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BOLIVIA, ULTIME NOTIZIE (STREAMING RIPRESO)
by anubi Tuesday, Oct. 14, 2003 at 8:06 PM mail:

Alle 13 e 30 ora di La Paz la situazione sembra questa, scorrendo i pochi notiziari dei siti indipendenti ed ascoltando la Red Erbol ritrasmessa da Aire Libre di Rosario grazie alla rete satellitare delle radio comunitarie latinoamericane:

Le città di La Paz ed El Alto sono state investite oggi da una nuova fase dello scontro col presidente Sànchez de Lozada e della protesta sociale.
Più che il confronto diretto con le truppe dispiegate in soccorso del presidente, ha contato la moltiplicazione degli assembramenti e il blocco totale delle attività e della circolazione. Dopo un'ultima sanguinosa ondata di scontri tra questa notte e l'alba, le folle delle periferie della capitale cui si sono aggiunti oltre quindicimila tra minatori e contadini aymara dell'Altiplano si sono attestate nel controllo di tutti i quartieri della città tranne il centro politico formale di San Francisco e di Plaza Murillo e il quartiere meridionale ricco in cui ha sede la residenza privata dello stesso capo dello stato.

Verso mezzogiorno, simultaneamente, decine di funerali collettivi si sono svolti così in strada, davanti alle chiese dei sacerdoti popolari.
Nessuna circolazione nelle avenidas di La Paz, porte e finestre decorate a lutto con drappi neri in tutti i barrios, bandiere nazionali a mezz'asta ad ogni palazzo
e tra le baracche.
Il terribile presidio militare del centro della capitale, che ha fatto la gran parte dei 32 morti ammazzati contati in tutto il Paese solo tra l'alba di lunedì e quella di oggi, è stato così trasformato in un presidio assediato dal silenzio, da un cerchio di vigili barricate e dall'isolamento totale dal resto dello Stato.
Ancora funebre è stato il corteo di alcune migliaia di vicini, della Confederacion Obrera Regional e dell'Asociacion de Juntas Vecinales di La Paz ed El Alto che poi ha finalmente rotto il blocco ed ha marciato sin sotto la sede vuota del governo, onorando in Plaza Murillo salme fatte confluire dalle morgues di vari ospedali.

Santa Cruz, Cochabamba, Potosì, Oruro, Yapacanì, il tropicale Chaparé e le terre del Vermejo meridionale si sono sollevate tutte a loro volta da stamane, unendo cocaleros, operai, contadini indios, studenti e insegnanti, classe media del commercio minuto e dell'impiego pubblico, producendo centinaia di blocchi di ogni grande arteria autostradale della Bolivia.
Tra la capitale, i porti e le frontiere non è passato nulla, nemmno finora i due minacciosi contingenti di unità speciali mobilitati dalle basi frontaliere associate ai "consiglieri" militari statunitensi e cileni.

L'unità delle organizzazioni sociali non è stata scalfita dal volto duro mostrato da ieri dal presidente, dalla sua scelta di accusarle di sedizioni e dallo scatenamento della repressione militare: la Central Obrera de Bolivia, la Confederacion Sindacal Unica de los Trabajadores del Campo de Bolivia, i movimenti dei cocaleros, l'Assemblea delle Juntas comunitarie dell'Altiplano, di El Alto e di La Paz, gli stessi governi locali della maggioranza delle regioni tra cui quella del Vermejo, principale territorio di produzione del maledetto gas naturale che il "Goni" voleva esportare "liberamente" nei mercati del NAFTA controllati da Washington e dai suoi amici del clan Bush, non si dividono.
Chiedono tutte le dimissioni di Gonzalo Sànchez de Lozada, una consultazione popolare immediata, formale e deliberativa sul destino degli idrocarburi nazionali, il controllo pubblico sulle esportazioni e sull'industrializzazione del gas e del petrolio.

Paz Zamora, leader del MIR, cosiddetto di centrosinistra, nonostante la rottura del vicepresidente Mesa e le dimissioni del ministro economico Torres contro il "gringo" presidente, gli ha garantito ieri la continuazione dell'appoggio del partito, poco dopo il "pronunciamiento" del Dipartimento di Stato statunitense. Ma il capogruppo del partito lo ha smentito oggi, intervistato poco fa da radio Red Erbol, ponendo quattro condizioni al governo in testa alle quali le dimissioni del capo dello stato e per secondo il referendum.
La destra "liberale" della FNR, invece, non ha smentito la sottrazione alla coalizione governativa annunciata ieri: semplicemente ha visto le dimissioni dei suoi tre ministri, ed ora la leadership detenuta da un militare cerca di barcamenarsi.
Per questo il presidente Sànchez de Lozada ha convocato un inedito gabinetto nella sua casa privata sotto assedio: ancora non se ne sa nulla.

L'arcivescovo di El Alto in persona gli ha chiesto oggi a sua volta, con un messaggio radiofonico, le dimissioni e la cessazione immediata della "costante violazione dei diritti umani" e della "brutale repressione militare" contro "il dolore del popolo" che ha "sete di giustizia".

L'Università Pubblica di La Paz pare continui ad essere un motore di rivolta, tutta barricata e diventata punto d'incrocio di tutte le forme cooperative della ribellione, dalla distribuzione di bandiere all'organizzazione di soccorsi in medicinali agli ospedali in emergenza.
Questi ultimi, intanto, testimoniano di continuo alle radio la sanguinosità della repressione, rendendo incerto il numero dei morti: 62 da sabato tra El Alto e La Paz, e in misura molto minore tra Santa Cruz e Cochabamba. Raccontano di centinaia di ferite, decine e decine molto gravi: troppo per la scarsità di personale e farmaci di pronto soccorso. E portano ulteriori voci dei familiari: di almeno quaranta "desaparecidos" nel corso della giornata di ieri e della nottata, presi o feriti dai militari che li hanno portati via nei "caimanes", le blindo veloci.

La televisione di Stato e di regime continua a tacere da ore, paralizzata dall'ingovernabilità dei giornalisti. La cattolica Red Erbol, Radio Santa Cruz, Radio Cochabamba, Radio Pachamama del Altiplano e le altre emittenti comunitarie continuano invece in collaborazione la diretta continua sulla protesta e la repressione, concatenate in Red Erbol, ritrasmesse da Aire Libre dall'argentina Rosario, rilanciate sul satellite della rete di reti radiofoniche comunitarie dell'America Latina, Aler Satelitar, e uidibile in streaming attraverso indymedia.

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