Sono almeno cinquanta i soldati nordamericani caduti in mano irachena durante la battaglia di Nassirya. «Al Jazeera» diffonde in tutto il mondo le immagini dei marines prigionieri che appaiono in stato di choc e chiedono pietà. I'incredibile reazione di Rumsfeld: il ministro della difesa Usa si richiama (ora) alla convenzione di Ginevra e ordina che nessun media americano pubblichi quelle foto. Tv e giornali Usa - sembra - ubbiscono: come ha denunciato lo scrittore Gore Vidal, il sistema dell'informazione Usa è ormai al servizio dell'amministrazione Bush e del Pentagono. I diritti dei cronisti sono comunque nel mirino: ieri la polizia militare britannica ha evacuato circa 60 giornalisti dalla città di Safwan, nel sud dell'Iraq, con il pretesto di un imminente attacco iracheno.
http://www.liberazione.it/giornale/030324/default.asp
LE FOTO-soldati usa catturati o uccisi fonti: http://www.repubblica.it e http://www.aljazira.it/
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Blix: "Il nostro lavoro irritava gli americani" "Mediocri le informazioni dei servizi segreti" Il diplomativo svedese lascerà l'incarico a giugno
BERLINO - Il capo degli ispettori dell'Onu per il disarmo, Hans Blix sostiene che il lavoro svolto in Iraq nei mesi scorsi "irritava" gli Stati Uniti, che avevano come unico obiettivo quello di pervenire a una risoluzione della Nazioni Unite che legittimasse la guerra al regime di Bagdad. Nel periodo precedente l'inizio del conflitto, aggiunge Blix, gli Stati Uniti non erano affatto interessati ad ascoltare informazioni obiettive.
In un'intervista che verrà pubblicata domani sul giornale tedesco Welt am Sonntag, Blix critica apertamente, definendole "mediocri", le informazioni dei servizi segreti americani sui programmi di armamenti iracheni che gli Stati Uniti hanno consegnato agli ispettori. "Di tutti i siti che siamo stati mandati a controllare, solo in tre abbiamo trovato armi, e in nessun caso si trattava di armi illegali di distruzione di massa. Adesso sarà interessante verificare se gli americani ispezioneranno i siti sui quali non ci hanno detto nulla", ha sottolineato il capo degli ispettori.
Il capo dell'Unmovic spiega quindi di aver avuto l'impressione che gli americani non fossero obiettivi quando le ispezioni erano arrivate nella fase finale. "Ho anche avuto l'impressione, subito prima che prendessero la decisione di dare il via all'attacco che il nostro lavoro li irritasse".
Proprio ieri Blix ha annunciato che non richiederà il rinnovo del suo mandato di capo dell'Unmovic, la missione delle Nazioni Unite per il disarmo iracheno, che scade nel giugno prossimo. "Il mio contratto scade a giugno e non intendo rimanere oltre", ha detto Blix. Il suo mandato al timone dell'Unmovic lo ha visto più di una volta in rotta di collisione con gli Usa. Lo stesso Blix ha espresso disappunto la scorsa settimana quando il suo lavoro di verifica in Iraq è stato vanificato dalle divisioni in Consiglio di Sicurezza: "Tre mesi non sono abbastanza per dire che c'è un'impasse", aveva detto il diplomatico svedese nella sua ultima conferenza stampa dieci giorni fa.
In un'intervista alla Cnn, Blix ha ammesso il suo dispiacere "per non essere riuscito ad avere i tre mesi in più che chiedevo". Del resto, ha aggiunto il diplomatico svedese, "non potevo garantire che in questo periodo avremmo potuto avere successo, ma sarebbe stata una buona possibilità. Non sappiamo se l'Iraq ha armi di distruzione di massa" ha detto Blix, ribadendo quanto ripetuto diverse volte in passato. E sottolineando che "le tute non provano l'esistenza di armi chimiche" riferendosi ai ritrovamenti di tute "chimiche" in Iraq, resi noti un paio di giorni fa dalle forze angloamericane.
Riguardo alla questione della cooperazione irachena con gli ispettori, Blix ha detto che dopo essere stata molto "lenta" e parziale all'inizio, "verso la fine di gennaio e i primi di febbraio gli iracheni erano diventati attivi" nel collaborare con l'Unmovic. Tanto che il 19 marzo, a ultimatum di George Bush scaduto, e alla vigilia dell'attacco, all'Unmovic, spiega Blix, è arrivata una lettera con chiarimenti, richiesti dagli ispettori, degli aerei spia.
Svedese, studioso di diritto, Blix ha guidato l'ultima missione degli ispettori per il disarmo fino al 17 marzo, quando il segretario generale Kofi Annan ne ha ordinato il ritiro per motivi di sicurezza. Un collaboratore di Blix ha fatto sapere che, dopo giugno, il capo degli ispettori tornerà a Stoccolma, dove vive, e passerà il suo tempo studiando e scrivendo.
