with his 30mm cannon, killing first the Iraqi in the field and then the tractor driver. The camera registers the bullets hitting the first man. All that is left is a smudge on the ground.

The pilot then turns his attention to the large truck, opens fire and waits to see if he has hit the last of the three men. The third man is then seen crawling, obviously badly wounded, from his cover beneath the blazing truck. The pilot reports: "Wait. Someone wounded by the truck." An officer replies: "Hit him. Hit the truck and him."

The video tape shows that the incident took four minutes, during which the two helicopter pilots - whose names are listed as Nager and Alioto - expended 300 high-velocity cannon rounds at their targets. The tape shows that the first 15 rounds missed the men. One of the pilots says: "*****, switching to range auto." The tape then documents the firing of four bursts of 20 rounds each at the three men.

The pictures, apparently taken through thermal-imaging cameras, leave no doubt that the pilot knew his third victim was wounded and crawling along the ground - and that whoever gave him the order to hit him also knew this.

Coming only days after the appalling photographs of Iraqis being tortured and humiliated by US troops at Abu Ghraib prison near Baghdad, the new pictures can only further inflame Arab opinion throughout the Middle East. It is common Israeli practice to kill wounded enemies from the air; a devastating helicopter assault by Israel on a Hizbollah training camp in Lebanon 10 years ago was accompanied by a series of attacks in which pilots sought out wounded guerrillas as they hid behind rocks in the Bekaa Valley and then fired at them.

The film, while it shows men acting in an apparently suspicious manner, does not prove they were handling weapons. The occupation authorities in Baghdad chose to keep the incident secret when it occurred in December. Watching the video images, it is easy to understand why.

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left party
by rosso Wednesday, May. 12, 2004 at 5:24 PM mail:

http://leftparty.org

sito comunista nord americano

compagni resistete

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IRAQ
by pegasus Wednesday, May. 12, 2004 at 5:27 PM mail:

Gli Stati Uniti, e in particolare l’amministrazione di Ronald Reagan, sapevano che Saddam Hussein stava utilizzando armi chimiche nella sua guerra contro l’Iran, e lo aiutarono economicamente. Lo scandalo è stato sollevato dal “New York Times”, scottante attualità, nel momento in cui gli Stati Uniti tentano di convincere la comunità internazionale ad intraprendere una guerra contro Baghdad: si scopre insomma che il nemico di oggi, fu ampiamente aiutato ieri. E questo nonostante la Casa Bianca sapesse delle discutibilissime strategie militari utilizzate dal raìs. Il programma segreto deciso dall’allora presidente Reagan fornì a Baghdad informazioni dettagliate sulle attività militari iraniane, piani tattici di battaglia e piani per attacchi aerei. mirror: http://spazioinwind.libero.it/

usacrimes

http://usacrimes.cjb.net/


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Il giornale americano cita funzionari dell’amministrazione Usa che hanno voluto restare nell’anonimato. Gli americani, dicono, non si opposero mai all’uso di gas letali che Saddam stava facendo nella sua guerra contro Teheran. Il timore era infatti che se l’Iraq avesse perso in quel conflitto, Wasghinton avrebbe perso l’influenza nell’area del Golfo persico, fondamentale per il petrolio. Il paradosso sta nel fatto che l’attuale presidente Bush, per giustificare un eventuale attacco contro l’Iraq, ha sollevato proprio la questione delle armi chimiche di cui il raìs sarebbe in possesso. Per Washington, ora, quell’arsenale deve essere distrutto.

http://www.liberazione.it/notizia.asp?id=888

A chi vanno le ricostruzioni ?
Iraq, primo contratto di ricostruzione alla Bechtel

Il primo contratto per la ricostruzione dell'Iraq è andato alla Bechtel, la grande società di costruzioni di San Francisco che si è aggiudicata per 34,6 milioni di dollari una gara dell'ente federale per gli aiuti all'estero, Usaid. La Bechtel dovrà rimettere in sesto la rete elettrica, la rete idrica e le fognature. Ha battuto la concorrente Fluor Corporation, sempre di San Francisco.Il contratto potrebbe essere allargato alla riparazione di ospedali, scuole e altri edifici governativi e arrivare fino a 680 milioni di dollari in 18 mesi.Alcune società non americane hanno protestato perché non possono partecipare alle gare indette dal governo americano, ma Usaid ha tenuto a precisare che possono essere impiegate dalla società vincitrice come subappaltori.

Ma chi è realmente la Bechtel, oltre ad essere una azienda leader nelle infrastrutture energetiche??

Sempre grazie alla copertura di banca mondiale e compagnia, nel febbraio 2000 ha vinto l'appalto per la fornitura d'acqua a Cochabamba, 3° città boliviana, portando in dono alla popolazione un aumento spaventoso delle tariffe, come dimostrato qui sotto:
http://www.democracyctr.org/bechtel/waterbills/jaldin.htm

Centinaia di migliaia di Boliviani hanno marciato su Cochabamba contro la Bechtel: Il 10 aprile hanno vinto.
Il governo ha espulso la Bechtel Corporation ed ha revocato la legislazione sulla privatizzazione delle acque.
http://www.laleva.cc/archivio/news220900_acqua.html

Non contenti, i cari "portatori di democrazia" hanno fatto causa alla popolazione per 25 milioni di dollari, per i mancati profitti futuri(!!!!!)
http://www.democracyctr.org/waterwar/index.htm#12

Che fortuna che hanno gli iracheni, ad avere tali benefattori, così democratici, impegnati nel processo di ricostruzione del paese!!

Approfondimenti: http://www.democracyctr.org/bechtel/index.htm

Soldati USA sparano sulla folla

Sono almeno dieci i morti a Mosul, nel Nord dell'Iraq, a seguito di una sparatoria. Gli statunitensi hanno aperto il fuoco contro la folla, che protestava contro il nuovo governatore,Mashan al-Guburi, per il suo discorso filo-americano. Almeno una decina sarebbero i feriti. Lo riferiscono fonti ospedaliere.

http://www.televideo.rai.it oppure in eng. qui: http://www.sky.com

29/04/03 - Iraq, ancora spari sui cortei di civili!

Tredici forse quindici morti, cinquanta feriti. Una strage. Una strage americana a Falluja, 50 chilometri ad est di Baghdad. La notizia l'ha data la tv satellitare Al Jazira e solo molto dopo è arrivata la conferma dal Comando americano: «Sì, abbiamo sparato. Ma solo per difenderci dal fuoco». Molto diversa la versione dei testimoni: tutto è avvenuto ieri sera, poco dopo la fine del rito religioso. Rito nel quale l'imam aveva invitato i fedeli a manifestare contro la presenza americana. All'appello hanno risposto duecento persone. Che in corteo si sono dirette verso una scuola presidiata da un gruppo di marines. E qui sono scoppiati gli incidenti: che i soldati avrebbero sedato con le raffiche di mitra. http://www.unita.it

Liberazione? Occupazione! Bandiera americana sventola a Umm Quasr(22-3-03)

Umm Qasr: prima issata, poi ammainata la bandiera Usa

La gaffe è di quelle rivelatrici. La foto che mostrava la bandiera americana issata dai marines e sventolante dal porto nuovo di Umm Qasr, ha fatto il giro del mondo. Imbarazzando il Pentagono che ha dato l'ordine di ammainarla, affrettandosi a spiegare che «questa è una guerra di liberazione, non di invasione». La caduta di Umm Qasr, la più meridionale delle città strategiche irachene, era stata annunciata giovedì e poi smentita. LA FOTO

http://www.liberazione.it/giornale/030322/default.asp

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articoli sulla politica neoinliberale neo-nazifascista amministrazione bush
by (~) Wednesday, May. 12, 2004 at 5:35 PM mail:

WASHINGTON - Critiche all'esercito americano, dopo la diffusione, durante un programma della Cbs, di foto che mostrano le umiliazioni inflitte a prigionieri iracheni. Un generale americano responsabile dei centri di detenzione in Iraq è stato silurato e interrogato su presunti casi di maltrattamento.
Il generale Janis Karpinski, una donna, è stata sospesa dalle sue funzioni alla fine del mese di gennaio dopo che sei soldati americani sono stati accusati di maltrattare prigionieri nel carcere di Abu Ghraib.
Ieri sera la tv americana Cbs ha diffuso foto in cui si vedono soldati americani che maltrattano prigionieri, dicendo che un'inchiesta delle forze armate aveva rivelato che si tratta di una pratica diffusa. Le foto sono state scoperte qualche settimana fa dall'esercito Usa.
Sono immagini choccanti. I prigionieri appaiono nudi in varie pose, e spesso i sondati si fanno ritrarre con loro. In una, un prigioniero viene tenuto in equilibrio, attaccato a fili elettrici.

( 29 aprile 2004 ) http://www.repubblica.it/2004/d/sezioni/esteri/iraq20/maltra/maltra.html
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Quando capita ai poveri civili iracheni i media si sbizzarriscono: si parla di saccheggi, di depredazioni, di ignobili atti di sciacallaggio. I più civilizzati e benestanti occidentali al massimo raccolgono illecitamente dei "souvenir", parola presa in prestito all'abecedario del turista. Ciò non toglie che nell'ultima settimana alcuni valorosi soldati statunitensi sono stati presi con le mani nella marmellata. La fase guerreggiata del conflitto iracheno è finita e molti marines se ne tornano a casa con l'idea di portare un trofeo di guerra in famiglia. Quadri, armi placcate in oro, cimeli presidenziali, reperti archeologici, addirittura dei buoni del Tesoro. E' solo un parziale campionario della refurtiva sequestrata nei giorni scorsi nelle tasche dei "Gi", in preda ad una vera e propria cleptomania di gruppo.

Sei ufficiali Usa sono finiti sotto inchiesta per essersi impossessati di ben seicento milioni di dollari, trovati in un palazzo di ex dignitari del regime abbandonato in fretta e furia nei giorni della caduta di Bagdad. Prima di essere scoperti da un loro superiore si sono riempiti le tute mimetiche da biglietti di cento dollari. Come in un film di Totò. «Abbiamo interrogato i militari coinvolti nella sparizione di denaro e se saranno riconosciuti colpevoli prenderemo dei provvedimenti», giura il tenente Mark Kitchens del Comando centrale di Doha. In una cassa diretta verso Fort Stewart nel Texas, erano invece nascoste decine di fucili con il calcio in oro massiccio, provenienti direttamente dalle residenze del raìs.

Pare che anche i giornalisti americani abbiano un debole per l'arte irachena. Ieri, all'aeroporto di Atlanta è stato fermato Benjamin James Johnson, un dipendente della televisione "Fox News", il network con l'elmetto, che nel corso dell'attacco militare ha ferventemente sostenuto le operazioni alleate. Nella sua valigia una decina di ritratti di Saddam Hussein, trafugati dal palazzo di Uday, il figlio primogenito del raìs. L'uomo ha inizialmente negato l'evidenza, sostenendo che fossero delle donazioni. Poi è stato costretto ad ammettere il furto. Immediata la denuncia per contrabbando e falsa deposizione da parte della corte distrettuale. Johnson aveva con sé anche una cinquantina di titoli del Tesoro iracheno. Crollato nell'interrogatorio ha persino messo nei guai un collega del "Boston Herald", Jules Crittenden, anche lui appassionato di dipinti di Saddam.

Secondo il Dipartimento di stato Usa sarebbero decine gli oggetti intercettati nei diversi scali nazionali. Per non parlare di quelli non rilevati dai blandi controlli doganali.

Un comportamento che si sta diffondendo a macchia d'olio, che ha messo in imbarazzo gli stessi rappresentanti americani: «Non tollereremo queste azioni indegne compiute da pochi. Gli oggetti rubati appartengono al popolo iracheno», ha dichiarato il sottosegretario alla Sicurezza interna Gordon England, durante una conferenza stampa in cui sono stati mostrati alcuni dei pezzi sequestrati. Si tratta di episodi gravi, che causano legittimi dubbi sulla moralità delle truppe "liberatrici". Dopo aver tempestato il paese di bombe, gli americani si sono autocandidati alla gestione politica dell'Iraq fino a data da definire. Proprio ieri il "proconsole" Jay Garner ha annunciato che le consultazioni per la formazione del governo provvisorio dell'Iraq cominceranno la prossima settimana. Ufficialmente i ministeri saranno guidati da esponenti iracheni. Di fatto saranno gli Usa a muovere i fili: «Avremo un coordinatore in ciascun ministero», promette Garner. Con premesse del genere sarà difficile farsi benvolere dalla popolazione. Tanto più che alla fama di invasori gli Stati Uniti hanno affiancato anche quella di rubagalline. Un reato che nel Far-West era punito con l'impiccagione

http://www.liberazione.it/giornale/030425/default.asp
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L’attacco all’Iraq fu pianificato dall’amministrazione Bush fin da poche ore dopo l’insediamento nel gennaio 2001. Lo dice Paul O’Neill, ex segretario di stato americano al tesoro, “licenziato” da Bush alla fine del 2002. «Fin dall’inizio c’era la convinzione che Saddam fosse un male e che avrebbe dovuto essere cacciato» racconta O’Neill a Lesley Stahl, della rete televisiva Cbs «Per me la nozione di attacco preventivo, che cioè gli Stati Uniti abbiano il diritto unilaterale di fare qualsiasi cosa decidano, è veramente un po’ troppo».


