NOTIZIARIO DAL CARCERE: 26 GENNAIO 2005
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NOTIZIARIO QUOTIDIANO DAL CARCERE: 26 GENNAIO 2005
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Cagliari: autobomba contro il carcere di Buoncammino Corriere della Sera, 26 gennaio 2005 Un’autobomba fatta esplodere davanti al carcere, un ordigno contro la casa di un carabiniere indagato per i pestaggi alla caserma di Bolzaneto, al G8 di Genova nel luglio 2001: dopo 5 mesi di silenzio, i gruppi dell’estremismo eversivo sardo sono riapparsi, confermando i sospetti dei servizi di sicurezza: c’è una saldatura fra formazioni di estrema sinistra e anarchico insurrezionaliste. Alle 4 di martedì notte a Cagliari è saltata per aria una Y10 imbottita di esplosivo ad alto potenziale nel parcheggio di fronte al carcere di Buoncammino; due minuti dopo a Quartu Sant’Elena (comune dell’hinterland) bomba confezionata con polvere nera sul portone della villetta di un sottufficiale dei carabinieri, che proprio domani dovrà presentarsi, con altri 46 inquisiti, a Genova all’udienza del gup. "Poteva essere una strage - dicono dell’attentato al carcere i sindacati degli agenti di custodia - se qualcuno fosse passato davanti al parcheggio". Un botto tremendo, che ha svegliato gli abitanti dei quartieri centrali. L’esplosione ha scagliato grosse schegge di metallo a centinaia di metri, persino all’interno del perimetro del carcere. Un’azione complessa, confermano gli inquirenti - le indagini sono coordinate dal magistrato della direzione distrettuale antimafia Paolo De Angelis - e ben organizzata: auto rubata qualche giorno fa, esplosivo preparato da mani esperte, studio dei turni di guardia nelle torri del penitenziario, uso di telecomando o timer. L’ordigno al carabiniere è stata invece un’azione dimostrativa: chi l’ha fatto esplodere voleva far sapere che aveva individuato il bersaglio ed era in grado di colpirlo. Danni limitati agli infissi, l’auto del sottufficiale leggermente ammaccata. Non ci sono state (ma sono attese) rivendicazioni: i Nuclei Proletari per il Comunismo e le sigle degli anarchici insurrezionalisti hanno spesso indugiato qualche giorno prima di far arrivare telefonate o documenti. Così è accaduto la scorsa estate per l’ordigno sistemato nel cassonetto dei rifiuti a Portorotondo, poche ore dopo l’incontro fra Silvio Berlusconi e il primo ministro britannico Tony Blair. E proprio da agosto, forse per non cadere nella rete delle intercettazioni telefoniche e ambientali ordinate dopo quell’attentato, i gruppi eversivi hanno sospeso l’attività. Tra fine 2003 e autunno 2004, 14 attentati (più di 50, se si parte dal 2001), la Sardegna è balzata al primo posto in Italia per numero di azioni dei gruppi eversivi. Le più clamorose a Cagliari contro la sede della Confindustria e all’aeroporto di Elmas (rottura dei sigilli al portellone dell’aereo Alitalia per Roma), a Oristano contro la casa del presidente della Provincia e in Costa Smeralda al locale notturno di Umberto Smaila. E sempre dalla Sardegna sono partite cartucce e bomboletta a gas all’indirizzo di Bologna di Romano Prodi, videocassette a caserme di carabinieri e uffici a Roma. "Colpiremo i simboli dello Stato coloniale" annunciava uno degli ultimi documenti dei Nuclei Proletari per il Comunismo. Esattamente quel che è accaduto con l’attentato al carcere di Buoncammino, dove peraltro sono rinchiusi soltanto detenuti comuni (quasi tutti tossicodipendenti, spacciatori o extracomunitari) e non "politici". Uno degli ultimi è stato Luca Farris, sedicente anarchico individualista, che al riparo delle sigle Asai (Anonima Sarda Anarchici Insurrezionalisti) e Maps (Movimento Anarchico Proletario Sardo) ha messo a segno attentati a stazioni di carburante e municipi. Farris è stato arrestato il giorno dell’arrivo in Sardegna del presidente della Repubblica. Aveva appena spedito un pacco bomba al municipio di Elmas con puntuale rivendicazione: "Al nostro amato sindaco e al nostro carissimo Carlo Azeglio Ciampi".
Cagliari: il direttore; "è necessario tenere alta la guardia" Corriere della Sera, 26 gennaio 2005 "Non abbiamo elementi certi per stabilire che gli attentati abbiano una matrice politica, anche perché manca ancora una rivendicazione da parte di chi li ha commessi. Certo, quella politica è un’ipotesi che stiamo considerando con grande attenzione, anche perché la concomitanza degli attentati a Buoncammino e contro il nostro brigadiere a Quartu non può essere trascurata". Il colonnello Loris Anchesi, comandante provinciale dei carabinieri di Cagliari, sta seguendo in prima persona le indagini dell’Arma sugli attentati commessi ieri contro il penitenziario cagliaritano e l’auto di un sottufficiale dei militari a Quartu. "Il nostro brigadiere vittima dell’atto intimidatorio è oggetto di attenzioni giudiziarie per le vicende avvenute nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova. Non sappiamo se l’attentato sia collegabile al fatto che tra qualche giorno inizierà il processo, anche se a rigore di logica sembrerebbe essere così", conclude il colonnello Anchesi. Anche il questore, Paolo Cossu, prende tempo prima di esprimersi su quanto è accaduto: "È troppo presto per inquadrare con certezza la vicenda, ma con ogni probabilità si inserisce in una strategia già seguita in passato: quella terroristica. Continueremo a tenere alta la guardia". È colto di sorpresa dall’autobomba il direttore del carcere di Buoncammino, Gianfranco Pala: "Per noi è stata una cosa inaspettata, ma non pensiamo che nel mirino fossimo noi operatori del penitenziario. Crediamo che siamo stati scelti come simbolo: d’altra parte, se l’autobomba fosse stata parcheggiata venti metri più avanti, avrebbe causato danni ben maggiori alle auto del nostro personale, cosa che gli attentatori non hanno evidentemente voluto. Avevamo già aumentato la sorveglianza all’esterno di Buoncammino, e ora lo faremo ulteriormente". Molto colpito il sindaco: "Un gesto ovviamente condannabile", commenta Emilio Floris, "del quale è necessario capire al più presto la motivazione. Sono fiducioso che l’intelligence locale, in collegamento con le strutture investigative di livello nazionale, faccia luce sulle cause, sui significati e sugli autori di questo gesto. È il primo di questa gravità accaduto a Cagliari ed è un fatto molto grave".
