G8, no global tutti assolti
Il gip di Genova scagiona i 93 manifestanti accusati di associazione a delinquere Cade l'ultima accusa «Usciamo da questa vicenda a testa alta. Non altrettanto i poliziotti che parteciparono a quell'operazione. Alcuni dei quali addirittura promossi» AUGUSTO BOSCHI GENOVA Non sono stati acquisiti elementi ulteriori dai quali possa emergere la partecipazione degli indagati o di alcuni di essi a un'associazione finalizzata al compimento di atti di devastazione e saccheggio nei giorni nei giorni immediatamente precedenti il loro arresto». Così il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Genova Anna Ivaldi ha scagionato i 93 uomini e donne che si trovavano nella palestra della scuola Diaz la notte dell'irruzione dall'ultima accusa che gli era stata appioppata: associazione a delinquere ai fini del saccheggio e della devastazione, ovvero di fare parte del blocco nero. Le altre accuse, quelle di resistenza e di possesso di armi e materiale esplodente si erano già sbriciolate, archiviate per l'impossibilità di «attribuire agli indagati reati specifici», ma anche perché mancavano gli elementi di prova e perché gli ordigni esplosivi -le due molotov sequestrate dopo il blitz ed esibite a mo' di trofeo il giorno dopo in conferenza stampa - sono metaforicamente esplose nelle mani degli stessi poliziotti che alla Diaz le hanno portate e che hanno firmato il verbale di sequestro finendo a loro volta nel registro degli indagati. Un episodio che il gip non manca di ricordare in un inciso dell'ordinanza che stabilisce che il materiale sequestrato alla Diaz (attrezzi di un cantiere edile adiacente, capi di abbigliamento, assorbenti, telefonini) «non costituisce di per sé elemento sufficiente a fondare l'ipotesi di sussistenza del reato associativo attribuito a un gruppo di 93 persone, di provenienza geografica diversa, di età diversa e di appartenenza ad associazioni politiche diverse». E così il capitolo della Diaz relativo all'inchiesta sui manifestanti si chiude definitivamente. Una chiusura più che scontata, dal momento che l'archiviazione era stata richiesta dai pm Anna Canepa e Andrea Canciani, titolari dell'inchiesta sui black bloc. Adesso, secondo il Comitato verità e giustizia per Genova, è l'ora che Silvio Berlusconi e Claudio Scajola, che da ministro dell'Interno, presentò il blitz con termini trionfalistici, chiedano scusa: «Quel blitz illegittimo, brutale e condotto compiendo falsificazioni di ogni tipo - commenta con un comunicato il Comitato -, è una delle pagine più nere nella storia delle nostre forze dell'ordine in epoca repubblicana. Non c'è nulla di cui vantarsi». «Abbiamo dovuto attendere due anni e mezzo, ma con l'ordinanza di proscioglimento per l'ultima accusa rimasta, usciamo da questa vicenda a testa alta. Non si può dire altrettanto per i poliziotti che parteciparono a quell'operazione - commenta Lorenzo Guadagnucci, giornalista, membro del Comitato Verità e Giustizia per Genova -. Chi eseguì materialmente tutte le violenze si è salvato per avere agito a volto coperto: gli agenti erano mascherati e non è stato possibile identificare nessuno dei picchiatori. Oggi sono sotto inchiesta capisquadra, funzionari e dirigenti, in tutto trenta persone: saranno probabilmente processati».
«Provo vergogna al pensiero che molti di loro, nonostante l'inchiesta aperta e il processo in arrivo, siano stati addirittura promossi a incarichi ancora più prestigiosi e delicati», conclude Guadagnucci.
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