L’intervista a O’Neill, che verrà trasmessa domenica alle 19 durante il programma 60 Minutes, è stata data per la presentazione di The Price of Loyalty, un libro scritto da Ron Suskind al quale O’Neill ha rilasciato una lunga intervista ed ha dato circa 30 mila documenti sull’amministrazione di Gorge Bush.

Alcune rivelazioni contenute nel libro sono basate, oltre che sulle testimonianze di O’Neill e di altri funzionari governativi, anche su documenti segreti del Pentagono che circolavano già nei primi mesi del 2001.

Secondo Suskind, nei primi tre mesi del 2001 (cioè due anni prima dell’inizio della guerra), l’amministrazione stava studiando le opzioni militari per rimuovere Saddam Hussein dal potere e stava già pianificando il dopo-Saddam: l’organizzazione delle truppe per il mantenimento della pace, i tribunali per i crimini di guerra e il futuro del petrolio iracheno.

Suskind says O'Neill and other White House insiders he interviewed gave him documents that show that in the first three months of 2001, the administration was looking at military options for removing Saddam Hussein from power and planning for the aftermath of Saddam's downfall -- including post-war contingencies like peacekeeping troops, war crimes tribunals and the future of Iraq's oil.

Secondo Susking, un documento del Pentagono intitolato Foreign Suitors For Iraqi Oilfields Contracts (stranieri interessati a contratti per i pozzi petroliferi iracheni) «parla di possibili contraenti da 30 o 40 paesi e quali avessero interesse al petrolio iracheno».

Nel libro si cita lo stupore di O’Neill perché nessuno durante le riunioni del National Security Council si chiedesse perché l’Iraq avrebbe dovuto essere invaso: «Il problema era solo trovare un modo per farlo. Il clima era questo. Il presidente diceva: trovatemi il modo per farlo».

Le affermazioni di Susking e O’Neill sono in parte confermate, secondo la Cbs, dall’inviata del network a Baghdad, Lisa Barron. Il portavoce del Consiglio nazionale iracheno, una coalizione di oppositori dsel regime di saddam Hussein, ha detto alla Barron di «non essere sorpreso delle affermazioni di O’Neill. L’amministrazione Bush aprì dei canali con l’opposizione irachena subito dopo essere andata al potere e ci furono consultazioni su come rimuovere Saddam. Poco dopo aprimmo un ufficio a Washington».

Tra le altre affermazioni di O’Neill contenute nel libro una riguarda le riunioni del governo. Il presidente Bush, dice l’ex segretario al tesoro, era così disinteressato «che sembrava un cieco in mezzo a tanti sordi».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=31992
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Liberismo d'esportazione.Come costruire una società senza conflitto sociale.L'Iraq .......
by x AntiNazista Wednesday, May. 12, 2004 at 5:37 PM mail:

Liberismo d'esportazione. Come costruire una società senza conflitto sociale
L'Iraq che piace a Washington: privatizzato e senza sindacati


Negli unici cinque anni di relativa libertà seguiti alla cacciata del re, nel 1958, l'Iraq riuscì a gettare le basi per un'economia pianificata basata sul petrolio che lo rese in poco tempo il paese più industrializzato della regione. La costruzione del porto di Umm Qasr, nel Golfo Persico, fu il volano della modernizzazione e divenne un simbolo dell'indipendenza del popolo iracheno. E' forse proprio per questo che Washington ha deciso di cominciare da lì il suo esperimento di ultra-liberismo a cielo aperto destinato a trainare tutto il Medio Oriente fuori dal vecchiume statalista. Così, ancora prima di avere raggiunto Baghdad - e ancora prima di avere approvato, il 19 settembre, l'ordine del Coalition Provisional Authority numero 39 che permette a una società straniera di possedere il 100 per cento di un'impresa - Bush ha affidato la concessione del porto alla Stevedoring Service of America (Ssa), transnazionale famosa in tutto il mondo per le sue pratiche antisindacali.
La nomina fece storcere il naso alle concorrenti, come il gigante navale britannico Peninsular and Oriental Steam Navigator, candidato naturale visto che l'amministrazione della regione era stata affidata ai britannici. Sono volate accuse pesanti e la Ssa è risultata priva dei requisiti di sicurezza richiesti. La risposta dell'amministrazione è stata rapidissima: i requisiti sono stati immediatamente cancellati.

Contrariamente ad altre compagnie, la Ssa non deve i favori della Casa Bianca a grandi elargizioni elettorali. Si tratta di qualcosa di più nobile: una totale comunione di vedute su grandi questioni morali come i sindacati e la politica fiscale - ovvero tasse zero per le corporation. L'idillio è cominciato nel 2002, durante i negoziati fra la Pacific Maritime Association e l'International Longshore and Warehouse Union per il rinnovo del contratto dei portuali. Il boss della Pacific Maritime Association, uomo della Ssa, promise che avrebbe messo «i sindacati in ginocchio», cosa che fece puntualmente con l'aiuto di Bush. Per scongiurare gli scioperi l'amministrazione istituì addirittura una apposita task force, capeggiata dal consigliere della Casa Bianca Carlos Bonilla, che tratteggiò la strategia per un massiccio intervento federale nelle trattative. In men che non si dica tutto l'apparato legale e mediatico dell'amministrazione fu rivolto contro i sindacati, e il minacciato sciopero dei portuali diventò un «attentato alla sicurezza nazionale». Dopo la prevedibile sconfitta, i sindacati si trovano davanti la prospettiva di un recupero delle misure Maccartiste che consentivano alle compagnie di non assumere portuali comunisti. La procedura, palesemente incostituzionale, è stata riesumata dopo l'11 settembre, e oggi la Casa Bianca ha affidato agli amici della Ssa il compito di stilare la lista ufficiale dei requisiti di sicurezza per i neo-assunti.

Nessuna sorpresa, quindi, che la concessione perpetua per il porto di Umm Qasr sia andata alla Ssa. E nessuno si sorprenda del fatto che la legge con cui Saddam aveva proibito i sindacati, sia stata mantenuta e rafforzata dagli occupanti. La Workers Democratic Trade Union Federation irachena, ha provato a rialzare la testa dopo l'occupazione con due scioperi generali per protestare contro i bassissimi salari degli iracheni - meno di un terzo di quelli riservati agli stranieri - e per le condizioni di lavoro. Attività pericolosa visto che, già nel giugno scorso, Paul Bremer aveva emanato un decreto con cui proibiva «discorsi o scritti che incitino al disordine civile, alle manifestazioni violente o che danneggino la proprietà» e condannava i trasgressori all'internamento immediato come «prigioniero di guerra». Per questo, il 6 dicembre scorso, sei dirigenti della Federation sono stati arrestati dagli occupanti, e sono tuttora in galera.

Contro la persecuzione delle organizzazioni sindacali irachene si sono espresse organizzazioni sindacali internazionali come l'International Confederation of Trade Union mentre il Us Labour Against War, la rete sindacati statunitensi contrari alla guerra, ha cominciato a organizzare viaggi in Iraq per portare solidarietà e assistenza ai sindacalisti locali. All'assemblea generale del Labour Against War a Chicago, è stato deciso di rendere i diritti del lavoro nell'Iraq occupato uno dei temi di spicco delle elezioni 2004. Perché, come ha detto Clarence Thomas, ex segretario dei portuali di San Francisco, «l'amministrazione Bush odia i sindacati negli Stati Uniti, come potrebbero piacergli in Iraq? Il capitale ha un'unità e una mobilità internazionale notevole, è ovvio quindi che i lavoratori debbono riuscire a fare altrettanto per sopravvivere».

Sab. Mor.


http://www.liberazione.it/giornale/031228/default.asp

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crimini u$a nazi-fascistoidi
by x AntiNazista Wednesday, May. 12, 2004 at 5:48 PM mail:

Sul quotidiano americano le rivelazioni di un analista della Cia "Saddam stava solo costruendo copie di missili italiani" Iraq, il Washington Post denuncia "Sull'atomica prove gonfiate" Si difende il capo della Cia: "Le informazioni erano accurate e lui non aveva abbandonato le sue ambizioni nucleari" WASHINGTON - Si chiama Joe, è un ingegnere diventato un analista della Cia. Ed è l'uomo che avrebbe aiutato l'amministrazione americana a "costruire" la minaccia nucleare irachena. In realtà, l'ex presidente iracheno Saddam Hussein non sarebbe stato affatto sul punto di costruire una bomba atomica. Lo afferma il quotidiano Usa Washington Post che oggi presenta una lunga inchiesta, corredata da interviste a politici ed esperti, tra cui il direttore della Cia, George Tenet (che ha inviato anche una dichiarazione scritta di quattro pagine in cui difende il rapporto del Nie, il National intelligence estimate). Il famoso giornale "liberal" ricostruisce come sono state gonfiate le prove sui presunti tentativi iracheni di dotarsi di armi nucleari. E lo fa esattamente ad un anno di distanza dall'inizio dell'offensiva verbale contro Baghdad, quando i più alti vertici dell'amministrazione cominciarono ad agitare lo spettro del "fungo atomico". Il primo elemento ad essere messo sotto accusa, sono i tubi di alluminio. Che secondo il governo americano, erano destinati alle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio, mentre, stando all'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, sarebbero stati utilizzati per i missili convenzionali. Il 22 gennaio scorso, Joe si presentò a Vienna, nella sede dell'Aiea, per dimostrare loro che, sui tubi di alluminio c'era un errore: nessuno avrebbe utilizzato un metallo tanto costoso per un missile. In realtà, esperti americani riferirono al dipartimento per l'Energia, nel dicembre scorso, che l'Iraq stava costruendo delle copie dei missili "Medusa 81", di fabbricazione italiana, per i quali sarebbero proprio necessari i tubi di alluminio contestati. Interpellato, un portavoce della Cia (dopo aver chiesto di non pubblicare il cognome di Joe per ragioni di sicurezza), ha detto che i tubi "non sono gli stessi utilizzati nei Medusa 81", ma ha rifiutato di spiegare dove sarebbe la differenza. E il direttore della Cia, George Tenet ha detto che diverse agenzie di intelligence sono arrivate alla conclusione che i tubi di alluminio potrebbero essere utilizzati nella costruzione di centrifughe a gas per l'arricchimento dell'uranio. Soprattutto, scrive il Washington Post, "a Saddam mancava il principale tra i requisiti per un'arma nucleare: una quantità sufficiente di uranio molto arricchito o di plutonio". Sempre dalle pagine del Post, il direttore della Cia George Tenet difende invece i metodi seguiti dall'intelligence Usa: le indicazioni sulle armi di distruzione di massa, afferma Tenet, erano accurate ed affidabili, e soprattutto Saddam non aveva abbandonato le sue ambizioni nucleari. La questione irachena è oggetto d'attenzione anche da parte del New York Times. Dove, sempre oggi, si legge che la autorità militari americane, la Cia e i principali leader degli esuli iracheni avevano svolto una intensa attività di lobbying, nelle settimane che hanno preceduto la guerra, contattando i leader militari iracheni per convincerli a non combattere contro i militari statunitensi e britannici. Tra coloro pronti a collaborare con gli Usa (e che, scrive il NYT, molto probabilmente lo hanno fatto) c'era il generale Sultan Hashem Ahmed al-Tai, il ministro della Difesa di Saddam, a riprova del fatto che il ministero della Difesa, a Baghdad, non è mai stato bombardato dagli americani. Non si sa però che fine abbia fatto Hashem: potrebbe essere stato ucciso dai fedelissimi di Saddam dopo aver scoperto il suo probabile tradimento. ( 10 agosto 2003 ) http://www.repubblica.it/2003/h/sezioni/esteri/iraqattactre/prove/prove.html

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WASHINGTON - Un documento (falso) arrivato all'intelligence statunitense tramite le "barbe finte" italiane e britanniche rischia di diventare il watergate del presidente americano George W. Bush e della sua Amministrazione. Per uscire dall'angolo, Bush e Condoleezza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale, puntano il dito sulla Cia e, soprattutto, sul suo direttore, George Tenet, uno dei pochissimi sopravvissuti dell'Amministrazione Clinton. E Tenet, con una dichiarazione, ammette che fu un errore lasciare che la vicenda del presunto traffico di uranio tra Niger e Iraq finisse nel discorso sullo Stato dell'Unione di Bush e se ne assume la responsabilità.