Cagliari: gli agenti; "siamo al centro di gravissime intimidazioni" L’Unione Sarda, 26 gennaio 2005 "Confido nell’attività degli inquirenti e soprattutto nell’efficienza dimostrata dal ministro dell’Interno Beppe Pisanu nella lotta al terrorismo, per dare un nome agli autori di questi vergognosi attentati e riportare la serenità nelle nostre città". È il commento a caldo di Piergiorgio Massidda, coordinatore regionale di Forza Italia, dopo gli attentati di ieri. "Si tratta", aggiunge, "di due episodi che fanno emergere anche in Sardegna modalità e strategie, per noi nuove, riconducibili all’attività eversiva di gruppi terroristici". Prende posizione anche Michele Cossa, deputato sardo dei Riformatori, secondo il quale "l’attentato ripropone ancora una volta il problema del trasferimento del carcere di Buoncammino, struttura inadeguata posta al centro della città". Giuseppe Atzeri, consigliere regionale sardista, chiede "al ministro Pisanu quali iniziative prenderà per affrontare la nuova emergenza, invitandolo a enunciare meno proclami e ad agire con più prontezza ed efficienza". Solidarietà ai poliziotti penitenziari e al carabiniere di Quartu è stata espressa da Ignazio Artizzu, consigliere regionale di An, secondo il quale "troppo spesso la voce dei loro rappresentanti sindacali si è levata per denunciare carenze di strutture e organici, e non è stata ascoltata". Secondo Carmelo Porcu, coordinatore regionale di An, "la gente di Sardegna, assieme alle istituzioni locali e nazionali e alle forze di polizia, darà risposte incisive contro i disegni terroristici". Molte le reazioni anche dal fronte sindacale. "Prendiamo le distanze", commenta Alessandro Cara, segretario regionale del Sinape, "e condanniamo questo atto contro i nostri colleghi che erano al lavoro. Per noi è un periodo difficile: stiamo affrontando i processi per i fatti di San Sebastiano a Sassari, e l’attentato non fa che aumentare la tensione". Secondo la segreteria nazionale del Sappe, un altro sindacato, "è in atto una strategia della tensione contro l’istituzione penitenziaria. Non accettiamo provocazioni e intimidazioni". La solidarietà alla polizia penitenziaria cagliaritana giunge anche da Marco Mammucari, responsabile del coordinamento nazionale penitenziario della Cisl-Fps. "L’auto imbottita di esplosivo", ricorda, "era parcheggiata in un’area dove posteggiano i dipendenti della polizia penitenziaria".
Iglesias: detenuto strappa camicia ad agente, condanna a 3 mesi L’Unione Sarda, 26 gennaio 2005 Era esasperato perché chiedeva invano il trasferimento in un altro carcere, per stare più vicino alla famiglia. Ma le lamentele verbali, ad un certo punto, sono sfociate in qualcosa di diverso: strattonò bruscamente un agente della polizia penitenziaria, strappandogli la camicia. Questo, almeno, è quanto emerso ieri mattina nel corso del processo ai danni di un giovane extracomunitario, che scontava la pena in una cella del carcere di Iglesias. Il giudice ha ritenuto valida la tesi dell’accusa e ha così condannato a 3 mesi di reclusione. Da quanto emerso nel corso dell’udienza pare che a fare andare in escandescenze il detenuto fu la decisione delle guardie carcerarie di sequestrargli alcuni bric di vino che teneva nella cella. Decisione che, a detta degli agenti della polizia penitenziaria, scaturì dopo che era stato sentito il parere del medico. Il detenuto, già esasperato perché le sue richieste di trasferimento non erano state accolte, avrebbe perso il controllo, scagliandosi contro l’agente.
Pescara: spettacolo teatrale nel carcere delle Costarelle Il Messaggero, 26 gennaio 2005 Grossa partecipazione di detenuti ed agenti di polizia penitenziaria del carcere Costarelle di Preturo allo spettacolo del gruppo teatrale "L’allegra Compagnia" di Montesilvano. L’evento rientra nell’attività pedagogica 2005 voluta dal direttore del carcere, Tullio Scarsella, e dal responsabile della stessa area pedagogica, Antonio De Rossi. Presente anche l’assessore comunale alla Promozione sociale, Alfonso Tiberi.
Cagliari: cosa succede se a un detenuto serve la protesi? L’Unione Sarda, 26 gennaio 2005 Sono un detenuto, da anni chiuso dietro le porte dell’inferno, per reati commessi quando ero ancora molto giovane. Oggi sto pagando i malfatti di quando ero ancora innocente. Per non annoiarvi tanto (in tutto ho scontato venti anni di galera) vengo subito al dunque. Anni orsono mi hanno operato allo stomaco per ben due volte; con il trascorrere del tempo ho perso tutti i denti e oggi purtroppo non posso masticare, né digerire bene. Devo inghiottire il cibo tutto intero e può capire i dolori atroci che mi vengono. Mi rivolgo a L’Unione Sarda per avere una mano. Quello che più desidero è mettermi una protesi dentaria, però per farlo ci vogliono dei soldi. Vi sarei grato se pubblicaste questa mia lettera, magari qualche affezionato lettore mi potrebbe venire incontro con qualche piccolo vaglia, qualche soldo giusto per risolvere il mio problema. Grazie, e auguri a tutti, auguri dal più profondo del mio cuore. M. S. - Buoncammino Auguri a lei. Per quest’anno 2005, appena incominciato. E per la vita da uomo libero che dovrebbe ricominciare fra qualche mese, quando giungerà a scadenza la sua pena. Non è difficile immaginare che due decenni in carcere l’abbiano segnata e abbiano minato la sua salute. In particolare se ha perduto i denti. Forse però non è necessario ricorrere a una colletta perché lei possa avere una protesi. In Italia c’è ancora un residuo di Stato sociale, che può venire incontro alle persone in condizioni di necessità. Anche se si trovano in prigione. Lei dovrebbe presentare un’istanza al medico di Buoncammino, chiedendogli di valutare il suo stato di salute e di prescriverle una visita dal dentista. Può sembrare paradossale che occorra un certificato medico per documentare l’utilità dei denti e i danni che subisce la salute di chi li ha persi, per una ragione o per l’altra. Ma l’attestato sanitario metterà in moto la macchina burocratica. Se sarà accertato che lei non possiede redditi propri, perché lavora saltuariamente e la sua famiglia non è in condizioni di aiutarla, potrà avere la protesi a spese dello Stato. È anche per questo che paghiamo le tasse.
