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Impressioni da Jenin, Plestina
by ilnonsubire Tuesday, Aug. 20, 2002 at 8:05 PM mail:

Alcune impressioni e racconti di vita e della situazione di Jenin.

CIaociAO
il "pellegrinaggio" per la Palestina in cerca di progetti da aiutare o alla caccia dei contatti precedenti ci porta con non poche difficolta di viaggio e spostamento a Jenin. Ci tocca per forza di cose attraversare Israele per arrivarci. La differenza del paesaggio è talmente netta da far crescere la rabbia. In Israele, stesso clima e stesso terreno, tutto è verde, tutto è splendente, le case stanno bene, si vedono ristoranti e belle autostrade, giardini e boschi. A loro è permesso avere acqua ed elettricità in abbondanza, le stesse che Israele nega ai Palestinesi ed impedisci ad averli da altri paesi limitrofi. Passano si intravedo gli israeliani con in braccio i loro M16 nuovi di zecca. In silenzio e sotto il caldo continuiamo il viaggio. Il tempo stringe e il coprifuoco di Jenin sta per iniziare, proviamo allora ad entrare da un'altra parte, non prevista, ma ci imbattiamo in un vero e proprio accampamento militare proprio alle porte di Jenin. Si vedono carri armati, porta truppe, jeep, e soldati in grande quantità. Anche loro tutti armati fino ai denti. Ci guardano male e a malapena ci rivolgono la parola con la strafottenza classica dell'invasore... "conoscete qualcuno a Jenin?" No ovviamente. "Israele non vi è piaciuta? Perchè andate a Jenin? E' pericoloso, c'è la guerra." Gonfi della loro forza distruttiva e della loro impunibilità si mettono anche a giocare a calcio in mezzo a un bel campo verde. Noi ripartiamo alla volta del checkpoint di Jalama. Oramai siamo fuori orario e non ci crediamo più. Invece senza problemi si passa, non ci chiedono neanche il passaporto.
Cambiamo taxi subito dopo il checkpoint come è d'abitudine oramai. La strada principale è fuori uso e ci tocca passare dai campi dove si vedono i primi segni del passagio dell'esercito. Case rase al suolo, campi distrutti dal passagio dei carri, un paesaggio vuoto e silenzioso. "Da qui spesso passano i carri quando entrano in città, e qua entrano sempre, ogni giorno."
Dai i primi racconti notiamo un'atmosfera diversa dal solito, delle emozioni diverse, un modo di vivere l'intifada diverso.
Nei 3 giorni successivi capiremo il perchè. A Jenin è successo di tutto, l'esercito ha lasciato poco. Ma la città resiste, ha resistito e continua a resistere. Anche l'esrcito israeliano ora ha "paura", entra solo con i carri e con i mezzi pesanti, non scendono quasi mai dai mezzi e non si fanno vedere in faccia. Hanno paura di ripicca a causa dell'odio e della morte che loro stessi portano ogni volta che entrano in città. Qua la resistenza ancora è forte, ma sopratutto nessuno sa esattamente quanti siano e chi siano i partigiani, dove abitano e dove si spostano. Qua ogni famiglia ha un partigiano combattente, è il modo di viversi la resistenza, la strada è comune e si lotta insieme, tutti. La resistenza qua tiene dentro tutte le fazioni politiche palestinesi, da Al-Fatah fino alla Jihad islamica. Jenin non è assolutamente sotto il controllo israeliano.
Qua è morto ucciso un famossissimo generale israeliano, qua sono stati danneggiati moltissimi carri armati e mezzi blindati, qua sono morti il numero piu alto di soldati israeliani. La resistenza è molto indebolita da 6 mesi di occupazione, ogni giorno e ogni notte gli israeliani penetrano con decine e decine di mezzi a distruggere case e ad arrestare compagni combattenti più o meno importanti.
Rimaniamo storditi da tutti questi racconti, sembra quasi una storia lontana.
