C’era già un diritto d’autore regolamentato. All’improvviso si fa una aggiunta alla legge. Non solo si usa la forma del decreto che dovrebbe riguardare una situazione di necessità e urgenza, ma lo si infila in una Finanziaria, che sarà votata alla fiducia e dunque senza discussione parlamentare.
Inoltre, l’aggiunta difetta totalmente di chiarezza. E se una legge nasce male, la sua interpretazione successiva sarà spinosa. Non si capisce affatto quanto essa limiti il diritto di blog o siti di riportare articoli giornalistici.
Riccardo Franco Levi, ispiratore della modifica nonché sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, precisa che si tratterebbe di una base giuridica per la riscossione dei diritti d'autore sulle rassegne stampa. Insomma, un modo per regolare meglio l'attività di chi copincolla articoli per usi commerciali (come i service che realizzano appunto delle rassegne) o la pratica di alcune testate di ripubblicare articoli altrui.
Ma il decreto non lo dice.
Il dubbio che dilaga in rete è che si voglia colpire blogger e siti web nella loro libertà di informazione. E il fatto è che a pensar male a volte ci si indovina.
Per chi attacca il governo di centrosinistra, chiariamo che si tratta di trasferimento di una direttiva CEI. Ma molte direttive CEI sono fortemente neoliberiste e restrittive delle libertà e i governi non si oppongono. Vista l'importanza della rete e i ripetuti tentativi di mettere un bavaglio alla libera informazione on-line, e visto che le censure crescono paurosamente di giorno in giorno, sarebbe urgente che il governo precisasse la sua interpretazione.
E' meglio saper prima come stanno le cose e non ritrovarsi a far chiarezza davanti a una ingiunzione di pagamento.
La rivoluzione digitale sta trasformando il mondo e qualunque cosa tocchi il web allarma. Urge chiarezza, sia per capire quanta libertà ci è rimasta, sia per sapere se ci sono abusi.
Il fatto che ci siano due gruppi di interpretazioni opposte non ci fa dormire tranquilli. Ormai i siti e i blog si stanno moltiplicando a ritmo gigantesco, prefigurando la più grande rivoluzione nella storia delle comunicazioni e tutto quello che tocca il web tocca nervi scoperti e timori tutt'altro che vani.
Ogni internauta ha diritto a leggi chiare e al riconoscimento legale della sua libertà !
Si dica con chiarezza se anche il titolare di un blog dovrebbe pagare il compenso per brani riportati.
L'avvocato Giovanni d'Ammassa, esperto in diritto d'autore, dice di si’. Una diversa interpretazione ritiene tuttavia che i brani riportati da un blog possano escludersi dal pagamento, fermo restando il divieto per rassegne stampa o raccolta di articoli su temi prefissati. Il decreto è poco chiaro, per cui, al momento di essere convertito in legge, chiediamo di migliorarlo. Se la riproduzione a pagamento riguarda solo gli editori, che bisogno c’era di fare questa aggiunta? Che si tratti di riproduzione libera e non editoriale lo teme anche Giulietto Chiesa, che parla di "attentato alla libertà di espressione e di comunicazione" e chiede una interrogazione parlamentare.
Che lo stato combatta reati è giusto. Il timore legittimo, però, è che avanzi una legislazione repressiva sul web, che imbavagli progressivamente l'informazione, ledendo diritti fondamentali.
La forma stessa del decreto indica una lesione sia della forma che della sostanza della legge, tanto più su una materia delicatissima inerente al fondamentale diritto di informazione e alla libertà di comunicazione e ci chiediamo se ciò sia conforme al dettato costituzionale (art. 21) e cosa ne pensi la Corte Costituzionale.
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