Stati Uniti: in Missouri fuori tutti i video games dalle carceri Punto Informatico, 26 gennaio 2005 I detenuti delle carceri del Missouri non avranno più alcuna possibilità di utilizzare videogiochi nelle ore di ricreazione. A stabilirlo è stato il nuovo governatore di quello stato, Matt Blunt, che ha emesso una ordinanza con la quale ha bandito tutti i titoli videoludici e le console all’interno dei penitenziari. Se un mese fa, come raccontava High Score, una delle carceri locali aveva provveduto a rimuovere alcune decine di titoli considerati violenti e quindi inadatti ai reclusi, ora la censura contro l’uso dei videogiochi viene estesa. Non solo non sarà più possibile utilizzare certi titoli ma non si potrà videogiocare con nessun titolo disponibile sul mercato. Il repubblicano Blunt, governatore da poche settimane, ha spiegato che "le nostre carceri sono istituti di pena dove vengono inviati per pagare il fio delle proprie azioni coloro che hanno commesso crimini contro la società. Non sono pensate per essere delle sale da gioco". Sebbene l’amministrazione penitenziaria avesse già provveduto a ritirare dei titoli, Blunt ha insistito affinché tutti i videogiochi venissero ritirati in quanto i soldi dei contribuenti non dovrebbero essere spesi, ha affermato, per stabilire quali sono i titoli adatti e quali non lo sono. Secondo Blunt, nelle prigioni i reclusi "devono apprendere professionalità e capacità che consentiranno loro di reintegrarsi nella società e diventare cittadini produttivi. Giocare con i videogiochi non ha nulla a che vedere con nessuno di questi obiettivi".
Brescia: presto libero Mattia, il più giovane dei killer di Desirée? L’Unione Sarda, 26 gennaio 2005 Mattia, il più giovane dei minori condannati per l’omicidio di Desirée Piovanelli, avvenuto a Leno il 28 settembre 2002, potrà lasciare presto l’istituto di pena minorile Beccaria di Milano dove è attualmente rinchiuso. È stato infatti approvato nei giorni scorsi dal tribunale di sorveglianza dei minori di Milano il programma riabilitativo che prevede per il ragazzo, condannato a 10 anni di reclusione, sia la possibilità di usufruire di permessi sia di scontare quanto rimane della pena in una comunità d’accoglienza. Questo perché Mattia, ora sedicenne, ha già scontato, tenendo conto degli sconti previsti dalla legge, un quarto della pena. Mattia è stato inoltre giudicato meritevole sulla base delle relazioni presentate dagli psicologi e assistenti sociali del carcere. Oltre a Mattia, per il delitto di Leno erano stati condannati altri due minori e un adulto, Giovanni Erra, al quale era stato inflitto l’ergastolo in primo grado e poi 20 anni in appello. La notizia ha provocato subito roventi polemiche. "È una vergogna": così si è espresso Maurizio Piovanelli, il padre di Desirée. "È una cosa assurda. Siamo sempre alle solite" ha detto ancora Piovanelli, aggiungendo: "Se questo è il sistema...". Piovanelli andrà a Roma per l’udienza della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi il 28 gennaio sui ricorsi nei confronti di Giovanni Erra. Il padre di Desirée è sempre convinto di voler cambiare abitazione e avrebbe già individuato la zona di Leno in cui potrebbe trasferirsi con la famiglia, lontano dai luoghi della tragedia e dove abitano ancora le famiglie dei ragazzi condannati. A pensare alla famiglia Piovanelli sono però anche i genitori di Mattia. La madre del ragazzo, in particolare, chiede "di fare attenzione a quello che si dice e che si scrive anche per la famiglia Piovanelli, a cui in questi anni abbiamo sempre pensato". L’avvocato Alessandro Ferrari, difensore di Mattia, sul provvedimento ha precisato: "Non c’è ancora nessuna data sia per i permessi che per l’affidamento a una comunità, di cui Mattia è stato ritenuto meritevole dal Tribunale di Sorveglianza dei Minori". Durissimo il ministro leghista Calderoli: "Abbiamo assistito recentemente a proteste e scioperi dei magistrati. Ma sarebbe più giusto che a manifestare fosse il popolo italiano". "Negli ultimi tempi - sostiene il ministro - abbiamo assistito ad un crescendo di episodi inquietanti, che hanno come protagonisti giudizi dei tribunali, con epicentro quello di Milano: prima la condanna del killer di Rozzano, Vito Cosco, a soli 20 anni di galera per quattro omicidi, cioè cinque anni per ogni morto ammazzato, poi il patteggiamento di Jucker con conseguente riduzione della pena da 30 a 16 anni, quindi la probabile imminente uscita dal carcere per Erika e Omar, autori del massacro di Novi Ligure, lunedì l’assoluzione dei tre terroristi islamici e ieri, dulcis in fundo, dopo appena due anni e mezzo dal delitto, la notizia della scarcerazione di uno dei giovani componenti del branco che ha fatto a pezzi la povera Desirée Piovanelli".
Brescia: basta carcere per Mattia, Leno è sotto choc Corriere della Sera, 26 gennaio 2005 È stato il telegiornale, ieri sera, a far calare su Leno, il paese di Desirée, la notizia che Mattia, il più giovane del "branco assassino", uscirà dal carcere per scontare il resto della pena in comunità. Sorpresa, incredulità, dubbi, qualche protesta forte e espressioni di solidarietà con la famiglia della vittima, "colpita un’altra volta": non giustificata la clemenza del giudice. Anche il sindaco diessino, Piero Bisinella non nasconde che lo sgomento del paese. "Premetto che cerco di avere fiducia nella giustizia e che comunque non intendo entrare nel merito della questione - sottolinea -. Però negli occhi della gente leggo una grande perplessità. Dopo soli due anni di carcere per un delitto così efferato nessuno si attendeva tale decisione". L’invito al "popolo italiano" del ministro leghista Calderoli a "scioperare" contro i magistrati dopo "il crescendo di episodi inquietanti che hanno come protagonisti i giudizi dei tribunali"? No comment di Bisinella. Qualche parola di più si lascia scucire il predecessore, Francesco Piovani (centrodestra), che aveva vissuto con la fascia tricolore la tragedia della cascina: "La reazione qui non può essere positiva. Già la sentenza ai tre minori era sembrata lieve. E proprio adesso che si discute sullo sconto della pena concesso a Jucker e che si parla di un possibile imminente ritorno in libertà dei fidanzatini della strage di Novi Ligure, l’uscita dal Beccaria di Mattia non ci voleva". Anche se "a caldo", molti cercano di ragionare: è doveroso offrire a un ragazzo coinvolto in un orribile delitto la possibilità di riscatto, aiutarlo a ricostruirsi un avvenire. Ma questo intervento del giudice pare prematuro. "A Leno la ferita per la morte di Desirée è troppo recente e adesso, dopo soli due anni e mezzo, rischia di riaprirsi", riassume Piovani. All’Istituto superiore "Capirola", frequentato da molti ragazzi che avevano fatto le medie con Desirée, era riunito il Comitato genitori. La notizia ha creato uno choc. "Il carcere - dice la preside, Ermelina Ravelli - non può essere l’unica risposta a questa vicenda, ma come educatori ci chiediamo se i tempi non siano stai affrettati". "Ora ci tocca la responsabilità di aiutare Mattia a seguire un percorso positivo - spiega don Luciano, curato della parrocchia dei santi Pietro e Paolo -. Con la madre ho da poco discusso dei problemi scolastici del ragazzo. Questa per lei sarà una buona notizia. A noi lascia grossi interrogativi".
