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«Crimini di guerra» israeliani a Gaza
by dal manifesto Wednesday, May. 19, 2004 at 11:46 AM mail:

Venti palestinesi uccisi in un giorno: quasi un record. Centinaia di casa demolite. Le dure accuse di Amnesty e dei paesi arabi («pulizia etnica, punizioni collettive»). Le pallide reazioni Ue, il sostanziale appoggio di Bush.

Indifferente alle critiche, peraltro molto contenute ed educate, della cosiddetta comunità internazionale, Israele sta commettendo un altro abominio nella stricia di Gaza, da cui secondo il piano Sharon e con l'appoggio degli Stati uniti e dell'Europa, dovrebbe ritirarsi «unilateralmente» in un indefinito futuro. Per vendicare i 13 soldati (soldati d'occupazione a tutti gli effetti), l'esercito israeliano ha scatenato una rappresaglia che ha tutta l'aria di una punizione collettiva contro la popolazione di Refah, la città più meridionale della striscia di Gaza, al confine con l'Egitto. L'operazione, denominata «Arcobaleno», è cominciata venerdì scorso, ma è stato dall'alba di ieri che ha toccato il suo apice (e non è neanche sicuro che sia l'apice dal momento che, ha detto il capo di stato maggioreYaalon, durerà «per tutto il tempo necessario»). Almeno 20 palestinesi sono stati uccisi nei raid terrestri e aerei. Quasi un record di palestinesi ammazzati in un solo giorno, dopo i 23 uccisi nel maggio 2002 in un'operazione nel vicino campo profughi di Kham Yunis. Il generale Yaalon ha garantito che «almeno 9» erano «noti militanti», e quindi marcati. Dal che si evince che gli altri erano dei civili. Fra loro due ragazzini, di 13 e 16 anni, fratello e sorella, colpiti mentre erano sul tetto dalla loro abitazione a stendere i panni. La camera morturaria dell'ospedale di Gaza, ieri, era così affollata di cadaveri che 5 corpi hanno dovuto essere depositati nel freezer di un vicino mercato di frutta e verdura. Con i soldati imperversavano anche i bulldozer che hanno abbattuto decine di case. Solo ieri, l'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per i profughi, ha preparato 1500 tende per accogliere la popolazione civile rimasta senza casa o che da venerdì, nell'imminenza dell'attacco, è in fuga. La giustificazione ufficiale della rappresaglia, che ha visto la maggior concentrazione di forze nei 37 anni di occupazione, è quella di isolare Refah dal resto della striscia di Gaza per scovare e distruggere i tunnell scavati dai palestinesi per far passare le armi dall'Egitto e poi trasferite alla resistenza nel resto dei territori occupati. L'epicentro dell'attacco è stato il campo di Tel Sultan, alle porte della città, 90 mila abitanti, indicato come una roccaforte della resistenza militante.

Le reazioni. Scontate, e inascoltate, quelle palestinesi e quelle arabe. Arafat, dalla sua prigione di Ramallah, ha parlato di un «grande massacro» invocando un intervento internazionale per fermare «l'escalation militari e gli orrendi crimini di Israele». La Lega araba, dal Cairo, ha diffuso una dichiarazione in cui definisce le rappresaglie contro «la popolazione palestinese disarmata» e l'incessante demolizione di case a Refah «crimini di guerra diretti alla pulizia etnica e alle punizioni collettive». Anche Amnesty international parla delle demolizioni «punitive» in un rapporto pubblicato ieri in cui rivela che Israele ha distrutto più di 3000 case palestinesi dopo lo scoppio della seconda intifada e accusando lo stato ebraico di «crimini di guerra e gravi violazioni della convenzione di Ginevra». Anche il deputato della sinistra israeliana (Meretz) Yossi Sarid parla di «crimini di guerra». Ma non per la l'Alta corte di giustizia di Israele che continua imperterrita a respingere i ricorsi (l'ultimo ieri) presentati dai palestinesi contro la demolizione delle case. I 25 dell'Unione europea, lunedì, avevano chiesto a Israele di «cessare immediatamente» la demolizione delle case e ieri il superministro Solana ha «condannato molto fortemente quel che sta accadendo a Gaza». Parole al vento. Palestinesi e arabi premevano a New York perché ieri notte si riunisse d'urgenza il Consiglio di sicurezza per votare una risoluzione di condanna di Israele. Ma l'ambasciatore israeliano Gillerman ostentava tranquillità perché c'è «una possibilità molto forte» che gli Usa la vetino (come sempre).

