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Livorno: 24 detenuti scrivono al giornale "siamo sotto choc…"
by info Monday, Dec. 06, 2004 at 12:35 AM mail:

Voci di dentro, da quell’angolo remoto di città chiamato le Sughere, dove l’unico sole è quello a scacchi: "Siamo tutti sotto choc - scrivono ventiquattro detenuti comuni che si firmano con nome e cognome - per quanto sta accadendo da quattro mesi a questa parte. Abbiamo paura anche di andare ai colloqui con i familiari perché non sappiamo mai cosa possa accadere".

Appena sabato scorso - insieme ai parlamentari Ds Marida Bolognesi e Marco Susini - abbiamo raccolto l’appello della direttrice del penitenziario Anna Carmineo, del capo degli agenti Emilio Giusti, di educatori e sanitari, affinché tutta la città, con le istituzioni in prima fila, si faccia carico delle condizioni materiali e umane del carcere.

A quell’appello, cui è seguita un’ampia discussione nel corso dell’ultimo consiglio comunale, si aggiunge oggi quello che arriva dalle voci dei detenuti: "Scriviamo - si legge nella lettera - perché desideriamo che il nostro grido d’aiuto possa giungere alle persone competenti che vogliono prendere visione di quanto trascritto".

Prendere visione e rimboccarsi le maniche per trovare soluzioni alle richieste elencate, una dietro l’altra, nella lettera. A partire dalla mancanza di rapporto con i servizi sociali "che vengono effettuati raramente", continuando per "la carenza di assistenza medica continuativa, per cui le visite vengono meno al momento del bisogno", passando per "la mancata socialità all’interno delle varie sezioni".

Al gruppo di detenuti che ha inviato queste richieste, si aggiunge una testimonianza a se stante che parla di "un regime molto stretto" applicato nel carcere livornese e mette l’accento sulle questioni sanitarie:"Io ho avuto l’occasione - scrive il detenuto - di assistere ai malori di un detenuto per cui l’intervento non è stato immediato in quanto passarono ben 40 minuti dalla chiamata. In altri casi il tempo è stato anche superiore".

Una situazione di grande disagio, dunque, pur per chi non nega che "è vero che ci troviamo reclusi per aver commesso vari reati", ma chiede che la pena inflitta non si trasformi nella condanna a "vivere dimenticati dal mondo esterno".

"Ci sono suicidi - continua il detenuto che scrive da solo - che potrebbero non esserci se questo carcere fosse più controllato e con un regime meno duro. Non come ora che non possiamo avere nessun tipo di svago in cella, le nostre domandine non vengono considerate e non ci sanno dare spiegazioni in merito".

-- Il Tirreno, 4 dicembre 2004

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