Brescia: lo psichiatra Gustavo Charmet; una decisione educativa Corriere della Sera, 26 gennaio 2005 No, nessuno scandalo. "Io sono favorevole a comminare pene più educative possibili. Si tratta non di creare galeotti, ma di formare cittadini". La possibilità che Mattia, il più giovane degli assassini di Desirée, lasci il carcere dopo due anni e mezzo per una comunità di recupero non trova contrario lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet. Che, nei giorni seguenti alla tragedia, era stato a Leno, dove, all’istituto tecnico Capirola, aveva incontrato gli amici della vittima e anche degli assassini. Charmet affronta il tema spazzando subito via alcuni luoghi comuni: "Quando si parla di reati penali commessi da minori, la questione centrale non è la definizione, quanto la gestione della pena. Con un unico scopo: l’aumento del sentimento di responsabilità. Responsabilità rispetto a se stessi, innanzitutto. Di quello che si è fatto di sé, della propria crescita, della scuola, degli amici. Di quello che si stava diventando e non si è più. E forse non si sarà mai più. Allora, il problema è come fare per rendere più responsabili questi ragazzi. La mia risposta è conservando il contatto con la realtà, dunque anche con momenti fuori dal carcere". Ma gli altri, le vittime, tutti coloro che provano dolore a causa del loro comportamento? "Non credo che sia realistico attendersi un vero pentimento da questi ragazzi. Queste sono dimensioni che riguardano gli adulti. L’identificazione con il dolore degli altri è propria dei grandi, non dei ragazzi".
Immigrazione: in arrivo le quote per il 2005; 159 mila, un record La Repubblica, 26 gennaio 2005 Una quota record di 159 mila stranieri a cui l’Italia apre le porte nel 2005, divisa in due flussi: 79.500 extracomunitari e altrettanti 79.500 neocittadini Ue, gli "ibridi" come li chiama il ministro del Welfare, Bobo Maroni. Berlusconi ha firmato il doppio decreto da quasi un mese ma solo ieri c’è stato il via libera definitivo: martedì il decreto flussi passa al vaglio della Corte dei Conti quindi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. I nuovi flussi erano ormai attesi da settimane, mentre montava il tam-tam sulle nuove regole tra le associazioni degli stranieri, i sindacati, gli imprenditori. Maroni nega stop politici dovuti ai malumori della Lega, il suo partito. "Solo colpa della burocrazia -minimizza - si sa come vanno queste cose. Entrano 159 mila lavoratori, cioè gente che ha già un contratto di lavoro: se lo perdono, vanno via". Ma il numero dei flussi 2005 ha colto di sorpresa il Carroccio: le quote sia del 2003 che del 2004, sempre con il governo Berlusconi, non avevano mai superato i 79 mila ingressi con una forte presenza di lavoratori stagionali. Né il responsabile del Welfare vuole sentire parlare di critiche degli imprenditori soprattutto sulla distribuzione regione per regione dei flussi d’ingresso: "Noi ascoltiamo le Regioni, spesso le richieste delle associazioni imprenditoriali non sono fondate". Apprezzamenti da Giampaolo Landi, responsabile immigrazione di An: "Bene, è il più importante decreto flussi per quantità e soprattutto è interessante il modo in cui è stato articolato: ora però i lavoratori siano redistribuiti secondo le reali necessità di manodopera: Maroni faccia un adeguato monitoraggio". An e Udc pongono l’accento in particolare sulla "quota nella quota", cioè i 15 mila ingressi riservati a chi ha un contratto di lavoro domestico, cioè a colf e badanti. Ma proprio ieri un convegno della Cei e della Caritas a Roma sulle badanti ha denunciato la scarsa efficacia del sistema delle quote. "Provincia per provincia poi si fissano dei tetti di reddito - commenta Franco Pittau, coordinatore del dossier Caritas - È un percorso a ostacoli fare incontrare le richieste delle famiglie italiane con l’offerta dei lavoratori stranieri". I numeri del decreto per gli extracomunitari parlano di 51.800 ingressi non stagionali: di questi 21.800 sono suddivisi tra quei paesi con cui l’Italia ha stipulato o sta stipulando intese per la lotta all’immigrazione clandestina, ma c’è anche una quota di immigrati provenienti dai paesi colpiti dallo tsunami Sri Lanka e Bangladesh; dei restanti 30 mila la metà di ingressi riguarda appunto colf e badanti. Gli stagionali (cioè con contratti di tre o sei mesi) saranno 25 mila e anche per questi sono previste aree di provenienza, anche se chi ha già fatto lo stagionale in Italia ha una sorta di diritto di prelazione. Duecento sono poi i figli di cittadini italiani residenti in Argentina, Venezuela, Uruguay; infine 2.500 lavoratori autonomi, di questi 1.250 sono per coloro già in Italia ad esempio con un permesso di soggiorno per studio e che possono chiederne uno avendo intrapreso un’attività indipendente. Le modalità per l’ingresso registrano una novità: dopo la pubblicazione del doppio decreto in Gazzetta Ufficiale, i datori di lavoro potranno presentare la loro domanda alle direzioni provinciali del lavoro spedendole con raccomandata: fa fede la data e l’ora della spedizione. La domanda va compilata secondo i moduli già a disposizione presso gli uffici del lavoro: bisogna indicare il nominativo del lavoratore e tutti i dati del datore di lavoro oltre al tipo di contratto. L’incontro tra domanda e offerta secondo la legge Bossi-Fini avviene presso i consolati e le ambasciate all’estero. "In alcuni paesi è davvero un problema", ammette Maroni. Capitolo a parte per i 79.500 neo comunitari: la moratoria di due anni impedisce loro la circolazione libera nella Ue, anche se avendo pieno diritto di cittadinanza in Europa non possono sottostare alle espulsioni coatte o sanzioni.
