i maschi del senato si scatenano
da "il manifesto" di oggi
Il maschio sfogo dei senatori Tra risate e urla «da trivio», come sottolinea la diessina Pagano, il senato caccia chi contesta la legge sulla procreazione assistita. La Mussolini chiede la messa in onda della seduta, ma Pera tace e Casini se la prende con l'invasione di campo delle deputate. Breve storia delle volgarità del nostro parlamento GIOVANNA PAJETTA ROMA Il più classico, «troia!», pare che questa volta non l'abbia gridato nessuno. Ma non ci si può giurare visto che, come raccontano le protagoniste, al loro arrivo il senato è praticamente esploso. Urla, strepiti ma soprattutto raffinate osservazioni del tipo «Siete contro la legge perché volete continuare a farvi scopare». O, inchinandosi al fatto che si trattava di deputate, «Altro che camera, voi siete da camera da letto». «Di battute maschiliste, quando questa legge era a Montecitorio ne ho sentite in abbondanza, ma tassi di volgarità così...» racconta la diessina Katia Zanotti. E se lei preferisce attribuire l'accaduto «alla cultura di destra», Alessandra Mussolini ci tiene a mettere i puntini sulle «i». «Sì, è vero, i senatori che ci hanno insultato erano per lo più del centrodestra - ammette la deputata nazionalleata, che testimonia, con la socialista Chiara Moroni, la trasversalità della battaglia contro questa legge - Ma gli altri ridevano, il che forse è pure peggio». Non sono certo le uniche a rimanere scosse dall'accoglienza dei senatori. Basta pensare che, quando il presidente di turno, Lamberto Dini, sospende la seduta e caccia le sgradite ospiti dalla tribuna di palazzo Madama, persino un leghista duro e puro come Roberto Calderoli si sente in dovere di precipitarsi in sala stampa a fare le sue scuse. Peccato che il suo rimanga un gesto isolato. Perché quando la seduta riprende, Dini bacchetta proprio le deputate, colpevoli di aver rotto il galateo istituzionale con un gesto che «non ha precedenti». E alla diessina Maria Grazia Pagano che interviene contro le «battute da trivio», risponde indifferente che «nella confusione non credo che siano stati molti ad aver sentito ciò che alcuni senatori possono aver detto». Quando un'ora dopo le contestatrici portano alla camera le loro magliette rosa con la scritta «Nessuna legge contro il corpo delle donne», le cose vanno giusto un po' meglio. Forse già avvertiti dal tam tam delle agenzie, i deputati si limitano a gridare «boo, boo» e a qualche schiamazzo più politically correct. Qui a presiedere c'è un diessino, Fabio Mussi, e la goliardia sfuma nel paternalismo. «Onorevole Bonito - dice scherzoso Mussi a chi sta intervenendo - alle sue spalle c'è un corteo di colleghe». «Temo, presidente, che non siano qui per me» risponde a tono Bonito. E tutti se la ridono sul finale di Mussi: «Forse per un attimo lei lo ha sperato...». Anche qui comunque, le deputate diessine, di Rifondazione ma anche del centrodestra, come Alessandra Mussolini e Chiara Moroni, vengono espulse dall'aula. E i loro colleghi maschi, probabilmente tirano un sospiro di sollievo.
Perché in realtà, basta sfogliare qualche cronaca per scoprire che il savoir faire di ieri è un'eccezione, non certo la regola. Maura Cossutta racconta ad esempio di quando, mentre lei stava intervenendo veemente contro il lodo Schifani, l'onorevole Menia, di An, l'ha interrotta con brutale «taci, troia». «Adesso il caso è all'ufficio di presidenza - dice la deputata del Pdci, che tempo prima si era dovuta sorbire un bel `taci, gallina' dal leghista Cè - Io mi sono rifiutata di accettare delle scuse pro forma, penso che la misoginia sia un problema di cultura democratica, altro che scortesia». Poi ci sono le cose dette a mezza bocca, i gesti o le frasi apparentemente pronunciate per il vicino di banco, ma in modo tale che tutti, o meglio tutte, le vedano. «Ricordo quel che è successo a me e alla Titti Valpiana durante la discussione sulla Bossi Fini e l'immigrazione - ricorda Katia Zanotti - Mi pare che in quel momento a parlare fosse lei, e Ignazio La Russa si è platealmente toccato lì, e ha detto ai suoi `a loro piace che arrivino i negri, perché ce l'hanno grosso'. Glielo abbiamo letto sulle labbra, anche perché lui ha fatto di tutto perché lo vedessimo». E per chiudere in modo bipartisan , val la pena di ricordare come quando Carolina Lussana si batteva a spada tratta contro l'indultino, fu il deputato dello Sdi Buemi ad aggredirla in malo modo (anche se di questo «troia!» non c'è conferma diretta).
«Che ci sia un fondo di maschilismo è evidente, basta vedere qual è la percentuale di donne parlamentari» commenta, tra il rassegnato e il benevolo Chiara Moroni. Ventottanni, alla sua prima legislatura, la giovane socialista si è battuta strenuamente quando la legge sulla procreazione era alla camera. Anche contro i suoi colleghi della Casa delle libertà, ovviamente. E anche adesso ci tiene a parlare di politica, non di quello che definisce «un atteggiamento che io dò un po' per scontato, in fondo è ovvio che i parlamentari, che sono eletti dal popolo rispecchino così tanto la società in cui viviamo». Ma chi ha più esperienza, e per fortuna meno assuefazione di lei, questa volta proprio non ci sta. «Quello che è successo oggi è gravissimo, senatori che insultano con linguaggio da caserma delle parlamentari non si era davvero mai visto - protesta in serata, ancora fuori di sè Alessandra Mussolini - Altro che brusio, come ha detto Lamberto Dini, gli insulti e le volgarità si sono sentiti benissimo». E sarebbe il caso che li sentissero anche gli elettori. «Chiedo a Marcello Pera, presidente del senato, di autorizzare la messa in onda della seduta di oggi (ieri per chi legge, ndr) - prosegue implacabile la deputata di An - Il 51 per cento dei cittadini elettori è donna, decideranno poi loro come comportarsi, cosa fare alle prossime elezioni».
Ma l'unica risposta «istituzionale» arriva a fine giornata da Pierferdinando Casini. «Con riferimento ai disordini occorsi al senato desidero ricordare che si richiede a chi assiste alle sedute lo scrupoloso rispetto delle regole» proclama solenne il presidente della camera, tra gli applausi dei banchi della maggioranza. Concludendo con involontaria gaffe: «Noi non siamo diversi ma siamo come gli altri cittadini. E come tali siamo tenuti a comportarci».
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