La richiesta della Procura al Riesame. La difesa: non ci sono prove certe. Il pm: identificati con i video. Gli autonomi restino in cella. Guerriglia a Porta Venezia: ipotizzato il reato di devastazione.
La Procura ha chiesto al Tribunale del riesame di confermare il carcere per tutti i 25 autonomi arrestati per la guerriglia urbana dell’11 marzo in corso Buenos Aires. I giudici hanno tempo fino al 30 marzo, ma dovrebbero depositare già lunedì o martedì questo primo verdetto sui giovani dell’ultrasinistra inquisiti per la più violenta manifestazione non autorizzata degli ultimi anni. La grande autorevolezza del collegio (giudici Tranfa, Epidendio e Piffer) fa dell’udienza di ieri un banco di prova cruciale sia per la procura che per le difese. Il tribunale dovrà stabilire tra l’altro per quali indagati sia fondato il reato più grave di «devastazione», per cui il codice prevede condanne fino a un massimo di 15 anni.
SIT-IN E AUTODIFESE - Molti dei 25 arrestati (solo una decina milanesi, gli altri arrivati da Reggio Emilia, Brescia o Novara, con un estremista tedesco e un albanese) hanno rivolto ai giudici un appello dello stesso tenore: «Sono un antifascista, rivendico il diritto costituzionale di contestare il corteo della Fiamma Tricolore, ma sono estraneo alla violenza, che non appartiene alla nostra cultura». Senza alcun incidente si è chiuso anche il sit-in fuori dal tribunale, che ha richiamato meno di 50 «compagni» con tre striscioni: «Libertà per gli antifa’»; «Polizia sempre, giustizia mai». L’avvocato Mirko Mazzali e gli altri difensori hanno contestato che «esistano prove certe contro il singolo accusato»; in subordine, hanno chiesto gli arresti domiciliari a casa dei genitori. Un solo legale non milanese è arrivato a negare che le auto incendiate e le molotov contro i negozi e il circolo di An bastino a «configurare tecnicamente la devastazione».
COLPEVOLI E INNOCENTI - In aula il pm Pietro Basilone ha sottolineato che, sui 41 arrestati originari, la Procura chiede il carcere solo per i 25 «accusati individualmente da più prove»: i confronti tra i video degli scontri e le foto degli arrestati; le testimonianze di almeno tre cittadini che li hanno riconosciuti; i bastoni, pietre, chiodi e passamontagna trovati nel cortile dove si erano rifugiati in 18. Finora sono stati confermati tutti gli arresti dei carabinieri, mentre la polizia, nel caos, ha portato in carcere anche ragazzini innocenti, che scappavano perché spaventati. Quattro gli errori più vistosi: Letizia M., 18 anni, e Michela M., 20, stavano solo facendo shopping, come dimostrano gli stessi video della Digos; e altri due giovani in realtà erano appena usciti da una libreria specializzata in fumetti. Per una volta i loro avvocati, anziché lanciarsi in facili polemiche, ieri elogiavano «la serietà delle indagini», che «hanno saputo distinguere tra colpevoli e innocenti». Ora l’inchiesta continua nel tentativo (non facile) di smascherare gli «organizzatori» delle violenze e i «10-15 esecutori» non ancora identificati, tra cui spicca il criminale che ha sparato il razzo che ha ferito in pieno volto un carabiniere.
|