Immigrazione: flussi 2005, ecco come saranno ripartite le quote Melting Pot, 26 gennaio 2005 Il decreto per lavoratori provenienti da paesi non appartenenti all’Unione europea limita gli ingressi nel modo seguente: 30.000 lavoratori subordinati non stagionali, di cui 15.000 colf e badanti. 2.500 autonomi, per le seguenti categorie: ricercatori, imprenditori (attività di interesse per l’economia nazionale), liberi professionisti, soci e amministratori di società non cooperative, artisti di chiara fama ingaggiati da enti pubblici o privati. Nell’ambito di questa quota, sono ammesse fino a 1.250 conversioni da studio a lavoro autonomo. 200, tra argentini, uruguayani e venezuelani, di origine italiana, iscritti in apposito elenco, per lavoro subordinato non stagionale o autonomo. 1000 dirigenti o lavoratori altamente qualificati, per lavoro subordinato non stagionale. 20.800 per lavoro subordinato non stagionale, così ripartiti: 3000 albanesi 3000 tunisini 2500 marocchini 2000 egiziani 2000 nigeriani 2000 moldavi 1500 cingalesi 1500 bengalesi 1500 filippini 1000 pakistani 100 somali 700 da paesi che concludano ulteriori accordi di riammissione. 25.000 stagionali, provenienti da Serbia-Montenegro, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Macedonia, Bulgaria, Romania, Tunisia, Albania, Marocco, Moldavia, Egitto, o già soggiornanti in Italia per lavoro stagionale nel 2003 o nel 2004. Possibili redistribuzioni di quote non utilizzate, dopo 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Il decreto per lavoratori neocomunitari prevede un tetto di 79.500 accessi al mercato del lavoro, per lavoro subordinato stagionale o non stagionale. I decreti dovrebbero essere pubblicati tra qualche giorno sulla Gazzetta Ufficiale. Il Ministero del lavoro dovrebbe diramare una circolare comprendente anche la modulistica, stabilendo che le domande possono essere spedite dal giorno successivo alla data di pubblicazione dei decreti in Gazzetta Ufficiale.
Colombia: assalto dei guerriglieri delle Farc a una prigione, 4 morti Ansa, 26 gennaio 2005 Quattro morti, 10 feriti e 20 detenuti evasi ieri in un attacco alla prigione di Picalena attribuito dall’intelligence a ribelli delle Farc. La prigione, nella città di Ibaguè, è stata squarciata dall’esplosione simultanea di molte auto, ha dichiarato un portavoce del dipartimento amministrativo per la sicurezza. "I responsabili del carcere con l’aiuto dell’esercito e della polizia stanno completando l’opera di ricognizione per determinare le conseguenze dell’attacco", ha aggiunto la fonte. CIC
Vietnam: 17 condanne a morte per traffico di eroina Ansa, 26 gennaio 2005 Un tribunale di Ho Chi Minh City ha condannato 17 persone alla pena di morte e 10 all’ergastolo colpevoli di traffico di 820 kg di eroina. Il Vietnam ha intrapreso una dura campagna contro il traffico di droga e ha la legislazione più severa in materia. La pena di morte è prevista in caso di possesso di 600 grammi di eroina. Il paese è spesso zona di passaggio della droga che viene dal "triangolo d’oro" (Thailandia, Birmania e Laos) diretta a mercati.
Detenuti: 5.900 usciti con indultino, 18.000 di troppo nelle carceri Ansa, 26 gennaio 2005 È gia finito l’effetto "indultino". Se nel 2003 c’era stato un calo delle presenze in carcere proprio in conseguenza del provvedimento, nell’anno appena trascorso il numero dei reclusi è tornato ad aumentare progressivamente sino a superare nuovamente quota 56 mila: nel dicembre scorso ha raggiunto la cifra di 56.406, a fronte di una capienza regolamentare di 43.523 posti. Il che significa che dietro le sbarre ci sono 15 mila detenuti in più rispetto a quello che consentirebbero le strutture penitenziarie. Ma non è finita: nello scorso anno per effetto di lavori di ristrutturazione e per carenza di personale negli istituti penitenziari c’è stata un’ulteriore riduzione di 3.301 posti letto. Tradotto in cifre, significa che complessivamente sono 18 mila i detenuti oltre la capienza. Il quadro emerge dalla relazione sull’amministrazione della giustizia del Ministero di via Arenula preparata per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005 e pubblicata sul sito Internet. In particolare sono stati 5.900 a lasciare il carcere per effetto dell’indultino, mentre 881 i detenuti stranieri espulsi per effetto della legge Bossi-Fini. Il 61 per cento della popolazione carceraria è rappresentato da condannati con sentenza definitiva, mentre il 37 per cento è imputato e il 2 per cento internato. La maggior parte di loro deve rispondere di reati contro il patrimonio (circa il 30 per cento del totale), di violazione della legge sulle armi (18 per cento) e sulla droga (16 per cento), di reati contro la persone (14 per cento). Nel 65 per cento dei casi i detenuti presenti hanno un’età compresa tra i 18 e i 39 anni. Il 43 per cento è analfabeta, o privo di titolo di studio o solo in possesso di licenza elementare. E nell’89 per cento dei casi il grado di istruzione non supera la scuola media inferiore. Il lavoro per i detenuti resta un’eccezione: i fortunati sono 14.227 (il 25 per cento del totale), dei quali ben l’80 per cento presta la propria attività alle dipendenze dell’Amministrazione; si tratta per lo più di lavori domestici e di manutenzione ordinaria dei fabbricati. Gli stranieri rappresentano il 31 per cento e di loro ben il 20 per cento proviene da Paesi del nord Africa (Marocco, Tunisia, Algeria) e da paesi della penisola balcanica (Albania. Romania e ex Jugoslavia). Per 1.439 di nazionalità albanese, giudicati in via definitiva, si spera nel trasferimento in Albania per effetto di un accordo siglato con il Paese delle Aquile e che è appena entrato in vigore.
Castelli: nessuna richiesta di parere al Csm su "Cirielli-Vitali" Ansa, 26 gennaio 2005 In merito alle notizie di stampa riguardanti una supposta richiesta di parere al Csm da parte del Ministro Castelli in merito al progetto di legge "Cirielli" attualmente all’esame del Senato, il Ministro precisa: "Contrariamente a quanto riportato da alcuni giornali, non ho mai richiesto questo parere al Csm. La legge 195 del 24 marzo 1958 che regolamenta la materia non prevede alcun obbligo di consultazione del Csm da parte del Ministro della Giustizia. Per cortesia istituzionale il Ministro ha sempre trasmesso al Csm, per avere un opportuno parere, le proposte di origine governativa. Poiché la cosiddetta "legge Cirielli" è un disegno di legge di origine parlamentare, il Ministro invaderebbe le prerogative di un altro organo costituzionale se assumesse iniziative della natura di cui sopra. Pertanto la notizia apparsa sui giornali di oggi relativamente alla trasmissione al Csm della "legge Cirielli" per un parere è priva di ogni fondamento".