(29 marzo 2003)
http://www.repubblica.it/online/esteri/diplomaziadue/blix/blix.html
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Il Congresso Nazionale Iracheno fu, almeno in parte, una creazione della CIA, da cui ricevette il nome e oltre 12 milioni di dollari di finanziamenti clandestini. Il leader dell’organizzazione è Ahmed Chalabi, un banchiere mussulmano sciita originario di Bagdad e adesso in esilio, i cui legami con i curdi d’Iraq nacquero negli anni settanta. Successivamente all’elezione da parte curda di un nuovo parlamento nazionale nel nord dell’Iraq nella primavera 1992, Chalabi creò una coalizione di governo che riuniva varie fazioni d’opposizione di stampo religioso ed etnico. La CIA riconobbe in questa entità politica un possibile alleato nella campagna propagandistica contraria a Saddam e fornì aiuti per la creazione di una stazione radiofonica e televisiva basata nel nord dell’Iraq. Washington diede pubblica approvazione al CNI in quanto alternativa democratica al regime di Baghdad e, clandestinamente, fornì 4 milioni di dollari annui all’organizzazione capeggiata da Chalabi. Allo stesso tempo, in maniera privata, gli alti ranghi americani manifestarono dubbi sull’effettiva capacità del CNI sia di spodestare Saddam che di mantenere l’ordine tra le volubili fazioni del nord. Quando nel 1993 Chalabi cominciò a raccogliere reclute per un nuovo esercito, i rappresentanti americani, pur esprimendo un certo interesse, non contribuirono fattivamente all’impresa. L’agente CIA Warren Marik dichiarò alla ABCNEWS che "il Congresso Nazionale Iracheno non aveva abbastanza esperienza in campo militare, non rientrava nell’idea di golpe che Washington aveva concepito". Tuttavia, un anno più tardi la CIA spedì Marik e altri agenti operativi di lunga data, assieme a denaro e materiali vari, a spalleggiare un attacco del CNI previsto per marzo 1995. Truppe del CNI avrebbero dovuto riconquistare le città curde of Kirkuk e Mosul e, con l’appoggio della CIA, scatenare un golpe all’interno delle forze armate irachene.La strategia messa a punto da Chalabi consisteva nel creare un’organizzazione politico-militare composta di fazioni curde e di resistenti iracheni. Chalabi si guadagnò l’appoggio di un importante alleato, l’ex generale iracheno Adnan Nuri che fu poi reclutato dalla CIA e posto alla guida del gruppo d’opposizione rivale denominato Iraqi National Accord con base a Londra. Alla vigilia dell’offensiva del marzo 1995, Nuri si recò a Washington per informare che il CNI aveva ingannato la CIA e che si accingeva a coinvolgere gli Stati Uniti in un nuovo conflitto con l’Iraq - cosa che, come gli era ben noto, l’amministrazione Clinton avrebbe tentato di evitare ad ogni costo. Washington rese noto a Chalabi che gli Stati Uniti non avrebbero appoggiato l’operazione "né militarmente, né in altro modo". L’offensiva fu scagliata e, privi dell’appoggio americano, presto disfatta.http://www.ecn.org/golfo/articoli/doc33ita.html
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ANSA (EST) - 02/03/2003 - 11.08.00 IRAQ: ''SPORCHI TRUCCHI'' USA PER AVERE VOTI ONU, OBSERVER
DOMENICALE GB RIVELA PRESUNTO DOCUMENTO SEGRETO (ANSA) - ROMA, 2 MAR - Intercettazioni telefoniche e delle e-mail, anche private, dei membri delle delegazioni al Consiglio di sicurezza dell'Onu sono alcuni degli ''sporchi trucchi'' che gli Stati Uniti userebbero nella loro battaglia per conquistare i voti dei Paesi ancora indecisi in favore di un attacco contro l'Iraq, secondo quanto rivela un documento segreto di cui il giornale domenicale britannico The Observer dice di essere venuto in possesso. Si tratta - secondo l'edizione online dell'Observer - delle rivelazioni contenute in un memorandum scritto da un dirigente di massimo livello della National Security Agency (Nsa) - l'agenzia che si occupa di intercettazioni di comunicazioni in tutto il mondo finalizzate alla sicurezza nazionale Usa - circolato fra i funzionari della stessa Nsa e ad un'agenzia di intelligence definita ''amica'' che ne avrebbe fatto richiesta. Il documento e' datato 31 gennaio 2003 - ma messo in circolazione quattro giorni dopo l'ultimo interlocutorio rapporto del capo degli ispettori Onu, Hans Blix - ed e' diramato con la firma di Frank Koza, l'uomo a capo della sezione 'Obiettivi regionali' dell'Nsa, che si occupa degli alleati strategici degli Usa. Il testo caduto nelle mani dell'Observer rivela ordini supersegreti ai dipendenti dell'agenzia di rafforzare le operazioni di controllo e ascolto ''in particolare dei membri del Consiglio di sicurezza'', esclusi Stati Uniti e Gran Bretagna, per fornire in tempo reale agli uomini del presidente George W. Bush informazioni di intelligence sulle loro intenzioni di voto. In particolare bersaglio delle intercettazioni sarebbero le delegazioni dei sei Paesi tuttora piu' indecisi su come votare in Consiglio di sicurezza sul progetto di seconda risoluzione che autorizzerebbe l'attacco contro Baghdad: Angola, Camerun, Cile, Messico, Guinea e Pakistan. I loro voti sono contesi fra i due potenziali schieramenti: quello per la guerra, guidato da Usa e Gran Bretagna, e quello favorevole invece a concedere piu' tempo alle ispezioni, guidato da Francia, Cina e Russia. (ANSA). GV
ARTICOLO ORIGINALE THE OBSERVER
Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905936,00.html
(segue in calce il memorandum di Frank Koza)
Martin Bright, Ed Vulliamy in New York and Peter Beaumont Sunday March 2, 2003 The Observer
The United States is conducting a secret 'dirty tricks' campaign against UN Security Council delegations in New York as part of its battle to win votes in favour of war against Iraq. Details of the aggressive surveillance operation, which involves interception of the home and office telephones and the emails of UN delegates in New York, are revealed in a document leaked to The Observer.
The disclosures were made in a memorandum written by a top official at the National Security Agency - the US body which intercepts communications around the world - and circulated to both senior agents in his organisation and to a friendly foreign intelligence agency asking for its input.
The memo describes orders to staff at the agency, whose work is clouded in secrecy, to step up its surveillance operations 'particularly directed at... UN Security Council Members (minus US and GBR, of course)' to provide up-to-the-minute intelligence for Bush officials on the voting intentions of UN members regarding the issue of Iraq.
The leaked memorandum makes clear that the target of the heightened surveillance efforts are the delegations from Angola, Cameroon, Chile, Mexico, Guinea and Pakistan at the UN headquarters in New York - the so-called 'Middle Six' delegations whose votes are being fought over by the pro-war party, led by the US and Britain, and the party arguing for more time for UN inspections, led by France, China and Russia.
The memo is directed at senior NSA officials and advises them that the agency is 'mounting a surge' aimed at gleaning information not only on how delegations on the Security Council will vote on any second resolution on Iraq, but also 'policies', 'negotiating positions', 'alliances' and 'dependencies' - the 'whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises'.
Dated 31 January 2003, the memo was circulated four days after the UN's chief weapons inspector Hans Blix produced his interim report on Iraqi compliance with UN resolution 1441.
It was sent by Frank Koza, chief of staff in the 'Regional Targets' section of the NSA, which spies on countries that are viewed as strategically important for United States interests.
Koza specifies that the information will be used for the US's 'QRC' - Quick Response Capability - 'against' the key delegations.
Suggesting the levels of surveillance of both the office and home phones of UN delegation members, Koza also asks regional managers to make sure that their staff also 'pay attention to existing non-UN Security Council Member UN-related and domestic comms [office and home telephones] for anything useful related to Security Council deliberations'.
