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Israele: ordinaria follia.
by agila Friday, Aug. 20, 2004 at 2:13 PM mail:

Tra Gerusalemme e Betlemme. Ordinaria follia.



Abbiamo solo sbagliato strada, distratte dai nostri discorsi a valanga, e ci siamo trovate nel traffico a senso unico di Gerusalemme.

Da quando la citta' subisce, inerte e sventrata, le operazioni di maquillage urbano consistenti in un continuo fare e disfare di strade, case e quant'altro di costruito esista, il suo tessuto urbano cambia da un giorno all'altro.
Cosi' ci troviamo imbottigliate in mezzo a soldati, polizia e forze speciali dell' IDF, fittamente transennati intorno alla citta' vecchia di Gerusalemme. Oltre le transenne piccole folle di palestinesi che si infittiscono a vista d'occhio, in fila per la perquisizione ormai canonica del venerdi', prima di poter accedere alla citta' vecchia e alla moschea al-Aqsa.
E' tutto bloccato, soldati e polizia sono ovunque, e' impressionante, la citta' sembra sotto assedio. Fa caldissimo, il clima innervosisce l'autista di un camion che quasi ci investe. Svicoliamo verso la porta di Erode, ma veniamo bloccate dalla polizia che ci intima di fare dietro front.

Spieghiamo che dobbiamo raggiungere il nostro consolato e che quella e' l'unica strada che possiamo percorrere. Le due donne ci ignorano e continuano il loro lavoro, al momento impedire ad un palestinese e famiglia di continuare il loro percorso e di raggiungere il villaggio di Silwan. Noi continuiamo a spiegare, lui spiega animatamente, infine, passiamo entrambi.
Ancora sulla nostra strada veniamo malamente bloccate da soldati e polizia. La storia si ripete, spieghiamo che dobbiamo raggiungere il consolato.
Ci urlano che nessuno puo' passare, vediamo un autobus incamminarsi per quella strada e semplicemente poniamo l'evidenza. La soldatessa ci dice che lei ha molte stellette sulla divisa e puo' decidere quello che vuole. E per dimostrarcelo ordina ad un soldato di fermarci. Il soldato scattando ci si para davanti la macchina e carica il suo Stern.
Che significa? Volete spararci addosso? Solo intimorirci? Perche' non possiamo passare? Stiamo vedendo altre macchine passare, perche' noi no? E poi, senza citare noiose convenzioni internazionali di cui lolo si burlano, sapete bene che non potete impedirci di circolare per Gerusalemme, chiamiamo il nostro consolato? Parolina magica, si rendono conto che sappiamo bene dove ci troviamo...Ci dicono che li' e' pericoloso per noi. Perche'? ...perche' ci sono i palestinesi, e' la loro risposta. Infine, passiamo.

Piu' tardi continuiamo il nostro cammino e ci spostiamo a Betlemme. Qui c'e' costantemente una fila mostruosa e lentissima di auto, pullmann, camion etc. Decidiamo di passare dal check point di Beit Jala, a Ovest. Abbiamo solo un'altra macchina davanti. Ci e' andata bene! Illusione.
Ci troviamo infatti di fronte ad un soldato che continua a tirare pugni e calci contro la sua stessa postazione e minaccia a pugni e mani nervose aperte come ad afferrare, il malcapitato di turno. Arriva poi da noi. Stessa storia. Ci dice che non possiamo passare. Esibiamo i nostri documenti. Dobbiamo lavorare, sanno che non possono fermarci. Il soldato va avanti e indietro. Urla al palestinese e continua a minacciarlo. Il suo collega, meno nervoso, ma fa lo stesso. Capiscono che dobbiamo entrare. Chiediamo perche' il palestinese non puo' passare. Ci ripondono che quell'uomo puo' andare a farsi esplodere. Noi obiettiamo che non si puo' vivere con questa fobia, in mancanza di prova alcuna poi.
Il palestinese scende dalla macchina e, con estrema pazienza, di fronte ai pugni nervosi del soldato levati quasi a colpirlo sulla testa, spiega che sta andando a trovare la famiglia, che si trova ormai oltre i nuovi e mutevoli confini imposti da Israele sui territori palestinesi.

I soldati sono sordi, ma non muti, urlano e inveiscono, se la prendono anche con noi, noi invitiamo alla calma. Uno di loro ci dice che questo e' il loro paese e che loro possono decidere chi entra e chi no e dove va, ci ripete molte volte che gli arabi devono essere tutti uccisi, che lui vuole uccidere tutti, che lui e' pazzo...
Certamente ci troviamo in una situazione complessa...
Invitiamo con pazienza alla tolleranza, base per la costruzione della "pace". Il soldato, ancora piu' nervoso, ci dice che sempre nella storia - non meglio specificati - altri stati hanno detto agli ebrei dove dovessero andare. Ma come, ci sorprendiamo, e la diaspora? la vostra storia, la torah? Non ne puo' piu'.
Ci dice: ok, lasciamo perdere la storia, andate...Noi ci avviamo, ma non e' finita, ci urlano contro, urlano all'altro soldato di fermarci. Comincia un qui pro quo tra noi e loro. Ancora una volta, sappiamo di fronte a chi e dove ci troviamo. Ci prendono il passaporto, glielo dobbiamo infine strappare di mano. Ma come, prima ci dicono passate, poi ci fermano, ma sono davvero tutti matti?
Un soldato sulla torretta fa il gesto di alzare il suo Uzi, questa volta.
Ma che giocano? Noi abbiamo da fare, invece e, grazie-a-loro, nemmeno poco. Ci parcheggiamo sotto l'ufficio del D.C.O. (Department Co-ordination Office), che in questi anni e' diventato una base nascondiglio di carri armati, imbarbata di filo spinato. Soldati dentro ridono, ci chiedono cosa succede. Diciamo loro che i loro giochi ci sembrano violenti e puerili, non ci piacciono, dicessero agli altri di chiedere una vacanza se sono cosi' nervosi da voler uccidere tutti.
Risaliamo in macchina, passiamo.

La riflessione inevitabile: anche se poco protette da status internazionale, convenzioni, dichiarazioni e altra - inutile - carta, siamo comunque un'elite in questa terra devastata; possiamo obiettare ai soldati, opporre e contestare, perfino chiedere conto del destino di chi, nato palestinese, ha i propri diritti sottoposti ad ordini militari, la propria vita nelle mani di soldatini esauriti, stressati, razzisti e violenti, che vogliono uccidere tutti gli arabi.

In nome di cosa? Di centimetri di terra strappati col sangue? Di un'idea di progetto-nazione costruito su economia militare e tecnologia di sicurezza - le uniche esportazioni veramente sicure al mondo -?

Brutta fine, popolo d'Israele, gran brutta fine!

Carla Pagano, Meri Calvelli
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