Brescia: i giudici smentiscono, nessuna istanza per Mattia Ansa, 26 gennaio 2005 "Mattia non è uscito dal carcere e, finora, nessun legale ha presentato istanza di libertà". La Presidenza del Tribunale per i Minorenni di Milano interviene sul caso di Mattia, il diciassettenne che partecipò insieme ad un gruppo di coetanei alle sevizie e all’omicidio di Desirée nel settembre di tre anni fa. La notizia della concessioni di misure alternative di carcerazione, presso un comunità di recupero, era stata diffusa ieri dai legali di Mattia.
C.E.I.: per il nuovo anno ripensare la pastorale carceraria Ansa, 26 gennaio 2005 Il Consiglio permanente ha avviato un approfondimento sulla pastorale carceraria, che ha permesso di svolgere alcune considerazioni: "la valorizzazione del tempo del carcere quale tempo di espiazione, ma anche, e soprattutto, di ricostruzione umana e di riscatto; il necessario collegamento tra la realtà carceraria e la società civile con un coraggioso ripensamento del carcere, ricercando anche altre forme alternative di pena; la valorizzazione di itinerari formativi per agevolare, al termine della pena, il reinserimento nel mondo del lavoro; l’opportunità per i detenuti di essere accompagnati nel loro cammino di fede, nonché di essere coinvolti in progetti di solidarietà e carità".
Volterra: carcere a scena aperta, intervista ad Armando Punzo Vita, 26 gennaio 2005 Da 17 anni insegna teatro dietro le sbarre. Adesso i suoi attori possono anche esibirsi all’esterno. Intervista ad Armando Punzo. Ormai sono quasi 17 anni che trascorre le sue giornate rinchiuso nel carcere penale di Volterra. Ci è entrato nel 1988 "perché volevo fare teatro con dei non professionisti. E lì dentro mi sembrava ci fossero persone che potevano avere entusiasmo e tanto tempo a disposizione". Il regista Armando Punzo è da tempo un personaggio. Adesso lo è anche di successo. Il 2004 infatti è stato l’anno della svolta. Prima il lasciapassare che ha permesso alla sua Compagnia della Fortezza di esibirsi anche "fuori". Quindi il premio della casa editrice Ubu per "lo spettacolo dell’anno". I pescecani - ovvero quello che resta di Bertold Brecht recitato da una compagnia di attori detenuti: è davvero lo spettacolo migliore della stagione scorsa? Sì. Modesto da parte sua. Sicuramente sono stati messi in scena spettacoli più belli. Ma questo lavoro aveva un grande senso. Una grande urgenza. Un premio ti viene dato anche perché in un determinato momento rappresenti qualcosa di più. Noi siamo riusciti ad essere davvero specchio del mondo in cui viviamo. Abbiamo rappresentato un’umanità corrotta e malata. La religione e la politica vissute come le stiamo vivendo non sono portatrici di valori e allora va riazzerato tutto. L’esistenza stessa del carcere è la prova provata che qualcosa fino ad oggi non ha funzionato. Un tunnel da cui è possibile uscire? Sì. Nel momento in cui noi diciamo il male di questo mondo, offriamo la possibilità di pensare a una via di fuga. Oggi sembra che non ci siano alternative se non seguire il flusso. E invece no. La sopravvivenza stessa della Compagnia della Fortezza significa che è possibile intervenire sullo status quo. In questi anni la vita all’interno del carcere di Volterra è stata trasformata in modo radicale. Dopo il teatro è arrivata la scuola per geometri. E oggi Volterra è un caso pilota in Italia. Possibile che i migliori attori dell’anno siano dei non professionisti e carcerati per giunta? Bravi o non bravi, che noia! Non è questo il punto. Io ho incontrato uomini straordinari che nella vita, per colpe loro, sono costretti a ripartire da una posizione svantaggiata. Vedere quello che riusciamo a fare insieme mi sembra fantastico. E più per noi che per loro. La loro trasformazione è un segno di speranza straordinario per tutta l’umanità. Ricevendo il premio, il primo ringraziamento è andato alla polizia penitenziaria. Perché? Il carcere è stato inventato per contenere. Il teatro per aprire. È evidente che se gli agenti e la direttrice non fossero convinti tanto quanto lo siamo noi, in due giorni chiuderemmo. Dipende solo dal buon cuore dell’amministrazione quindi? No. Dipende da me che da 17 anni sono convinto di stare tutti i giorni lì dentro. Questo viene prima di tutto. Poi dipende dai detenuti, che partecipano e capiscono il valore di quello che fanno. Infine dipende anche dall’istituzione che ti ospita. Non dobbiamo nascondercelo. Gli attori sono pagati? Certo. Quando siamo in tournée vengono assunti per la durata delle rappresentazioni con il minimo sindacale: 65 euro al giorno più vitto, alloggio e contributi. Ma non tutti hanno il permesso per uscire in articolo 21. Il modello Volterra è esportabile? In qualsiasi posto. È solo un problema di dedizione, tempo e investimenti. Non credo vi sia un carcere o un motivo ragionevole per cui non farlo. Lei propone un teatro di denuncia che si avvale di testi anche complessi. Ritiene i detenuti culturalmente in grado di comprendere quello che fanno? Il teatro è lo specchio della realtà e quindi dovrebbe essere sempre di denuncia. Non condivido l’idea di un teatro che accompagna e sostiene la società. Il nostro compito è di far aprire gli occhi al pubblico. Quanto ai detenuti non sono certo soggetti scolarizzati. La comprensione del testo non è il risultato di un percorso accademico, ma di esperienze personali. Loro conoscono perfettamente quali sono e dove portano i drammi di questo mondo. Sono persone che hanno percorso strade sbagliate e che sanno distinguere intuitivamente il bene dal male. Dopo 17 anni come si riesce a conservare entusiasmo e motivazione? Non sopporto il buonismo. Se il mio obiettivo fosse di alleviare il peso della pena, sarei già stato vittima della frustrazione. Quello che voglio è fare teatro con persone che non fanno gli attori. Voglio dare un colpo allo stomaco a tutti i cliché del teatro convenzionale. Solo con questa prospettiva si può comprendere perché la mia motivazione è ancora più radicale che 17 anni fa. Il carcere mi occorre per mostrare quello che molti non vogliono vedere o che è difficile vedere. Subisce il fascino delle sbarre? Se vado via per qualche tempo, soffro. Però mi mancano le persone, non certo il luogo fisico. Con alcuni di loro condivido un’esperienza da 10 - 12 anni. Quando non li vedo rimpiango lo spazio e l’intimità che abbiamo creato insieme. Altri in questi anni sono usciti ed adesso fanno altri lavori, ma continuano ad esibirsi con noi. Dopo Brecht cosa ci aspetta? Ogni mio spettacolo è legato a quello precedente e a quello successivo da un filo rosso. Dopo aver rappresentato la summa del male, vogliamo cercare qualcosa di positivo in questo mondo. Per questo chiederemo aiuto a Pasolini.