Così, Tenet, che non fa riferimento a dimissioni, potrebbe riuscire a salvare il posto: in due pagine di spiegazioni, afferma che "quelle 16 parole non avrebbero dovuto essere inserite nel testo per il presidente", che ha il diritto "di ritenere che quanto gli viene proposto sia solido". Il documento che faceva riferimento allo scambio di lettere tra Iraq e Niger per l'acquisto di uranio a fine militari, servì da fonte a Bush per un passaggio del discorso solenne del 28 gennaio.

Bush disse che l'Iraq stava comprando uranio in Africa: non era vero, o almeno non ce n'erano allora, come non ce ne sono adesso, le prove. Secondo un giornale di New York, il News Day, all'origine del falso ci sarebbero i servizi segreti italiani e britannici che ricevute delle lettere, false, che parlavano di un traffico di uranio tra il Niger e l'Iraq, le girarono alla Cia. Ma il presidente e la Rice affermano: la Cia approvò il testo del discorso, sapeva che quell'affermazione era falsa, ma tacque. E' una vicenda intricata, difficile, che, nei chiacchiericci dei siti, alimenta ipotesi di congiure e trappole. La geografia delle agenzie d'intelligence americana complica le ipotesi.

C'è chi, come il Washington Post, crede che la Cia provò, fin dal 2002, a convincere l'intelligence britannica a non inserire quel documento nel suo dossier sull'Iraq. C'è Joseph Wilson, un ex diplomatico che indagò sulla vicenda e che sostiene che l'inattendibilità del rapporto britannico era stata accertata prima che il discorso di Bush fosse pronunciato. E c'è chi, come il segretario di Stato americano Colin Powell, difende l'operato e la buona fede della Casa Bianca, anche se il suo Dipartimento prese sempre le distanze dalla pista dell'uranio africano.

Varie fonti americane citate anonime dalla stampa indicano concordi che i dubbi dell'intelligence statunitense vennero espressi a esponenti britannici e circolarono fra le agenzie d'informazione staunitense prima che Bush pronunciasse il suo discorso. Nonostante questo quelle accuse finirono nel discorso di Bush. Adesso il presidente e la sua consigliera sulla sicurezza sotto gli attacchi dei democratici si difendono: "Il discorso alla nazione era stato approvato dai servizi d'intelligence". La Rice sostiene, letteralmente: "La Cia ratificò il discorso nella sua integralità. Se la Cia o il direttore della Cia avesse detto 'togliete questo', sarebbe stato fatto". In questo modo Bush e la Rice provano ad allontanare dall'Amministrazione il sospetto di avere scientemente utilizzato, nel discorso solenne sullo Stato dell'Unione, affermazioni che già si sapevano false per accrescere la sensazione di minaccia dei programmi di armi di distruzione di massa dell'Iraq.

Ed ora il capo della Cia Tenet toglie le castagne dal fuoco alla Casa Bianca con l'ammissione dell'errore: abbiamo sbagliato noi a non avvertire il presidente.

(12 luglio 2003)

http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattacotrentacinque/uranio/uranio.html

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Il "Guardian": «Sapevano che non c'erano le armi di sterminio di massa»

«Mio caro Jack condivido le tue forti riserve, secondo me Saddam non possiede alcuna arma di distruzione di massa». Questo dialogo, peraltro immaginario, non si sarebbe svolto tra due persone qualsiasi ma addirittura tra Jack Straw, il ministro degli Esteri britannico ed il suo corrispettivo statunitense Colin Powell.

A darne notizia è l'autorevole quotidiano The Guardian che ieri raccontava di un incontro privato tra Powell e Straw, il 5 febbraio scorso, in una saletta del Waldorf, uno degli alberghi più lussuosi di New York. Secondo fonti diplomatiche britanniche, nella riunione - che non sarebbe durata più di dieci minuti - sia Powell che Straw avrebbero espresso la loro preoccupazione per le accuse che Tony Blair, il premier britannico e George W. Bush il presidente americano, lanciavano all'indirizzo di Bagdad. Il problema, secondo Straw, era l'impossibilità di mostrare all'opinione pubblica delle prove concrete che corroborassero le accuse. Powell era dello stesso avviso e - sempre secondo la gola profonda britannica - aveva seri dubbi sulle analisi di intelligence presentate dall'ufficio piani speciali del Pentagono, costituito dal falco neoconservatore Paul Wolfowitz, il vice-ministro della Difesa Usa. Sembra che Powell si congedò dicendo «speriamo che quando i fatti verranno fuori non ci esplodano in faccia».

Le trascrizioni dell'incontro, denominati "Waldorf transcripts" stanno al momento circolando negli ambienti diplomatici della Nato. Ancora non è dato sapere in che modo i Waldorf transcript siano stati creati. Si sa che coloro che hanno deciso di svelarne l'esistenza si definiscono «diplomatici che hanno appoggiato la guerra all'Iraq anche quando le prove sul programma di armi di distruzione di massa di Saddam erano flebili e che adesso credono gli abbiano mentito».

Una formula un po' prolissa, forse per mettere in chiaro che non si tratta di un siluro Made in France.

Questa ennesima rivelazione non farà altro che gettare altra benzina sul fuoco. Infatti in Gran Bretagna il mancato ritrovamento di armi nucleari, batteriologiche o chimiche in Iraq sta creando seri problemi di credibilità a Blair ed ad alcune personalità chiave del suo governo. Il primo ministro britannico, infatti, aveva ottenuto dal parlamento di Westminster carta bianca per la guerra sostenendo che Londra era a soli «45 minuti da un attacco con armi di distruzione di massa da parte di Baghdad». La notizia dei Waldorf transcript giunge a due giorni di distanza dalle indiscrezioni fatte da un anonimo ufficiale dei servizi segreti alla BBC. Secondo la fonte, il rischio di un imminente attacco su Londra - che fu appunto cruciale per Blair ai fini di ottenere il sì alla guerra - fu fatta inserire nel dossier pubblicato lo scorso settembre dal governo su istruzione di funzionari di Downing Street. Blair, venerdì in visita ufficiale a Varsavia, ha fatto sapere di non avere alcun dubbio sulla veridicità delle prove inserite nel dossier. Tuttavia, dopo 73 giorni di intense ricerche senza trovare un grammo di antrace, la posizione di Blair e del suo governo si fa sempre più difficile. Come Clinton ricorda ancora bene, nei paesi anglosassoni in politica è ammesso di tutto, tranne mentire e farsi smentire.

Guy Fawkes

http://www.liberazione.it/giornale/030601/archdef.asp

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Scoop del primo quotidiano norvegese "Dagbladet". La denuncia di Amnesty

Quattro giovani iracheni camminano in un parco completamente nudi e scalzi con le mani legate dietro la schiena, controllati a qualche passo di distanza da soldati americani in divisa e armati. La foto a colori occupa tutta la prima pagina di "Dagbladet", il più diffuso quotidiano norvegese. Titolo: "I metodi americani in Iraq: li denudiamo". Un'altra foto che illustra l'ampio reportage pubblicato all'interno, a firma Line Fransson, mostra due iracheni nudi in corsa. Un terzo scatto ritrae invece un ragazzo iracheno a torso nudo con la scritta in arabo "Alì Baba-ladro" sul petto. Amnesty International si è detta «profondamente turbata» e ha sollecitato le autorità americane ad «aprire un'inchiesta sull'episodio e a renderne pubbliche le conclusioni».

«L'articolo - denuncia Amnesty - cita una fonte militare Usa secondo la quale questo trattamento costituisce un metodo efficace per dissuadere i ladri dall'entrare nel parco Zawra di Bagdad, dove sono state scattate le foto, e pertanto verrà utilizzato ancora. Un altro militare statunitense avrebbe dichiarato che i soldati Usa non sono autorizzati a trattare i prigionieri in modo inumano». «Se queste fotografie sono vere, - sottolinea l'organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani - siamo di fronte ad un'agghiacciante modo di trattare i prigionieri. Questi trattamenti degradanti sono una evidente violazione delle responsabilità delle potenze occupanti».

«Quale che sia il motivo della loro detenzione, questi uomini devono essere trattati sempre umanamente», argomenta ancora il comunicato di Amnesty, che conclude riportando integralmente l'articolo 27 della Convenzione di Ginevra relativo al trattamento dei prigionieri di guerra: «I detenuti hanno diritto in tutte le circostanze al rispetto della loro persona, del loro onore, delle loro famiglie, delle loro convinzioni religiose e dei loro usi e costumi. Dovranno essere trattati umanamente per tutto il tempo e protetti specialmente da tutti gli atti di violenza e minaccia e dagli insulti e dalla pubblica curiosità».

E' solo di due giorni fa il duro richiamo del segretario generale dell'Onu Kofi Annan alle forze angloamericane proprio sul trattamento dei prigionieri, mentre tutto il mondo ricorda il polverone sollevato in occasione delle immagini trasmesse in televisione dei primi marines presi prigionieri dall'esercito iracheno.

http://www.liberazione.it/giornale/030426/default.asp

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Daniele Zaccaria

Quando capita ai poveri civili iracheni i media si sbizzarriscono: si parla di saccheggi, di depredazioni, di ignobili atti di sciacallaggio. I più civilizzati e benestanti occidentali al massimo raccolgono illecitamente dei "souvenir", parola presa in prestito all'abecedario del turista. Ciò non toglie che nell'ultima settimana alcuni valorosi soldati statunitensi sono stati presi con le mani nella marmellata. La fase guerreggiata del conflitto iracheno è finita e molti marines se ne tornano a casa con l'idea di portare un trofeo di guerra in famiglia. Quadri, armi placcate in oro, cimeli presidenziali, reperti archeologici, addirittura dei buoni del Tesoro. E' solo un parziale campionario della refurtiva sequestrata nei giorni scorsi nelle tasche dei "Gi", in preda ad una vera e propria cleptomania di gruppo.

Sei ufficiali Usa sono finiti sotto inchiesta per essersi impossessati di ben seicento milioni di dollari, trovati in un palazzo di ex dignitari del regime abbandonato in fretta e furia nei giorni della caduta di Bagdad. Prima di essere scoperti da un loro superiore si sono riempiti le tute mimetiche da biglietti di cento dollari. Come in un film di Totò. «Abbiamo interrogato i militari coinvolti nella sparizione di denaro e se saranno riconosciuti colpevoli prenderemo dei provvedimenti», giura il tenente Mark Kitchens del Comando centrale di Doha. In una cassa diretta verso Fort Stewart nel Texas, erano invece nascoste decine di fucili con il calcio in oro massiccio, provenienti direttamente dalle residenze del raìs.

Pare che anche i giornalisti americani abbiano un debole per l'arte irachena. Ieri, all'aeroporto di Atlanta è stato fermato Benjamin James Johnson, un dipendente della televisione "Fox News", il network con l'elmetto, che nel corso dell'attacco militare ha ferventemente sostenuto le operazioni alleate. Nella sua valigia una decina di ritratti di Saddam Hussein, trafugati dal palazzo di Uday, il figlio primogenito del raìs. L'uomo ha inizialmente negato l'evidenza, sostenendo che fossero delle donazioni. Poi è stato costretto ad ammettere il furto. Immediata la denuncia per contrabbando e falsa deposizione da parte della corte distrettuale. Johnson aveva con sé anche una cinquantina di titoli del Tesoro iracheno. Crollato nell'interrogatorio ha persino messo nei guai un collega del "Boston Herald", Jules Crittenden, anche lui appassionato di dipinti di Saddam.

Secondo il Dipartimento di stato Usa sarebbero decine gli oggetti intercettati nei diversi scali nazionali. Per non parlare di quelli non rilevati dai blandi controlli doganali.

