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Intervista al partigiano Mario Bonfigli
by elisabetta Friday, Apr. 23, 2004 at 8:51 PM mail:

Prese il nome di “S. FAUSTINO” come la località dove ci riunimmo la prima volta e poi si chiamò “PROLETARIA d’URTO”.

Intervista a Mario Bonfigli
Formazione San Faustino - Proletaria d’Urto.

3-Che tipo di opposizione civile e sociale operaia-contadina-intellettuale emerge -se cio' accade-durante il ventennio? Che ruolo hanno i giovani in questa reazione al regime fascista? Clamoroso fu l'episodio delle scritte fatte da due giovani antifascisti perugini Primo Ciabatti e Riccardo Tenerini il 6 giugno del 1941 e che suscito' una reazione molto dura delle autorita' di polizia....

M. B. -“Bisogna dire che con l’inquadramento che il fascismo dava alla popolazione, i giovani balilla, gli avanguardisti e poi i militari, tra i giovani non c’era una grossa ribellione proprio perché erano stati allevati con quella idea. Indubbiamente l’atto di quei due giovani (Tenerini e Ciabatti) ha creato una forte ripercussione sulla massa della popolazione che era fascista, più che per convinzione, per “lasciamo stare”. Ci voleva la tessera per lavorare, ci voleva la divisa per occupare certi ruoli, io stesso ho dovuto indossare la divisa anche se dentro di me ero contrario, altrimenti all’università non avrei potuto dare gli esami. I fatti di Tenerini e Ciabatti ebbero molta risonanza, non solo in Umbria ma in tutta Italia dove ci furono altri fatti simili, perché contribuirono a risvegliare la cittadinanza”.

4-Quando inizia ad organizzarsi la resistenza in Umbria? Quando si accentua la spinta antifascista e l'attivita' partigiana? Indipendentemente dagli esiti militari quale fu' il peso della resistenza partigiana in termini di partecipazione politica e di creazione di quel tessuto civile democratico che alimenterà la vita e lo sviluppo della regione nel dopoguerra?

M.B. -“Ci sono due fasi della resistenza. La prima parte da molto lontano ed è quella degli intellettuali e politici che già da tempo erano contro il regime e che venivano perseguitati e arrestati. L’altra è la resistenza armata ed è esplosa dopo il l’8 settembre, quando i più politicizzati che avevano già fatto le loro lotte nella clandestinità e sensibilizzato la gente contro il fascismo, riuscirono ad organizzare la resistenza armata. Qui in Umbria abbiamo avuto degli antifascisti di fama, come Bonucci Bonuccio, l’Avv. Andreani, Monteneri, Angelucci, Comparozzi, gente che era notoriamente antifascista e che ha cercato di chiamare a loro i più giovani (che poi eravamo noi), dandogli una certa organizzazione. Molti dei giovani sfuggivano alla chiamata alle armi e non si volevano far prendere dai tedeschi, altri invece avevano una certa convinzione politica. E’ dopo l’8 settembre che è nata la resistenza armata. Si dice che dal 25 luglio all’8 settembre tutti erano antifascisti, in realtà non era vero perché in quel periodo ancora tutte le organizzazioni pubbliche come ad esempio le Prefetture, le Questure, erano in mano ai fascisti. Poi pian piano le cose cambiarono con l’azione degli antifascisti che ho nominato e di tanti altri come l’Avv. Terradura di Gubbio, l’Avv. Salcianini sempre di Gubbio e altra gente che ho conosciuto nell’organizzazione di una formazione partigiana che operò sul piano militare. Prese il nome di “S. FAUSTINO” come la località dove ci riunimmo la prima volta e poi si chiamò “PROLETARIA d’URTO”. S. Faustino è un piccolo centro con una chiesa, a pochi km a nord di Umbertide; sulla casa dove noi ci eravamo organizzati, c’è una targa che ricorda la nascita della brigata il 13 settembre, quindi solo dopo 5 giorni dall’armistizio. Questo dimostra che la resistenza era nata prima. Era impossibile che si fosse organizzata in 5 giorni. Come è successo a noi è successo per la brigata Mario Grecchi a Deruta, per la brigata Garibaldi a Foligno, la brigata Cimarelli di Terni, quella di Spoleto del Capitano Melis altri piccoli gruppi a Gualdo Tadino e a Marsciano dove è avvenuto l’eccidio dei fratelli Ceci che è stato ricordato poco tempo fa”.

