La sfida dell’Astra
Solo apparentemente la vicenda dello sgombero dell’Astra somiglia alle tante accadute in passato per occupazioni di spazi sociali e culturali. Anche qui c’è un proprietario privato, peraltro piuttosto benestante come De Laurentis, magnate del cinema italiano, che reclama da tempo di rientrare in possesso del “suo” stabile che aveva lasciato all’incuria per più di dieci anni. Anche qui c’è un magistrato che ha messo sotto sequestro lo stabile e che incalza il Prefetto e il Questore, minacciandoli di denunciarli, affinché procedano allo sgombero forzato delle famiglie e degli occupanti. Ed anche qui ci sono il Prefetto e il Questore che vogliono ripulire la città dalle sacche di ribellione, dando una bella lezione a chi ancora pensa che sia possibile mettere in discussione la proprietà.
Ma dietro la vicenda dell’Astra c’è qualcosa di più importante, una sfida più grossa del destino pur importantissimo delle trenta famiglie che lì vivono da quasi un anno e mezzo e dell’esperienza sociale e culturale che sì è costruita intorno all’occupazione dei locali dell’ex-cinema.
Negli ultimi due anni a Roma è ripresa con forza la pratica delle occupazioni a scopo abitativo. Ad essere presi di mira sono stati per lo più immobili di proprietà privata, non solo perché gli stabili di proprietà pubblica disponibili sono quasi finiti ma anche perché una parte del movimento ha scelto di mettere sul banco degli imputati i veri responsabili della grave emergenza abitativa: proprietari e costruttori. Questa azione di movimento si è incontrata con l’allargarsi del disagio, dovuto a Roma al concatenarsi di distinti fenomeni: aumento delle fasce a basso reddito, crescita della popolazione migrante, concentrazione a Roma della cartolarizzazione degli enti previdenziali, tagli governativi agli enti locali. E’ l’incontro di questi due distinti processi, crescita del disagio e scelta del movimento di riprendere le occupazioni, a creare una miscela potenzialmente esplosiva. Questa situazione non è passata inosservata, ma è invece diventata un problema sul quale misurare la capacità di governo di una grande metropoli. In campo allo stato attuale ci sono due distinte opzioni che per semplificare chiameremo quella della giunta Veltroni e quella del Prefetto Serra. Veltroni sa di godere allo stato attuale di un grande consenso e di essere uno degli uomini forti del centrosinistra. Governare bene, tenendo sotto controllo i conflitti e dando risposte credibili ai problemi, costituisce una condizione non solo per vincere le prossime comunali ma soprattutto per candidarsi a ruoli più ambiziosi a livello nazionale. La sua ipotesi perciò è quella di riuscire a calmierare il mercato degli affitti e a dare risposte serie ad alcune migliaia di famiglie che hanno il problema della casa, contenendo così il fenomeno delle occupazioni. Su questa strada ha fatalmente dovuto dar retta alle proposte serie avanzate da Action e ha fatto approvare in giunta una delibera sulla casa che imposta una politica diversa dal passato. In cambio chiede che i movimenti abbassino i toni della protesta e sospendano le occupazioni. Serra è un ambizioso presenzialista che non perde occasione per andare sui giornali. Non ha la cultura politica di Veltroni e fosse per lui sarebbe già scoppiato il disastro (un’anticipazione della sua incapacità l’abbiamo avuta con la Tav, quando fece caricare le famiglie per l’occupazione di un appartamento!). La sua ipotesi è molto più rozza ma non per questo meno insidiosa: lui vuole chiudere definitivamente il capitolo occupazioni ma non ha la minima idea di come farlo se non ricorrendo alla forza bruta. Per questo sta al gioco di Veltroni ma è pronto a rilanciare con gli sgomberi appena il giocattolo del sindaco dovesse rompersi.