Un comportamento che si sta diffondendo a macchia d'olio, che ha messo in imbarazzo gli stessi rappresentanti americani: «Non tollereremo queste azioni indegne compiute da pochi. Gli oggetti rubati appartengono al popolo iracheno», ha dichiarato il sottosegretario alla Sicurezza interna Gordon England, durante una conferenza stampa in cui sono stati mostrati alcuni dei pezzi sequestrati. Si tratta di episodi gravi, che causano legittimi dubbi sulla moralità delle truppe "liberatrici". Dopo aver tempestato il paese di bombe, gli americani si sono autocandidati alla gestione politica dell'Iraq fino a data da definire. Proprio ieri il "proconsole" Jay Garner ha annunciato che le consultazioni per la formazione del governo provvisorio dell'Iraq cominceranno la prossima settimana. Ufficialmente i ministeri saranno guidati da esponenti iracheni. Di fatto saranno gli Usa a muovere i fili: «Avremo un coordinatore in ciascun ministero», promette Garner. Con premesse del genere sarà difficile farsi benvolere dalla popolazione. Tanto più che alla fama di invasori gli Stati Uniti hanno affiancato anche quella di rubagalline. Un reato che nel Far-West era punito con l'impiccagione

http://www.liberazione.it/giornale/030425/default.asp

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Rob MacGillivray, responsabile del Programma di Emergenza di Save the Children in Nord Iraq, ha denunciato che "le forze della coalizione impediscono da più di una settimana l'atterraggio di un aereo a Erbil con forniture mediche raccolte da Save the Children per curare 40.000 persone". Quel materiale sanitario, ha detto MacGillivray, è destinato agli ospedali di Mosul, dove "da settimane i medici lavorano in condizioni disperate, senza salario, senza acqua e con pochissimi medicinali".

"I medici di Mosul che stiamo cercando di aiutare - ha detto il responsabile di Save the Children - lottano da settimane per salvare vite umane. A causa del comportamento delle forze militari occupanti, non possiamo portare l'aiuto che avevamo promesso. Questa è una chiara violazione della Convenzione di Ginevra. Il tempo che si sta perdendo costa la vita a moltissimi bambini". (red)

http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/rep_nazionale_n_364242.html

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I soldati statunitensi hanno guidato bulldozer, mentre da altoparlanti suonavano musica jazz a tutto volume, a sradicare coltivazioni di vecchie palme da datteri, aranceti e limonaie. E’ successo nell’Iraq centrale e l’operazione era parte di una nuova politica di punizione collettiva dei contadini che non forniscono informazioni sui guerriglieri che attaccano le truppe statunitensi.


Traduzione di http://www.nuovimondimedia.it

Le radici delle palme, alcune con più di 70 anni, spuntano dalla terra marrone sollevata dai bulldozer a lato della strada, a Dhulaya, una piccola cittadina 50 miglia a nord di Baghdad. Le donne locali, ieri, erano indaffaratissime a raccogliere i rami degli alberi sradicati, di arancio e di limone, per portarseli a casa, così da utilizzarli almeno come legna da ardere.Nusayef Jassim, uno dei 32 coltivatori che hanno visto i loro alberi da frutto distrutti, ha detto: “ci hanno detto che combattenti della resistenza irachena si sono nascosti nei nostri poderi, ma non è vero. Non hanno catturato nessuno. Non hanno trovato nessuna arma”.
Altri contadini hanno dichiarato che i soldati USA hanno detto loro con un megafono, in arabo, che gli alberi da frutto sono stati distrutti dai bulldozer per punire i contadini per la poca collaborazione contro la resistenza, che è molto attiva in questo distretto musulmano sunnita.

“Scherzavano, ci schernivano suonando musica jazz mentre abbattevano gli alberi”, ha detto un uomo.

Vi sono state imboscate contro le truppe USA nei pressi di Dhulaya. Ma Ali Saleh al-Jabouri, un membro della delegazione che si è recata alla vicina base USA per chiedere il risarcimento delle perdite, afferma che gli ufficiali americani hanno descritto quanto successo come “una punizione alla popolazione locale perché ‘sapete chi appartiene alla resistenza e non ce lo dite’ “. I metodi utilizzati dagli israeliani, di punizione collettiva ai palestinesi, sono ora applicati in Iraq, ha aggiunto Ali Saleh.

La distruzione degli alberi da frutto si è verificata nella seconda metà del mese scorso ma, come la maggior parte di ciò che succede nelle zone rurali, la conoscenza di quanto accaduto ci ha messo molto tempo a divenire nota. La distruzione dei raccolti ha avuto luogo lungo un chilometro a lato della strada, strada che subito dopo diventa un ponticello.
I contadini dicono che 50 famiglie hanno così perso ogni possibilità di sostentamento, ma una petizione dei contadini rivolta alle forze delle coalizione di stanza a Dhuluaya che supplica un risarcimento in un inglese zoppicante, è firmata da solo 32 persone. La petizione dice: “decine di famiglie povere dipendono completamente, per poter vivere, da questi frutteti. Ora sono diventate così povere che possono solo aspettare la fame e la morte”.

I bimbi di una donna che aveva solo quei pochi alberi da frutto si sono messi davanti a un bulldozer ma sono stati trascinati via, anche secondo testimoni che non hanno voluto che il loro nome venisse reso noto. Hanno raccontato anche che un soldato americano si è accasciato in lacrime, durante l’operazione. Quando un reporter del giornale Iraq Today ha cercato di fare una foto ai bulldozer al lavoro un soldato gli ha strappato la telecamera e ha cercato di romperla.
Lo stesso giornale riferisce che il Colonello Springman avrebbe detto: “Abbiamo chiesto diverse volte ai contadini di far cessare gli attacchi, o di dirci chi ne era il responsabile, ma i contadini non ce l’hanno detto”.

Informare le truppe USA dell’identità di chi li attacca sarebbe estremamente pericoloso per gli abitanti dei villaggi iracheni, nei quali quasi tutti sono parenti o amici e tutti si conoscono. I coltivatori che hanno perso gli alberi da frutto appartengono tutti alla tribù Khazraji ed è improbabile che forniscano informazioni su altri membri della tribù se anche questi stessero, veramente, attaccando i soldati statunitensi.

Quando a Nusayef Jassim è stato chiesto quanto valesse il frutteto che ha perso, ha risposto con voce rotta: “è come se qualcuno mi avesse tagliato entrambe le mani e poi mi si chiedesse quanto valessero”.

Fonte: http://news.independent.co.uk/world/middle_east/story.jsp?story=452375

http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=357&...

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Iraq, Tv tedesca: Usa impiegarono il napalm

Bombe al napalm sono state usate dagli Stati Uniti nella guerra in Iraq, nonostante fossero vietate dalla convenzioni internazionali e nonostante la guerra fosse motivata dall'eliminazione del rischio di presunte armi illegali di distruzione di massa. Lo ha confermato prima un colonnello dei marines e poi un portavoce del Pentagono al primo canale pubblico tedesco "Ard", che sull'argomento ha realizzato un reportage che andrà in onda questa sera e di cui è stata data un'anticipazione.

Così il colonnello Joseph Boehm: "Abbiamo fatto uso di 30 bidoni nel corso della guerra durata 30 giorni. E' stato fatto varie volte uso di napalm quando i Marines stavano avanzando verso Baghdad". L'ufficiale ha specificato che gli ordigni al napalm erano del tipo "MK 77", simili a quelli usati dagli Usa in Vietnam.

Un portavoce del Pentagono, colonnello Mike Daily, ha confermato in una dichiarazione scritta alla "Ard": "Bombe MK 77 sono state lanciate nella regione delle alture di Safwan, al confine tra Iraq e Kuwait". E' la prima volta che viene ammesso l'uso di questo tipo di bombe in Iraq. (Red)

http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/rep_nazionale_n_446946.html

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Simonetta Cossu

Dalla guerra militare, alla guerra per il potere. Caduto il regime, la corsa per occupare i posti chiave e ottenere l'attenzione degli americani è iniziata. Tornano i leaders in esilio, si rifanno vive organizzazioni politiche date per scomparse, per non parlare di quelle nuove che stanno nascendo come funghi in tutto il paese. La mappa politica irachena passa da unidimensionale, un partito al potere, ad una confusa e competitiva ridda di gruppi etnici, religiosi e tribali tutti interessati conquistare una fetta di potere. Così ad esempio a Bassora il comando britannico ha nominato sul campo uno sconosciuto sceicco nuovo sindaco della città. Per non parlare di una misteriosa milizia che ha occupato la città di Al-Amarah, subito cacciata delle truppe americane. In questo caos politico si prepara il futuro iracheno, con quali risultati sarà da vedere.
Uno che sicuramente ha saputo occupare un posto di prima fila è Ahmed Chalabi. Una figura controversa e molto ambigua, che ha saputo giocare sulle divisioni interne all'amministrazione Usa e cogliere il suo momento. Illustre sconosciuto fino all'invasione del Kuwait da parte di Saddam nel 1990, Chalebi è riuscito grazie ad una buona intuizione degli interessi americani, una buona arte di persuasione e un alto senso mediatico ad imporsi all'attenzione come una figura di risalto dell'opposizione irachena.

Discendente di una ricca famiglia sciita di Bagdad, Ahamed Chalabi, 54 anni, punta a essere il sostituto di Saddam Hussein. Banchiere di professione, ha sempre avuto relazioni "difficili" con il denaro. Nel 1980 è stato condannato in contumacia a 22 anni per bancarotta fraudolenta in Giordania; negli anni '90 qualcuno solleva dubbi su come abbia utilizzato i fondi che la Cia gli aveva fornito, sospetti che tornano dopo un secondo finanziamento, sempre della Cia, di 4,3 milioni di dollari erogati al Congresso nazionale iracheno, organizzazione voluta da Washington e di cui oggi è l'elemento di punta.

Ma a Chalabi non manca sicuramente l'iniziativa. Nell'aprile del 1991 dopo la repressione di curdi e sciiti da parte dell'esercito iracheno, è lui a contattare Washington e mettendosi a disposizione per lavorare contro il regime di Saddam. Trova orecchie attente tra i senatori repubblicani Trott e il veterano Jesse Helms, ma chi lo lancia nelle alte sfere di Washington è Richard Perle. E' lui che lo sponsorizza alla Cia e che gli fa ottenere i fondi per fondare il Congresso nazionale iracheno. Poi qualcosa si rompe. A metà degli anni '90 Chalabi si presenta ai servizi segreti americani con i piani per un colpo di stato in Iraq. Ma la strategia Usa è diversa, punta su una rivolta interna, una rivoluzione di palazzo, alla Cia non sono interessati a sponsorizzare tentativi esterni. Incurante del veto Usa Chalabi va avanti e nel 1996 passa all'azione con l'operazione "Due città". Il piano prevede attacchi simultanei contro le unità irachene nelle città curde di Kirkouk e Mossoul. Condotta da combattenti curdi l'azione si rivela in un doppio disastro: oltre a quello militare gli fa perdere l'appoggio della Cia e del Dipartimento di Stato Usa.

La sua fortuna torna con l'elezione dell'ultimo Bush. L'ossessione dell'amministrazione di abbattere Saddam lo riporta in auge. Al Dipartimento di Stato c'è Colin Powell che contrasta il suo ritorno, e che sprezzantemente lo definisce: «Rivoluzionario con il Rolex al polso, vestiti di seta, e l'appartamento a Knightsbridge» (quartiere elegante di Londra). Ma Chalabi ritrova il vecchio amico Richard Perle, ora consigliere alla Casa Bianca, che lo introduce nel cerchio dei falchi e dove sfrutta appieno i contrasti interni tra Powell e Rumsfeld. Poi arriva la guerra e i tempi si fanno stretti. I fautori del conflitto hanno bisogno di trovare subito un referente dell'opposizione irachena. Parte probabilmente da Washington l'autorizzazione perché Ahmed Chalabi sia trasportato con un aereo militare Usa a Nassiriya mentre la guerra è ancora in corso. A sua disposizione anche due cameramen. E mercoledì, il giorno della caduta di Bagdad, Chalabi tiene il primo comizio di piazza dove oltre 1000 iracheni lo inneggiano, dove il neo leader si prende anche il lusso di criticare Jay Garner, l'uomo che deciderà chi parteciperà nel futuro governo provvisorio. Ma questo non è il momento delle raffinezze politiche, occorre raccogliere i consensi popolari per potersi presentare al primo incontro tra rappresentanti iracheni e statunitensi per formare il nuovo governo provvisorio iracheno. E Ahmed Chalabi ci sarà. Sicuramente da protagonista.


http://www.liberazione.it/giornale/030411/LB12D6AB.asp

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quanti di voi sanno...
by LHR Wednesday, May. 12, 2004 at 5:49 PM mail:

...che i primi ad usare armi chimiche in quella parte del mondo furono gli inglesi?

I britannici, a Baghdad entrarono nel 1917, sotto il comando del generale Maude.
Tre anni dopo, 1920 le truppe britanniche erano impegnate a sedare una rivolta di sciiti e sunniti per la prima volta coalizzati (le armi occidentali provocarono, pare, 10 mila morti) e a stroncare l'ennesima ribellione dei Curdi al Nord con quelli che furono i primi bombardamenti aerei della storia sulla popolazione civile.

Tra le armi occidentali c'erano ovviamente le armi chimiche.

