cultura artistica e scientifica a confronto attraverso un'opera d'arte
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Il “Malditesta” di Donato Piccolo a cura di Niccolò Todapo
Un uovo dentro una bacheca viene esposto ripetutamente a intemperie fisiche, generate da un circuito di pompe ad ultrasuoni. Potrebbe dare l’idea di un esperimento scientifico o di un test alimentare, ma non è nient’altro che un frammento del lavoro artistico di Donato Piccolo. Parlare del suo operato artistico non è facile, innanzitutto perché le sue opere , non prestandosi a commenti precoci, dettati dalle prime impressioni richiedono una decantazione delle immagini ed una loro visione ripetuta; in secondo luogo perché in esse si avverte una incoerenza formale, dettata da una a volte nevrotica ricerca linguistica tesa ad una disintegrazione del concetto di “statica fruibilità dell’opera”. In effetti, DP cerca la “presenza” continua del fruitore davanti all’opera in modo tale che il concetto di quest’ultima non nasca da sé ma esista attraverso la percezione stessa del fruitore.
Cercherò di avvicinarmi a comprendere il suo lavoro proprio con l’opera “Malditesta” che considero emblematica nella sua formazione artistica. Essa consta di una struttura minimale, utilizzata proprio come un mero mezzo neutrale per arrivare ad una “giustificazione concettuale” dell’elemento principale l’uovo, la cui veridicità nel reale si attesta attraverso lo “sforzo” esercitato su di esso”, forzatura naturale per simulare quasi una condizione di dolore, una specie di “crocifissione organica”. Difatti a situazione generata all’interno dell’involucro crea sul guscio dell’uovo una pressione, artificiale, quasi uno stato di sofferenza biologica di cui si vuole individuare il limite massimo di tollerabilità che coincide, ovviamente, con il punto di rottura del guscio. Questa scultura, se la si può considerare tale, ipotizza, dunque, una ricerca “innaturale” del limite naturale del dolore, di qui il titolo “malditesta”, che sottolinea anche quella condizione ineluttabile che noi uomini ci trasportiamo nel tempo insieme alla nostra coscienza del mondo. D’altronde l’elemento ovoidale, in effetti, è l’archetipo di ogni essere vivente e cosciente, definito come un campo di informazioni unificate da una coscienza. L’uovo è la trasposizione in termini mentali dei più antichi modelli di essere vivente o di unità di coscienza come l’atomo dei presocratici, il corpo di luce dei mistici, l’atman degli induisti, la monade di Leibniz, il campo olistico di Bohm, l’uovo mitologico, l’anima dei cristiani, l'eone degli gnostici, il modello sferoidale di Assagioli, l’atomo ultimo dei teosofi e il campo della fisica moderna, per non parlare delle sue rappresentazioni nella storia dell’arte . Per concludere aggiungerò che la struttura asettica di quest’opera non ostacola la nostra percezione e fa in modo che non ci si smarriscai in una impura comprensione dell’oggetto. L’uovo, elemento primogenito del naturale, si pone come un punto di riflessione importante tra l'essere e l’inesistente, tra l’inanimato e la sua inaspettata rappresentazione vitale; può essere considerato come “una realtà interiore”, una “supposizione del nulla” che apre la strada all’espressione del caos: un continuo ed incessante malditesta.
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