Bush non intende certo giocarsi il voto ebraico in vista delle elezioni di novembre. Ieri intervenendo a Washington a un meeting dell'Aipac, la poderosa lobby ebraica, ha detto che lo scoppio di violenza a Gaza è «preoccupante» ma anche lui è tranquillo perché il governo israeliano, interpellato, gli ha garantito che l'operazione è solo diretta contro il contrabbando d'armi e non alla scientifica distruzione di case. Per la gioia dei 5000 partecipanti, ha ribadito che «Israele ha tutto il diritto di difendersi dal terrorismo», che i legami Usa-Israele «non si romperanno mai» e che farà le debite pressioni sugli infidi europei perché combattano i sintomi di antisemitismo che allignano fra loro: «La demonizzazione di Israele e la più estrema retorica anti-sionista possono essere solo pallide coperture dell'anti-semitismo». Standing ovations e promesse di voto.



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e ti pareva
by io Wednesday, May. 19, 2004 at 12:09 PM mail:

se non c'era un bel riferimento alla lobby ebraica (che ora è diventata anche "poderosa") non era più il manifesto.

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e ti pareva un par di cazzi
by illuminato di baviera Monday, May. 24, 2004 at 1:17 PM mail:

Proposta:
Non chiamiamola mai piu' lobby ebraica,
cosi la smettiamo di farci rompere i coglioni.
Chiamiamola allegra "compagnia sionista molto influente sul piano della politica estera USA'
Il fatto rimane ogni giorno
Israele si dimostra sempre più un paese criminale.
Indifferente a ogni valore umano e insofferente a ogni diritto internazionale. (punto e basta)

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Rabbino incita allo sterminio dei civili palestinesi: "E' scritto nella Torah"
by antidio Friday, May. 28, 2004 at 7:04 PM mail:

"Nessuna pietà per gli arabi!"

Dov Liour, Gran Rabbino della colonia Kiriat Arbaa a Hebron viene citato dal giornale Maariv, il 19 maggio 2004: “Durante i combattimenti, all’esercito è permesso operare a danno dei residenti civili innocenti … secondo la legge della Torah israeliana, la compassione è limitata ai soli cittadini e soldati nostri. Questa è la vera morale della Torah di Israele. Non vi è spazio per sentimenti di colpa nei confronti della morale degli infedeli”

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Cartellino giallo per Israele
by dimitry Friday, May. 28, 2004 at 7:07 PM mail:

La Turchia richiama ad Ankara il suo ambasciatore a Tel Aviv per “consultazioni” e nomina un nuovo ambasciatore in Palestina.

Il governo dello AKP non si è accontentato a biasimare Israele definendolo stato terroristico, ma ha anche richiamato il suo ambasciatore, ed è la prima volta dal 1991 che si adotta questa misura diplomatica.
Tre decisioni importanti: l’ambasciatore sarà richiamato. Il console per la Palestina a Gerusalemme sarà sostituito con un diplomatico del rango di ambasciatore. Vehbi Dinçerler sarà il coordinatore per gli affari palestinesi.
Una nuova politica con Israele
Lo AKP, che definisce Israele uno “stato terrorista” si prepara ad una nuova condotta politica. L’ambasciatore turco in Israele viene richiamato, a Gerusalemme viene nominato un ambasciatore. L’ex ministro Dinçerler, invece, diviene coordinatore per gli affari palestinesi.
La Turchia si avvia a prendere una serie di severe misure per una soluzione diplomatica della questione palestinese. Il Primo Ministro Tayyip Erdoðan, che ha preso la decisione di “dare il cartellino giallo ad Israele, e di fare un gesto alla Palestina”, ha rivelato il risultato della riunione a porte chiuse del suo gruppo parlamentare. Secondo queste sue dichiarazioni l’ambasciatore di Turchia a Tel Aviv verrà richiamato “per consultazioni”. Per il consolato di Gerusalemme verrà nominato un “ambasciatore”. Il Primo Ministro Tayyip Erdoðan, parlando al gruppo parlamentare dell’AKP, ha detto che sono state prese delle azioni per mostrare la preoccupazione per le operazioni israeliane. Erdoðan ha affermato anche che la nomina di un “ambasciatore” al consolato di Gerusalemme è stato pianificato consequenzialmente per migliorare i rapporti della Turchia con la Palestina. Il Primo Ministro ha tenuto a sottolineare che le decisioni prese dalla Turchia non devono essere fraintese; ha detto, infatti: «Questa azione non è diretta contro lo Stato d’Israele né contro il popolo israeliano, bensì è per esprimere il disappunto per le operazioni dell’amministrazione israeliana».
Un’ambasciata non si può aprire
La Turchia nominerà un ambasciatore per il consolato di Gerusalemme oppure darà all’attuale Console a Gerusalemme Hüseyin Avni Býçakçý lo “status di ambasciatore”. L’aver nominato un “ambasciatore”, però, non significa che il consolato di Gerusalemme “viene innalzato a Ambasciata”. Questo perché, in base alla decisione ONU del 1947, Gerusalemme non deve essere considerata sotto la sovranità di nessuno stato e questo status quo non può essere modificato. Lì nessuno stato può aprire un’ambasciata. Israele ha autonomamente preso la decisione che “Gerusalemme deve esser considerata territorio Israeliano”, ma neanche gli Stati Uniti hanno potuto aprirvi un’ambasciata. L’Ambasciatore di Israele ad Ankara, Pinhas Avivi, a proposito della nomina di un ambasciatore al consolato di Gerusalemme ha affermato a Sabah: «E’ la prima volta che sento una cosa del genere – ed ha continuato – Penso che prima della nascita dello stato palestinese non si possa neanche fare. La Turchia sarà presto uno stato europeo. E non c’è in Europa uno stato che abbia preso una decisione analoga. Penso che sia un bene se la Turchia segue la politica europea in materia».

