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Domenica 22 febbraio, alle 14.30 circa, sei volanti della polizia entrano nel campo rom, alla periferia est di Roma, per inseguire una macchina rubata. I poliziotti sparano dei colpi in aria e la gente inizia ad uscire dalle baracche e a protestare. A questo punto le volanti si bloccano, la macchina inseguita fugge via, ed inizia un pestaggio a donne e uomini, con manganelli e calci della pistola, che dura cinque minuti. I bambini assistono alla scena terrorizzati. I pestaggi si spingono fin dentro le baracche, dove viene distrutto e buttato all'aria ciò che capita.
Alle 15 arrivo al campo per portare i bambini ad una festa di Carnevale, e subito mi rendo conto di ciò che è appena successo. Diverse donne mi mostrano le ferite per le percosse ricevute. Una signora anziana, anche lei picchiata, mi fà entrare nella sua baracca per mostrarmi i danni alle sue poche cose.
Ben presto arriva un'ambulanza con alcune volanti di carabinieri. Questi ultimi si mostrano disponibili a ricevere eventuali denunce contro i poliziotti, ma molti tra vittime e testimoni non hanno il permesso di soggiorno e così non osano nemmeno avvicinarsi.
L'intenzione generale è quella di denunciare i fatti alla stampa.
Diverse donne sono costrette a recarsi al pronto soccorso, ma quasi tutte rifiutano il ricovero per paura. Le uniche due che lo accettano, vengono arrestate poco dopo dagli stessi poliziotti che le hanno picchiate, e portate in questura. L'accusa è violenza, aggressione e resistenza a pubblico ufficiale. Il giorno successivo vengono scarcerate ma rinviate a giudizio.
Una signora, madre di diversi bambini e pestata dalla p.s., mi ha confessato che i picchiatori sembravano fuori di sè, "drogati".
Quando a sera riportiamo i bambini dai genitori, c'è chi ci chiede aiuto. Una delle donne arrestate si trova in caserma senza neanche il latte per il suo piccolo, e c'è la paura che i poliziotti possano tornare nella notte, vosto che lo hanno minacciato affermando di "divertirsi a picchiare gli zingari".