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altri interessantissimi articoli sull' IMPERO DELL? OMBRA nazi-fascio !
by x AntiNazista Wednesday, May. 12, 2004 at 6:04 PM mail:

Sono almeno cinquanta i soldati nordamericani caduti in mano irachena durante la battaglia di Nassirya. «Al Jazeera» diffonde in tutto il mondo le immagini dei marines prigionieri che appaiono in stato di choc e chiedono pietà. I'incredibile reazione di Rumsfeld: il ministro della difesa Usa si richiama (ora) alla convenzione di Ginevra e ordina che nessun media americano pubblichi quelle foto. Tv e giornali Usa - sembra - ubbiscono: come ha denunciato lo scrittore Gore Vidal, il sistema dell'informazione Usa è ormai al servizio dell'amministrazione Bush e del Pentagono. I diritti dei cronisti sono comunque nel mirino: ieri la polizia militare britannica ha evacuato circa 60 giornalisti dalla città di Safwan, nel sud dell'Iraq, con il pretesto di un imminente attacco iracheno.

http://www.liberazione.it/giornale/030324/default.asp



LE FOTO-soldati usa catturati o uccisi fonti: http://www.repubblica.it e http://www.aljazira.it/

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Blix: "Il nostro lavoro
irritava gli americani"
"Mediocri le informazioni dei servizi segreti"
Il diplomativo svedese lascerà l'incarico a giugno


BERLINO - Il capo degli ispettori dell'Onu per il disarmo, Hans Blix sostiene che il lavoro svolto in Iraq nei mesi scorsi "irritava" gli Stati Uniti, che avevano come unico obiettivo quello di pervenire a una risoluzione della Nazioni Unite che legittimasse la guerra al regime di Bagdad. Nel periodo precedente l'inizio del conflitto, aggiunge Blix, gli Stati Uniti non erano affatto interessati ad ascoltare informazioni obiettive.

In un'intervista che verrà pubblicata domani sul giornale tedesco Welt am Sonntag, Blix critica apertamente, definendole "mediocri", le informazioni dei servizi segreti americani sui programmi di armamenti iracheni che gli Stati Uniti hanno consegnato agli ispettori. "Di tutti i siti che siamo stati mandati a controllare, solo in tre abbiamo trovato armi, e in nessun caso si trattava di armi illegali di distruzione di massa. Adesso sarà interessante verificare se gli americani ispezioneranno i siti sui quali non ci hanno detto nulla", ha sottolineato il capo degli ispettori.


Il capo dell'Unmovic spiega quindi di aver avuto l'impressione che gli americani non fossero obiettivi quando le ispezioni erano arrivate nella fase finale. "Ho anche avuto l'impressione, subito prima che prendessero la decisione di dare il via all'attacco che il nostro lavoro li irritasse".

Proprio ieri Blix ha annunciato che non richiederà il rinnovo del suo mandato di capo dell'Unmovic, la missione delle Nazioni Unite per il disarmo iracheno, che scade nel giugno prossimo. "Il mio contratto scade a giugno e non intendo rimanere oltre", ha detto Blix. Il suo mandato al timone dell'Unmovic lo ha visto più di una volta in rotta di collisione con gli Usa. Lo stesso Blix ha espresso disappunto la scorsa settimana quando il suo lavoro di verifica in Iraq è stato vanificato dalle divisioni in Consiglio di Sicurezza: "Tre mesi non sono abbastanza per dire che c'è un'impasse", aveva detto il diplomatico svedese nella sua ultima conferenza stampa dieci giorni fa.

In un'intervista alla Cnn, Blix ha ammesso il suo dispiacere "per non essere riuscito ad avere i tre mesi in più che chiedevo". Del resto, ha aggiunto il diplomatico svedese, "non potevo garantire che in questo periodo avremmo potuto avere successo, ma sarebbe stata una buona possibilità. Non sappiamo se l'Iraq ha armi di distruzione di massa" ha detto Blix, ribadendo quanto ripetuto diverse volte in passato. E sottolineando che "le tute non provano l'esistenza di armi chimiche" riferendosi ai ritrovamenti di tute "chimiche" in Iraq, resi noti un paio di giorni fa dalle forze angloamericane.

Riguardo alla questione della cooperazione irachena con gli ispettori, Blix ha detto che dopo essere stata molto "lenta" e parziale all'inizio, "verso la fine di gennaio e i primi di febbraio gli iracheni erano diventati attivi" nel collaborare con l'Unmovic. Tanto che il 19 marzo, a ultimatum di George Bush scaduto, e alla vigilia dell'attacco, all'Unmovic, spiega Blix, è arrivata una lettera con chiarimenti, richiesti dagli ispettori, degli aerei spia.

Svedese, studioso di diritto, Blix ha guidato l'ultima missione degli ispettori per il disarmo fino al 17 marzo, quando il segretario generale Kofi Annan ne ha ordinato il ritiro per motivi di sicurezza. Un collaboratore di Blix ha fatto sapere che, dopo giugno, il capo degli ispettori tornerà a Stoccolma, dove vive, e passerà il suo tempo studiando e scrivendo.

(29 marzo 2003)

http://www.repubblica.it/online/esteri/diplomaziadue/blix/blix.html

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Il Congresso Nazionale Iracheno fu, almeno in parte, una creazione della CIA, da cui ricevette il nome e oltre 12 milioni di dollari di finanziamenti clandestini. Il leader dell’organizzazione è Ahmed Chalabi, un banchiere mussulmano sciita originario di Bagdad e adesso in esilio, i cui legami con i curdi d’Iraq nacquero negli anni settanta. Successivamente all’elezione da parte curda di un nuovo parlamento nazionale nel nord dell’Iraq nella primavera 1992, Chalabi creò una coalizione di governo che riuniva varie fazioni d’opposizione di stampo religioso ed etnico. La CIA riconobbe in questa entità politica un possibile alleato nella campagna propagandistica contraria a Saddam e fornì aiuti per la creazione di una stazione radiofonica e televisiva basata nel nord dell’Iraq. Washington diede pubblica approvazione al CNI in quanto alternativa democratica al regime di Baghdad e, clandestinamente, fornì 4 milioni di dollari annui all’organizzazione capeggiata da Chalabi. Allo stesso tempo, in maniera privata, gli alti ranghi americani manifestarono dubbi sull’effettiva capacità del CNI sia di spodestare Saddam che di mantenere l’ordine tra le volubili fazioni del nord. Quando nel 1993 Chalabi cominciò a raccogliere reclute per un nuovo esercito, i rappresentanti americani, pur esprimendo un certo interesse, non contribuirono fattivamente all’impresa. L’agente CIA Warren Marik dichiarò alla ABCNEWS che "il Congresso Nazionale Iracheno non aveva abbastanza esperienza in campo militare, non rientrava nell’idea di golpe che Washington aveva concepito". Tuttavia, un anno più tardi la CIA spedì Marik e altri agenti operativi di lunga data, assieme a denaro e materiali vari, a spalleggiare un attacco del CNI previsto per marzo 1995. Truppe del CNI avrebbero dovuto riconquistare le città curde of Kirkuk e Mosul e, con l’appoggio della CIA, scatenare un golpe all’interno delle forze armate irachene.La strategia messa a punto da Chalabi consisteva nel creare un’organizzazione politico-militare composta di fazioni curde e di resistenti iracheni. Chalabi si guadagnò l’appoggio di un importante alleato, l’ex generale iracheno Adnan Nuri che fu poi reclutato dalla CIA e posto alla guida del gruppo d’opposizione rivale denominato Iraqi National Accord con base a Londra. Alla vigilia dell’offensiva del marzo 1995, Nuri si recò a Washington per informare che il CNI aveva ingannato la CIA e che si accingeva a coinvolgere gli Stati Uniti in un nuovo conflitto con l’Iraq - cosa che, come gli era ben noto, l’amministrazione Clinton avrebbe tentato di evitare ad ogni costo. Washington rese noto a Chalabi che gli Stati Uniti non avrebbero appoggiato l’operazione "né militarmente, né in altro modo". L’offensiva fu scagliata e, privi dell’appoggio americano, presto disfatta.http://www.ecn.org/golfo/articoli/doc33ita.html

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ANSA (EST) - 02/03/2003 - 11.08.00
IRAQ: ''SPORCHI TRUCCHI'' USA PER AVERE VOTI ONU, OBSERVER

DOMENICALE GB RIVELA PRESUNTO DOCUMENTO SEGRETO (ANSA) - ROMA, 2 MAR - Intercettazioni telefoniche e delle e-mail, anche private, dei membri delle delegazioni al Consiglio di sicurezza dell'Onu sono alcuni degli ''sporchi trucchi'' che gli Stati Uniti userebbero nella loro battaglia per conquistare i voti dei Paesi ancora indecisi in favore di un attacco contro l'Iraq, secondo quanto rivela un documento segreto di cui il giornale domenicale britannico The Observer dice di essere venuto in possesso. Si tratta - secondo l'edizione online dell'Observer - delle rivelazioni contenute in un memorandum scritto da un dirigente di massimo livello della National Security Agency (Nsa) - l'agenzia che si occupa di intercettazioni di comunicazioni in tutto il mondo finalizzate alla sicurezza nazionale Usa - circolato fra i funzionari della stessa Nsa e ad un'agenzia di intelligence definita ''amica'' che ne avrebbe fatto richiesta. Il documento e' datato 31 gennaio 2003 - ma messo in circolazione quattro giorni dopo l'ultimo interlocutorio rapporto del capo degli ispettori Onu, Hans Blix - ed e' diramato con la firma di Frank Koza, l'uomo a capo della sezione 'Obiettivi regionali' dell'Nsa, che si occupa degli alleati strategici degli Usa. Il testo caduto nelle mani dell'Observer rivela ordini supersegreti ai dipendenti dell'agenzia di rafforzare le operazioni di controllo e ascolto ''in particolare dei membri del Consiglio di sicurezza'', esclusi Stati Uniti e Gran Bretagna, per fornire in tempo reale agli uomini del presidente George W. Bush informazioni di intelligence sulle loro intenzioni di voto. In particolare bersaglio delle intercettazioni sarebbero le delegazioni dei sei Paesi tuttora piu' indecisi su come votare in Consiglio di sicurezza sul progetto di seconda risoluzione che autorizzerebbe l'attacco contro Baghdad: Angola, Camerun, Cile, Messico, Guinea e Pakistan. I loro voti sono contesi fra i due potenziali schieramenti: quello per la guerra, guidato da Usa e Gran Bretagna, e quello favorevole invece a concedere piu' tempo alle ispezioni, guidato da Francia, Cina e Russia. (ANSA). GV

ARTICOLO ORIGINALE THE OBSERVER

Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905936,00.html

(segue in calce il memorandum di Frank Koza)


Martin Bright, Ed Vulliamy in New York and Peter Beaumont
Sunday March 2, 2003
The Observer

The United States is conducting a secret 'dirty tricks' campaign against UN Security Council delegations in New York as part of its battle to win votes in favour of war against Iraq.
Details of the aggressive surveillance operation, which involves interception of the home and office telephones and the emails of UN delegates in New York, are revealed in a document leaked to The Observer.

The disclosures were made in a memorandum written by a top official at the National Security Agency - the US body which intercepts communications around the world - and circulated to both senior agents in his organisation and to a friendly foreign intelligence agency asking for its input.

The memo describes orders to staff at the agency, whose work is clouded in secrecy, to step up its surveillance operations 'particularly directed at... UN Security Council Members (minus US and GBR, of course)' to provide up-to-the-minute intelligence for Bush officials on the voting intentions of UN members regarding the issue of Iraq.

The leaked memorandum makes clear that the target of the heightened surveillance efforts are the delegations from Angola, Cameroon, Chile, Mexico, Guinea and Pakistan at the UN headquarters in New York - the so-called 'Middle Six' delegations whose votes are being fought over by the pro-war party, led by the US and Britain, and the party arguing for more time for UN inspections, led by France, China and Russia.

The memo is directed at senior NSA officials and advises them that the agency is 'mounting a surge' aimed at gleaning information not only on how delegations on the Security Council will vote on any second resolution on Iraq, but also 'policies', 'negotiating positions', 'alliances' and 'dependencies' - the 'whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises'.

Dated 31 January 2003, the memo was circulated four days after the UN's chief weapons inspector Hans Blix produced his interim report on Iraqi compliance with UN resolution 1441.

It was sent by Frank Koza, chief of staff in the 'Regional Targets' section of the NSA, which spies on countries that are viewed as strategically important for United States interests.

Koza specifies that the information will be used for the US's 'QRC' - Quick Response Capability - 'against' the key delegations.

Suggesting the levels of surveillance of both the office and home phones of UN delegation members, Koza also asks regional managers to make sure that their staff also 'pay attention to existing non-UN Security Council Member UN-related and domestic comms [office and home telephones] for anything useful related to Security Council deliberations'.