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...........
by Noasion Monday, Jun. 07, 2004 at 10:11 AM mail:

...E piangeranno un giorno i farisei di sempre, e tutti i loro soldi allora non serviranno a nulla.

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ritiro
by Frank Castle Monday, Jun. 07, 2004 at 10:38 AM mail:

Il piano, in quattro fasi, si concluderà entro il 2005


Israele, il governo approva il ritiro da Gaza


Non sono chiari i tempi e i modi dello sgombero dei 7.500 coloni. Sharon ha ottenuto la maggioranza: 14 su 21 ministri








Il premier Sharon presenta al governo il piano di ritiro da Gaza (Ap)


GERUSALEMME - Il governo israeliano ha approvato il piano di ritiro da Gaza presentato dal premier Ariel Sharon. La «fumata bianca» è arrivata dopo sette ore di animato dibattito. Quattordici ministri, di cui nove del Likud, hanno votato a favore, sette contro. Il mese scorso Sharon aveva incassato un pesante «no» da parte della base del suo partito, il Likud, sulla proposta del ritiro. Attenuando il piano originale, Sharon ha quindi previsto che ciascuna fase del ritiro sia sottoposta a dibattito e a un ulteriore voto da parte del governo. Rimangono incerti i tempi e i modi dello sgombero dei 7.500 coloni ebrei che vivono nella striscia di Gaza, assieme a un milione 300 mila palestinesi. E' comunque opinione comune che si tratti di una decisione storica, tanto più perché adottata nel 37° anniversario dell'occupazione di Gaza, durante la guerra dei sei giorni in cui Sharon svolse un ruolo di primo piano.

I PUNTI - Il piano di Sharon prevede che il ritiro dei coloni avvenga in quattro fasi, per concludersi entro il 2005. La prima fase, che dovrebbe partire a marzo 2005, prevede il ritiro da tre insediamenti: Netzarim, Morag, e Kfar Darom. Nel progetto, le abitazioni dovrebbero essere distrutte per non consentire ai gruppi armati palestinesi di utilizzarle. La seconda fase prevede un ritiro da quattro colonie cisgiordane: Ganim, Kadim, Homesh e Sa-nur, nella zona di Jenin. Nella terza fase ci sarà il ritiro da dodici colonie ebraiche di Gaza e il trasferimento degli abitanti - alcune migliaia - in aziende agricole da allestire nel deserto del Neghev. La quarta fase prevede lo sgombero delle ultime tre colonie ebraiche, nel nord della striscia di Gaza.

TRE OPPOSITORI - Poco prima dell'inizio della votazione, tre ministri del Likud, Benyamin Netanyahu (Finanze), Limor Livnat (Istruzione) e Silvan Shalom (Esteri), si erano rifiutati di partecipare al dibattito e al voto sul ritiro da Gaza ma i portavoce di Sharon hanno riferito che la questione è stata risolta prima dell'inizio della consultazione. In questo modo Sharon è riuscito ad avere la maggioranza di 14 ministri su 21. I tre ministri avevano chiesto che le lettere scambiate recentemente tra Sharon e il presidente Usa Bush, non fossero incluse nel piano. Nelle lettere - riferisce il sito internet del quotidiano israeliano Haaretz - Sharon e Bush dichiarano che gli insediamenti saranno definitivamente evacuati.


6 giugno 2004 - Corriere.it

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