In questo vicolo stretto si gioca la sfida dell’Astra. Action ha messo sul piatto tre condizioni. La prima è che venga approvata una delibera sulla casa dove si impegni il Comune a trovare una soluzione efficace per alcune decine di migliaia di famiglie attraverso un insieme di strumenti (sostegno ai bassi redditi, acquisto ed edificazione di nuovi alloggi da destinare all’edilizia popolare, introduzione del canone solidale, reperimento di altri alloggi privati da utilizzare sul mercato degli affitti calmierati, ecc.). Questa delibera oggi c’è, è stata approvata in giunta mercoledì 15 settembre, ma la lotta è ancora lunga. Possiamo e dobbiamo riuscire a migliorarla attraverso una discussione di massa che coinvolga la città. Dobbiamo farla approvare dal Consiglio Comunale e, dulcis in fundo, occorrerà vigilare per la sua applicazione. La seconda condizione è che le famiglie dell’Astra vengano considerate come le prime destinatarie sulle quali applicare la delibera: in soldoni hanno diritto ad una casa e accetteranno di trasferirsi da viale Ionio 209 solo in cambio di un appartamento dignitoso a Roma. La terza è che l’esperienza di socializzazione e di democrazia partecipata che si è costruita nei locali dell’ex-cinema trovi adeguata sistemazione in altri locali dove sia possibile riprodurre le molteplici attività cresciute intorno all’Astra. C’è in realtà anche una quarta condizione che condividiamo però con tanti altri soggetti sparsi sul territorio, cioè quella di vigilare sulla destinazione finale del civico 209 di viale Ionio: no al cambio di destinazione d’uso, si all’utilizzo di quegli spazi per scopi sociali e culturali.
Ma come raccogliere la sfida dell’Astra? In ballo quindi non c’è solo il destino degli abitanti dell’Astra, c’è il modo in cui le autorità decidono di affrontare una grande emergenza sociale. Se prevalesse l’opzione dello sgombero vorrebbe dire che Serra, i proprietari, una certa parte della magistratura avrebbero finito per prevalere, scegliendo la strada dello scontro e della lezione esemplare. Se invece le condizioni che pone Action venissero ascoltate e si arrivasse ad una soluzione negoziata allora vorrebbe dire che intorno al destino degli abitanti dell’Astra potrebbe costruirsi un nuovo modo di affrontare l’emergenza abitativa a Roma. Nessuno di noi sa allo stato attuale come andranno a finire le cose, dobbiamo perciò prepararci a tutte le evenienze, compresa quella della resistenza se la situazione dovesse improvvisamente precipitare. Intanto però si apre una fase importantissima che è quella della discussione di massa e della mobilitazione intorno ai temi della delibera sulla casa. Quanti più cittadini sapranno di cosa si sta discutendo in Comune tanto più ampia sarà l’attenzione e la mobilitazione affinché quella delibera sia arricchita e migliorata (ed Action ha già avanzato diverse proposte sul coinvolgimento dei Municipi, a sostegno dei cartolarizzati, in difesa dei richiedenti asilo, sul tema delle tariffe, ecc.): la sfida perciò riguarda anche la questione della partecipazione. Su un tema così importante per la città, per la sua sicurezza, per la sua equità, potremo misurare la disponibilità effettiva a concepire la partecipazione dei cittadini come una risorsa. L’Astra nei mesi scorsi è stata la sede di una iniziativa cittadina di grande interesse, il “Cantiere dell’altra metropoli”, in cui movimenti, associazioni, comitati e singoli cittadini si confrontarono sul tema della democrazia partecipativa. In quella sede ci fu una grande sintonia nel riconoscere che la partecipazione è uno strumento per l’affermazione di nuovi diritti e non un viatico di costruzione di consenso. La vicenda abitativa, che investe una fetta così significativa della cittadinanza e nella quale si intrecciano i temi sociali con quelli dell’urbanistica e dell’ambiente, rappresenta oggi un banco di prova per capire se è possibile introdurre significative modifiche al modo di funzionare tradizionale delle istituzioni romane, attraverso una forte iniezione di partecipazione diretta. L’Astra si candida ad essere il trampolino di lancio di questo nuovo assalto.
|