Koza also addresses himself to the foreign agency, saying: 'We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar more indirect access to valuable information from accesses in your product lines [ie, intelligence sources].' Koza makes clear it is an informal request at this juncture, but adds: 'I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels.'

Disclosure of the US operation comes in the week that Blix will make what many expect to be his final report to the Security Council.

It also comes amid increasingly threatening noises from the US towards undecided countries on the Security Council who have been warned of the unpleasant economic consequences of standing up to the US.

Sources in Washington familiar with the operation said last week that there had been a division among Bush administration officials over whether to pursue such a high-intensity surveillance campaign with some warning of the serious consequences of discovery.

The existence of the surveillance operation, understood to have been requested by President Bush's National Security Adviser, Condoleezza Rice, is deeply embarrassing to the Americans in the middle of their efforts to win over the undecided delegations.

The language and content of the memo were judged to be authentic by three former intelligence operatives shown it by The Observer. We were also able to establish that Frank Koza does work for the NSA and could confirm his senior post in the Regional Targets section of the organisation.

The NSA main switchboard put The Observer through to extension 6727 at the agency which was answered by an assistant, who confirmed it was Koza's office. However, when The Observer asked to talk to Koza about the surveillance of diplomatic missions at the United Nations, it was then told 'You have reached the wrong number'.

On protesting that the assistant had just said this was Koza's extension, the assistant repeated that it was an erroneous extension, and hung up.

While many diplomats at the UN assume they are being bugged, the memo reveals for the first time the scope and scale of US communications intercepts targeted against the New York-based missions.

The disclosure comes at a time when diplomats from the countries have been complaining about the outright 'hostility' of US tactics in recent days to persuade then to fall in line, including threats to economic and aid packages.

The operation appears to have been spotted by rival organisations in Europe. 'The Americans are being very purposeful about this,' said a source at a European intelligence agency when asked about the US surveillance efforts.



Il memorandum di Frank Koza

Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905954,00.html

To: [Recipients withheld]
From: FRANK KOZA@Chief of Staff (Regional Target) CIV/NSA
on 31/01/2003 0:16
Subject: Reflections of Iraq debate/votes at UN - RT actions and potential for related contributions
Importance: High
TOP SECRET/COMINT/XL

All,

As you've likely heard by now, the Agency is mounting a surge particularly directed at the UN Security Council (UNSC) members (minus US and GBR of course) for insights as to how to membership is reacting to the on-going debate RE: Iraq, plans to vote on any related resolutions, what related policies/ negotiating positions they may be considering, alliances/ dependencies, etc - the whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises. In RT, that means a QRC surge effort to revive/ create efforts against UNSC members Angola, Cameroon, Chile, Bulgaria and Guinea, as well as extra focus on Pakistan UN matters.

We've also asked ALL RT topi's to emphasise and make sure they pay attention to existing non-UNSC member UN-related and domestic comms for anything useful related to the UNSC deliberations/ debates/ votes. We have a lot of special UN-related diplomatic coverage (various UN delegations) from countries not sitting on the UNSC right now that could contribute related perspectives/ insights/ whatever. We recognise that we can't afford to ignore this possible source.

We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar, more in-direct access to valuable information from accesses in your product lines. I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels - especially as this effort will probably peak (at least for this specific focus) in the middle of next week, following the SecState's presentation to the UNSC.

Thanks for your help

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ANSA (EST) - 02/03/2003 - 11.08.00
IRAQ: ''SPORCHI TRUCCHI'' USA PER AVERE VOTI ONU, OBSERVER

DOMENICALE GB RIVELA PRESUNTO DOCUMENTO SEGRETO (ANSA) - ROMA, 2 MAR - Intercettazioni telefoniche e delle e-mail, anche private, dei membri delle delegazioni al Consiglio di sicurezza dell'Onu sono alcuni degli ''sporchi trucchi'' che gli Stati Uniti userebbero nella loro battaglia per conquistare i voti dei Paesi ancora indecisi in favore di un attacco contro l'Iraq, secondo quanto rivela un documento segreto di cui il giornale domenicale britannico The Observer dice di essere venuto in possesso. Si tratta - secondo l'edizione online dell'Observer - delle rivelazioni contenute in un memorandum scritto da un dirigente di massimo livello della National Security Agency (Nsa) - l'agenzia che si occupa di intercettazioni di comunicazioni in tutto il mondo finalizzate alla sicurezza nazionale Usa - circolato fra i funzionari della stessa Nsa e ad un'agenzia di intelligence definita ''amica'' che ne avrebbe fatto richiesta. Il documento e' datato 31 gennaio 2003 - ma messo in circolazione quattro giorni dopo l'ultimo interlocutorio rapporto del capo degli ispettori Onu, Hans Blix - ed e' diramato con la firma di Frank Koza, l'uomo a capo della sezione 'Obiettivi regionali' dell'Nsa, che si occupa degli alleati strategici degli Usa. Il testo caduto nelle mani dell'Observer rivela ordini supersegreti ai dipendenti dell'agenzia di rafforzare le operazioni di controllo e ascolto ''in particolare dei membri del Consiglio di sicurezza'', esclusi Stati Uniti e Gran Bretagna, per fornire in tempo reale agli uomini del presidente George W. Bush informazioni di intelligence sulle loro intenzioni di voto. In particolare bersaglio delle intercettazioni sarebbero le delegazioni dei sei Paesi tuttora piu' indecisi su come votare in Consiglio di sicurezza sul progetto di seconda risoluzione che autorizzerebbe l'attacco contro Baghdad: Angola, Camerun, Cile, Messico, Guinea e Pakistan. I loro voti sono contesi fra i due potenziali schieramenti: quello per la guerra, guidato da Usa e Gran Bretagna, e quello favorevole invece a concedere piu' tempo alle ispezioni, guidato da Francia, Cina e Russia. (ANSA). GV

ARTICOLO ORIGINALE THE OBSERVER

Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905936,00.html

(segue in calce il memorandum di Frank Koza)


Martin Bright, Ed Vulliamy in New York and Peter Beaumont
Sunday March 2, 2003
The Observer

The United States is conducting a secret 'dirty tricks' campaign against UN Security Council delegations in New York as part of its battle to win votes in favour of war against Iraq.
Details of the aggressive surveillance operation, which involves interception of the home and office telephones and the emails of UN delegates in New York, are revealed in a document leaked to The Observer.

The disclosures were made in a memorandum written by a top official at the National Security Agency - the US body which intercepts communications around the world - and circulated to both senior agents in his organisation and to a friendly foreign intelligence agency asking for its input.

The memo describes orders to staff at the agency, whose work is clouded in secrecy, to step up its surveillance operations 'particularly directed at... UN Security Council Members (minus US and GBR, of course)' to provide up-to-the-minute intelligence for Bush officials on the voting intentions of UN members regarding the issue of Iraq.

The leaked memorandum makes clear that the target of the heightened surveillance efforts are the delegations from Angola, Cameroon, Chile, Mexico, Guinea and Pakistan at the UN headquarters in New York - the so-called 'Middle Six' delegations whose votes are being fought over by the pro-war party, led by the US and Britain, and the party arguing for more time for UN inspections, led by France, China and Russia.

The memo is directed at senior NSA officials and advises them that the agency is 'mounting a surge' aimed at gleaning information not only on how delegations on the Security Council will vote on any second resolution on Iraq, but also 'policies', 'negotiating positions', 'alliances' and 'dependencies' - the 'whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises'.

Dated 31 January 2003, the memo was circulated four days after the UN's chief weapons inspector Hans Blix produced his interim report on Iraqi compliance with UN resolution 1441.

It was sent by Frank Koza, chief of staff in the 'Regional Targets' section of the NSA, which spies on countries that are viewed as strategically important for United States interests.

Koza specifies that the information will be used for the US's 'QRC' - Quick Response Capability - 'against' the key delegations.

Suggesting the levels of surveillance of both the office and home phones of UN delegation members, Koza also asks regional managers to make sure that their staff also 'pay attention to existing non-UN Security Council Member UN-related and domestic comms [office and home telephones] for anything useful related to Security Council deliberations'.

Koza also addresses himself to the foreign agency, saying: 'We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar more indirect access to valuable information from accesses in your product lines [ie, intelligence sources].' Koza makes clear it is an informal request at this juncture, but adds: 'I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels.'

Disclosure of the US operation comes in the week that Blix will make what many expect to be his final report to the Security Council.

It also comes amid increasingly threatening noises from the US towards undecided countries on the Security Council who have been warned of the unpleasant economic consequences of standing up to the US.

Sources in Washington familiar with the operation said last week that there had been a division among Bush administration officials over whether to pursue such a high-intensity surveillance campaign with some warning of the serious consequences of discovery.

The existence of the surveillance operation, understood to have been requested by President Bush's National Security Adviser, Condoleezza Rice, is deeply embarrassing to the Americans in the middle of their efforts to win over the undecided delegations.

The language and content of the memo were judged to be authentic by three former intelligence operatives shown it by The Observer. We were also able to establish that Frank Koza does work for the NSA and could confirm his senior post in the Regional Targets section of the organisation.

The NSA main switchboard put The Observer through to extension 6727 at the agency which was answered by an assistant, who confirmed it was Koza's office. However, when The Observer asked to talk to Koza about the surveillance of diplomatic missions at the United Nations, it was then told 'You have reached the wrong number'.

On protesting that the assistant had just said this was Koza's extension, the assistant repeated that it was an erroneous extension, and hung up.

While many diplomats at the UN assume they are being bugged, the memo reveals for the first time the scope and scale of US communications intercepts targeted against the New York-based missions.

The disclosure comes at a time when diplomats from the countries have been complaining about the outright 'hostility' of US tactics in recent days to persuade then to fall in line, including threats to economic and aid packages.

The operation appears to have been spotted by rival organisations in Europe. 'The Americans are being very purposeful about this,' said a source at a European intelligence agency when asked about the US surveillance efforts.



Il memorandum di Frank Koza

Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905954,00.html

To: [Recipients withheld]
From: FRANK KOZA@Chief of Staff (Regional Target) CIV/NSA
on 31/01/2003 0:16
Subject: Reflections of Iraq debate/votes at UN - RT actions and potential for related contributions
Importance: High
TOP SECRET/COMINT/XL

All,

As you've likely heard by now, the Agency is mounting a surge particularly directed at the UN Security Council (UNSC) members (minus US and GBR of course) for insights as to how to membership is reacting to the on-going debate RE: Iraq, plans to vote on any related resolutions, what related policies/ negotiating positions they may be considering, alliances/ dependencies, etc - the whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises. In RT, that means a QRC surge effort to revive/ create efforts against UNSC members Angola, Cameroon, Chile, Bulgaria and Guinea, as well as extra focus on Pakistan UN matters.

We've also asked ALL RT topi's to emphasise and make sure they pay attention to existing non-UNSC member UN-related and domestic comms for anything useful related to the UNSC deliberations/ debates/ votes. We have a lot of special UN-related diplomatic coverage (various UN delegations) from countries not sitting on the UNSC right now that could contribute related perspectives/ insights/ whatever. We recognise that we can't afford to ignore this possible source.

We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar, more in-direct access to valuable information from accesses in your product lines. I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels - especially as this effort will probably peak (at least for this specific focus) in the middle of next week, following the SecState's presentation to the UNSC.

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Guerre del Golfo


La prima scoppio' nel 1980, un anno dopo la rivoluzione degli Ayatollah in Iran. A Bagdad l'uomo forte, da un anno, era Saddam Hussein. Nel 1957 si era scritto al partito Bath (una sorta di nazionalsocialismo arabo). Nel 1968 un colpo di Stato lo aveva insediato alla vicepresidenza del Consiglio della Rivoluzione. E nel 1979, infine, mentre l'Iran diventava una repubblica teocratica, era salito al vertice dello Stao. All'Occidente piaceva. Era laico, modernizzatore e, nel campo arabo, internazionalmente moderato. Piacque ancora di piu' quando decise di approfittare del marasma di Teheran per affermare la piena sovranita' irachena su un approdo strategico del Golfo (Shatt-al-Arab) che era stato sino allora parzialmente iraniano. La guerra duro' otto anni e fu spietata.

