Anche la Chiesa cattolica in Bolivia è sollecitata dalla rivolta popolare a fare pressione sul presidente perché abbandoni la via della repressioni e rinunci.
E' ciò che hanno fatto la Conferenza episcopale e la pastorale di Bolivia a due riprese la scorsa settimana, chiedendo di "ascoltare il dolore del popolo di Dio" e ieri, quando monsignor Jesùs Jùarez ha invocato in epistola, rivolgendosi in primo luogo alle "autorità temporali": "In nome di Dio cessino con la violenza, non possiamo continuare ad ucciderci tra boliviani".
Molto più radicale la dislocazione della chiesa di base. Nel grande agglomerato di sobborghi e bidonvilles di El Alto, i religiosi e i laici hanno scritto una lettera unanime al presidente "Goni", che suona così: "Chiediamo la rinuncia del Presidente... ha accumulato tanti errori che oggi non può pacificare il Paese".
Il venerato padre indigeno Willi Flores ha letto davanti ai giornalisti un comunicato di tutti i prelati che in Bolivia comunicano sotto l'immagine di un Cristo dal viso indio, un comunicato che termina col motto evangelico: "Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché questa sarà saziata".
Stanotte, a Cochabamba, s'è vista la seguente scena: un gruppo di monache vegliava al centro della piazza grande, davanti alla folla in tumulto, tra candele e immagini del Cristo indio, pregando il Cielo perché "ascolti il lamento del suo gregge". I militari le hanno bastonate a sangue, poco prima di provare a disperdere i manifestanti a raffiche di fucile d'assalto...