ai compagni
19 maggio 2005 ore 9,30
Mando un caro saluto e un grande abbraccio a tutti coloro che in questi giorni si stanno spendendo a manifestarci la loro solidarietà con le manifestazioni, i volantinaggi, i presidi, le lettere, i telegrammi… Tutto questo che arriva da fuori tiene alto il mio morale e fa capire alle “teste pensanti” dello Stato che hanno messo a punto l’ennesima montatura giudiziaria, che la lotta non la possono fermare e che non sono sufficienti i muri, il filo spinato, le sbarre e i guardiani di carne umana a isolarci dal contesto sociale in cui viviamo. Anche in carcere gli altri prigionieri manifestano grande solidarietà. Dopo due giorni tra i “comuni” ora ci troviamo in regime di alta sorveglianza, ma in mezzo ad un’umanità splendida, un’umanità che continua a vivere, a sperare e a sognare, a dispetto delle 20 ore giornaliere in cui ci costringono a stare in una cella di due metri per quattro, fino a tre persone, senza nessuno spazio di socialità che sia diverso dalle ore d’aria. Oltre mille individui solo in questo carcere, il cui corpo giace ma il cui pensiero è libero. È fin troppo evidente lo scopo di questa loro ennesima montatura giudiziaria: vogliono legare le mani e tappare la bocca a chi non è disposto a chinare la testa, a chi da troppo tempo rompe la monotonia dell’ordine costituito, lottando per un mondo diverso, per una vita che valga la pena vivere e per la libertà di tutti. Vogliono eliminare qualsiasi forma di dissenso e di critica radicale dell’esistente; a maggior ragione se poi questa critica è diretta a persone molto in alto quali sono gli arcivescovi ed i loro servi, persone che hanno protezioni politiche laddove pulsa in cuore incancrenito dello Stato. Non vi è dubbio, infatti, che questa operazione si incastri a perfezione nell’ambito di un più ampio progetto: spostare l’attenzione dalle vicende giudiziarie di coloro che hanno torturato, psichiatrizzato, violentato, sequestrato e imprigionato migliaia di individui nel nome dello Stato e della democrazia, nell’attesa di riabilitarli in tempi non troppo lontani, nella logica dominante di questi tempi di guerra. In questo mondo alla rovescia, la realtà è capovolta e la lingua di Stato la giustifica: è così che noi siamo dipinti come terroristi e violenti. Ma terrorista è lo Stato, e la storia lo dimostra ampiamente, e in quanto alla violenza, ritengo accettabile solo la violenza rivoluzionaria. Hanno detto che i violenti sono coloro che hanno incendiato i bancomat, ma come qualcuno affermava già molto tempo addietro «il vero ladro non è chi rapina una banca ma chi la fonda». Terrorismo e violenza è invece bombardare intere popolazioni e fare migliaia di morti; sono l’Ilva di Taranto e Porto Marghera che uccidono lentamente e legalmente, sono le morti bianche sul lavoro, i lager per immigrati e i loro annegamenti, i rastrellamenti, le deportazioni, i suicidi in carcere. Terrorismo e violenza sono la devastazione ambientale e il saccheggio delle risorse, la produzione industriale e la sua continua delocalizzazione, alla ricerca di sempre maggiori condizioni di sfruttamento e di nuovi schiavi in nome del profitto, sradicando i popoli e lasciandosi dietro migliaia di indesiderabili, espropriati delle proprie vite… e mi fermo qui perché sarebbe un elenco troppo lungo. Ringrazio ancora una volta voi fuori che ci sostenete e continuate la nostra lotta, significa che non ci hanno fermato. Non possono farlo, perché, come ha scritto una compagna: «i nemici di ogni frontiera hanno la libertà nel cuore, nessuno li può imprigionare». Oggi sono anch’io lì in mezzo a voi.Oggi sono un po’ più libero anch’io. Vi abbraccio forte Salvatore
Dall’Alta Sorveglianza del carcere di Borgo S.Nicola, Lecce
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