comincia il viaggio della carovana in Palestina
La carovana “sport sotto l’assedio” sbarca all’aeroporto di Tel Aviv la mattina presto subito sorgono alcuni problemi per l’ingresso di alcuni compagni/e che sono stati trattenuti per circa 2 ore. La carovana, composta da circa 60 persone, provenienti da Roma, Milano, Livorno, Pisa, Monza, Bergamo, Laveno si è ritrovata al centro culturale Il Fenicottero, all’interno delle mura della città vecchia di Gerusalemme. Questo centro culturale fu costruito agli inizi degli anni novanta con lo scopo di contrastare l’espandersi dei coloni e dei possedimenti israeliani che tendono tuttora ad accaparrarsi qualsiasi spazio libero e soprattutto palestinese della città di Gerusalemme. La presenza di gruppi internazionali è quindi molto importante proprio per garantire l’esistenza e la continuità nelle attività del centro stesso. La città vecchia di Gerusalemme appare come una città particolarissima, attraversata da tantissime persone di differenti religioni: donne velate, uomini con copricapi musulmani, e gruppi di ebrei ortodossi, chiaramente identificabili, scortati da numerosi energumeni armati fino ai denti, con atteggiamento prepotente ed aggressivo. Non riusciamo ad arrivare alla spianata delle Moschee, ad ogni porta di accesso i militari israeliani ci rinviano alla porta successiva. Al decimo tentativo, dopo aver attraversato l’affollatissimo suq, ci sentiamo presi in giro e, delusi, torniamo al centro sportivo. Dopo le presentazioni, le interviste e la conferenza stampa rilasciata ad Al Jazeera, dopo delle simpatiche ma intense partitelle a pallone con i bambini palestinesi, la carovana si è divisa nei tre gruppi: uno diretto a Gaza, uno vicino Nablus e uno a Deheishe. Nonostante il consiglio del Console italiano di rinunciare ad andare a Nablus a causa di operazioni di guerra israeliane in corso, e le perplessità sulla difficile situazione di Gaza (ormai sotto l’artiglieria pesante da due settimane), la carovana è partita verso le varie destinazioni, con l’entusiasmo di lanciare un segnale importante di socialità, di denuncia e di dissenso rispetto a tutto ciò che continua ad accadere nei territori occupati. Nonostante l’attentato kamikaze avvenuto a Tel Aviv tutti e tre i gruppi riescono, anche se con qualche difficoltà a Gaza, a superare i vari check point ed a raggiungere le loro destinazioni. Da Gaza ci arrivano notizie emozionanti: dopo due ore nel check point all’uscita l’accoglienza è numerosa, nonostante l’attesa sia sotto il fuoco dei tanks israeliani. Lungo il percorso per raggiungere Jabalia lo scenario è quello della devastazione e dell’emergenza umanitaria. Da nord ci raccontano di interessanti incontri, tanto che dicono che avrebbero potuto scrivere due pagine di report, ma non c’è possibilità di comunicazione via internet (appena ci arrivano maggiori informazioni faremo sapere). La situazione lì è tesa, il sedicenne attentatore di Tel Aviv proveniva proprio da Jenin, per cui ci aspettiamo pesanti ripercussioni e rappresaglie. Chi vi scrive si trova all’IBDAA Cultural Center del campo profughi di Deheishe, Betlemme: nato come centro d’aggregazione per i ragazzi del campo ha creato nei suoi dieci anni di storia un asilo nido, squadre di calcio, basket, gruppi teatrali, danza, biblioteca e attività per le donne, diventando così uno dei luoghi più frequentati anche dai visitatori stranieri nei territori occupati. Nel pomeriggio la squadra giovanile del centro di Ibdaa è andata a giocare un’importante partita in un campo a una ventina di minuti di distanza: si sale al volo sul un pulmino affollatissimo e si parte… Sistemati su improvvisati spalti ci si avvicinano tanti bambini che si dimostrano molto socievoli e curiosi… anche troppo, alla fine eravamo accerchiati!! Incassata la vittoria si torna al centro! Domani il calcio d’inizio, partono i tornei. Vi sapremo raccontare. Con la Palestina nel cuore.
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