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da Scampia non si vede il mare
by macedonio Wednesday, Jan. 08, 2003 at 4:07 PM mail:

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Miano, Secongliano e Scampia. Quartieri alveare nati con la legge 167: a Scampia palazzoni chiamati lotti, non c’è un numero civico, ma lettere dell’alfabeto per far distinguerli; Secondigliano, poco dopo il corso e il carcere di massima sicurezza ci sono le vele, strane costruzioni che contengono migliaia di appartamenti, sono le stesse costruzioni fatte in costa azzurra in Francia, ma li dopo averle impiantate c’è stata una manutenzione, a Secondigliano no.
Quartieri dormitorio lontani dal centro, le canzoni di un gruppo di questa periferia recitavano “da casa mia non si vede il mare, da casa mia non si vede un cazzo”.
A collegare queste realtà fra loro ci sono strade lunghe, larghe, vuote e desolate, raramente passa un autobus. In questo scenario Salvatore e Thomas hanno incontrato il poliziotto che ha aperto il fuoco verso loro.
Miano, il rione di Salvatore, è unito nell’esprimere il cordoglio verso la giovane vittima, un susseguirsi di elogi al defunto, forse arrivati troppo tardi. Ecco che Salvatore ci viene raccontato come un ragazzino dalle passioni forti: le moto e il pallone; poi volenteroso a scuola e al lavoro, come assistente falegname in una bottega. La periferia ha assolto moralmente Salvatore: se stava li è perché le compagnie piú grandi, le cattive compagnie, ce l’hanno portato. Se la periferia assolve Salvatore condanna Thomas. Severo è il giudizio verso il diciassettenne, il ragazzo che incoraggiava il bambino a seguirlo, la devianza verso la delinquenza. A
guardare nella vita di Thomas non esce un quadro lontano da quello di Salvatore: finita la scuola dell’obbligo ha continuato a studiare, dopo la scuola la pizzeria dietro ad un pizzaiolo, stava imparando il mestiere. Tutti i taccuini dei giornalisti sono rivolti verso la mamma di Salvatore, una donna straziata dal dolore. Pochi sono quelli che vogliono sapere di Thomas, a loro la madre risponde con grande dignità, preoccupata da madre, delle sorti di un figlio come tanti qui a Secondigliano. La periferia metabolizza con difficoltà il dolore, e forse con distrazione crea il mostro; oggi purtroppo il mostro si chiama Thomas. Pochi pensano che se la vicenda, che nel napoletano ultimamente si ripete con una frequenza quasi ciclica, fosse accaduta quattro anni piú tardi, i ruoli sarebbero stati assegnati a diverse persone; ed ecco che Salvatore poteva essere lui il tredicenne che con un diciassettenne era alla ricerca di un motorino. In una periferia con poche possibilità di osmosi il poliziotto ne esce illeso, tutti dicono “se io avessi avuto una pistola vera avrei fatto lo stesso”. Cosi la pensa non solo la periferia ma buona parte della città. Davanti alla morte di un bambino c’è lo sgomento, davanti alla realtà napoletana troppo facile essere reazionari.

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