Leggete anche i post relativi alla commissione ilaria alpi, all'inchiesta sull'esprezzo, all'eliminazione di Robdinz ri reporterassociati dalla Commissione, e via cantando, si sta smuovendo un sacco di merda, e dove c'è la merda c'è puzza di Taormina !
Il mistero della "Jolly Rosso"... Print E-mail di Francesco Cirillo 27 Feb 2004 Dopo tredici anni dal naufragio della nave Jolly Rosso sulla spiaggia di Campora San Giovanni, il 14 dicembre del 1990, ecco arrivare sul tavolo del sostituto procuratore di Paola Francesco Greco il malloppo dei fascicoli dell’inchiesta aperta dalla Procura di Reggio Calabria. Ci sono voluti tredici anni per capire che la competenza dell’inchiesta era della procura di Paola ? Mistero nel mistero. Ma il mistero più grosso resta quello di cosa trasportasse questa nave. Rifiuti tossici dicono alcuni. Droga dicono altri. Fatto sta che a distanza di tredici anni qualcuno ricorda di alcuni camion che durante una notte, trasportarono materiale prelevato dalla nave e portato in alcune cave poste fra Campora San Giovanni ed Amantea.
“Le cave sono state individuate - ha dichiarato il sost.Procuratore Francesco Greco – ma resta il problema se ordinare uno scavo di parecchi metri di profondità con una spesa di centinaia di milioni senza avere la certezza di sapere cosa si possa trovare nel fondo”. E’ vero potrebbe essere un buco nell’acqua. Ma se fosse stato materiale “normale”, perché fare i trasporti nottetempo, e perché portare tutto in una cava, e soprattutto perché sotterrare tutto?
Se erano bidoni, come qualcuno dice di ricordare, senz’altro si tratterebbe di materiale radioattivo. La Jolly Rosso aveva già fatto questo tipo di viaggi. Lo rivelano anche i documenti ritrovati sul relitto. Questo documenti potevano essere riferiti al progetto Odm di un certo Comerio. Certo è che la nave - quando, nel 1988, era ancora denominata "Jolly Rosso" - giungeva a Beirut per caricare 2.200 tonnellate di rifiuti tossici da trasportare in Italia, precisamente a La Spezia, come in effetti avveniva; dopo che i rifiuti erano stati scaricati, la nave veniva bonificata e, successivamente, l'armatore ne modificava la denominazione (caso rarissimo nell'ambiente marittimo, ove il cambio di denominazione a una nave viene considerato un elemento foriero di cattiva sorte) e la metteva in vendita, ma subito dopo si verificava l'incaglio a Campora San Giovanni.
IL PROGETTO COMERIO
L'indagine calabrese, avviata nel 1994, ha per oggetto alcuni affondamenti sospetti di navi nel Mediterraneo, al largo delle coste ioniche calabresi (le cosiddette "navi a perdere", utilizzate per l'affondamento di rifiuti radioattivi) e vede in un ruolo chiave Giorgio Comerio, un personaggio in contatto con noti trafficanti di armi e coinvolto anche nella fabbricazione di telemine destinate a diversi paesi, come l'Argentina.
Dalle indagini era emerso che Comerio (che tendeva ad accreditare come del tutto lecito anche su Internet il progetto "Odm" per la gestione di depositi marini ove smaltire rifiuti radioattivi e tossico-nocivi ricorrendo ai penetratori) aveva indicato sulla sua agenda personale la data - si tratta di episodi risalenti al 1987 - di affondamento di una delle "navi a perdere" (la "Rigel") al centro dell'inchiesta giudiziaria di Reggio Calabria.
Era stata altresì rinvenuta nella borsa di un personaggio molto vicino a Comerio una mappa con i siti di affondamento di altre navi sospette. Il progetto prevedeva, quindi, l'acquisizione di rifiuti radioattivi e tossico-nocivi da smaltire presso paesi extraeuropei e l'individuazione di siti di affondamento degli stessi, per lo più in tratti di mare antistanti paesi africani, quali la Somalia, la Guinea e la Sierra Leone, secondo una strategia ricorrente nell'ambito dei traffici internazionali di rifiuti (si pensi a quanto evidenziato nell'inchiesta "Urano" o in quella relativa alle "navi dei veleni).
La partecipazione diretta di clan della 'ndrangheta a siffatti smaltimenti illeciti era un altro dato allarmante prospettato dagli organi inquirenti. Gli accertamenti giudiziari, resi assai complessi e difficili anche per le oggettive difficoltà nelle operazioni di rilevamento della presenza di rifiuti radioattivi in navi affondate in tratti di mare con fondali particolarmente profondi, sono stati portati a termine di recente, non essendo affatto mancate nella precedente legislatura sollecitazioni rivolte dal Presidente della Commissione al Ministero della giustizia, affinché intervenisse fornendo i mezzi e supporti tecnici e di professionalità necessari.