Troppe cose non ci tornano. Troppe cose, scopriremo ci mancano per capire. Ma dopo i primi racconti, quando la notte e il buio prendono possesso della città iniziamo a intuire cosa e come si vive in questa città, come Dheishe, martoriata da 6 mesi di coprifuoco e occupazione. Arrivano
i carri armati, questa volta grossi e tanti. Trema tutto, si sentono da molto prima con il rumore che aumenta sempre di piu. Se spengono le luci delle case quando il rumore si fa davvero forte.
Li sentiamo vicinissimi. Passano e il rumore si affievolisce ma non smette, in lontananza si sentono le accellerate, il cambio, le curve. Si sentono i primi colpi di fucili e di mitra e si sentono le prime risposte palestinesi. Poi una serie di botte sequenziali e si vede del fumo, una telefonata ci avverte che gli israeliani stanno sparando su una scuola di bambini. Si vede del fumo. Proviamo a riprendere la situazione ma il buio è troppo forte e la scuola è lontana. Si pensa a cosa fare, ma un'altro fortissimo rumore ci distoglie la concentrazione, questa volta viene dall'alto, sono due F-16. Rabbia, tanta rabbia cresce in tutti noi. Ma non possiamo fare niente. E ci lasciamo addormentare dopo altre ore di discussione e racconti con i palestinesi di qua. Il giorno dopo sfidiamo il coprifuoco... ma qui è normale. La vita deve continuare e i negozi e il mercato sono aperti. I carri arrivano da fuori e c'è abbastanza tempo per smontare e chiudere tutto prima del loro arrivo come se niente fosse. Entriamo nella città vecchia per prima e le nostre "guide" ci mostrano le case abbattute dall'esercito, tante, troppe. Giriamo balorditi sapendo che quello che stiamo vedendo è solo l'inizio di quello che vedremo dopo... il "ground zero" di Jenin come viene chiamato qua. Usciamo dalla Casbah attraversando il caotico mercato e ci avviamo verso il campo. Iniaizamo a vedere e capire cosa ci aspetterà dentro... ma mai ce lo potremmo immaginare. Si vedono i primi segni del bombardamento.
Palazzi e case dilaniate da bombe e da proiettili. Ogni dove un'apertura nel muro, quando va bene. Ci addentriamo nel campo e la situazione peggiore, aumentano le case senza muro, aumentane i buchi di proiettile, aumentano i vuoti e le macerie... saliamo su un palazzo occupato dall'esercito con l'ausilio degli elicotteri.. si sono calati dall'alto e da li hanno sparato dentro le altre case creandosi un vuoto attorno a se stesso. o provandoci. della casa sonoi rimasti i segni della distruzione: il buco di una missile apache, i proiettile e i buchi delle bombe.Scendiamo e giriamo l'angolo... troppo presi dall'interno della casa non avevamo guardato fuori... il vuoto... Siamo nell'ex centro del campo profughi di Jenin... almeno 15.abitanti...prima... ora 9.000 circa... il centro
non c'e' piu'. Intere montagne di macerie da cui spiccano ogni tanto gli scheletri dei palazzi... si intavedono le sedie e i tavoli in mezzo al cemento, ai ferri, ai muri, ai sassi. E' uno spettacolo impressionante... L'immagine della distruzione toale. Forse un km di raggio, forse piu forse meno... difficile valutare mentre ci cammini in mezzo, attorno, dentro... mentre sali sui palazzi circostanti per guardare dall'alto... tutti danneggiati e da buttare giu
prossimamente perche pericolanti... Dentro la montagna di macerie e morte si intravedono operai e ruspe al lavoro... un lavoro che con quei mezzi e con questi tempi forse non finira' mai.
