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by infocarcere Wednesday, Mar. 02, 2005 at 11:51 AM mail:

Bergamo: nomade di 23 anni si toglie la vita in carcere

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Bergamo: nomade di 23 anni si toglie la vita in carcere



L’Eco di Bergamo, 1 marzo 2005



Lo hanno trovato impiccato alla doccia, lo scorso 25 febbraio, gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di via Gleno: si è tolto la vita così K. C., un ragazzo nomade di 23 anni, detenuto nella casa circondariale di Bergamo per piccoli reati. Doveva ancora scontare circa un anno di reclusione. La tristissima scoperta è stata fatta dalle guardie carcerarie intorno alle dieci. Era in corso l’ora d’aria quando il giovane è andato nei bagni della sezione dove era detenuto. Aveva portato con sé anche un lenzuolo, e lo ha usato per compiere il tragico gesto.

Finora non è stato appurato cosa abbia spinto il ventitreenne a togliersi la vita: non è noto neppure se avesse manifestato, in tempi recenti, segni di disagio psicologico o di depressione. Secondo le pochissime informazioni che abbiamo avuto, non aveva una lunga condanna da scontare.

Gli agenti di polizia penitenziaria, che lo hanno trovato nei bagni della sezione, hanno subito dato l’allarme, ma per il giovane non c’era più nulla da fare. Anche il direttore del carcere, Antonino Porcino, è stato immediatamente informato dell’accaduto. Sul posto è intervenuta la polizia scientifica, che ha effettuato tutti i rilievi del caso nei bagni del carcere. Per un sopralluogo, in via Gleno è arrivata anche il sostituto procuratore Maria Cristina Rota. Il corpo senza vita del giovane detenuto è stato trasportato dal carcere all’obitorio del cimitero di Bergamo, a disposizione della magistratura.



Suicida in carcere, oggi autopsia



Sarà effettuata questa mattina l’autopsia sul cadavere di K. C., il giovane nomade che si è tolto la vita nel carcere di via Gleno - dov’era detenuto per reati contro il patrimonio - impiccandosi nelle docce con un lenzuolo. L’esame, che sarà eseguito da un medico dell’Istituto di medicina legale di Pavia, è stato disposto dal pubblico ministero Maria Cristina Rota al fine di escludere ipotesi diverse rispetto a quello del suicidio. I familiari, che si sono affidati all’avvocato Pasquale Crea di Treviso, non riescono infatti a dare una spiegazione al gesto del giovane
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