Dagli accertamenti eseguiti - l'indagine è, tuttavia, ancora pendente - non è stata rilevata la presenza della nave "Rigel" sul fondale dove la stessa sarebbe affondata, seppure con i limiti e le difficoltà tecniche dipendenti anche dalla precarietà dei pochi dati a disposizione. Ma al di là di questi esiti sotto il profilo squisitamente penale, permane la più viva preoccupazione per tutta una serie di episodi evidenziati dalla stessa inchiesta giudiziaria e da altri dati acquisiti. Anzitutto il dato numerico relativo ad affondamenti sospetti di navi verificatisi nei mari italiani: ben trentanove risultano i casi per il solo periodo tra il 1979 ed il 1995 (vedi consulenza tecnica disposta nell'ambito del procedimento pendente a Reggio Calabria - dati tratti dall'archivio STB Italia di Genova e Milano, e da varie compagnie assicurative, fra cui la "Lloyd's Register of Shipping", sede di Genova, e ventisei di questi vengono indicati dal comando generale delle capitanerie di porto).
Secondo la segnalazione dei Lloyd's di Londra diverse di queste navi sono iscritte nella capitaneria di porto di Napoli. Per quanto riguarda la nave "Rigel" affondata secondo i giornali di bordo il 21 settembre 1987, a 20 miglia da capo Spartivento, un dato di particolare interesse - offerto da fatture di vendita, bolle di accompagnamento e polizze di carico, nonché dal manifesto di carico dell'agenzia marittima e dalle varie compagnie assicuratrici - riguarda l'elenco di merci che ufficialmente risultavano caricate sulla motonave "Rigel", il cui valore assicurato ammontava a circa 20 milioni (erano stati effettuati pochissimi controlli doganali a campione). Ma soprattutto, rimane sospetta la gran parte del carico, atteso che caricatori erano ditte e/o persone in difficoltà economica; talune partite erano rappresentate da merci (materiali - macchinari) fuori produzione o di recupero per i quali mancava la dovuta congruità tra valore assicurato e valore effettivo, come, del resto, è stato dimostrato nel procedimento per truffa svoltosi presso il tribunale di La Spezia.
L'affondamento, in sostanza, sarebbe stato organizzato per lucrare i premi assicurativi dal sinistro, tanto che il citato procedimento per truffa aggravata ai danni delle assicurazioni si è concluso con la condanna degli imputati. Alla luce di tutti questi dati non sembra potersi escludere che alcuni caricatori consapevoli abbiano caricato anche prodotti e rifiuti pericolosi. Lo stesso Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, dott. Antonio Catanese, così dichiarava al momento del ricevimento dell’inchiesta: "Pure degna di nota è l'indagine affidata al mio ufficio 'per competenza' dalla procura circondariale di Reggio Calabria relativa all'affondamento sospetto in mare delle cosiddette "navi a perdere" cariche di rifiuti tossici e radioattivi". "E' noto che i colleghi della procura circondariale e sulla base di un esposto di Legambiente individuarono nel corso di complesse perquisizioni i programmi della holding multinazionale O.D.M. (Oceanic Disposal Management), con sede in Lugano (Svizzera), che promuoveva l'inabissamento in mare attraverso i cosiddetti penetratori trasportati da navi Ro-Ro di scorie nucleari e radioattive sfruttando un progetto abbandonato nel 1989 dalla Euratom che allora aveva investito 120 milioni di dollari per lo studio di fattibilità".
"In attesa delle conclusioni delle indagini dalla DDA di questo ufficio occorre segnalare che è emerso già il coinvolgimento di alcuni personaggi legati alle cosche joniche della provincia di Reggio Calabria, in parte residenti sul territorio tedesco, cointeressati ad attività con società tedesche rinvenute nei libri contabili e nella documentazione sequestrata alla ODM per l'affondamento delle navi".
"L'indagine inoltre si è arricchita delle dichiarazioni di un pentito straniero che ha collegato l'affondamento delle navi nel mare jonico ad un traffico di armi sbarcate in Calabria e destinate alle cosche dell'Aspromonte. Interessate alle indagini riguardanti l'affondamento di tali navi sono le procure della Repubblica di Matera, Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli, Bari e La Spezia. Per rendersi conto dell'importanza del fenomeno è sufficiente rilevare che la quantità di rifiuti prodotti in Italia, rifiuti da smaltire, crea ogni anno, per le associazioni criminali, un giro di affari stimabile da un minimo di 2.000 a un massimo di 6.000 miliardi circa di lire annuo. Se a ciò si aggiunge che di detta quantità solo il 15 per cento viene smaltito lecitamente, può cogliersi in tutta la sua valenza lo sforzo investigativo che, nel settore, stanno sopportando questo ufficio e la procura circondariale di Reggio Calabria".
