Legge delega ambientale: nuova nota di lettura del Gruppo 183 sullo schema ufficiale di Decreto Legislativo in materia di acqua e suolo, reso pubblico il 5/10/2005
"Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche"
Roma, 12/10/2005. Dopo diverse stesure riservate, non rese pienamente pubbliche neppure alla presentazione della bozza da parte del Ministero il 12 settembre, adesso disponiamo finalmente dello schema ufficiale di DLgs in materia di acque e suolo. Su uno specifico sito web (http://www.comdel.it) il "Gruppo di Coordinamento" della produzione dei testi comunica che "il 3 ottobre 2005 la Commissione di esperti nominata in base alla legge n.308 del 2004… ha approvato gli schemi di cinque decreti legislativi che sono stati trasmessi al Ministro Altero Matteoli per il seguito di competenza". E racconta che "la redazione degli schemi di provvedimenti ha impegnato per circa otto mesi i quarantacinque membri della Commissione della Segreteria Tecnica (?), oltre alle competenti strutture ministeriali". Una formulazione ibrida per oscurare il fatto notorio che la Commissione prevista dalla legge di delega 308/2004 (art 1, nn 11 e 12) è rimasta largamente tagliata fuori dalla formazione dei testi. E solo a lavori sostanzialmente finiti è stata chiamata a farli propri. E, adesso, ad approvare l'intero pacchetto di cinque decreti e relativi Allegati in una singolare modalità di espressione di voto/parere di ogni singolo componente, per posta elettronica (sì o no, senza ulteriori perdite di tempo). Come conferma lo stesso Ministro Matteoli (la Repubblica, 4 ottobre).
1. Un ulteriore peggioramento Come è noto, il modo della preparazione della bozza, la mancanza di coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali, (nonostante gli impegni concordemente assunti fin dal 2001 dallo stesso Ministro dell'Ambiente) e il merito (lo stravolgimento del sistema di governo dei bacini), avevano provocato immediate dure critiche, in primo luogo della Conferenza delle Regioni, delle associazioni ambientaliste e di una larga parte delle forze sociali ed economiche. E avevano costretto il Ministro a prendere le distanze da testi pasticciati (ma non dal merito) e lo stesso Governo a una prima correzione di tiro, con l'impegno a riaprire il tavolo del confronto interistituzionale. Rispetto alle bozze del 12 settembre le novità dello schema ufficiale del 3 ottobre (ripreso da questo sito) non sono molte. Ma quelle poche lo peggiorano. Anche questa nota del Gruppo 183 (come la precedente) si riferisce al testo relativo a difesa del suolo, tutela e gestione delle acque. Le osservazioni si concentrano su due punti. Il primo, riguarda il governo dei bacini idrografici e dunque la sorte delle Autorità di bacino di rilievo nazionale. Mentre la bozza precedente rinviava la individuazione degli organi delle Autorità di bacino alla discrezionalità di un DPCM, il nuovo testo li definisce direttamente: il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e il Comitato tecnico (art 11, n.2); b) specifica che "il piano di bacino" è redatto dall'Autorità di bacino (nella bozza mancava: art 13, n.2); c) conferma che gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione vengono adottati a maggioranza dalla Conferenza di servizi (!), che -aggiunge- è "presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio su istanza del Segretario generale" (art 11, n..4). Di più, lo schema di DLgs liquida il criterio tassativo della Direttiva 2000/60 che prevede di assegnare ai distretti solo i bacini idrografici, singoli o accorpati (artt 3, 13, 14, della Direttiva) e lo riduce solo ad una delle possibilità ("fra l'altro", art 12, n.2).
2. Organismi burocratici centralizzati come Autorità di bacino Complessivamente, non solo vengono soppresse "le autorità (minuscolo) previste dalla legge 183/89… e le relative funzioni vengono esercitate dalle Autorità di Bacino Distrettuale" (maiuscolo), ma spariscono gli organismi di "leale cooperazione tecnica e istituzionale tra Stato e Regioni" del bacino ripetutamente riconosciuti dalle sentenze della Corte costituzionale (le attuali Autorità di bacino di rilievo nazionale. Al loro posto subentrano organismi puramente burocratici (le "Autorità di bacino distrettuali"), emanazione diretta del Ministero dell'Ambiente e del Territorio. Le Regioni come tali, pur avendo competenza concorrente in materia di territorio, nel nuovo organismo sopravvivono nella sola forma di rappresentanze tecniche nella Conferenza di servizi (lo schema di decreto non parla della composizione del Comitato tecnico delle nuove Autorità). Insomma, le Autorità di bacino distrettuale si configurano come organismi del Ministero dell'ambiente e del territorio, che così si mette in condizione di svolgere direttamente (quanto impropriamente) le "funzioni di programmazione, finanziamento e controllo degli interventi, come quelle di previsione, prevenzione e difesa del suolo (art 6, n.3). Mentre le Regioni vengono esautorate. Quando dovrebbe essere rafforzato e corretto, vengono invece liquidate normativa ed esperienza di governo dell'acqua e del suolo, costruite sulla cooperazione difficile ma indispensabile (non solo "ove occorra", art 9) tra le Regioni dei distretti, e congiuntamente con lo Stato centrale. Come hanno ripetutamente riconosciuto le pronunce della Corte costituzionale, fin dall'introduzione delle Autorità di bacino di rilievo nazionale con la legge di riforma 183/89 (mentre continua a sopravvivere la tripartizione tra bacini di rilievo regionale, interregionale, nazionale: discutibile per la diversa disciplina e inefficace).