5-Ci furono contrasti dopo la liberazione nei mesi del '44 tra vari settori della resistenza? Se si da cosa nascevano? Un episodio come quello dell'arresto e dell'internamento di Alfredo Filipponi -comandante della brigata Gramsci e segretario della federazione provinciale del PCI ed esponente del CLN Provinciale- si situa all'interno di questi scontri o contrasti fra le componenti politiche ?

M.B. -“A parte le azioni militari, che sono state grandi o piccole, sanguinose o meno, mentre si stava alla macchia si parlava di politica, si pensava a come sarebbe stato il dopo (anche se non sapevamo se saremmo tornati a casa o rimasti li a fare concime per la terra). Noi combattevamo per la libertà e per la democrazia, perché ognuno ha il diritto di esprimersi liberamente senza la paura di essere denunciato, arrestato, minacciato perseguitato. Dopo la fine della guerra ci fù l’occupazione americana e inglese che durò per circa due anni. In questo periodo, gli occupanti controllavano tutte le funzioni pubbliche e tutti i posti di responsabilità con i loro uomini. Quando è cessata questa seconda occupazione, diciamo così pacifica, hanno dato la possibilità agli italiani di riprendere i loro posti di comando e si è arrivati alle elezioni del 1948. In queste amministrazioni finalmente libere, sono entrate proprio quelle persone che avevano fatto parte della guerra partigiana e della lotta antifascista. Quando oggi si parla di voler modificare la Costituzione Italiana bisogna ricordarsi che questa è stata fatta proprio dai sei partiti che avevano partecipato alla resistenza e credo che insieme, nonostante le loro lotte interne, abbiano fatto una buona Costituzione, nel rispetto dei principi di libertà e democrazia e proprio per questo permette il ricambio continuo sul piano politico. Oggi noi la Costituzione a chi la facciamo fare?”

M.B.“Dopo la liberazione ci furono contrasti tra le varie componenti politiche. I sei partiti che avevano fatto parte della resistenza, cercavano di avere una certa autorità e un certo contrappeso per quello che avevano fatto. Mentre si combatteva eravamo tutti uniti per un ideale, dopo, ognuno di loro voleva prevalere sugli altri. Fù proprio in quel periodo che noi partigiani fummo messi nel dimenticatoio; i politici che vennero successivamente, che erano li perché ce li avevamo messi noi, ci accantonarono completamente. In seguito si è arrivati alle denunce, ai processi contro i partigiani, calcando la mano su alcuni episodi che forse non sarebbero dovuti accadere, ma la guerra è guerra e in guerra non si può andare tanto per il sottile. Secondo me il nostro movimento partigiano si è troppo politicizzato, doveva rimanere unito per salvaguardare e mantenere quei principi che ci avevano portato a fare quelle cose.

6-Secondo lei ad un radicale cambiamento di regime politico seguì un altrettanto radicale rinnovamento degli apparati statali e politico-sociali, cioè un vero processo di "defascistizzazione" della società italiana, oppure attraverso le maglie dell'amnistia e indulto del 22 giugno '46 questo processo fu interrotto consentendo ad un gran numero di alti gradi militari, magistrati, funzionari di polizia, giornalisti, docenti universitari, fucilatori, spie, aguzzini e collaborazionisti della Repubblica Sociale Italiana di “riciclarsi" impunemente nelle istituzioni e nei partiti della neonata Repubblica ?

M. B. “No, non ci fu il processo di defascistizzazione. Noi partigiani siamo stati discriminati e i fascisti, come ad esempio Sciarpe Vittorio che avevano partecipato alla marcia su Roma, dopo la guerra, ce li siamo ritrovati tutti ai loro posti, quindi non ci fu un netto cambiamento. Poi sono arrivate le nuove generazioni, nate nell’antifascismo e nel periodo successivo e le cose piano piano sono cambiate. Noi abbiamo visto qui a Perugia circolare liberamente Rocchi, che collaborava con la Prefettura di Perugia durante il ventennio e aveva fatto fucilare un sacco di gente. Le sue ordinanze di fucilazione sono riportate in una pubblicazione, curata dall’Avv. Innamorati che si trova oggi all’Istituto di ricerche storiche. Dopo la fine della guerra ce lo siamo ritrovato a Perugia libero e pacifico perché lui non aveva fatto niente, mentre ci sono i bandi firmati da lui che minacciavano i giovani di fucilazione e deportazione se non si presentavano alle armi. Con il materiale dell’ANPI nazionale, di cui sono consigliere, abbiamo fatto una mostra per le scuole.