Koza also addresses himself to the foreign agency, saying: 'We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar more indirect access to valuable information from accesses in your product lines [ie, intelligence sources].' Koza makes clear it is an informal request at this juncture, but adds: 'I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels.'
Disclosure of the US operation comes in the week that Blix will make what many expect to be his final report to the Security Council.
It also comes amid increasingly threatening noises from the US towards undecided countries on the Security Council who have been warned of the unpleasant economic consequences of standing up to the US.
Sources in Washington familiar with the operation said last week that there had been a division among Bush administration officials over whether to pursue such a high-intensity surveillance campaign with some warning of the serious consequences of discovery.
The existence of the surveillance operation, understood to have been requested by President Bush's National Security Adviser, Condoleezza Rice, is deeply embarrassing to the Americans in the middle of their efforts to win over the undecided delegations.
The language and content of the memo were judged to be authentic by three former intelligence operatives shown it by The Observer. We were also able to establish that Frank Koza does work for the NSA and could confirm his senior post in the Regional Targets section of the organisation.
The NSA main switchboard put The Observer through to extension 6727 at the agency which was answered by an assistant, who confirmed it was Koza's office. However, when The Observer asked to talk to Koza about the surveillance of diplomatic missions at the United Nations, it was then told 'You have reached the wrong number'.
On protesting that the assistant had just said this was Koza's extension, the assistant repeated that it was an erroneous extension, and hung up.
While many diplomats at the UN assume they are being bugged, the memo reveals for the first time the scope and scale of US communications intercepts targeted against the New York-based missions.
The disclosure comes at a time when diplomats from the countries have been complaining about the outright 'hostility' of US tactics in recent days to persuade then to fall in line, including threats to economic and aid packages.
The operation appears to have been spotted by rival organisations in Europe. 'The Americans are being very purposeful about this,' said a source at a European intelligence agency when asked about the US surveillance efforts.
Il memorandum di Frank Koza
Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905954,00.html
To: [Recipients withheld] From: FRANK KOZA@Chief of Staff (Regional Target) CIV/NSA on 31/01/2003 0:16 Subject: Reflections of Iraq debate/votes at UN - RT actions and potential for related contributions Importance: High TOP SECRET/COMINT/XL
All,
As you've likely heard by now, the Agency is mounting a surge particularly directed at the UN Security Council (UNSC) members (minus US and GBR of course) for insights as to how to membership is reacting to the on-going debate RE: Iraq, plans to vote on any related resolutions, what related policies/ negotiating positions they may be considering, alliances/ dependencies, etc - the whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises. In RT, that means a QRC surge effort to revive/ create efforts against UNSC members Angola, Cameroon, Chile, Bulgaria and Guinea, as well as extra focus on Pakistan UN matters.
We've also asked ALL RT topi's to emphasise and make sure they pay attention to existing non-UNSC member UN-related and domestic comms for anything useful related to the UNSC deliberations/ debates/ votes. We have a lot of special UN-related diplomatic coverage (various UN delegations) from countries not sitting on the UNSC right now that could contribute related perspectives/ insights/ whatever. We recognise that we can't afford to ignore this possible source.
We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar, more in-direct access to valuable information from accesses in your product lines. I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels - especially as this effort will probably peak (at least for this specific focus) in the middle of next week, following the SecState's presentation to the UNSC.
Thanks for your help
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ANSA (EST) - 02/03/2003 - 11.08.00 IRAQ: ''SPORCHI TRUCCHI'' USA PER AVERE VOTI ONU, OBSERVER
DOMENICALE GB RIVELA PRESUNTO DOCUMENTO SEGRETO (ANSA) - ROMA, 2 MAR - Intercettazioni telefoniche e delle e-mail, anche private, dei membri delle delegazioni al Consiglio di sicurezza dell'Onu sono alcuni degli ''sporchi trucchi'' che gli Stati Uniti userebbero nella loro battaglia per conquistare i voti dei Paesi ancora indecisi in favore di un attacco contro l'Iraq, secondo quanto rivela un documento segreto di cui il giornale domenicale britannico The Observer dice di essere venuto in possesso. Si tratta - secondo l'edizione online dell'Observer - delle rivelazioni contenute in un memorandum scritto da un dirigente di massimo livello della National Security Agency (Nsa) - l'agenzia che si occupa di intercettazioni di comunicazioni in tutto il mondo finalizzate alla sicurezza nazionale Usa - circolato fra i funzionari della stessa Nsa e ad un'agenzia di intelligence definita ''amica'' che ne avrebbe fatto richiesta. Il documento e' datato 31 gennaio 2003 - ma messo in circolazione quattro giorni dopo l'ultimo interlocutorio rapporto del capo degli ispettori Onu, Hans Blix - ed e' diramato con la firma di Frank Koza, l'uomo a capo della sezione 'Obiettivi regionali' dell'Nsa, che si occupa degli alleati strategici degli Usa. Il testo caduto nelle mani dell'Observer rivela ordini supersegreti ai dipendenti dell'agenzia di rafforzare le operazioni di controllo e ascolto ''in particolare dei membri del Consiglio di sicurezza'', esclusi Stati Uniti e Gran Bretagna, per fornire in tempo reale agli uomini del presidente George W. Bush informazioni di intelligence sulle loro intenzioni di voto. In particolare bersaglio delle intercettazioni sarebbero le delegazioni dei sei Paesi tuttora piu' indecisi su come votare in Consiglio di sicurezza sul progetto di seconda risoluzione che autorizzerebbe l'attacco contro Baghdad: Angola, Camerun, Cile, Messico, Guinea e Pakistan. I loro voti sono contesi fra i due potenziali schieramenti: quello per la guerra, guidato da Usa e Gran Bretagna, e quello favorevole invece a concedere piu' tempo alle ispezioni, guidato da Francia, Cina e Russia. (ANSA). GV
ARTICOLO ORIGINALE THE OBSERVER
Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905936,00.html
(segue in calce il memorandum di Frank Koza)
Martin Bright, Ed Vulliamy in New York and Peter Beaumont Sunday March 2, 2003 The Observer
The United States is conducting a secret 'dirty tricks' campaign against UN Security Council delegations in New York as part of its battle to win votes in favour of war against Iraq. Details of the aggressive surveillance operation, which involves interception of the home and office telephones and the emails of UN delegates in New York, are revealed in a document leaked to The Observer.
