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milano: il manifesto sul corteo di ieri contro la Moratti | ||
by info Tuesday, Mar. 25, 2003 at 2:59 PM | mail: | |
"Fermate guerra e Moratti". 50 mila persone, docenti e studenti, sfilano a Milano per la pace, per il contratto e contro la riforma scolastica. Molti gli studenti universitari, che trovano l'ateneo sbarrato e lanciano al rettore un ultimatum: «Vogliamo l'aula magna per oggi, altrimenti disobbediremo». Adesione record allo sciopero.
Anche ieri Milano ha avuto il suo corteo contro la guerra. Grosso, 50 mila persone di tutte le età. Colorato d'arcobaleno e di bandiere sindacali. Punteggiato dalla fantasia di centinaia di cartelli fatti in casa. Diverso dai precedenti solo per il nome ripetuto in tutte le salse. Quello di Letizia Moratti, che come la guerra va «fermata». Il no alla guerra ha invaso lo sciopero della scuola, proclamato da tutte le sigle sindacali per il contratto e contro la riforma Moratti. Una contaminazione «naturale», perché la scuola è luogo di pace per eccellenza, dice il segretario della Cgil scuola Enrico Panini, che ha chiuso la manifestazione in piazza Fontana. In Lombardia, come ovunque, l'adesione allo sciopero è stata «da record». Una robusta coda di studenti chiudeva il corteo regionale degli insegnanti. In via Larga studenti e Cobas hanno deviato verso l'Università statale. Trovato l'ingresso sbarrato dalla polizia, hanno dato l'ultimatum al rettore. Se entro domani non concederà l'aula magna, se la prenderanno: «Se sarà necessario, saremo disobbedienti». Margherita Moles, insegnante di lettere alla scuola media di Artogne (Valcamonica), si è ispirata ai disobbedienti per legare la pace allo sciopero. «Con i disobbedienti per disobbedire alla Moratti», ha scritto sul suo cartello. «Loro si sono messi sui binari per fermare la guerra, noi cerchiamo di boicottare la riforma e speriamo di riuscirci». La guerra è entrata in classe con le poesie lette dalla professoressa, i ragazzi hanno discusso e «autonomamente» hanno deciso d'appendere in aula la bandiera arcobaleno. «Adesso che la guerra c'è, continuiamo a discutere, convinti che ogni parola spesa per la pace abbia comunque significato». Oltre a discutere, fare qualcosa «con le mani» aiuta a vincere il senso d'impotenza. Ad esempio, lo striscione della media Primo Levi di Baggio - «Noi contro la guerra, noi per la difesa della scuola pubblica» - dipinto di fresco nel fine settimana dalla prof di educazione artistica e da alcuni alunni. Agostino, insegnante di educazione musicale, sfila facendo lavorare le mani. Confeziona aeroplanini di carta colorata che non trasportano bombe, ma messaggi. «L'obbedienza non è una virtù» c'è scritto su quello che ci regala. Una trentina di manifestanti agitano un enorme lenzuolo di plastica grigia con teschi, missili e la scritta «No alle bombe». E' opera di un creativo, «noi - dice una prof - siamo docile manovalanza». Complimenti alla prof dell'istituto d'agraria di Brescia per il suo cartello: «Il miglior modo per vincere la guerra è non farla». Lei, ad abundantiam, recita a memoria una poesia sui cieli di Baghdad, «l'ha scritta un mio collega che nel `91 era là sotto le bombe». Qualche slogan gioioso riesce a bucare la cappa dell'angoscia. «Pace, amore, fantasia, la scuola più bella che ci sia». Dino Montecorboli, ex sessantottino espulso dalla Cattolica, fa l'uomo sandwich. Visto da davanti, dice che «l'Italia ripudia la guerra e la riforma Moratti». Visto da dietro, recita «Bush e Moratti, bombe e misfatti». Il paragone non gli sembra troppo hard, «la riforma Moratti vuole una scuola che produca ingranaggi per il sistema, noi vogliamo una scuola che educhi cittadini per la pace». |
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