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Ecuador, la ribellione degli indios
by IMC Italy Saturday, Aug. 31, 2002 at 9:20 PM mail:

KINTTO LUCAS Scrittore e giornalista uruguayano, corrispondente da Quito dell'agenzia Inter Press Service. Questo testo (escluso l'ultimo paragrafo) è tratto dal libro La ribellione degli indios, Editorial Abya Yala, Quito 2000. L'ultimo paragrafo è tratto dai dispacci quotidiani dell'autore.

11 febbraio 2001 La storia del movimento indigeno ecuadoriano risale alle prime ribellioni contro la conquista. (...) Ma è nel ventesimo secolo che le popolazioni indigene dell'Ecuador cominciano a integrarsi. Emergono donne come Dolores Cacuango e Transito Amaguana, che ha creato il primo sindacato rurale del paese, ha diretto il primo sciopero contadino indigeno nel 1944, ha contribuito a fondare la Federazione Ecuadoriana degli Indios e avviato le scuole contadine in cui per la prima volta è stato usato il kechwa. Per tanto ardire è stata arrestata. Mezzo secolo dopo, il movimento indigeno torna a irrompere nella vita nazionale. Nel giugno del 1990 gli indigeni dell'Ecuador, uniti nella Confederazione delle Nazionalità Indigene (Conaie, creata pochi anni prima) hanno dato vita al maggior levantamiento della storia. Hano occupato strade, invaso latifondi, preso soldati in ostaggio, impedito ai prodotti di arrivare ai mercati, preso uffici pubblici. Come reazione immediata l'esercito è uscito per le strade; i militari sono entrati nei villaggi indigeni e hanno sparato per difendere i proprietari terrieri, benché il presidente socialdemocratico Rodrigo Borja si mostrasse favorevole al dialogo.Il levantamiento del 1990, oltre a segnare l'irruzione indigena nella politica moderna, ha provocato un rimescolamento interno alle forze armate, che cominciarono allora un processo di avvicinamento agli indigeni. Nell'ottobre del '92, con lo slogan "non balleremo sulle tombe dei nostri avi", colonne di indigeni si sono incamminate verso la capitale, Quito, per ricordare i 500 anni di resistenza. Da allora, il movimento indigeno ecuadoriano è diventato il movimento sociale più incisivo del paese e il meglio organizzato dell'America Latina. L'unico capace di paralizzare il paese da un giorno all'altro. Miguel Lluco, dirigente storico degli indigeni, assicura che "la realtà plurale del paese si manifesta quando l'indigeno emerge come attore della vita socio-politica dell'Ecuador. Si assume che "l'altro" esiste e ha le sue diversità e i suoi diritti". La sfida di Pachakutik La capacità di mobilitazione e la crescente influenza del movimento indigeno hanno fatto maturare l'idea di partecipare alle elezioni. Il dibattito è durato oltre un anno, tra il 1995 e '96. Le posizioni erano contrastanti, da chi voleva trasformare la Conaie in un partito a chi temeva che imbarcarsi nella battaglia elettorale avrebbe snaturato il del movimento indigeno, e la sua lotta incentrata sul lavoro nelle comunità, l'occupazione di terre, la rivendicazione culturale ed etnica, i levantamientos. Infine, prevalse la decisione di partecipare alle elezioni in alleanza con i settori indigeni di altri movimento sociali, rurali e urbani. Così nel 1996 è nato il Movimento dell'Unità Plurinazionale Pachakutik - Nuevo Paìs, che avrebbe presentato candidati a livello locale e per le rappresentanze provinciali. In seguito le organizzazioni sociali e le comunità indigene decisero di concorrere al parlamento nazionale (...). Per questo bisognava partecipare anche all'elezione presidenziale, e poiché il movimento non era un partito politico per esprimere candidature nazionali doveva presentare 100 mila firme. I candidati furono nominati durante una lunga assemblea e le firme raccolte in una settimana, cosa senza precedenti in Ecuador. Candidato alla presidenza fu scelto il giornalista Fredy Ehlers, e primo candidato al parlamento l'indigeno kechwa Luis Macas, uno dei fondatori della Conaie. Interrogato sulla partecipazione del movimento indigeno al processo elettorale, Macas disse che era solo uno strumento di lotta in più (...) e che l'essenza di Pachakutik è l'unità nella diversità: "Riunisce lavoratori di città, contadini non indigeni, ambientalisti, afroecuadoriani, indigeni". In quelle elezioni Ehlers arrivò terzo, dopo il populista Abdalà Bucaram e il conservatore Jaime Nebot. Macas ha coalizzato il voto degli indigeni, che di solito non votavano perché non si sentivano rappresentati dalla sinistra urbana: ottenne il 10% dei voti. Eletto presidente al ballottaggio, Abdalà Bucaram ha cercato di spaccare il movimento indigeno offrendo cariche e denaro ad alcuni dirigenti regionali. Ciò ha provocato la reazione della Conaie, che diventa fondamentale nelle mobilitazioni che portano alla destituzione del presidente nel febbraio 1997. (...) Alla fine dello stesso anno è eletta l'Assemblea nazionale (parlamento) costituente, per riformare la costituzione ecuadoriana. Insieme alla campagna elettorale per eleggere i propri deputati, diecimila indigeni di tutto il paese marciano a Quito per istituire, con altri settori popolari, un'Assemblea popolare incaricata di elaborare un progetto costituzionale che sarà assunto dai rappresentanti di Pachakutik. In Ecuador 3,5 milioni di abitanti su 11,5 milioni sono indigeni, ripartiti in 11 nazionalità. La maggioranza di loro vive in zone rurali. La principale è quella kechwa, che abita la regione della Sierra e la Amazonia o Oriente. Le nazionalità awa, chachi, epera e tsachila abitano la costa del Pacifico. Quelle cofan, siona, secoya, huaorani, shuar nell'Amazzonia. Gli indigeni si basano su valori ancestrali. Lluco, un kechwa, pone ad esempio il secolare modello comunitario e solidario. Inoltre rivendica la "minga", come si chiama il lavoro comune per costruire una strada o una casa o per fare i raccolti. "Per questo diciamo che il nostro movimento è in 'minga per la vita'", commenta Lluco. Sottolinea la gestione dei municipi. "Una caratteristica sono le assemblee municipali, dove i rappresentanti delle comunità analizzano il budget, stabiliscono le priorità e controllano come sono investite le risorse". Pachakutik si colloca alla sinistra dello spettro politico, secondo Lluco, ma non ha nulla a che vedere con la sinistra tradizionale che non ha mai capito il movimento indigeno. "Siamo popoli in lotta per un'alternativa che è la costruzione dello stato plurinazionale", spiega. Non si tratta di separazione del paese in vari stati: lo stato plurinazionale è uno, con pluralità giuridica nei territori dove risiedono le comunità indigene e il loro diritto a decidere di politica, economia, politica culturale e sociale - un livello di autonomia previsto dalla direttiva 169. La storia ricomincia Nel 1998 è eletto presidente il democratico-popolare (democristiano) Jamil Mahuad. Pachakutik ottiene sei seggi al parlamento e la deputata indigena Nina Pacari è nominata vicepresidente della legislatura. Tra novembre 1998 e febbraio '99 cinque banche falliscono e lo stato interviene, sborsando oltre 1.500 milioni di dollari. Molti pensano che il sistema finanziario sia risanato, ma in marzo il Banco del Progreso, la più importante banca della costa, ha problemi di liquidità. Senza disponibilità di cassa per intervenire, sotto la pressione dei gruppi finanziari di Guayaquil, il presidente Mahuad decreta una settimana di chiusura delle banche, congela per un anno i depositi superiori a 200 dollari e decreta l'aumento del prezzo dei combustibili. Il movimento indigeno, in alleanza con i tassisti, paralizza il paese e Mahuad fa marcia indietro sul rincaro dei combustibili. Ma la crisi è profonda, in luglio un nuovo rincaro dei combustibili provoca un altro levantamiento. Oltre 15mila indigeni arrivano a Quito. ... Il presidente revoca gli aumenti e accelera lo scongelamento dei depositi bancari. "Il popolo non si solleva ogni tre mesi. Quando lo fa bisogna ascoltarlo", dice Miguel Lluco. La dollarizzazione Nel '99 alla crisi economica e all'effervescenza indigena si aggiunge un crescente scontento dell'ufficialità progressista delle forze armate, che chiede di mettere fine alla corruzione dei grandi banchieri, con arresti e richieste di estradizione per quanti erano fuggiti all'estero. Il governo resta sordo, così