The disclosures were made in a memorandum written by a top official at the National Security Agency - the US body which intercepts communications around the world - and circulated to both senior agents in his organisation and to a friendly foreign intelligence agency asking for its input.
The memo describes orders to staff at the agency, whose work is clouded in secrecy, to step up its surveillance operations 'particularly directed at... UN Security Council Members (minus US and GBR, of course)' to provide up-to-the-minute intelligence for Bush officials on the voting intentions of UN members regarding the issue of Iraq.
The leaked memorandum makes clear that the target of the heightened surveillance efforts are the delegations from Angola, Cameroon, Chile, Mexico, Guinea and Pakistan at the UN headquarters in New York - the so-called 'Middle Six' delegations whose votes are being fought over by the pro-war party, led by the US and Britain, and the party arguing for more time for UN inspections, led by France, China and Russia.
The memo is directed at senior NSA officials and advises them that the agency is 'mounting a surge' aimed at gleaning information not only on how delegations on the Security Council will vote on any second resolution on Iraq, but also 'policies', 'negotiating positions', 'alliances' and 'dependencies' - the 'whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises'.
Dated 31 January 2003, the memo was circulated four days after the UN's chief weapons inspector Hans Blix produced his interim report on Iraqi compliance with UN resolution 1441.
It was sent by Frank Koza, chief of staff in the 'Regional Targets' section of the NSA, which spies on countries that are viewed as strategically important for United States interests.
Koza specifies that the information will be used for the US's 'QRC' - Quick Response Capability - 'against' the key delegations.
Suggesting the levels of surveillance of both the office and home phones of UN delegation members, Koza also asks regional managers to make sure that their staff also 'pay attention to existing non-UN Security Council Member UN-related and domestic comms [office and home telephones] for anything useful related to Security Council deliberations'.
Koza also addresses himself to the foreign agency, saying: 'We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar more indirect access to valuable information from accesses in your product lines [ie, intelligence sources].' Koza makes clear it is an informal request at this juncture, but adds: 'I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels.'
Disclosure of the US operation comes in the week that Blix will make what many expect to be his final report to the Security Council.
It also comes amid increasingly threatening noises from the US towards undecided countries on the Security Council who have been warned of the unpleasant economic consequences of standing up to the US.
Sources in Washington familiar with the operation said last week that there had been a division among Bush administration officials over whether to pursue such a high-intensity surveillance campaign with some warning of the serious consequences of discovery.
The existence of the surveillance operation, understood to have been requested by President Bush's National Security Adviser, Condoleezza Rice, is deeply embarrassing to the Americans in the middle of their efforts to win over the undecided delegations.
The language and content of the memo were judged to be authentic by three former intelligence operatives shown it by The Observer. We were also able to establish that Frank Koza does work for the NSA and could confirm his senior post in the Regional Targets section of the organisation.
The NSA main switchboard put The Observer through to extension 6727 at the agency which was answered by an assistant, who confirmed it was Koza's office. However, when The Observer asked to talk to Koza about the surveillance of diplomatic missions at the United Nations, it was then told 'You have reached the wrong number'.
On protesting that the assistant had just said this was Koza's extension, the assistant repeated that it was an erroneous extension, and hung up.
While many diplomats at the UN assume they are being bugged, the memo reveals for the first time the scope and scale of US communications intercepts targeted against the New York-based missions.
The disclosure comes at a time when diplomats from the countries have been complaining about the outright 'hostility' of US tactics in recent days to persuade then to fall in line, including threats to economic and aid packages.
The operation appears to have been spotted by rival organisations in Europe. 'The Americans are being very purposeful about this,' said a source at a European intelligence agency when asked about the US surveillance efforts.
Il memorandum di Frank Koza
Fonte: http://www.observer.co.uk/iraq/story/0,12239,905954,00.html
To: [Recipients withheld] From: FRANK KOZA@Chief of Staff (Regional Target) CIV/NSA on 31/01/2003 0:16 Subject: Reflections of Iraq debate/votes at UN - RT actions and potential for related contributions Importance: High TOP SECRET/COMINT/XL
All,
As you've likely heard by now, the Agency is mounting a surge particularly directed at the UN Security Council (UNSC) members (minus US and GBR of course) for insights as to how to membership is reacting to the on-going debate RE: Iraq, plans to vote on any related resolutions, what related policies/ negotiating positions they may be considering, alliances/ dependencies, etc - the whole gamut of information that could give US policymakers an edge in obtaining results favourable to US goals or to head off surprises. In RT, that means a QRC surge effort to revive/ create efforts against UNSC members Angola, Cameroon, Chile, Bulgaria and Guinea, as well as extra focus on Pakistan UN matters.
We've also asked ALL RT topi's to emphasise and make sure they pay attention to existing non-UNSC member UN-related and domestic comms for anything useful related to the UNSC deliberations/ debates/ votes. We have a lot of special UN-related diplomatic coverage (various UN delegations) from countries not sitting on the UNSC right now that could contribute related perspectives/ insights/ whatever. We recognise that we can't afford to ignore this possible source.
We'd appreciate your support in getting the word to your analysts who might have similar, more in-direct access to valuable information from accesses in your product lines. I suspect that you'll be hearing more along these lines in formal channels - especially as this effort will probably peak (at least for this specific focus) in the middle of next week, following the SecState's presentation to the UNSC.
Thanks for your help
-----------------------------------------------------xxxxxxxxxxxx-------------------------------------------- Guerre del Golfo
La prima scoppio' nel 1980, un anno dopo la rivoluzione degli Ayatollah in Iran. A Bagdad l'uomo forte, da un anno, era Saddam Hussein. Nel 1957 si era scritto al partito Bath (una sorta di nazionalsocialismo arabo). Nel 1968 un colpo di Stato lo aveva insediato alla vicepresidenza del Consiglio della Rivoluzione. E nel 1979, infine, mentre l'Iran diventava una repubblica teocratica, era salito al vertice dello Stao. All'Occidente piaceva. Era laico, modernizzatore e, nel campo arabo, internazionalmente moderato. Piacque ancora di piu' quando decise di approfittare del marasma di Teheran per affermare la piena sovranita' irachena su un approdo strategico del Golfo (Shatt-al-Arab) che era stato sino allora parzialmente iraniano. La guerra duro' otto anni e fu spietata.