Ravenna: una convenzione per le biblioteche carcerarie Ansa, 26 gennaio 2005 La Provincia di Ravenna, avendo sottoscritto nel 2005 una convenzione con alcuni istituti di pena per l’avviamento e il funzionamento delle Biblioteche in carcere, a partire dall’anno 2004 ha provveduto ad inserire nel Piano Bibliotecario provinciale che viene redatto annualmente, la Biblioteca della Casa Circondariale di Ravenna, allo stesso modo in cui sono inserite le altre biblioteche pubbliche e convenzionate della provincia di Ravenna. Questo riconoscimento ufficiale del servizio biblioteca in carcere ha permesso alla Direzione dell’Istituto che riceve annualmente la comunicazione, di inoltrare entro i termini previsti, le richieste dei bisogni della Biblioteca, utilizzando l’apposita modulistica predisposta dal Servizio Biblioteche provinciale. Per l’anno 2004 sono stati elargiti fondi per un Personal Computer in biblioteca e la relativa spesa è stata inserita nei finanziamenti del Piano Bibliotecario della Provincia di Ravenna. Continua è l’assistenza e il coordinamento della Provincia di Ravenna per le biblioteche convenzionate da parte del funzionario Angela Barlotti che si reca in biblioteca all’interno della Casa Circondariale di Ravenna il martedì mattina e che cataloga in SeBiNa (catalogo on line delle biblioteche italiane http://opac.provincia.ra.it/h3/h3/ase) i testi della Biblioteca stessa.
Venezia: è nata la prima lavanderia industriale carceraria Il Gazzettino, 26 gennaio 2005 È la prima lavanderia industriale carceraria, ed è l’unica a vantare un marchio di qualità: "Istituti di pena veneziani, manodopera di qualità". Che la direttrice degli istituti penali veneziani, Gabriella Straffi, sia una donna piena di idee e iniziativa per rendere più vivibile la vita nelle carceri veneziane è cosa ormai nota. Sua è l’idea di sviluppare un orto, un laboratorio di profumeria e un laboratorio di sartoria nel carcere femminile della Giudecca, iniziative che, grazie alle cooperative di volontariato carcerario, hanno riscosso un notevole successo. Ora con il valido aiuto della Cooperativa "Il Cerchio" è riuscita a far aprire ieri l’unica lavanderia industriale del centro storico, grazie al contributo economico offerto dalla Regione Veneto e dalla Provincia di Venezia (rispettivamente di 36mila euro e di 6 mila euro per l’acquisto di lavatrici ed essicatoi industriali), nonché al sostegno del Comune di Venezia che con i fondi della Legge speciale ha coperto il 70 per cento dei costi per l’adattamento del sistema di depurazione delle acque. Ora si spera che il marchio di qualità venga presto esteso anche agli altri prodotti carcerari. "Ringrazio la Cooperativa "Il Cerchio" per aver voluto illustrare nella Sala del Consiglio comunale i due nuovi progetti di lavanderia e di sartoria della Casa di reclusione donne alla Giudecca perché questo è un segnale dell’unità che c’è tra città, cooperazione, istituzioni". Ha detto la presidente del Consiglio comunale, Mara Rumiz, aprendo ieri a Cà Farsetti, l’incontro per la presentazione della iniziativa, presenti l’assessore comunale alla Legge speciale, Paolo Sprocati, l’assessore regionale alle Politiche sociali, Sante Bressan, l’assessore provinciale alle Attività produttive, Giuseppe Scaboro, il presidente della Cooperativa "Il Cerchio", Gianni Trevisan, la direttrice degli Istituti di Pena di Venezia, Gabriella Straffi. "Un servizio innovativo, che anticipa i tempi, e che potrà fare scuola nel settore della cooperazione sociale veneta per lo spirito d’iniziativa dimostrato a favore delle detenute e della città", è stato il commento di Sante Bressan, Assessore regionale alle politiche sociali, a nome della Regione. "È una fase di stagnazione della produzione industriale - ha ricordato Bressan -. L’esempio di successo portato avanti dalla Cooperativa sociale "Il cerchio" dimostra che è nell’innovazione la carta vincente anche per il terzo settore. Questo sosterrò con forza nell’incontro che ho promosso lunedì prossimo a Venezia con il Parco Solidale del Terzo Settore del Veneto". "Con l’Associazione Granello di senape continueremo a lavorare per i tre istituti di pena cittadini - ha detto Trevisan -, ma stiamo cercando commesse private, tra gli alberghi o ospedali, che sicuramente non mancheranno in una città a forte connotazione turistica dove servizi di lavanderia sono molto richiesti. Il marchio di questa nuova struttura è caratterizzato da due mani che si cercano e si sfiorano, a simboleggiare il valore sociale di un’operazione del genere che noi abbiamo chiamato "lavanderia solidale"".
Reggio Calabria: continua il progetto "giovani e legalità" Asca, 26 gennaio 2005 Continua la serie di conferenze, organizzate nell’ambito del progetto del comune di Reggio Calabria, denominato "Giovani e Legalità", curato da Salvatore Mazzeo, consigliere tecnico del Sindaco per la diffusione della legalità. L’iniziativa, sviluppata dall’Amministrazione, guidata dal Sindaco Giuseppe Scopelliti, è indirizzata agli studenti delle scuole medie e superiori cittadine per aiutarli ad intraprendere un percorso formativo nel quale il significato di legalità, appunto, diventi il motore principale di quella che sarà la comunità civile del domani. Dopo l’interessante dibattito di venerdì scorso alla scuola media "Dante Alighieri" di Catona, il secondo appuntamento si terrà domani mattina, alle ore 9.00, alla scuola media "Gebbione - Bevacqua". Un momento d’incontro durante il quale esponenti delle istituzioni, delle forze dell’ordine e del clero si confronteranno con i ragazzi. Le gravi problematiche derivanti dall’uso e lo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope - spiega un comunicato - i reati tipici della devianza giovanile, quali, il furto, la rapina e la detenzione ed uso di armi; la cultura dei valori della vita e lo sviluppo della coscienza civile sono alcuni degli argomenti sui quali relazioneranno e risponderanno il Sostituto Procuratore presso la Dda di Reggio Calabria, Santi Cutroneo, il tenente dell’Arma dei Carabinieri, Francesco Rampielli e padre Umberto Papaleo. Il programma, oltre ai dibattiti che coinvolgeranno gran parte delle scuole del territorio comunale, prevede un concorso per la realizzazione del "Calendario della legalità 2006" e la creazione di un portale ad hoc, consultabile tramite il sito Internet del comune di Reggio Calabria.