Impossibile immaginere lo scenario degli oltre 10 giorni di incursione israeliana qua dentro che hanno provocato tutto cio. Non c'e' un palazzo rimasto in piedi che non abbia un muro bucato, un tetto distrutto, le scale pericolanti, finestre divelte. E questi sono i palazzi ancora in piedi
e ancora abitati. Il resto e' macerie. La c'era la reistenza... ol;tre 300 combattenti armati fino ai denti di ogni fazione politica: Al-Fatah, le brigate di Al-Aqsa, il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, la Jihad islamica, Hamas e il fronte democratico. In 300 per oltre 10giorni hanno tenuto in scacco matto 600 carri armati, jeep, migliaia di soldati, apache e F-16. Finche non si e' deciso di cancellare ogni possibilita'... radendo tutto al suolo.
"La sotto sappiamo che c'e' un corpo di un vecchio che era sulla sedie a rotelle, abbiamo trovato solo la sedia". Ci raccontano degli ultimi 15 combattenti che hanno resistito fino all'ultimo da dentro un palazzo proprio al centro del ciclone di fuoco. Israele ha dovuto dare militarmente il "meglio" di se per vincere la resistenza di questa città. E' difficile rendere a parole quello che abbiamo visto, le sensazioni provate davanti ai resti di tanto odio e tanta violenza.
Giriamo e giriamo. Occhi, telecamere e macchine tografiche prese a registrare ogni angolo... i numeri scritti sulle case rimaste in piedi per censire lo stato delle case e i lavori da fare nel campo... le scritte sui muri chiare e limpide... le famiglie che vivono in case diroccate... e i
bambini, presenti ovunque in Palestina... sono la sua forza probabilmente.
Un gruppo di questi mi porta in casa e mi mostra da dentro quello che da fuori si poteva solo immaginare... ancora dstruzione, macerie, buchi... e proiettili, tanti roiettili ovunque. Proiettili di un M-16, proiettili di un Apache, missili di un carroarmato, bombe. I resti di una violenza a senso unico.
Piombo, odio e soldi per piegare un popolo che non ne vuole sapere di cedere e zittirsi. I bambini mi fanno salire e mi mostrano i resti della loro casa. Tutto da rifare... buttare giu e ricostruire velocemente. Scendiamo di nuovo e mi portano dentro un'altro cumulo di macerie, uno scheletro di una palazzo... la dentro c'erano alcuni combattenti... ne rimane poco della casa sennon nero, buchi e macerie. Ma non solo... dentro i resti delle armi della resistenza... un cumulo di piccole bombette, polvere da sparo e proietili. Niente a che vedere con quello visto prima. In ogni sua forma, e sopratutto in questa, il capitalismo mostra la sua omnipotenza... i soldi portano a tutto, anche qui. Le poche armi dei combattenti in prevalenza vengono dalla mafia, il resto da militari israeliani feriti o uccisi durante un combattitemto.
Continuiamo a girare per il campo allontanonci da quei metri di distruzione e lo scenario non cambia di molto.
Questa volta i palazzi sono ancora tutti in piedi, ma per miracolo davvero. Veniamo invitati nuovamente dentro i resti di quella che chiamano ancora una casa... senza due pareti e col "tetto bucato". Ci offrono del the e ci raccontano. Ci "fanno visita" e vengono a salutarci molti
compagni del campo. E' un momento molto toccante. Ci raccontano della violenza durante l'attaco e di quella successiva quando l'esercito ha arrestato tutti gli uomini dai 17 ai 45 anni. Tutti portati in carceri di massima sicurezza dove hanno ricevuto ulteriori umiliazioni attraverso torture fisiche e psicologiche da manuale. Lo stato democratico di Israele, come viene visto da noi Occidentali, non ha niente da invidiare i metodi cileni. Botte, insulti, fame, violenze di ogni tipo e sopprusi per giorni o mesi nel migliore dei casi. Tanti sono stati poi liberati, tanti no.
CI parlano ancora una volta di quanto resisteranno fino alla fine. Non c'è altra soluzione per loro che resistere. L'Occupazione, per quanto se ne volgia dire e far finta di
pacificare, c'è e continua... ma deve finire.