Mentre gli iraniani mandarono all'assalto un esercito di adolescenti a cui spettava il compito di "bonificare" con il proprio corpo i campi minati dal nemico, gli iracheni usavano i gas tossici, si coprirono le spalle schiacciando una rivolta curda e bombardarono Teheran. Ma gli americani, gli europei e i sovietici chiusero un occhio e si rallegrarono soprattutto del fatto che qualcuno rendesse la vita difficile al regime fondamentalista iraniano. Formalmente, infatti, eravamo tutti neutrali. Ma quando la flotta iraniana cerco' di bloccare le esportazioni di petrolio iracheno, navi da guerra americane e inglesi organizzarono convogli di petroliere e ne assicurarono la protezione. Fu cosi', grazie alla benevolenza dell'Occidente, che l'Iraq pote' continuare a finanziare, con i proventi delle sue esportazioni, la guerra contro l'Iran. Altri finanziamenti, diretti alla sua agricoltura, provenivano nel frattempo da una agenzia finanziaria americana passando attraverso la filiale della Banca Nazionale del Lavoro ad Atlanta, in Georgia. Quando il conflitto termino' nel 1988 Saddam conservo' un piccolo pezzo di territorio iraniano e pote' cantare vittoria. Ma era una vittoria di Pirro. Il mondo, nel frattempo, stava cambiando. Tra la fine del 1989 e gli inizi del 1990 il blocco sovietico si disintegro' e George Bush sr., eletto dalla presidenza degli Stati Uniti nel novembre del 1988, pote' annunciare la nascita di un "nuovo ordine mondiale". Per Saddam il "nuovo ordine" era quello in cui lui avrebbe potuto soddisfare finalmente una vecchia ambizione nazionale irachena: l'annessione del Kuwait. Visto da Bagdad l'emirato era soltanto un vecchio feudo, governato da un Signore del petrolio e privo di una qualsiasi identita' nazionale. Perche' l'Occidente avrebbe dovuto proibirgli cio' che aveva permesso all'India nel caso di Goa e all'Indonesia in quello di Timor est? Qualche giorno prima dell'inizio delle operazioni, dopo aver lanciato un bellicoso segnale al Kuwait, Saddam ebbe una conversazione con l'ambasciatore degli Stati Uniti. Sedette di fronte a lui una piccola signora, seria e diligente, a cui il Dipartimento di Stato aveva dato istruzione di dichiarare che le questioni di frontiera non avevano, per Washington, grande importanza. Saddam capi' che poteva prendersi il Kuwait e passo' all'azione.
Non aveva, pero', fatto i conti con Margaret Thatcher. In quei giorni dell'agosto del 1990 la Lady di ferro era nel Colorado insieme a Bush per un convegno dell'Aspen Institute. Mentre il presidente degli Stati Uniti esitava, il primo ministro britannico sostenne che una grande potenza non poteva, dopo la fine della guerra fredda, assistere passivamente a una cosi' brutale violazione del diritto internazionale. Bush si lascio' convincere e impiego' i sei mesi successivi a costruire una grande coalizione. Fu anche necessario convincere l'America. Saddam venne descritto come la reincarnazione di Hitler. Fu spiegato al mondo che il dittatore iracheno si era impegnato da tempo nella costruzione di armi nucleari, batteriologiche e chimiche. Furono ricordati gli episodi piu' cruenti del suo regime, dalla repressione dei curdi alla brutale eliminazione degli avversari politici. Era tutto vero. Ma erano fatti noti che non avevano suscitato a Washington, negli anni precedenti, particolare indignazione. Scaltro, ma arrogante e troppo sicuro di se', Saddam spero' sino all'ultimo che l'Unione Sovietica, il Papa e qualche Paese europeo avrebbe dissuaso il presidente americano dal realizzare le sue minacce. La guerra scoppio' nella notte fra il 16 e il 17 gennaio. Gli Stati Uniti misero in campo 500mila uomini e gli iracheni, prima di abbandonare il Kuwait, incendiarono i pozzi di petrolio. Ma dopo un mese di bombardamenti aerei e due settimane di operazione sul terreno, Saddam dovette chiedere una tregua. Gli americani avevano di fronte a se', in quel momento, due opzioni. Potevano rifiutare la tregua, continuare le operazioni fino alla conquista di Bagdad, defenestrare Saddam e restare nella regione per tutto il tempo necessario alla organizzazione di un nuovo regime politico.
O potevano permettere che Saddam, dopo la punizione subita, diventasse nuovamente un accettabile interlocutore politico. Nel corso di una viaggio a Milano, qualche mese fa, il vecchio mese Bush spiego' che la guerra a oltranza non era desiderata dagli alleati dell'America e che egli dovette di conseguenza scartare la prima opzione. E' vero. Ma e' altrettanto probabile che il presidente non volesse avere truppe americane fuori casa nel corso della campagna per le elezioni presidenziali, un anno dopo. Restava la seconda ipotesi: togliere a Saddam il Kuwait e ricominciare a trattare con lui. Quando Washington gli permise di reprimere una rivolta sciita, parve che l'America avesse adottato questa soluzione. Ma nei mesi seguenti prevalse la convinzione che Saddam fosse un nemico e che occorresse trattarlo come tale. In altre parole le due opzioni ragionevoli furono scartate a favore di una terza che si rivelo' col passare del tempo terribilmente irragionevole. Comincia cosi' la tragicommedia delle sanzioni, degli ispettori, dei voli di interdizione, dei bombardamenti punitivi e degli interminabili dibattiti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Sono passati undici anni durante i quali l'America ha cambiato tre presidenti. Ma Saddam e' sempre li'. Nell'ultima frase della sua presidenza Clinton aveva tollerato il ritiro degli ispettori e cercato di dimenticare il problema. Ma ora George W. Bush sembra mosso da due desideri. Vuole chiudere un conto familiare e vuole, dopo l'11 settembre, punire i "cattivi", ovunque siano. Saddam dal canto suo recita perfettamente la parte e sembra deciso a sfidare fino in fondo la politica americana. Se nessuno a Washington, nei prossimi mesi, prestera' attenzione alle domande di Powell, non sra' facile interrompere il conto alla rovescia.