i comandi militari. Con appena l'8% di popolarità, Mahuad cerca di unificare la destra, gli industriali, i banchieri e i grandi mezzi di comunicazione. Il 9 gennaio 2000 annuncia la dollarizzazione dell'economia ecuadoriana. E' la goccia che fa traboccare il vaso. Il giorno dopo la Conaie e altri movimento sociali istituisce Parlamenti popolari in tutte le province e il Parlamento Nazionale dei Popoli dell'Ecuador a Quito. Il 15 febbraio comincia il levantamiento indigeno e popolare per la destituzione dei tre poteri dello stato. Gli ufficiali danno un ultimatum agli alti comandi, manca un passo all'insurrezione. Venerdì 21 febbraio il levantamiento sfocia nella presa del Parlamento da parte degli indigeni, appoggiato dagli ufficiali delle forze armate che si ribellano al governo. Nel mattino i leader del sollevamento civico-militare insediano una Giunta di salvezza nazionale, formata dal colonnello Lucio Gutierrez, dal presidente della Conaie Antonio Vargas e dall'ex presidente della Corte suprema Carlos Solorzano, e disconoscono i tre poteri dello stato. Nel pomeriggio il generale Carlos Mendoza, capo del Comando congiunto delle forze armate, chiede le dimissioni a Mahuad, il quale abbandona il palazzo del governo. In serata i componenti della Giunta si recano al palazzo del governo con migliaia di manifestanti per negoziare con Mendoza, che controlla la maggior parte delle unità militari. (...) All'una del mattino i comandi militari stringono un accordo con gli insorti. Tre ore dopo Mendoza e i comandi militari insediano il vice di Mahuad, Gustavo Noboa, come presidente. "Mendoza ha tradito il movimento indigeno e popolare e si è messo al servizio dei corrotti che governano questo paese", commenta il presidente della Conaie Antonio Vargas. (...) Secondo il presidente della Conaie il levantamiento indigeno non è stato un fallimento perché ha confermato la sua forza organizzativa e capacità di mobilitazione. "Abbiamo dimostrato che siamo una forza. Abbiamo raccolto vari insegnamenti, non torneremo a credere in traditori come i comandi militari". Macas assicura che nulla impedirà agli indigeni ecuadoriani di continuare a costruire il potere. Ushay, potere in kechwa, è migliorare le condizioni di vita, la capacità di svilupparsi collettivamente. Ma la storia non finisce, ricomincia, dallo stesso fuoco... Un altro fuoco... Un anno dopo, un nuovo "levantamiento" indigeno e popolare ha paralizzato per quattordici giorni ampie zone del paese. Migliaia di indigeni sono tornati a Quito. La scintilla è di nuovo l'aumento del prezzo dei combustibili, invocato dal governo come "non negoziabile" per sostenere la dollarizzazione dell'economia ecuadoriana. Un ampio movimento popolare, l'Associazione delle municipalità governate da Pachakutik, le associazioni per i diritti umani fanno appello al dialogo. Venerdì 2 febbraio il governo risponde proclamando lo stato d'emergenza. Ma poi il presidente Noboa deve negoziare: e la sera del 7 febbraio è annunciato un accordo. Il governo si impegna a ribassare il prezzo del gas da 2 dollari a 1,60 e a congelare il prezzo dei combustibili per un anno. Si impegna anche a creare un sistema di commercializzazione del gas a prezzo ridotto per i settori poveri rurali, a incrementare il fondo indigeno e creare un sistema di credito per i lavoratori rurali più poveri. Il governo si impegna inoltre a attuare politiche a beneficio degli emigranti ecuadoriani, a cercare consensi per la riforma della sicurezza sociale, pagare il debito dello stato verso il Seguro Social Campesino (l'ente di previdenza contadina). Infine, a non partecipale al Plan Colombia, "perché persegue la guerra e la morte". "La nostra lotta non è solo per gli indios e queste conquiste sono solo un passo, ma non mettono fine alla miseria né all'esclusione di milioni di ecuadoriani", ha commentato Antonio Vargas. Secondo il sociologo Alejandro Moreano, più del ribasso del prezzo dei combustibili, l'importante vittoria è che il movimento indigeno è tornato a mostrare che è vivo e ha una visione nazionale, non di gruppo.

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