7-Oggi assistiamo ad una martellante campagna mediatica che ridimensiona il carattere totalitario del fascismo italiano e delegittima il ruolo dell'antifascismo. Non solo la storiografia revisionista, ma anche divulgatori improvvisati, giornalisti interessati, politici "fraintesi", tendono attraverso l'uso strumentale della "pacificazione" a minimizzare i crimini del fascismo, a rivalutare il fascismo in sede politica/sociale/storiografica. Lei che ne pensa?
Quali sono secondo lei le cause della diffusione del revisionismo storico, che ovviamente senza una potente proiezione sui media non sarebbe possibile, che vuole trasformare gli antifascisti da oppressi che si erano ribellati ai propri oppressori in "terroristi", "eversori", "fuorilegge"-si pensi alle Foibe-a Schio ecc?


M.B. - “Nel periodo dal ’50 al ’60 nessuno ci cercava, nessuno voleva sapere le nostre storie. Oggi spesso il Presidente Ciampi richiama alla resistenza. Ci sono alcune persone che hanno voluto parlare di resistenza che io chiamo pseudostorici. Questi hanno negato delle cose che sono successe in Umbria, hanno detto che praticamente qui in Umbria la resistenza non c’è stata. So che ultimamente in Regione un consigliere di estrema destra si è permesso di fare questo tipo di dichiarazioni e non si è risentito nessuno, in una regione che storicamente di sinistra, avrebbe dovuto cacciarlo via a pedate. Purtroppo adesso noi non abbiamo più la forza di fare certe battaglie.
Quando anni fa qui venne l’allora Presidente della Camera Violante che si era fatto fautore di questa campagna di pacificazione e di unificazione, io dopo che aveva parlato lo fermai e gli dissi: Presidente mi permetta di dissentire in pieno con quello che ha detto. Come facciamo noi ad andare sottobraccio con questa gente che si è sempre battuta per la sopraffazione e la violenza, mentre noi ci siamo sempre battuti per la libertà e la democrazia e per democrazia intendo la libertà di dire, fare e battersi per le proprie ideologie. Mi dispiace ma questo io non glielo consento, non possiamo nel modo più assoluto accettare termini di paragone, più che con quello che hanno fatto, con quello che intendevano fare i fascisti e quello che intendevamo noi”.

“Il problema delle foibe è una cosa a cui ancora si stà studiando anche come ANPI. Ci sono degli scontri tra di noi perché molti partigiani sono stati uccisi nelle foibe da altri partigiani che avevano combattuto al di la delle frontiere con quelli di Tito e che accusavano i nostri partigiani di aver sostenuto i famosi Ustasc di Antepaolic che erano stati grandi massacratori nel loro paese. Hanno ucciso dei veri antifascisti, non guardavano in faccia a nessuno. Io credo che non si possa coinvolgere la resistenza con questi fatti che sono solo forme di razzismo. Quello che succede oggi nella ex Jugoslavia fra i Serbi, i Croati, gli Albanesi nel Kossovo, sono conseguenze che si scatenano sempre dopo una guerra, infatti la guerra fa crollare l’autorità, giusta o sbagliata, che aveva contribuito a tenere unite nel bene e nel male etnie diverse”.

8-Uno degli aspetti più ripresi e rivalutati dal revisionismo storiografico è il corporativismo. Crede che questa ripresa e riconsiderazione del corporativismo sia da addebitare nel quadro di un economia globalizzata, all'esigenza di contenere le spinte economiche, politiche, civili dei lavoratori e degli strati popolari all'interno degli interessi delle classi medio-alte, inoltre all’esigenza di un capitalismo che con crescenti difficoltà a competere sui mercati internazionali ha ormai esaurito i margini per una mediazione democratica del conflitto sociale?

M.B. “Questa è una domanda difficile, è difficile mettere in relazionare la logica della globalizzazione con il corporativismo in questo momento attuale, perchè è in continua evoluzione. Adesso il corporativismo sembra che stia risorgendo e con i no-global ritornano quelle lotte cui accennavo prima. Purtroppo la storia c’insegna che per studiarla bisogna aspettare tanti anni, quando gli eventi sono già precipitati. Bisognerebbe essere degli studiosi del ramo e conoscere tutti gli aspetti che compongono questa situazione per farne un’analisi”.