31 luglio 2002, Corriere della sera, Sergio Romano
Le frasi: 16/1/1991: "E' iniziata la madre di tutte le battaglie tra le forze della verita' e le forze del male guidate dal Satana Bush". 15/9/2001: "L'America deve ora dimostrare buonsenso, usare la saggezza, non la forza come ha fatto in passato". 17/7/2002: "Malvagi tiranni e oppressori del mondo: non mi sconfiggerete mai! Verrete spazzati via come il vento".
grazie a shapelessrok http://it.geocities.com/shapelessrok/
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L'Iraq che potrebbe essere bombardato nel 2002 è un paese allo stremo. Ormai innumerevoli rapporti delle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno documentato quale disastro abbiano provocato le sanzioni economiche decise dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu all'indomani dell'invasione del Kuwait il 6 agosto '90, confermate nell'aprile 1991 a guerra finita, e tuttora in vigore.
Fonti: Unicef, Fao, WFP, WHO, UNDP
Le tabelle allegate riportano alcuni indicatori significativi del degrado della situazione alimentare e sanitaria del paese. Un generale abbassamento delle difese immunitarie, derivato dalla carente alimentazione, ha reso endemiche tutte le malattie infettive. Sono riapparse malattie debellate, come la poliomielite. Malattie rare, come malformazioni congenite e tumori del sangue e del fegato si presentano con frequenza anche dieci volte superiore. La scarsità di farmaci ha fatto il resto. Ne è risultato un milione e mezzo di morti. Il sistema educativo, che aveva portato l'Iraq a sradicare l'analfabetismo e a creare una delle università più ricercate del Medio Oriente è allo sbando. L'abbandono scolastico nell'età dell'obbligo raggiunge il 20/25%. Centinaia di migliaia di tecnici e quadri sono emigrati all'estero. L'accesso all'acqua potabile è un optional. I terreni si stanno salinizzando a causa della scarsa irrigazione e le rese per ettaro delle coltivazioni sono decrescenti..
Ma in Iraq in questi undici anni è successo molto di più. Bisogna aver conosciuto il paese ed averlo visto cambiare giorno per giorno per capire quanto in profondità abbia scavato l'embargo. Quando va bene maestre demotivate insegnano senza libri, per qualche dollaro al mese, a classi sovraffollate di bambini disattenti perché affamati. Quando va male le stesse insegnanti taglieggiano i genitori per concedere la promozione dei figli. La corruzione è una regola. Negli ospedali.(come da noi) s'indirizzano i pazienti presso gli studi privati a pagamento. Medici affranti operano parti cesarei senza anestesia a fianco a lussuose cliniche private ove non si nega nessuna delle più moderne tecniche. Una ricerca dell'università di Baghdad ha appurato, già nel 1996, un aumento del 125% dei disturbi del comportamento nell'infanzia. La famiglia "allargata" che garantiva il futuro degli orfani si sta sfaldando e sono apparsi i bambini di strada, fenomeno sconosciuto fino ad un decennio fa. La povertà spinge a rinviare matrimoni, costringe a vendere biblioteche private sulla strada, alimenta il lavoro minorile. Nuovi ricchi ostentano Mercedes e lussuose ville. Insomma la società irachena è stata squassata dalle fondamenta. Il tessuto e le relazioni sociali sono state cambiate. Il futuro stesso è sotto embargo. Nel frattempo non sono mai cessati i bombardamenti nelle cosiddette "No fly zones" illegalmente istituite dagli angloamericani. Secondo il Defense Information Center di New York, dopo la guerra del Golfo sono state effettuate 209.000 incursioni nello spazio aereo iracheno, con un costo stimato in 7 miliardi di dollari, più del PIL iracheno di un anno. Durante questi attacchi, che continuano tuttora, sono stati colpiti obiettivi civili come depositi di cibo, raffinerie e impianti di depurazione delle acque, e uccise centinaia di persone. Eppure, nonostante tutto ciò, le cose stavano cominciano a cambiare.
Tutto è cominciato nel 1999 quando l'Iraq ha annunciato la firma di un trattato di libero scambio con l'Egitto come primo passo per "lo sviluppo dell'integrazione economica con gli stati arabi". Il trattato istituisce una "Free Trade Area" (FTA) nella quale vengono, in pratica, abolite le frontiere per le merci dei due paesi. La FTA, ratificata al Cairo nel luglio 2000, è entrata in vigore nell'agosto 2001. A cascata le FTA sono state istituite con la Siria, la Tunisia e (firmate, ma non ancora ratificate) l'Algeria, gli Emirati Arabi Uniti, lo Yemen, mentre colloqui sono in corso con il Libano e la Giordania. Gli effetti sono stati immediati: l'interscambio tra Iraq ed Egitto è balzato da 2 miliardi di dollari del 2000 a quasi 4 nel 2001. E non si tratta più solo delle importazioni nell'ambito della risoluzione "Oil for food". Anche se non vi sono dati ufficiali sarebbero già 40, per un valore di 700 milioni di dollari, i contratti tra privati nel settore delle comunicazioni, mentre sarebbero in corso colloqui per la esportazione in Egitto di materie prime estrattive e, sembra, l'Egitto avrà un ruolo fondamentale nel ripristino della rete delle telecomunicazioni irachene. Nel frattempo sono in corso colloqui con la Giordania per la costruzione di un oleodotto tra i due paesi, mentre l'Iraq ha proposto a Siria, Libano e Giordania accordi bilaterali per realizzare una rete di distribuzione del metano iracheno in quei paesi.
Anche se ufficialmente nelle Free Trade Areas dovrebbero viaggiare solo le merci autorizzate dall'Onu con la risoluzione "Oil for Food", in assenza di frontiere può entrare ed uscire di tutto, in particolare può riprendere l'interscambio privato. E' presto per dire quanto e se questo nuovo corso potrà cambiare la situazione in Iraq (tuttora ad esempio l'import-export iracheno è meno del 20% di quello di dieci anni fa), ma certamente è una piccola speranza di ripresa economica.