Mentre gli iraniani mandarono all'assalto un esercito di adolescenti a cui spettava il compito di "bonificare" con il proprio corpo i campi minati dal nemico, gli iracheni usavano i gas tossici, si coprirono le spalle schiacciando una rivolta curda e bombardarono Teheran. Ma gli americani, gli europei e i sovietici chiusero un occhio e si rallegrarono soprattutto del fatto che qualcuno rendesse la vita difficile al regime fondamentalista iraniano. Formalmente, infatti, eravamo tutti neutrali. Ma quando la flotta iraniana cerco' di bloccare le esportazioni di petrolio iracheno, navi da guerra americane e inglesi organizzarono convogli di petroliere e ne assicurarono la protezione.
Fu cosi', grazie alla benevolenza dell'Occidente, che l'Iraq pote' continuare a finanziare, con i proventi delle sue esportazioni, la guerra contro l'Iran. Altri finanziamenti, diretti alla sua agricoltura, provenivano nel frattempo da una agenzia finanziaria americana passando attraverso la filiale della Banca Nazionale del Lavoro ad Atlanta, in Georgia.
Quando il conflitto termino' nel 1988 Saddam conservo' un piccolo pezzo di territorio iraniano e pote' cantare vittoria. Ma era una vittoria di Pirro. Il mondo, nel frattempo, stava cambiando. Tra la fine del 1989 e gli inizi del 1990 il blocco sovietico si disintegro' e George Bush sr., eletto dalla presidenza degli Stati Uniti nel novembre del 1988, pote' annunciare la nascita di un "nuovo ordine mondiale". Per Saddam il "nuovo ordine" era quello in cui lui avrebbe potuto soddisfare finalmente una vecchia ambizione nazionale irachena: l'annessione del Kuwait. Visto da Bagdad l'emirato era soltanto un vecchio feudo, governato da un Signore del petrolio e privo di una qualsiasi identita' nazionale. Perche' l'Occidente avrebbe dovuto proibirgli cio' che aveva permesso all'India nel caso di Goa e all'Indonesia in quello di Timor est? Qualche giorno prima dell'inizio delle operazioni, dopo aver lanciato un bellicoso segnale al Kuwait, Saddam ebbe una conversazione con l'ambasciatore degli Stati Uniti. Sedette di fronte a lui una piccola signora, seria e diligente, a cui il Dipartimento di Stato aveva dato istruzione di dichiarare che le questioni di frontiera non avevano, per Washington, grande importanza. Saddam capi' che poteva prendersi il Kuwait e passo' all'azione.


Non aveva, pero', fatto i conti con Margaret Thatcher. In quei giorni dell'agosto del 1990 la Lady di ferro era nel Colorado insieme a Bush per un convegno dell'Aspen Institute. Mentre il presidente degli Stati Uniti esitava, il primo ministro britannico sostenne che una grande potenza non poteva, dopo la fine della guerra fredda, assistere passivamente a una cosi' brutale violazione del diritto internazionale. Bush si lascio' convincere e impiego' i sei mesi successivi a costruire una grande coalizione. Fu anche necessario convincere l'America. Saddam venne descritto come la reincarnazione di Hitler. Fu spiegato al mondo che il dittatore iracheno si era impegnato da tempo nella costruzione di armi nucleari, batteriologiche e chimiche. Furono ricordati gli episodi piu' cruenti del suo regime, dalla repressione dei curdi alla brutale eliminazione degli avversari politici. Era tutto vero. Ma erano fatti noti che non avevano suscitato a Washington, negli anni precedenti, particolare indignazione.
Scaltro, ma arrogante e troppo sicuro di se', Saddam spero' sino all'ultimo che l'Unione Sovietica, il Papa e qualche Paese europeo avrebbe dissuaso il presidente americano dal realizzare le sue minacce. La guerra scoppio' nella notte fra il 16 e il 17 gennaio. Gli Stati Uniti misero in campo 500mila uomini e gli iracheni, prima di abbandonare il Kuwait, incendiarono i pozzi di petrolio. Ma dopo un mese di bombardamenti aerei e due settimane di operazione sul terreno, Saddam dovette chiedere una tregua. Gli americani avevano di fronte a se', in quel momento, due opzioni. Potevano rifiutare la tregua, continuare le operazioni fino alla conquista di Bagdad, defenestrare Saddam e restare nella regione per tutto il tempo necessario alla organizzazione di un nuovo regime politico.

O potevano permettere che Saddam, dopo la punizione subita, diventasse nuovamente un accettabile interlocutore politico. Nel corso di una viaggio a Milano, qualche mese fa, il vecchio mese Bush spiego' che la guerra a oltranza non era desiderata dagli alleati dell'America e che egli dovette di conseguenza scartare la prima opzione. E' vero. Ma e' altrettanto probabile che il presidente non volesse avere truppe americane fuori casa nel corso della campagna per le elezioni presidenziali, un anno dopo.
Restava la seconda ipotesi: togliere a Saddam il Kuwait e ricominciare a trattare con lui. Quando Washington gli permise di reprimere una rivolta sciita, parve che l'America avesse adottato questa soluzione. Ma nei mesi seguenti prevalse la convinzione che Saddam fosse un nemico e che occorresse trattarlo come tale. In altre parole le due opzioni ragionevoli furono scartate a favore di una terza che si rivelo' col passare del tempo terribilmente irragionevole.
Comincia cosi' la tragicommedia delle sanzioni, degli ispettori, dei voli di interdizione, dei bombardamenti punitivi e degli interminabili dibattiti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Sono passati undici anni durante i quali l'America ha cambiato tre presidenti. Ma Saddam e' sempre li'. Nell'ultima frase della sua presidenza Clinton aveva tollerato il ritiro degli ispettori e cercato di dimenticare il problema. Ma ora George W. Bush sembra mosso da due desideri. Vuole chiudere un conto familiare e vuole, dopo l'11 settembre, punire i "cattivi", ovunque siano. Saddam dal canto suo recita perfettamente la parte e sembra deciso a sfidare fino in fondo la politica americana. Se nessuno a Washington, nei prossimi mesi, prestera' attenzione alle domande di Powell, non sra' facile interrompere il conto alla rovescia.

31 luglio 2002, Corriere della sera, Sergio Romano

Le frasi:
16/1/1991: "E' iniziata la madre di tutte le battaglie tra le forze della verita' e le forze del male guidate dal Satana Bush".
15/9/2001: "L'America deve ora dimostrare buonsenso, usare la saggezza, non la forza come ha fatto in passato".
17/7/2002: "Malvagi tiranni e oppressori del mondo: non mi sconfiggerete mai! Verrete spazzati via come il vento".

grazie a shapelessrok http://it.geocities.com/shapelessrok/

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L'Iraq che potrebbe essere bombardato nel 2002 è un paese allo stremo. Ormai innumerevoli rapporti delle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno documentato quale disastro abbiano provocato le sanzioni economiche decise dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu all'indomani dell'invasione del Kuwait il 6 agosto '90, confermate nell'aprile 1991 a guerra finita, e tuttora in vigore.

Fonti: Unicef, Fao, WFP, WHO, UNDP

Le tabelle allegate riportano alcuni indicatori significativi del degrado della situazione alimentare e sanitaria del paese. Un generale abbassamento delle difese immunitarie, derivato dalla carente alimentazione, ha reso endemiche tutte le malattie infettive. Sono riapparse malattie debellate, come la poliomielite. Malattie rare, come malformazioni congenite e tumori del sangue e del fegato si presentano con frequenza anche dieci volte superiore. La scarsità di farmaci ha fatto il resto. Ne è risultato un milione e mezzo di morti. Il sistema educativo, che aveva portato l'Iraq a sradicare l'analfabetismo e a creare una delle università più ricercate del Medio Oriente è allo sbando. L'abbandono scolastico nell'età dell'obbligo raggiunge il 20/25%. Centinaia di migliaia di tecnici e quadri sono emigrati all'estero. L'accesso all'acqua potabile è un optional. I terreni si stanno salinizzando a causa della scarsa irrigazione e le rese per ettaro delle coltivazioni sono decrescenti..

Ma in Iraq in questi undici anni è successo molto di più. Bisogna aver conosciuto il paese ed averlo visto cambiare giorno per giorno per capire quanto in profondità abbia scavato l'embargo. Quando va bene maestre demotivate insegnano senza libri, per qualche dollaro al mese, a classi sovraffollate di bambini disattenti perché affamati. Quando va male le stesse insegnanti taglieggiano i genitori per concedere la promozione dei figli. La corruzione è una regola. Negli ospedali.(come da noi) s'indirizzano i pazienti presso gli studi privati a pagamento. Medici affranti operano parti cesarei senza anestesia a fianco a lussuose cliniche private ove non si nega nessuna delle più moderne tecniche. Una ricerca dell'università di Baghdad ha appurato, già nel 1996, un aumento del 125% dei disturbi del comportamento nell'infanzia. La famiglia "allargata" che garantiva il futuro degli orfani si sta sfaldando e sono apparsi i bambini di strada, fenomeno sconosciuto fino ad un decennio fa. La povertà spinge a rinviare matrimoni, costringe a vendere biblioteche private sulla strada, alimenta il lavoro minorile. Nuovi ricchi ostentano Mercedes e lussuose ville. Insomma la società irachena è stata squassata dalle fondamenta. Il tessuto e le relazioni sociali sono state cambiate. Il futuro stesso è sotto embargo. Nel frattempo non sono mai cessati i bombardamenti nelle cosiddette "No fly zones" illegalmente istituite dagli angloamericani. Secondo il Defense Information Center di New York, dopo la guerra del Golfo sono state effettuate 209.000 incursioni nello spazio aereo iracheno, con un costo stimato in 7 miliardi di dollari, più del PIL iracheno di un anno. Durante questi attacchi, che continuano tuttora, sono stati colpiti obiettivi civili come depositi di cibo, raffinerie e impianti di depurazione delle acque, e uccise centinaia di persone. Eppure, nonostante tutto ciò, le cose stavano cominciano a cambiare.

Tutto è cominciato nel 1999 quando l'Iraq ha annunciato la firma di un trattato di libero scambio con l'Egitto come primo passo per "lo sviluppo dell'integrazione economica con gli stati arabi". Il trattato istituisce una "Free Trade Area" (FTA) nella quale vengono, in pratica, abolite le frontiere per le merci dei due paesi. La FTA, ratificata al Cairo nel luglio 2000, è entrata in vigore nell'agosto 2001. A cascata le FTA sono state istituite con la Siria, la Tunisia e (firmate, ma non ancora ratificate) l'Algeria, gli Emirati Arabi Uniti, lo Yemen, mentre colloqui sono in corso con il Libano e la Giordania. Gli effetti sono stati immediati: l'interscambio tra Iraq ed Egitto è balzato da 2 miliardi di dollari del 2000 a quasi 4 nel 2001. E non si tratta più solo delle importazioni nell'ambito della risoluzione "Oil for food". Anche se non vi sono dati ufficiali sarebbero già 40, per un valore di 700 milioni di dollari, i contratti tra privati nel settore delle comunicazioni, mentre sarebbero in corso colloqui per la esportazione in Egitto di materie prime estrattive e, sembra, l'Egitto avrà un ruolo fondamentale nel ripristino della rete delle telecomunicazioni irachene. Nel frattempo sono in corso colloqui con la Giordania per la costruzione di un oleodotto tra i due paesi, mentre l'Iraq ha proposto a Siria, Libano e Giordania accordi bilaterali per realizzare una rete di distribuzione del metano iracheno in quei paesi.

Anche se ufficialmente nelle Free Trade Areas dovrebbero viaggiare solo le merci autorizzate dall'Onu con la risoluzione "Oil for Food", in assenza di frontiere può entrare ed uscire di tutto, in particolare può riprendere l'interscambio privato. E' presto per dire quanto e se questo nuovo corso potrà cambiare la situazione in Iraq (tuttora ad esempio l'import-export iracheno è meno del 20% di quello di dieci anni fa), ma certamente è una piccola speranza di ripresa economica.

E' proprio per impedire questo (e non per "addolcire" l'embargo) che USA e Gran Bretagna hanno proposto nel giugno di quest'anno una modifica del regime delle sanzioni economiche: le cosiddette Smart Sanctions (sanzioni intelligenti). La proposta USA-UK prevedeva lo sblocco di una lista di merci la cui importazione non sarebbe stata più soggetta all'approvazione della Commissione 661, ma solo a "comunicazione". Contemporaneamente però imponeva alle frontiere con l'Iraq ispettori Onu con il compito di vigilare che le merci in transito siano solo quelle approvate. In pratica un boicottaggio esplicito delle FTA. Tutti i governi dei paesi confinanti hanno però dichiarato che non avrebbero accettato la presenza degli ispettori, e la Russia è giunta a minacciare l'uso del veto in Consiglio di Sicurezza. Fallito, almeno per ora, questo tentativo il programma detto "Oil for Food", già ribattezzato "Oil for Nothing" è stato rinnovato in giugno e alla fine di novembre per un altro semestre. Da quando è stata istituito nel dicembre '96, il programma (che permette la vendita di petrolio per l'acquisto di generi di prima necessità sotto il controllo Onu) ha permesso l'esportazione di petrolio per quasi 50 miliardi di dollari. Di questi però solo 17 miliardi di dollari si sono effettivamente trasformati in aiuti. 13 sono stati destinati al pagamento dei danni di guerra, 6,5 agli interventi umanitari nelle zone kurde. Oltre 4 miliardi di dollari di contratti (soprattutto nei settori della depurazione e distribuzione delle acque, della elettricità e delle telecomunicazioni e trasporti) sono stati invece bloccati dagli Usa o dalla Gran Bretagna, provocando addirittura le proteste di Kofi Annan. In pratica in questi anni il programma Oil for Food ha garantito 1024 lire al giorno a testa per ogni iracheno. Un po' poco per parlare d'intervento umanitario.

http://www.manitese.it/mensile/102/iraq.htm

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Von Sponeck, ex numero uno del programma Oil for Food, svela tutte le bugie di Bush. E rivela perché Washington vuole fare la guerra contro Saddam. Ad ogni costo .....