Ci allontaniamo piano piano dal campo per tornare in città. Ancora racconti di violenze e sopprusi fino a sera quando nuovamente sentiamo i carri armati rientrare in città, nel campo. Alla fine faranno un morto, l'ennesimo bambino di 12 anni cancellato con un colpo alla testa. In alcuni facciamo la pazzia di uscire di notte e tornare nel centro. Vediamo ai lati cruciali della città i combattenti armati, i partigiani palestinesi, pronti ad avvisare il quartiere dell'arrivo dei soldati... pronti a rispondere a ogni loro
provocazione. Molti sono raggazzi giovanissi, alcuni gia coi segni della guerra addosso. Giriamo a luci spente e sentiamo i colpi dovunque. Sentiamo anche dei forti botti. Il compagno che ci guida ci esplica le differenze, quando sono gli israeliani a colpire e quando i palestinesi. Ci
soffermiamo per un po' con alcuni di loro. Ci raccontano e ci parlano della resistenza e di cosa sperano dopo, della loro appartenenza politica e dei loro lutti familiari. I carri si avvicinano e velocemente ci RImuoviamo. Pericoloso tornare a casa perche i carri sono proprio in strada ora,
ne stanno arrivando degli altri e si sentono benissimo, rumore indistiguibile dentro una città deserta e silenziosa. Lo fanno per terrorismo psicologico ci dicono. Alla fine porterannoa casa io bottino di un bambino e 5 case distrutte.
Torniamo verso casa dopo una serie di raffiche e esplosioni vicinissime. Per pochi attimi non incrociamo il passagio dei carri sulla strada di casa.
Ci addormentiamo con il rumore di guerra sempre presente e cosi ci risvegliamo, ma la radio invece parla di un'accordo di pace tra Israele e l'ANP. Israele lacia Gaza e Betlemme, Arafat promette di interrompere gli attacchi kamikaze contro israele, in caso contrario "niente, si ritorna". Ma intanto a Nablus, Tulkarem e qui a Jenin l'esrcito entra e ammazza.
Un ragazzo giovanissimo e' morto dietro casa nostra durante uno scontro tra la resistenza e l'esercito israeliano.
L'esercito si sposta e decide di entrare nel campo. Noi deciamo di arrischiarci e seguirlo. Gli spari sono fortissimi e continui. Intere raffiche di mitra e colpi di cannone si susseguono.
Vediamo i carri che entrano nelle stette vie del campo, gia martoriato, per colpire a caso, senza pieta'. Il popolo risponde, dai bambini con le loro pietre ai combattenti coi loro fucili. Ci troviamo nel mezzo con lo scopo di documentare la violenza imposta da Israele. Ci troviamo
davanti uno scenario inimmaginabile, un popolo che si vede che soffre la guerra e la sua violenza da troppo tempo, quasi abituato alle smitragliate e alle bombe. Non e' certo una guerra classica questa.
Alla fine altri 4 feriti di cui uno molto grave. Deve essere operato, e' uscito dal coma ma e' ancora grave... un colpo sotto il petto, a sinistra. Il medico dice che ce la fara'. La citta' quindi si muove verso l'ospedale una volta che i tank lasciano la citta', la incontriamo il ferito e lo salutiamo prima dell'operazione. SAlutiamo la madre che gia' ha perso un figlio durante l'attacco di Aprile. All'ospedale la situazione e' surreale, dovunque manifesti di palestinesi uccisi, dei martiri e delle violenze di Israele, un'intero ospedale, anch'esso danneggiato dai bombardamenti, ricoperto di segni di morte. Bambini, donne e combattenti.
Qua la situazione non cambia. Torniamo a casa sotto pieno coprifuoco. Ancora racconti e discussioni coi palestinesi, questa volta parlano della pace e dicono che non ci credono.
Capiamo il perche, lo vediamo, lo sentiamo.
Qua la guerra, l'occupazione e l'umiliazione continuano.

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