E' proprio per impedire questo (e non per "addolcire" l'embargo) che USA e Gran Bretagna hanno proposto nel giugno di quest'anno una modifica del regime delle sanzioni economiche: le cosiddette Smart Sanctions (sanzioni intelligenti). La proposta USA-UK prevedeva lo sblocco di una lista di merci la cui importazione non sarebbe stata più soggetta all'approvazione della Commissione 661, ma solo a "comunicazione". Contemporaneamente però imponeva alle frontiere con l'Iraq ispettori Onu con il compito di vigilare che le merci in transito siano solo quelle approvate. In pratica un boicottaggio esplicito delle FTA. Tutti i governi dei paesi confinanti hanno però dichiarato che non avrebbero accettato la presenza degli ispettori, e la Russia è giunta a minacciare l'uso del veto in Consiglio di Sicurezza. Fallito, almeno per ora, questo tentativo il programma detto "Oil for Food", già ribattezzato "Oil for Nothing" è stato rinnovato in giugno e alla fine di novembre per un altro semestre. Da quando è stata istituito nel dicembre '96, il programma (che permette la vendita di petrolio per l'acquisto di generi di prima necessità sotto il controllo Onu) ha permesso l'esportazione di petrolio per quasi 50 miliardi di dollari. Di questi però solo 17 miliardi di dollari si sono effettivamente trasformati in aiuti. 13 sono stati destinati al pagamento dei danni di guerra, 6,5 agli interventi umanitari nelle zone kurde. Oltre 4 miliardi di dollari di contratti (soprattutto nei settori della depurazione e distribuzione delle acque, della elettricità e delle telecomunicazioni e trasporti) sono stati invece bloccati dagli Usa o dalla Gran Bretagna, provocando addirittura le proteste di Kofi Annan. In pratica in questi anni il programma Oil for Food ha garantito 1024 lire al giorno a testa per ogni iracheno. Un po' poco per parlare d'intervento umanitario.
http://www.manitese.it/mensile/102/iraq.htm
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Von Sponeck, ex numero uno del programma Oil for Food, svela tutte le bugie di Bush. E rivela perché Washington vuole fare la guerra contro Saddam. Ad ogni costo .....
"Se l'incontro di Vienna del 30 settembre si sarà concluso positivamente, a metà ottobre saremo a Bagdad". A parlare non è Bush jr ma Hans Blix, capo degli ispettori delle Nazioni Unite e dell'Unmovic, l'agenzia Onu preposta alle missioni internazionali di disarmo. Parole che rassicurano il mondo quelle del diplomatico svedese, ma l'arrivo a Bagdad degli ispettori non è affatto scontato, come il «sì, da subito e senza condizioni» di Saddam avrebbe potuto far credere. All'apertura del raìs, infatti, hanno reagito bene Francia, Russia e Cina. Ma Usa e Gran Bretagna hanno subito detto che l'accettazione degli uomini di Blix da parte del raìs è «solo un'altra infame bugia» per spaccare il «fronte del bene occidentale» e che accetteranno d'inviare gli ispettori solo se il Consiglio di sicurezza emanerà un'altra «dura risoluzione contro Saddam». Con esplicito riferimento a un possibile uso della forza. Ma tutti gli altri Paesi Ue, ad eccezione di Londra e Roma, sono a favore delle ispezioni e contro la guerra preventiva della dottrina Bush.
Quella cui stiamo assistendo, quindi, rischia di diventare una lotta contro il tempo: ispettori Onu da un lato e minaccia di guerra preventiva Usa dall'altro. Ma come si è arrivati a questa scomoda situazione, proprio ora che Saddam ha accettato gli ispettori? Per chiedere lumi su questo e su quale possa essere lo scenario futuro, abbiamo raggiunto telefonicamente il tedesco Hans Graf von Sponeck. Sino al 2000 a capo del programma Oil for Food in Iraq, in ottimi rapporti con Kofi Annan e, dagli anni 60, uomo di spicco delle Nazioni Unite. Da cui è però uscito sbattendo la porta, proprio durante la sua esperienza a Bagdad.
Vita: Perché ha lasciato l'Onu quando era a capo dell'Oil for Food, in Iraq? Hans Graf Von Sponeck: Volevo protestare, fermamente, contro la politica delle Nazioni Unite. Il programma Oil for Food è importantissimo per la vita degli iracheni ma era ed è inadeguato perché non soddisfa neppure i bisogni primari di quella gente. Ho lasciato, dopo 32 anni di carriera, perché non volevo esser associato a un uso erroneo dell'organizzazione. La missione in Iraq è contro i principi fondamentali della Carta e poi l'Onu è stato prostituto dagli Usa che hanno fatto moltissimo per distruggere quest'organizzazione. Bush deve capire che creerà molti più problemi al mondo con il suo approccio unilaterale e le sue campagne politiche basate sul “o con noi o contro di noi”.
Vita: Degli ispettori del 1998 che dice? Von Sponeck: Posso testimoniare che il comportamento di quegli ispettori ha contribuito allo scontro con l'Iraq. Non erano affatto rispettosi e molti di loro si sono comportati male.
Vita: In che senso? Von Sponeck: Essendo aggressivi e provocando gli iracheni senza che ce ne fosse bisogno alcuno. E questo ha irritato gli iracheni, ma questo non è il punto…
Vita: E qual è il punto, dottor Von Sponeck? Von Sponeck: La minaccia che oggi rappresenterebbe l'Iraq e che giustifica un confronto militare.
Vita: La spieghi ai lettori di Vita… Von Sponeck: Sono stato molte volte in Iraq dopo le mie dimissioni. L'ultima volta a fine luglio, accompagnato dalla tv tedesca. Ho chiesto a Tarek Aziz se potevo vedere due siti che erano stati identificati dalla stampa Usa e inglese come produttori di agenti chimici e biologici. Ho potuto controllare la veridicità di queste affermazioni perché il governo iracheno mi ha concesso di visitare i siti in questione. Il primo è quello di Al-Dora, dove sino al 1991 si producevano vaccini contro l'afta epizootica e che nel 1996 è stato distrutto dal gruppo per il disarmo Onu. Nel 1999, quand'ero a capo dell'Oil for Food, visitai il posto perché c'era stata un'epidemia d'afta epizootica e gli iracheni volevano riaprire l'impianto, e anche uomini della Fao vennero con me per stabilire se fosse utile farlo. Ciò che si presentò di fronte ai nostri occhi fu un impianto totalmente distrutto e, quando sono tornato quest'anno, l'ho trovato esattamente nelle stesse condizioni di tre anni fa. Assolutamente nessun indizio che gli iracheni stiano tentando di ricostruirlo. L'altro sito che la stampa anglo-americana ha accusato di produzione di agenti chimici molto tossici è quello di Al-Fallujah, a 90 chilometri da Bagdad. Ma anche quello l'ho trovato completamente distrutto.