9- La posta in gioco non e' evidentemente la "reinterpretazione " di determinati fatti storici, ma la demolizione sistematica di tutta la tradizione rivoluzionaria, democratica del '900, la ricostruzione di un consenso intorno alle politiche neoautoritarie, antiproletarie delle forze sociali oggi al potere...


M.B. “Purtroppo per il periodo che va degli eventi che hanno portato alla liberazione fino a diversi anni fa, c’è un completo vuoto di memoria nei giovani, i quali non conoscono il tipo di vita che si faceva durante il ventennio fascista. Questo vuoto fa si che i giovani oggi sono spaesati e facilmente portati ad aggregarsi fra di loro, in gruppi attratti da alcune ideologie e non si capisce cosa vogliono. Ecco le brigate nere, gli attentati dei gruppi anarchici, gli antimperialisi. Questi giovani non sanno di vivere in regime di democrazia dove possono farsi avanti e dire chiaramente cosa vogliono senza che nessuno li ammazza, nessuno li fucila. Non so se questo vuoto è una cosa voluta, da parte di qualcuno che ha creduto di poter avere una massa da poter manovrare e attirare dalla propria parte”.

10-Dato per scontata la pieta' che si deve a tutti i morti secondo lei e' giusto storicamente e idealmente mettere sullo stesso piano chi è morto combattendo per la democrazia e per l'uguaglianza e chi è morto per Hitler; chi andava a "cercar la bella morte" per conto di Mussolini e chi non ha cercato la morte , ma voleva vivere ed e' stato costretto a lottare per la propria dignita' umana e la sua liberta'.?

M.B. “Davanti ai morti bisogna fare attenzione, ma quando si parla di ideali per cui si è morti allora la differenza è lampante. Loro combattevano per ideali di sopraffazione di violenza di non democrazia. Noi combattevamo per altre idee, se poi le nostre idee siano state tradite è un’altra cosa. Quando io ero in guerra come ufficiale pilota e combattevo perché mi toccava farlo, non lo facevo con lo stesso spirito con cui ho combattuto poi nella resistenza. Non possiamo mettere sullo stesso piano i nostri morti con i loro. Noi siamo sorti come partigiani contro i tedeschi, perché volevamo che la guerra finisse presto e che i tedeschi se ne andassero dall’Italia. Poi Mussolini ha ricreato quell’esercito e si è messo a fianco dei tedeschi e questo ha provocato la guerra tra noi e loro. Però secondo me in questo caso non si può parlare di guerra civile, cioè della guerra tra due masse divise dello stesso popolo. Noi non eravamo così, noi ci consideravamo un’esercito, ma non avevamo una divisa e combattevamo contro un’esercito vero con una vera divisa, cioè la Repubblica di Salò e i tedeschi. Se Mussolini aveva rinunciato alla guerra questa sarebbe finita molto prima”.

11- J.L.Goff diceva che “impadronirsi della memoria e dell’oblio è una delle massime preoccupazioni delle classi, dei gruppi, degli individui che hanno dominato e dominano le società storiche".
Anche la storia piu' recente viene rimessa in discussione per esempio E. Galli della Loggia , in sintonia con il revisionismo all’italiana (Angelo Panebianco e Giovanni Sabbatucci), sostiene che la stagione delle stragi, la «strategia della tensione», è stata solo una serie di episodi slegati tra loro, una «tensione senza strategia». Si tratta di una lettura riduttiva, di un «revisionismo debole». perché atomizzando ogni singolo evento finisce con il non capire l’insieme, il non spiegare nulla.

M.B. “Ritorniamo sempre sul revisionismo cioè su gente che cerca di demolire la resistenza, che è stata sacrosanta, per rievocare il fascismo che tutti conosciamo bene.
Adesso in Italia una politica vera di destra e di sinistra non c’è e se andiamo a vedere le composizioni sono molto vicine tra loro. Sia di qua che di la troviamo i democristiani, i liberali. La cosa è molto fumogena e nebulosa. Non si sa ancora perché quelli si definiscono estrema destra e quegli altri estrema sinistra. Secondo me in Italia ci dovrebbe essere più unità d’intenti per portare il paese fuori da una situazione che si fa ogni giorno più disastrosa.

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