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Diario di bordo da Riva del Garda
by Elena Thursday, Sep. 04, 2003 at 11:48 AM mail:

Volti, testimonianze parole di «quelli» che vanno a discutere su nuove forme di democrazia

LA PARTENZA

Stazione, ore 16.30. Il ritrovo è previsto per le 16.45. Sotto la pensilina della stazione ci sono Tommaso, Silvia e altri «disobbedienti» che hanno organizzato la prenotazione delle carrozze. Scambiamo due chiacchiere, beviamo un caffè insieme, mentre un giornalista de «Il Trentino» fa da spola dall'uno all'altro cercando di carpire notizie, opinioni, etc....Lo guardo: occhialetti, capelli corti, zainetto con scritto «Trentino» (l'insegna del giornale?) e una faccia da giornalista. Non mi piace. Ridiamo dopo che ci ha fatto una foto di gruppo, come le scolaresche in gita. In realtà poi la prima impressione si smussa -ma solo un pò- in treno, dove si aprono discussioni con gli altri del gruppo, che sottopone ad interviste, per poi dire la sua sul movimento (in seguito alla «controdomanda» di un ragazzo, Francesco), riconoscendo ad esso il merito, pur tra errori, di aver fatto emergere tematiche prima oscure all'opinione pubblica. E mentre questo treno scorre c'è una presenza/assenza che mi segue in questo viaggio: con me doveva venire Chiara, una ragazza appena diciottenne conosciuta al VSF: solo ieri mi ha comunicato che non veniva perchè sua madre è troppo in apprensione. Chiara è in gamba. L'ho vista solo una volta e l'ho subito capita. Nel pomeriggio di ieri ci siam scambiate messaggi e mi ha assicurato che continuerà ad essere «militante» anche stando «in casa».

Mia sorella minore ha quasi la sua età e pure lei è una che segue le notizie, mi segnala gli articoli, le manifestazioni...rifletto sul fatto che alla loro età io, come la maggior parte dei miei coetanei, non pensavo che alle versioni di latino, mi nutrivo delle trasmissioni pomeridiane di ITALIA 1 e non sapevo nulla o quasi del mondo. Penso anche alle mamme delle tante Chiare -e alla mia- che hanno paura dei controvertici come questo, ed è anche in certa misura comprensibile, ma non temono il bombardamento continuo a cui il cervello dei loro figli è sottoposto quotidianamente dai mass media, e a cui le Chiare con più senso critico cercano di sfuggire.

Il giornalista ascolta attento ciò che Tommaso, Maya e gli altri gli raccontano riguardo alla questione delle case occupate a Venezia e dintorni: ne è molto colpito. Soprattutto, credo, lo colpisce la precisione e la competenza che i ragazzi dimostrano, la dedizione con cui portano avanti le battaglie, quella della casa così come altre. Insomma, non si tratta di organizzare solo manifestazioni, per quanto queste siano importanti per la visibilità. Qui ci sono ragazzi, alcuni molto giovani, che lavorano concretamente, si mettono in gioco completamente alle volte ponendo a rischio la propria persona.

Prego perchè il giornalista non mi interpelli, ma non sfuggo alla sua morsa: mi fa un pò di domande su chi sono, cosa faccio. Non mi va molto di parlare, soprattutto all'inizio rispondo a monosillabi. Poi non resisto e gli chiedo se lui, giornalista, conosce megachip. Risponde di no, poi rammenta del convegno, ma è evasivo, non pare interessato. Venuto a sapere che vorrei diventare giornalista -aihmè, mi sono «sbregata», come si dice in Veneto- esclama convinto «ma allora chiedi di lavorare a La Nuova!». Capisco che non ha capito. Mi limito a ridere sperando che trovi altre «vittime» e finalmente il cambio di treno a Verona mi salva. Scendiamo, noto che il gruppo, dai 7/8 che eravamo in partenza, si è ingrossato di molto (forse una cinquantina?).



Ore 19.20. Riparte un treno zeppo di zaini, tappettini da campeggio, piercing e tanto fumo. Alle 20.30 circa arriviamo a Rovereto dove ci aspettano le corriere per Torbole e il suo campeggio. La corriera tarda a partire e, dietro di me, Tommaso, Marco e Francesco ammazzano il tempo sfoderando una barzelletta dopo l'altra...»posso scrivere che raccontavate barzellette?» «Basta che non racconti quali!!». Finalmente si arriva e finalmente si mangia, dopo aver montato le tende: il campeggio è dotato di una pizzeria in cui tutti si riversano e che più tardi diventerà la sede dell'assemblea dei «disobbedienti».

Ma prima, fra un boccone e l'altro, chiacchiero un pò con Silvia, Federico e Marisa, anch'essi molto giovani, attorno ai vent'anni. In particolare Silvia, capelli lunghi e sorriso pacifico, mi racconta che studia scienze politiche e con entusiasmo dice che si specializzerà in cooperazione e sviluppo. Queste sono le facce di Riva del Garda. Giunge l'assemblea: Luca Casarini e Wilma Mazza danno le ultime direttive ai ragazzi e poi si va tutti a dormire, ci aspettano giorni intensi. Un unico rammarico in questa giornata scivolata via leggera e impegnativa al contempo, giornata a cui non sfuggono le contraddizioni: lo sguardo scivola inevitabilmente in basso, sospinto dal sonno e noto molte, troppe scarpe adidas...

Prima di dormire chiacchiero a lungo con Federico, diciannovenne appena diplomato, che mi racconta dei suoi trascorsi di attivista politico nell'ambiente studentesco veneziano. Mi complimento con lui, gli faccio capire la mia stima, e ancora il mio pensiero corre a Chiara, a mia sorella Anna e a me stessa diciottenne.

Penso anche alla demonizzazione che i mass media han fatto del movimento, passando in secondo piano queste facce questi occhi pensanti, questi più o meno adolescenti che perdono tempo ed energie a studiare i GATTS, la Carta Costituzionale europea e far conoscere queste cose alla gente. Di QUESTO ha paura il cosiddetto «potere». Di noi, di questi ragazzi che non sono succubi della logica del «Grande Fratello», che sono sfuggite alle maglie di questa logica per un misterioso processo alchemico che «i potenti» non riescono ancora a capire e nel frattempo non riescono a far altro che usare la repressione, la risposta più facile, più rapida.

Elena Pilon - Megachip




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