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Indy Financial Watch: La prima settimana dell'anno nuovo
by Sbancor Saturday, Jan. 11, 2003 at 3:40 PM mail: sbancor@hotmail.com

I mercati non hanno una direzione precisa. Bush prova il terzo piano per la ripresa in diciotto mesi. Sgravi ai ricchi. Ma la ripresa dell'economia americana non si vede. Mentre il rallentamento dell'economia europea si vede e come. Solo L'Oriente è d'oro!



La prima settimana del nuovo anno si è chiusa senza che i mercati azionari offrano ancora una direzione precisa. E ciò nonostante che G.W.Bush abbia premuto a fondo l'acceleratore sui famosi "stimulus", cioè incentivi fiscali che dovrebbero far ripartire l'economia U.S.A. E il terzo piano in meno di diciotto mesi. Il Piano Bush 3° prevede, tanto per non smentirsi, detassazioni e sgravi fiscali, che produrranno in dieci anni minor introiti per il fisco americano per 300 miliardi di dollari. L'ammontare complessivo del piano è di 674 miliardi di dollari, di cui una parte riguarda la concessione di sussidi a circa 800.000 disoccupati che ne sono rimasti privi per scadenza dei termini: la durata dei contributi passa da 13 a 26 settimane. C'è di che scialare, avrebbe detto ironicamente mia nonna, marchigiana doc.
In realtà il grosso degli "stimulus" riguarda i ricchi. E come tale il piano è destinato a fallire. Anche un idiota sa infatti che l'aumento di ricchezza dei già ricchi si traduce solo in minima parte in "nuova domanda", mentre i soldi ai poveri si traducono immediatamente in consumi. Ma forse l'obiettivo di Bush, che è idiota senz'altro, ma che comunque qualche economista che gli spiega le cose ce l'ha è di rilanciare non i consumi ma il valore delle azioni a Wall Street. Così i ricchi diventano ancora più ricchi!
Il vero nemico di Wall Street oggi è il dollaro che scende. Soprattutto per gli investitori esteri che calcolano venalmente non solo i guadagni o le perdite dei titoli americani, ma il loro controvalore in dollari. Ed il dollaro è dannatamente debole. C'è chi dice che così si sistema la bilancia commerciale, aiutando l'export delle industrie U.S.A. Baggianate! Le multinazionali americane stanno in tutto il mondo e quindi hanno una gestione della valuta diversa per ogni "area monetaria". Per esempio l'I.B.M. Italia, che vende in tutto il bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente, fattura in euro, quindi è legata al valorte dell'euro e non del dollaro.

Con buona pace delle teorie neo-imperialiste, le multinazionali non sono legate a una valuta, ma al mix dei cambi degli stabilimenti dove producono. Il che rende i calcoli, e le politiche monetarie assai più complicati.
Comunque la settimana si chiude con l'euro che vale 1,0484 dollari. Era a 0,995 il il 2 dicembre 2002.
Essendo l'economia europea meno internazionalizzata di quella americana, la forza dell'Euro penalizza il nostro export, soprattutto verso l'America.
E d'altra parte tutti gli indicatori della settimana che riguardano l'economia U.S.A. sono stati largamente insoddisfacenti.
Gli investimenti mostrano cenni di cedimento, dopo il rialzo estivo, i consumi reggono ancora, e vero, ma i sussidi alla disoccupazione restano superiori a 400.000 unità (media mobile) che il valore che segna ancora recessione, sono in calo gli ordini per i servizi.: l'indice ISM swcende oltre le aspettative da 57,4 a 54,7.

Il dollaro per la prossima settimana probabilmente si stabilizzerà , ma comunque l'euro rimarra sopra la parità. Se consideriamo che il 98% dei cambi non riguardano scambi di merci, ma pure transazioni (speculazioni) finanziarie, allora ci rendiamo conto che stiamo davvero "ballando con i lupi!". E come finirà la danza è difficile da prevedere. Se scoppia la guerra in Irak, ad esempio, il dollaro si rafforzerà, come moneta rifugio, l'oro pure, mentre inizialmente le borse crolleranno e il prezzo del petrolio salirà bruscamente. Se la guerra si allontana nel tempo avverrà il contrario.

Non ci sono rilevanti dati attesi per i prossimi giorni, quindi i mercati valutari e azionari saranno più sensibili alle così dette "news unscheduled", le notizie non previste.

In Europa sono la Germania e l'Italia a mostrare i segni di rallentamento più forte.

Insomma: "niente di nuovo sul fronte occidentale". La ripresa dell'economia USA non si vede ancora, mentre il rallentamento dell'economia europea si vede e come.

Le uniche due locomotive mondiali sono la Cina (+7,5% di crescita prevista del PIL) e l'India che quest'anno crescerà di circa il 6%. Come dire: "L'Oriente è d'oro!"

Buona domenica.



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