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la storia di Muhammad Said Al-Sahri
by ___ Tuesday, Jul. 08, 2003 at 6:21 PM mail:

la storia dell'ingegnere siriano, ucciso a damasco, dopo essere stato rimpatriato dall'Italia dall'unita'

«Ecco perché Mohammad rischia la vita»
di Maura Gualco

Allo Stato italiano non risulta che Mohammad Al Sahri rischi la sua vita? A noi, invece, risulta proprio il contrario. Due elementi fondamentali ci fanno propendere per questa conclusione. Primo: il signor Al Sahri fa parte di un’organizzazione di nome “Fratelli Mussulmani”. Secondo: questa associazione ai sensi della legge siriana 7 luglio 1980 articolo 49 è fuori legge e ciascun membro ad essa appartenente «riceverà una condanna di morte». Un modo per salvarsi, Mohammad lo avrebbe avuto: dissociarsi dalla organizzazione entro un mese dalla sua entrata in vigore. Ma non lo ha fatto.
Mohammad viveva ad Hama, un’antica città siriana considerata dal regime di Assad la roccaforte dei Fratelli Mussulmani. E da loro stessi, la città santa dei mussulmani sunniti. Per dodici lunghi anni di rivolte sedate con la forza, i sunniti che rappresentano il 70% della popolazione siriana, cercano di liberarsi del “Leone di Damasco” e del suo regime. La tensione si intensifica verso l’inizio degli anni ‘80, quando massacri veri e propri si consumano senza processi, senza regolari sentenze. Mohammad sopravvive e senza abiurare la causa, continua a battersi contro il regime. L’escalation di violenza prosegue senza tregua fino al due febbraio del ‘82, quando nella notte, i carri armati circondano Hama e una pioggia di bombe si abbatte sulla roccaforte dei ribelli e sulle case dei civili. Dopo un paio di giorni, tra le rovine della città natale di Mohammad, si raccolgono oltre diecimila corpi. «Vivevo a Homs, a una trentina di chilometri da Hama - racconta da Londra Salim Al Assam, presidente dell’Associazione dei diritti umani in Siria - Abbiamo saputo di quel che era successo i giorni successivi, quando da Hama arrivarono alcuni sopravvissuti e ci raccontarono del massacro. Soltanto più tardi - prosegue Al Assam - andai a vedere ciò che ne era rimasto. Tutto distrutto: case, ospedali, musei. La città era stata rasa al suolo». Conosceva Mohammad? «Sì, all’epoca aveva circa 24 anni e diversamente da me, faceva parte dei Fratelli Mussulmani. Dopo il massacro andò in Giordania e da lì faceva su e giù con l’Iraq». Conosceva anche sua moglie? «Sì - risponde Al Assam - all’epoca avrà avuto 14 anni e tutta la sua famiglia dopo la distruzione di Hama era ricercata: perciò fuggì. Prima in Giordania, poi in Inghilterra». Ma sulla partecipazione di Mohammad all’organizzazione considerata «criminale» dal governo di Damasco, chi può confermarlo meglio degli stessi Fratelli Mussulmani? Ali Sadruddin Bayanouni è il suo capo generale e da Londra dove è rifugiato, invia una lettera. «Certifico che Mohammad Said Al Sahri (Hama 1958) è un membro dell’Organizzazione Fratelli Mussulmani. Molti membri dell’Organizzazione, in base alla legge del 7 luglio 1980 furono condannati a morte. Più di 17mila sono scomparsi nelle prigioni siriane e si ha motivo di ritenere che siano stati uccisi. Tale legge è ancora in vigore».
Cos’altro serve per dimostrare che Mohammad, grazie ai nostri funzionari di polizia, rischia di morire? Una regolare sentenza di condanna della Corte di Cassazione passata in giudicato? Laggiù la Cirami non esiste. E i metodi non sono esattamente quelli di uno stato di diritto. Enzo Guolo, professore di sociologia delle religioni all’Università di Trieste da anni studia la storia dei Fratelli Mussulmani e dei loro rapporti con il regime siriano. «Si chiamano le regole di Hama: in Siria non ci sono procedure. Il regime di Assad, laico e nazionalista è sempre stato avversario dei movimenti islamisti come “I Fratelli Mussulmani”. Poi - prosegue il professor Guolo - lo scontro culminò con il massacro di Hama, città rasa al suolo. Per quello si usa dire “la regola di Hama”. Negli ultimi anni anche il figlio di Assad ha seguito la politica del padre e della vecchia guardia militare che fa valere la “regola di Hama”». Questi signori ritenuti fuorilegge vengono processati? «I processi nel senso come noi li consideriamo - risponde il docente - non mi risultano. Ma anche in Iraq succede la stessa cosa, non ci sono regole democratiche».

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