"Sempre sulla base dell'esperienza maturata, il traffico dei rifiuti in Italia ormai da un decennio si muove in senso unico dal Nord al Sud. In Europa, in particolare, dai paesi dell'UE più industrializzati verso l'Africa, Medio oriente e Asia. L'Italia è stata certamente la nazione europea di transito per eccellenza (rifiuti tossici ed industriali) in specie negli anni 60-80 (cosiddette navi dei veleni). I traffici di rifiuti hanno seguito gli stessi canali paralleli di traffici d'armi e dello scambio illecito di alta tecnologia militare costituendo, per un verso, un comodo sistema di smaltimento di milioni di tonnellate di rifiuti non stoccabili in Europa per l'assenza di zone desertiche o non abitate, dall'altro per soddisfare delicatissimi disegni strategico-politico-militare di sostegno nelle aree cosiddette "di crisi" delle opposte fazioni in lotta (esempio, Somalia, Libano, Zaire, Congo, Sierra Leone ecc.)".
"Purtroppo, oggi come ieri, fanno ancora rotta verso l'Africa le navi dei veleni e certamente la Somalia è l'area di crisi preferita dalla ecomafia per il dumping in mare dei rifiuti radioattivi e tossico nocivi (la ODM aveva ottenuto in Somalia i siti di affondamento di detto tipo di rifiuti venendo a patti con tale Ali Mahdi, esponente politico di quel paese a vario titolo coinvolto o sospettato dell'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin, che indagavano sul traffico dei rifiuti e di armi in Somalia)".
"A prescindere dagli aspetti inquietanti delle indagini e dagli episodi oscuri di minaccia ed intimidazione dei magistrati inquirenti di Reggio e Catanzaro appare evidente, da questi dati raccolti, che l'ecomafia usa le holding, si attrezza con la tecnologia più avanzata, si rivolge al mercato dello smaltimento illecito dei rifiuti radioattivi nell'assoluta inerzia di controllo degli organismi internazionali preposti, intessendo rapporti con governi europei e/o enti di gestione nucleare statali (Svizzera, Austria, Francia, Inghilterra, Belgio e Germania), ricercando siti idonei nei paesi africani non aderenti al trattato di Bamako, che vieta il dumping dei rifiuti radioattivi in mare. Gli elementi probatori acquisiti, salvo le opportune verifiche, consentono di ipotizzare che il principale indagato abbia potuto affondare nel mare Jonio e nel Mediterraneo in genere, con l'avallo delle cosche reggine, circa 32 navi, la più importante delle quali, per i riscontri probatori ottenuti, è certamente la nave "RIGEL", naufragata al largo di Capo Spartivento".
Ma dopo 13 anni cosa potrà tirare fuori il sostituto procuratore della repubblica. Francecso Greco non è dato sapere. Se la mafia controlla questo traffico, come risulta dalle tante inchieste, è evidente che i proprietari della Jolly Rosso si siano rivolti proprio alla mafia del Tirreno per tirare fuori il contenuto della nave stessa.
Ma, ci si chiede, a nessuno venne in mente nel momento del naufragio sulla spiaggia di Campora di svolgere dei seri sopralluoghi sulla nave stessa per sapere cosa contenesse? E, a nessuno venne in mente di sorvegliarla giorno e notte ? Chi sequestrò i documento sulla nave, finiti per 13 anni negli uffici della Procura di Reggio Calabria ? E vi sono ancora questa documenti fra i faldoni giunti a Paola ? E, infine, perché la procura di Paola venne esclusa dall’inchiesta ?
O dobbiamo credere che nella notte stessa del naufragio, i responsabili del trasporto furono così attenti e solerti da mettersi immediatamente in moto per trovare nel giro di poche ore, camion, ruspe e luoghi dove sotterrare il contenuto della nave ? I primi misteri da fugare sono quelli relativi alla negligenza da parte dei nostri organi di controllo, se non a vere e proprie complicità certamente ben pagate che hanno dato il tempo sufficiente ai proprietari del trasporto, perché l’operazione di sbarco venisse portata a termine con assoluta tranquillità.
''Da quel giorno ad oggi sono trascorsi piu' di 13 anni - ha dichiarato Antonio Canu, responsabile Aree Protette e Mare del Wwf Italia - e l'atroce dubbio sulla possibile presenza nel suddetto tratto costiero di elementi altamente inquinanti non e' stato ancora fugato. Il Wwf, che ha tra le sue priorita' la difesa dell'ambiente marino e delle sue risorse, sottolinea la necessita' di accertare la verita' sui fatti e le eventuali responsabilita' onde procedere anche alla bonifica dei luoghi eventualmente contaminati".
"Proprio per questo -ha aggiunto- e' intenzione del Wwf chiedere alla Procura inquirente di essere considerata parte offesa nell'eventuale procedimento penale avente ad oggetto l'accertamento del reato ambientale, quale associazione perseguente finalita' di protezione ambientale".
"Sosterremo gli inquirenti nelle indagini per chiarire definitivamente questa grave vicenda che, ormai da troppi anni, contribuisce ad alimentare l'allarme sul traffico illecito di rifiuti nocivi. Nel caso in cui si dovesse procedere all'apertura di un processo a carico dei responsabili-ha concluso Canu- il Wwf esprime gia' da ora l'intenzione di costituirsi parte civile''.
http://www.reporterassociati.org Francesco Cirillo (giornalista del periodico calabrese “Mezzoeuro”)
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