Vita: Perché ci racconta questo? Von Sponeck: In primis per dimostrare che le notizie su questi impianti sono false. Ma soprattutto perché Bush, nel suo discorso all'Onu, ha citato un documento del governo Usa in cui, sotto la voce armi biologiche e chimiche, cita due soli impianti che producono armi di distruzione di massa: Al-Dora e Al-Fallujah… Questa è stata un'incredibile scoperta perché se le giustificazioni per far la guerra all'Iraq sono basate su prove simili, allora tutti i piani Usa riflettono un comportamento davvero criminale. Non ho altre parole per definirlo. E, quando il ministro degli esteri iracheno dice che Bagdad non ha più armi di distruzione di massa, in base alla mia esperienza personale dico che è più credibile dello stesso Bush, che non ha reso pubblico neanche uno straccio di prova convincente. Perciò dico che la comunità internazionale dovrebbe dare il suo pieno appoggio politico al ritorno degli ispettori: per sapere chi dice la verità.
Vita: Ma c'è da fidarsi dell'Iraq? Von Sponeck: Verifichiamo almeno se il governo di Bagdad manterrà quanto promesso. Diamogli delle scadenze. Non si può dire prima dei controlli: state mentendo. Il governo iracheno ha fatto finalmente ciò che un anno fa Usa e Gb gli avevano chiesto: un ritorno immediato degli ispettori Onu in Iraq. Senza condizioni. Credo che la reazione del mondo sia stata positiva, ad esclusione di Usa e Gb che hanno volutamente minimizzato questo sviluppo, dicendo che è solo un altro trucco di Saddam. Una risposta responsabile sarebbe stata: bene, vediamo se manterrete la parola. E invece continuano a suonare la grancassa di guerra e il Congresso emanerà una risoluzione per dichiarare guerra a Saddam entro il 4 ottobre (inizio della campagna elettorale di mid-term). Credo sia chiaro, oggi, che il proposito di Bush non è mai stato il ritorno degli ispettori, bensì entrare militarmente nell'area.
Vita: È necessaria una nuova risoluzione perché gli ispettori entrino? Von Sponeck: No, ma Bush è in gran difficoltà e per questo insiste su un'altra risoluzione con cui stoppare gli ispettori.
Vita: Perché? Von Sponeck: Primo, ha bisogno di tempo. Secondo, non è certo che russi, cinesi e francesi la votino. Terzo, perché vuole una risoluzione scritta che gli dia una sorta di diritto d'attacco. Il ritorno degli ispettori è totalmente contro i piani Usa e la disponibilità di Saddam ha bloccato la strategia Usa nel preparare la comunità internazionale a una guerra inevitabile a causa della minaccia che l'Iraq rappresenterebbe.
Vita: Una lotta contro il tempo, quindi invio degli ispettori e guerra… Von Sponeck: Sì, ma spero che la strategia Usa porti alla protesta di alcuni governi. Anche perché con la dottrina Bush gli Usa sono arrivati al punto di dire: se voi Nazioni Unite non fate ciò che noi vogliamo voi facciate, allora farete la fine della Società delle Nazioni, vi ignoreremo.
Vita: Come sono selezionati gli ispettori che andranno in Iraq? Von Sponeck: La grossa differenza rispetto al 1998 è che allora erano mandati e pagati dai singoli governi. Oggi, invece, la selezione è stata fatta da Blix in persona e saranno pagati dall'Onu.
Vita: E per questo gli Usa non sono entusiasti all'idea d'inviarli? Von Sponeck: Certo. Gli Usa cercheranno di mettere persone di loro fiducia ma questa volta sarà più difficile rispetto al passato fare attività di spionaggio. Hans Blix lo ha detto chiaramente: «Se becco qualcuno passare informazioni riservate a singoli governi, lo caccerò subito». E sono certo che Blix sarà assai più onesto del suo predecessore.
Vita: In quanto tempo gli ispettori possono rientrare in Iraq? Von Sponeck: La Risoluzione 1284 del 1999 specifica bene i tempi: 60 giorni per l'inizio a pieno regime delle ispezioni e 180 giorni per la relazione al consiglio di sicurezza. Ci sono 700 siti che devono ispezionare. Lasciamoli entrare e lavorare, per vedere se l'Iraq è stato onesto o no. Concentriamoci sul rientro degli ispettori, non sulla guerra.
Vita: Dopo l'abbandono dell'Onu, ha avuto delle ritorsioni sulle sue attività? Von Sponeck: Certo, la reazione di Usa e Gb è stata di dipingermi come un utile idiota nelle mani di Saddam, che non coglie il quadro più generale. C'è molta umiliazione in ciò, ma le posizioni che porto avanti sono troppo importanti per essere rinnegate a causa delle umiliazioni che ricevo. Se passa la teoria della guerra preventiva domani si potrà invadere un altro Paese perché non ci piacerà la sua politica, il suo governo o magari la faccia del suo capo di Stato. C'è una sorta di cowboy trend cui ci dobbiamo opporre.
http://www.molilli.org/article.php?sid=1447
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L'elenco delle società statunitensi che hanno fornito armi all'Iraq
Il sito americano Znet, rende noto l'elenco delle aziende e delle multinazionali statunitense che negli anni scorsi hanno fornito materiale bellico o "pericoloso" all'Iraq che adesso gli Stati Uniti vorrebbero bombardare perchè ritenuto in possesso di "materiali pericolosi". La lista di queste aziende era contenuta nel dossier "scippato" dagli USA al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
A - nuclear K - chemical B - biological R - rockets (missiles)
1) Honeywell (R,K) 2) Spektra Physics (K) 3) Semetex (R) 4) TI Coating (A,K) 5) UNISYS (A,K) 6) Sperry Corp. (R,K) 7) Tektronix (R,A) 8) Rockwell )(K) 9) Leybold Vacuum Systems (A) 10) Finnigan-MAT-US (A) 11) Hewlett Packard (A.R,K) 12) Dupont (A) 13) Eastman Kodak (R) 14) American Type Culture Collection (B) 15) Alcolac International (C) 16) Consarc (A) 17) Carl Zeis -U.Ss (K) 18) Cerberus (LTD) (A) 19) Electronic Assiciates (R) 20) International Computer Systems 21) Bechtel (K) 22) EZ Logic Data Systems,Inc. (R) 23) Canberra Industries Inc. (A) 24) Axel Electronics Inc. (A)
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