3. Un confuso gioco di scatole cinesi Il secondo punto rilevante introdotto dallo schema di DLgs riguarda i rapporti tra piani di bacino, di gestione e di tutela regionale delle acque. Nella bozza del 12 settembre la confusione era forte. Adesso, dopo avere sostituito in tutto lo schema di DLgs la dizione "piani di gestione" (propria della Direttiva comunitaria 2000/60, ma con significato diverso) con "piani di bacino", la confusione aumenta. Ad esempio, nella sezione dedicata alla tutela delle acque dall'inquinamento (artt 21-87), il piano di gestione del distretto cambia natura e collocazione gerarchica: diventa un piano stralcio del piano di bacino (art 65), come il piano regionale di tutela delle acque (artt 69 e 13,n.3); viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per il piano di bacino, rispettivamente dalla Conferenza di servizi e dal DPCM (art 14, nn.2bis e 15). In realtà, l'insieme degli articoli della sezione ruota attorno ai piani regionali di tutela delle acque, secondo le modalità introdotte dal DLgs 152/99 (art 44) e attribuisce alla singola Regione un ambito territoriale di analisi corrispondente al distretto idrografico, come se essa si identificasse nell'Autorità di distretto, E perciò la Regione è tenuta a rapportarsi esclusivamente al Ministero e all'APAT (art 66). Come si vede, un gioco di scatole cinesi dai rimandi incrociati che ha prodotto un testo da rifare, alle condizioni e con il tempo necessari. In realtà, lo schema del DLGS mette in evidenza una distorsione già introdotta dal DLgs 152/99 sulla tutela delle acque, a lungo sottovalutata, e la generalizza. Infatti, quella norma, se anticipa alcuni aspetti della Direttiva 2000/60, sullo snodo centrale della modalità di formazione dei piani regionali di tutela (art 44) vanifica il governo unitario del bacino idrografico, singolo o coordinato (indispensabile anche nei trasferimenti d'acqua); rende assai problematica la stessa lettura unitaria delle condizioni delle acque, impossibile per confini amministrativi delle Regioni di riferimento del bacino, separatamente l'una dall'altra (si pensi al bilancio idrico); isola ciascuna Regioni del bacino, mettendola in relazione contrattualmente debole col Ministero con l'illusione di contare di più. E finisce per far apparire le Autorità di bacino soggetti "esterni" alle Regioni di riferimento, quando non superflui, invece che indispensabili organismi propri. Effetti congiunti: 1) la caduta dell'impegno coordinato delle Regioni per il governo dei bacini, proprio quando viene rilanciato dalla Direttiva comunitaria; 2) la centralizzazione delle competenze e della gestione delle risorse finanziarie.
4. Per cambiare rotta Adesso, lo schema di DLgs segna lo sbocco di una parabola involutiva; e una centralizzazione che sottrae competenze alle Regioni mentre la Costituzione (art 117) le ha estese. La situazione è diventata allarmante e richiede una netta e urgente inversione di rotta: dell'opinione pubblica, delle competenze, della ricerca, delle associazioni sociali ed economiche, ambientaliste; della politica e del Parlamento, delle Regioni e delle Autonomie locali. In queste settimane, in particolare la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome ha reagito tempestivamente all'azione di sfondamento del Ministero. Adesso ha la responsabilità di diventare, col Parlamento, il punto di riferimento unificante della iniziativa, dispiegando con coraggio la volontà di innovare anche le proprie posizioni di merito. Dopo una lunga fase di difficoltà politiche, di azioni in ordine sparso, di caduta di interesse. Di fronte del tentativo di stravolgere una intera stagione di riforma, con una normativa pasticciata e inapplicabile, sostanzialmente irricevibile, sulla base dell'esperienza di questi anni, è necessario allargare la consapevolezza della posta in gioco, accelerare la definizione delle proposte alternative in grado di incrociare il consenso indispensabile a battere questa operazione grave. Le linee da assumere e le opzioni principali sono indicate dalla Direttiva comunitaria 2000/60 che -in Italia- aspetta ancora di essere recepita. Alcune indicazioni sono già state segnalate fin dal '98 dalle conclusioni unanimi della Commissione Veltri. Queste innovazioni rilanciano la capacità di governo delle acque (e del suolo), ma lo schema di DLgs si muove in direzione opposta, anche se dichiara di recepire la Direttiva. E' controverso che lo sia anche sul piano formale. Roma, 12.10.2005 Gruppo 183
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