Udienza per la riapertura del caso di Marcello Lonzi, morto alle Sughere di Livorno
10 DICEMBRE ALLE ORE 10 PRESSO IL TRIBUNALE DI VIA FALCONE E BORSELLINO A LIVORNO PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE in occasione dell'udienza per la riapertura del caso di MARCELLO LONZI:
Migliaia di fantasmi popolano le prigioni delle nostre città
Archiviare il caso Lonzi è continuare a dimenticare Un altro spettro alle Sughere di Livorno ricorderà a chi vive in cella che si può morire di carcere. E che per la legge è una morte naturale.
Pochi giorni fa abbiamo fatto parte di una delegazione che è stata alle Sughere per verificarne le condizioni, dopo il record di suicidi, la morte di Marcello Lonzi, il sovraffollamento, le numerose carenze e violazioni di diritti. L'ispezione ha ribadito un'amara verità, che tutti fingono di ignorare: nella maggioranza dei casi il sistema carcerario non colpisce i “delinquenti” per proteggere le “brave persone”, ma serve a reprimere il malessere sociale causato da un sistema che garantisce privilegi e benessere a pochi sfruttando vaste fasce di popolazione. Il carcere è l'ultimo stadio: il luogo dove la violenza del nostro meccanismo sociale si rivela senza veli.
Il 1° ingranaggio da superare è l'accesso all'istruzione; il 2° è la disoccupazione e il carovita; il 3° è il lavoro sottopagato, alienante e precario; il 4° è la mancanza di assistenza e servizi. Per chi lotta per vivere sono molte trappole: eroina, emarginazione, degrado, piccola criminalità, spaccio. Alle Sughere il 65% dei detenuti sono extracomunitari: chi dice che è un reato fuggire dalla miseria? Gli stessi che blindano le frontiere, affondano gli scafi, legittimano il lavoro nero, devastano le condizioni di sicurezza nei posti di lavoro.
Le prigioni sono sempre aperte e sempre affollate: alle Sughere nelle celle singole si sta sempre in due e pullulano di presunti colpevoli in attesa di giudizio. Qualcuno non ce la fa e rimane schiacciato nell’ultimo ingranaggio: così è stato per Carlos Riquelme (il cui caso è stato riaperto),Domenico Bruzzaniti, Luigi Visconti: tutti suicidi nel giro di tre mesi. E per Marcello Lonzi, trovato in cella in un lago di sangue con due profonde ferite alla fronte, una costola incrinata, numerosi segni sul dorso, sul capo e sulle gambe. La versione ufficiale: morte per malore o suicidio. Il responso dell’autopsia: arresto cardiaco. Il magistrato Pennisi ha deciso di archiviare il caso, accettando senza indagare troppo la "morte per cause naturali“.
Marcello, 28 anni, doveva scontare pochi mesi; a causa di problemi di tossicodipendenza per legge avrebbe dovuto ricevere un trattamento adeguato.Prima di morire era stato chiuso in isolamento. Perché non è stato fatto l’esame tossicologico? Perché nell’autopsia non c'è nulla sui segni di percosse sul dorso che si notano invece nelle foto? Perché si omette la sua permanenza in isolamento? La risposta è solo una:
L’AMMINISTRAZIONE CARCERARIA E’ RESPONSABILE DELLA SUA MORTE
morire di carcere capita: per gente come Marcellino è un fatto naturale
10 DICEMBRE ORE 10 PRESIDIO
SOTTO IL TRIBUNALE DI VIA FALCONE E BORSELLINO PER DIRE NO ALL’ARCHIVIAZIONE DEL CASO LONZI!
(La presenza del maggior numero di persone possibile è un contributo concreto, in quanto il magistrato deve decidere se riaprire il caso o accettare l'archiviazione in via definitiva)
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