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Un primato dell’Afghanistan "liberato": la mortalità infantile | ||
by uccialli Monday, Feb. 28, 2005 at 4:09 PM | mail: | |
Un articolo di Maurizio Chierici riporta sulla “scena” il dimenticato popolo dell’Afghanistan: tante belle promesse, bombe e democrazia e poi l’interessato silenzio dei media su ciò che la popolazione afghana sta pagando in vite umane al disinteresse dell’Occidente.
“E tra i bilanci della preventivi che imbrogliano gli ideali della democrazia, e i fallimenti delle strategie che la nostra distrazione contempla frettolosamente , vagano milioni di persone in una specie di terra di nessuno. Che è la disattenzione. O la speranza atroce (per pudore no rivelata) che loro siano solo numeri a perdere. Del resto non sapremmo dove metterli. Non ci stanno nelle nostre case monofamiliari. E non vogliamo conoscerne le storie, Troppo melanconie diventano insopportabili. Numeri a perdere come quelli che arrivano dall’Afghanistan liberato, dove una specie di elezione lunga un mese li ha strappati dal medioevo per farli somigliare a noi. Somiglianza distorta. Nei primi tre anni della nostra libertà, malgrado tecnologie sofisticate e tante armi a disposizione, ospedali da campo e bei servizi TV, continua a crescere il numero dei bambini che non ce la fanno a superare i primi mesi di vita. E da qualche settimana l’Afghanistan conquista il primo posto nella classifica della mortalità infantile, sopravanzando Africa Nera e favelas endemiche dell’altra America. Anche le ragazze che li mettono al mondo entrano nel guinness dei primati: un su cinque muore di parto. (…) Oltre a bombe e cannoni come possiamo aiutare questa gente senza nome? L’Afghanistan ci è stato gloriosamente vicino quando i missili partivano dalle portaerei e i primi reporter filmavano ragazzi che avevano perso le gambe sulle mine italiane seminate dall’armata rossa senza pietà, o dai talebani scatenati dal dio della violenza. L’afghanistan evoca anche i marinai che il ministro Fini è andato ad abbracciare a Bari mentre coraggiosamente partivano per la loro prima missione di guerra: su e giù nel bel mare del Golfo a caccia di eventuali terroristi in fuga a nuoto dalle montagne. Siamo arrivati noi liberatori a strappare il burqa e a scostare i veli dai volti delle ragazze; e ci siamo riusciti nelle scuole perbene di Kabul, solo con le ragazze perbene di Kabul. Il resto del Paese non se ne è accorto. Quanti dollari è costata la liberazione? E peperchéopo averli liberati non se ne è spesi altrettanti per permettere una sopravvivenza dignitosa alla gente? Non solo dollari americani, anche dollari italiani: quelle ronde cielo, mare, terra devono costare qualcosa. Nel frattempo ce ne siamo dimenticati travolti dalle emozioni dell’Iraq e delle piccole guerre casalinghe (…) Lo spazio da dedicare agli altri riguarda solo i ritagli delle emozioni che le televisioni portano in casa.” |
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