Vicenza: incontro per conoscere meglio la realtà carceraria Giornale di Vicenza, 26 gennaio 2005 Secondo appuntamento, organizzato dalla biblioteca civica e l’assessorato alla cultura del comune di Carrè, dedicato alla realtà carceraria. Questa sera alle 20.30 il presidente dell’Associazione di volontariato "Utopie Fattibili" Claudio Stella, racconterà al pubblico presente la sua esperienza personale come volontario all’interno di un carcere, facendo luce sulle diverse manifestazioni del volontariato che interessano questa realtà. Una testimonianza importante quella di Stella perché la voce di chi ha del carcere un’esperienza quotidiana e diretta, può rappresentare per chiunque di noi uno stimolo a superare certi astratti pregiudizi, per entrare in contatto con la sofferenza, la noia, la quotidianità del carcerato. Per l’attualità degli argomenti l’invito è aperto a tutta la cittadinanza, soprattutto al pubblico più giovane. L’incontro si terrà nella sala consiliare di via Roma.
Roma: elettricista "dimenticato" in carcere e liberato da polizia Il Messaggero, 26 gennaio 2005 Recluso a Rebibbia. Tutto ok se si fosse trattato di un carcerato alle prese con l’espiazione della giusta pena. In questo caso, invece, ad essere rinchiuso dietro le grate e sepolto nei sotterranei è toccato ad un elettricista dimenticato da un dipendente del carcere. L’uomo, 50enne, doveva lavorare all’impianto elettrico nei sotterranei. È stato scortato da un civile che lavora nel complesso. Il dipendente ha aperto cancellate su cancellate. Avrà usato una decina di grosse chiavi per portare l’elettricista nel sotterraneo. Poi, come da copione l’ha chiuso dentro per ragioni di sicurezza con la promessa che alle 16 sarebbe venuto a riprenderlo. Invece, il lavoratore è stato dimenticato nelle viscere del carcere. "Ho avuto una paura da matti - ha detto l’uomo alla polizia -. Mi sono messo a gridare ma inutilmente: le porte blindate attutivano ogni mia richiesta d’aiuto. Mi ha salvato il cellulare che aveva campo solo per comporre il 113". Il poliziotto che ha preso la telefonata in un primo momento è rimasto stupito. Sentiva una voce flebile. "Sono nei sotterranei di Rebibbia. Fate qualcosa, mandatemi a prendere", diceva l’uomo al cellulare. Non è stato facile neanche capire in quale tratto di sotterraneo fosse l’elettricista. È rimasto rinchiuso per un’ora. Alle 17 ha sentito le serrature aprirsi segno che qualcuno lo stava per liberare. "Non avete idea di cosa ho provato - ha detto il "sequestrato" alla polizia -. Mi sono sentito male al pensiero di passare la notte là sotto".
Agrigento: i detenuti si tassano per un aiuto all’Asia La Sicilia, 26 gennaio 2005 Hanno certamente i loro problemi. Chiusi in carcere, magari con difficoltà personali e familiari. Ma hanno anche loro un cuore, forse anche più sensibile di quanti stanno bene e non capiscono i problemi di chi soffre. Così hanno avviato una raccolta di fondi per contribuire alle gravissime emergenze delle popolazioni del sud-est asiatico. Questa l’iniziativa promossa dai detenuti ristretti nella Casa Circondariale di contrada Petrusa, che si sono dimostrati particolarmente sensibili verso i tragici avvenimenti che si sono abbattuti sulla popolazione del sue est asiatico il 26 dicembre scorso. "I detenuti, fortemente scossi dalla calamità che ha colpito quelle popolazioni e animati da uno spiccato spirito di solidarietà - dice Giovanni Giordano, direttore dell’Area - hanno voluto farsi promotori di una raccolta di fondi. Sono stati raccolti 843 euro che, per scelta degli stessi detenuti, abbiamo provveduto ad accreditare a favore della Croce Rossa Italiana". Un’altra iniziativa tesa a dimostrare che davanti a fatti tanto catastrofici, emerge il desiderio di offrire un contributo per aiutare che si trova in difficoltà. E i detenuti della Casa Circondariale, nelle loro possibilità, hanno voluto offrire il proprio contributo.
Porto Azzurro: reclusi raccolgono mille euro per vittime maremoto L’Isola, 26 gennaio 2005 Anche dietro le sbarre del carcere di Porto Azzurro non si è rimasti insensibili alla tragedia che, il 26 dicembre scorso, ha colpito le popolazioni del Sud-est asiatico. Appreso dai telegiornali dell’immane catastrofe, alcuni detenuti si sono subito attivati per organizzare, con l’approvazione della direzione dell’istituto di pena, una colletta tra i compagni di detenzione in favore delle popolazioni colpite dallo tsunami. L’iniziativa è stata accolta con sincera partecipazione da tutti. Ognuno ha offerto quel che poteva, molti detenuti che lavorano saltuariamente e quindi non percepiscono un salario mensile fisso, magari avendo sul proprio conto corrente anche solo dieci euro, non ci hanno pensato due volte e ne hanno offerti cinque. È stato un gesto spontaneo, che ben dimostra come anche tra i condannati alle pene più lunghe e perfino all’ergastolo, il sentimento di umana solidarietà e di partecipazione alle tragedie degli altri fa sempre breccia nel cuore di uomini che la società troppo spesso etichetta soltanto come reprobi, soggetti da separare dalla vita sociale. La messe è stata ricca e povera allo stesso tempo. Povera, anche perché le possibilità dei reclusi, per i quali autentiche possibilità di lavoro normalmente retribuito sono da tempo cadute sotto la mannaia dei tagli alla spesa pubblica, comprimendo al minimo i loro salari (mediamente 250 euro al mese), sono palesemente al di sotto della soglia nazionale di povertà. La loro colletta ha infatti consentito di raggranellare a fatica mille euro. Ma al tempo stesso ricca, perché il poco donato da un povero in favore di un altro povero è assai più del molto offerto dal ricco per lo stesso povero.
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