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Neapolis città sempre vecchia....
by Domingo Aniello. Sunday, Nov. 05, 2006 at 1:44 PM mail:

Neapolis anno zerosette.

C'éra una volta, nell'anno zerosette un'Italica nazione, la quale si rendeva conto che "Neapolis", resisteva nella sua vetusta, archeologica e storica identità e memoria culturale.
Vi era un cattivissimo museo d'arte contemporanea, "'A Mamma", militarizzato quanto e come Forcella con sofisticati servizi di vigilanza e sicurezza, un idillio abbondantemente disinfestato e sterilizzato.
Vi era un altro spazio malvagio, privatizzato, il "Pan", dichiaratamente affine all'omonimo partito di centro destra mexicano di Vicienzo 'o volpone.
C'éra una pubblica e statale Accademia di pessime Arti a conduzione privata, gestita da una occultata centrale milanese, feudo dove misteriosamente venivano lasciate in eredità cattedre a figli e nipoti e dove si curavano all'occorrenza le feroci e crudeli opere d'arte contemporanea imposte obbligatoriamente a botte di "tanfa" ed olio di ricino al mai domo popolo partenopeo.
Si scopriva la nuova camorra "sistemica".
Giovani artisti partenopei allevati in vicoli ed anfratti del far west dell'Accademia tra un "pippotto" di polvere bianca, droghe chimiche varie e crack, erano costretti a scegliere un clan
piuttosto che un altro.
Queste giovani promesse destinate a non esaurirsi mai, giravano armate con il colpo in canna, al soldo di curatori accordati con banche e gallerie private con enti pubblici.
La "quarta pittura" si fondeva con il "Lanificio 25" fondando così il clan degli scissionisti, il tutto con l'obbligata benedizione di "Gigione il mago panzone invecchiato precoce" (sognava di freddare Don Benito Ulivo con due pallini di ferro al petto).
Il popolo non smetteva di chiedersi perché Mimmo Di Caterino era l'unico artista Napoletano che non veniva imposto obbligatoriamente da nessuno: ERA UN PESSIMO ARTISTA O POTEVA RIDICOLIZZATI TUTTI?
Il tutto avveniva davanti le telecamere dell'ultimo reality voluto fortissimamente da Maurizio Costanzo condotto da Pietro Taricone, in collaborazione con questura e prefettura di Napoli.
In defintiva, tutto blindato e militarizzato sul modello di Kabul e Baghdad.
Qualche artista ribelle come il Comandante Polvere urlava e sbraitava "viva la camorra se serve a resistere a tutto questo! Meglio una città ostaggio di sé e dei suoi fantasmi che di politiche economiche speculative".
Il nuovo ordine camorristico anarco liberista transnazionale e privatizzato, poteva venderla come "simpatica" cartolina con museo obbligatorio permanente per facoltosi turisti nomadi amanti dell'arte contemporanea.
L'autore di questa novella preferiva la camorra vera, ingenua e poco patinata del vicolo, schietta e sincera, era lieto del fatto che rivelasse il vero volto della sua amata city, permettendo di denunciare i veri camorristi; quei curatori, critici e galleristi con i colletti bianchi in grado di raggiungere Los Angeles con un volo low coast in un batter di ciglia sulla pellaccia di sublimi artisti come lui, costretto una volta uscito dall'Istituto d'Arte Filippo Palizzi a farsi assoldare dalla camorra per mettere su famiglia.
A piazza San Domenico suonava un pakistano che non era passato per il conservatorio di San Pietro a Maiella, lui si che suonava con una spiritualità divina facendosi ascoltare.
L'allarme rosso stava scattando, i napoletani borbonici, nobili da più generazioni preparavano le valigie, arrivava l'esercito Onu di pace e le "cluster bomb", non per mettere a ferro e fuoco Pan, Madre, Accademia di Belle Arti e Lanificio 25, arrivava per raccogliere tutti i rifiuti umani napoletani, quelli che impossibilitati a condurre una vita normale in una città dominata, calpestata, umiliata e mortificata.
L'operazione battezzata "Napoli da cartolina" mossa da interessi economici, mirava logicamente a spartirsela e lottizzarla in tutta tranquillità.
Il progetto era mettere addosso a tutti gli indigeni locali esistenti una simpatica tuta arancione con il bollo "i'm camorrista original" e mandarli in una simpatica riserva nel sulcis iglesiente per alzare la densità di popolazione isolana.

Mimmo Di Caterino morirà freddato in pieno centro, nel Gennaio del 2007 da due uomini di mezza età vestiti in pelle, su di una vespa pk special 50 mentre prendeva un caffé con Giuseppe Labriola-DDT Art fuori il bar "La Lazzarella" di Piazza del Gesù a Napoli.


(Scorrono in le ricette per fare l'artista "int' 'o sistema" mentre i Radiodervish cantano "....terra mia, terra mia, commé bella rà penzà, terra mia, terra mia, commé belle rà guardà, terra mia, terra mia tu sì piena 'e libbertà....")


Domenico Di Caterino

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