"Se l'incontro di Vienna del 30 settembre si sarà concluso positivamente, a metà ottobre saremo a Bagdad". A parlare non è Bush jr ma Hans Blix, capo degli ispettori delle Nazioni Unite e dell'Unmovic, l'agenzia Onu preposta alle missioni internazionali di disarmo. Parole che rassicurano il mondo quelle del diplomatico svedese, ma l'arrivo a Bagdad degli ispettori non è affatto scontato, come il «sì, da subito e senza condizioni» di Saddam avrebbe potuto far credere. All'apertura del raìs, infatti, hanno reagito bene Francia, Russia e Cina. Ma Usa e Gran Bretagna hanno subito detto che l'accettazione degli uomini di Blix da parte del raìs è «solo un'altra infame bugia» per spaccare il «fronte del bene occidentale» e che accetteranno d'inviare gli ispettori solo se il Consiglio di sicurezza emanerà un'altra «dura risoluzione contro Saddam». Con esplicito riferimento a un possibile uso della forza. Ma tutti gli altri Paesi Ue, ad eccezione di Londra e Roma, sono a favore delle ispezioni e contro la guerra preventiva della dottrina Bush.

Quella cui stiamo assistendo, quindi, rischia di diventare una lotta contro il tempo: ispettori Onu da un lato e minaccia di guerra preventiva Usa dall'altro. Ma come si è arrivati a questa scomoda situazione, proprio ora che Saddam ha accettato gli ispettori? Per chiedere lumi su questo e su quale possa essere lo scenario futuro, abbiamo raggiunto telefonicamente il tedesco Hans Graf von Sponeck. Sino al 2000 a capo del programma Oil for Food in Iraq, in ottimi rapporti con Kofi Annan e, dagli anni 60, uomo di spicco delle Nazioni Unite. Da cui è però uscito sbattendo la porta, proprio durante la sua esperienza a Bagdad.

Vita: Perché ha lasciato l'Onu quando era a capo dell'Oil for Food, in Iraq?
Hans Graf Von Sponeck: Volevo protestare, fermamente, contro la politica delle Nazioni Unite. Il programma Oil for Food è importantissimo per la vita degli iracheni ma era ed è inadeguato perché non soddisfa neppure i bisogni primari di quella gente. Ho lasciato, dopo 32 anni di carriera, perché non volevo esser associato a un uso erroneo dell'organizzazione. La missione in Iraq è contro i principi fondamentali della Carta e poi l'Onu è stato prostituto dagli Usa che hanno fatto moltissimo per distruggere quest'organizzazione. Bush deve capire che creerà molti più problemi al mondo con il suo approccio unilaterale e le sue campagne politiche basate sul “o con noi o contro di noi”.

Vita: Degli ispettori del 1998 che dice?
Von Sponeck: Posso testimoniare che il comportamento di quegli ispettori ha contribuito allo scontro con l'Iraq. Non erano affatto rispettosi e molti di loro si sono comportati male.

Vita: In che senso?
Von Sponeck: Essendo aggressivi e provocando gli iracheni senza che ce ne fosse bisogno alcuno. E questo ha irritato gli iracheni, ma questo non è il punto…

Vita: E qual è il punto, dottor Von Sponeck?
Von Sponeck: La minaccia che oggi rappresenterebbe l'Iraq e che giustifica un confronto militare.

Vita: La spieghi ai lettori di Vita…
Von Sponeck: Sono stato molte volte in Iraq dopo le mie dimissioni. L'ultima volta a fine luglio, accompagnato dalla tv tedesca. Ho chiesto a Tarek Aziz se potevo vedere due siti che erano stati identificati dalla stampa Usa e inglese come produttori di agenti chimici e biologici. Ho potuto controllare la veridicità di queste affermazioni perché il governo iracheno mi ha concesso di visitare i siti in questione. Il primo è quello di Al-Dora, dove sino al 1991 si producevano vaccini contro l'afta epizootica e che nel 1996 è stato distrutto dal gruppo per il disarmo Onu. Nel 1999, quand'ero a capo dell'Oil for Food, visitai il posto perché c'era stata un'epidemia d'afta epizootica e gli iracheni volevano riaprire l'impianto, e anche uomini della Fao vennero con me per stabilire se fosse utile farlo. Ciò che si presentò di fronte ai nostri occhi fu un impianto totalmente distrutto e, quando sono tornato quest'anno, l'ho trovato esattamente nelle stesse condizioni di tre anni fa. Assolutamente nessun indizio che gli iracheni stiano tentando di ricostruirlo. L'altro sito che la stampa anglo-americana ha accusato di produzione di agenti chimici molto tossici è quello di Al-Fallujah, a 90 chilometri da Bagdad. Ma anche quello l'ho trovato completamente distrutto.

Vita: Perché ci racconta questo?
Von Sponeck: In primis per dimostrare che le notizie su questi impianti sono false. Ma soprattutto perché Bush, nel suo discorso all'Onu, ha citato un documento del governo Usa in cui, sotto la voce armi biologiche e chimiche, cita due soli impianti che producono armi di distruzione di massa: Al-Dora e Al-Fallujah… Questa è stata un'incredibile scoperta perché se le giustificazioni per far la guerra all'Iraq sono basate su prove simili, allora tutti i piani Usa riflettono un comportamento davvero criminale. Non ho altre parole per definirlo. E, quando il ministro degli esteri iracheno dice che Bagdad non ha più armi di distruzione di massa, in base alla mia esperienza personale dico che è più credibile dello stesso Bush, che non ha reso pubblico neanche uno straccio di prova convincente. Perciò dico che la comunità internazionale dovrebbe dare il suo pieno appoggio politico al ritorno degli ispettori: per sapere chi dice la verità.

Vita: Ma c'è da fidarsi dell'Iraq?
Von Sponeck: Verifichiamo almeno se il governo di Bagdad manterrà quanto promesso. Diamogli delle scadenze. Non si può dire prima dei controlli: state mentendo. Il governo iracheno ha fatto finalmente ciò che un anno fa Usa e Gb gli avevano chiesto: un ritorno immediato degli ispettori Onu in Iraq. Senza condizioni. Credo che la reazione del mondo sia stata positiva, ad esclusione di Usa e Gb che hanno volutamente minimizzato questo sviluppo, dicendo che è solo un altro trucco di Saddam. Una risposta responsabile sarebbe stata: bene, vediamo se manterrete la parola. E invece continuano a suonare la grancassa di guerra e il Congresso emanerà una risoluzione per dichiarare guerra a Saddam entro il 4 ottobre (inizio della campagna elettorale di mid-term). Credo sia chiaro, oggi, che il proposito di Bush non è mai stato il ritorno degli ispettori, bensì entrare militarmente nell'area.

Vita: È necessaria una nuova risoluzione perché gli ispettori entrino?
Von Sponeck: No, ma Bush è in gran difficoltà e per questo insiste su un'altra risoluzione con cui stoppare gli ispettori.

Vita: Perché?
Von Sponeck: Primo, ha bisogno di tempo. Secondo, non è certo che russi, cinesi e francesi la votino. Terzo, perché vuole una risoluzione scritta che gli dia una sorta di diritto d'attacco. Il ritorno degli ispettori è totalmente contro i piani Usa e la disponibilità di Saddam ha bloccato la strategia Usa nel preparare la comunità internazionale a una guerra inevitabile a causa della minaccia che l'Iraq rappresenterebbe.

Vita: Una lotta contro il tempo, quindi invio degli ispettori e guerra…
Von Sponeck: Sì, ma spero che la strategia Usa porti alla protesta di alcuni governi. Anche perché con la dottrina Bush gli Usa sono arrivati al punto di dire: se voi Nazioni Unite non fate ciò che noi vogliamo voi facciate, allora farete la fine della Società delle Nazioni, vi ignoreremo.

Vita: Come sono selezionati gli ispettori che andranno in Iraq?
Von Sponeck: La grossa differenza rispetto al 1998 è che allora erano mandati e pagati dai singoli governi. Oggi, invece, la selezione è stata fatta da Blix in persona e saranno pagati dall'Onu.

Vita: E per questo gli Usa non sono entusiasti all'idea d'inviarli?
Von Sponeck: Certo. Gli Usa cercheranno di mettere persone di loro fiducia ma questa volta sarà più difficile rispetto al passato fare attività di spionaggio. Hans Blix lo ha detto chiaramente: «Se becco qualcuno passare informazioni riservate a singoli governi, lo caccerò subito». E sono certo che Blix sarà assai più onesto del suo predecessore.

Vita: In quanto tempo gli ispettori possono rientrare in Iraq?
Von Sponeck: La Risoluzione 1284 del 1999 specifica bene i tempi: 60 giorni per l'inizio a pieno regime delle ispezioni e 180 giorni per la relazione al consiglio di sicurezza. Ci sono 700 siti che devono ispezionare. Lasciamoli entrare e lavorare, per vedere se l'Iraq è stato onesto o no. Concentriamoci sul rientro degli ispettori, non sulla guerra.

Vita: Dopo l'abbandono dell'Onu, ha avuto delle ritorsioni sulle sue attività?
Von Sponeck: Certo, la reazione di Usa e Gb è stata di dipingermi come un utile idiota nelle mani di Saddam, che non coglie il quadro più generale. C'è molta umiliazione in ciò, ma le posizioni che porto avanti sono troppo importanti per essere rinnegate a causa delle umiliazioni che ricevo. Se passa la teoria della guerra preventiva domani si potrà invadere un altro Paese perché non ci piacerà la sua politica, il suo governo o magari la faccia del suo capo di Stato. C'è una sorta di cowboy trend cui ci dobbiamo opporre.

http://www.molilli.org/article.php?sid=1447

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L'elenco delle società statunitensi che hanno fornito armi all'Iraq

Il sito americano Znet, rende noto l'elenco delle aziende e delle multinazionali statunitense che negli anni scorsi hanno fornito materiale bellico o "pericoloso" all'Iraq che adesso gli Stati Uniti vorrebbero bombardare perchè ritenuto in possesso di "materiali pericolosi".
La lista di queste aziende era contenuta nel dossier "scippato" dagli USA al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

A - nuclear K - chemical B - biological R - rockets
(missiles)

1) Honeywell (R,K)
2) Spektra Physics (K)
3) Semetex (R)
4) TI Coating (A,K)
5) UNISYS (A,K)
6) Sperry Corp. (R,K)
7) Tektronix (R,A)
8) Rockwell )(K)
9) Leybold Vacuum Systems (A)
10) Finnigan-MAT-US (A)
11) Hewlett Packard (A.R,K)
12) Dupont (A)
13) Eastman Kodak (R)
14) American Type Culture Collection (B)
15) Alcolac International (C)
16) Consarc (A)
17) Carl Zeis -U.Ss (K)
18) Cerberus (LTD) (A)
19) Electronic Assiciates (R)
20) International Computer Systems
21) Bechtel (K)
22) EZ Logic Data Systems,Inc. (R)
23) Canberra Industries Inc. (A)
24) Axel Electronics Inc. (A)

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siete buffoni
by smash Friday, May. 14, 2004 at 8:27 AM mail:

PARTIGIANI E AMERICANI: UN AMORE ETERNO siete incredibili fino ad ieri sparavate a fianco dei "Liberatori" poi adesso fate gli antiU.S.A. Siete un branco di marionette usate dal sistema fino ad ieri partigiani e yanke insieme ora con quale coraggio? Poi continuate a fare i filo Palestinesi? provate ad andare a fare i comunisti la! sapete che non sono ammesse le droghe? sapete che gli omosessuali vengono lapidati? i ladri fucilati?ecc... fatevi un favore andate a studiare e con i soldi di papà oltre a comprare droga compratevi una tuta e trovatevi un lavoro. Partigiani e americani: un amore eterno. antifascismo militante con lo stato che vi para il culo ma andate a lavorare merde

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