La manifestazione di Gradisca D’Isonzo deve diventare un’occasione di partecipazione e protagonismo di tante realtà che considerano la chiusura e il sabotaggio del CPT di Gradisca come un obiettivo primario per le lotte dei precari di tutta Europa.
Per i diritti di cittadinanza Appello per la manifestazione contro il cpt di Gradisca
Guerra/democrazia: un paradigma che descrive il conflitto sociale nel tempo dell’Impero Global_VeneziaGiulia - Venerdì 18 febbraio 2005
Tra pochi giorni si terrà a Gradisca D’Isonzo una manifestazione contro il costruendo Centro di detenzione e identificazione più grande del nord-italia, una manifestazione a cui stanno aderendo da tutta Italia molte realtà associative, sindacali, partitiche. Da una parte la lunga lista di adesioni, al di là di quelle sinceramente irricevibili come nel caso dei poliziotti del SILP ( motivo che ci ha spinto a non firmare il manifesto “ufficiale” ) ci incoraggia a costruire per il 26 febbraio una grossa partecipazione delle comunità migranti autorganizzate della provincia, dall’altra ci da lo stimolo e la voglia di porre alcune questioni per noi centrali e che fino adesso non sono state trattate negli incontri e nelle assemblee per preparare la manifestazione del 26. La manifestazione di Gradisca D’Isonzo deve diventare un’occasione di partecipazione e protagonismo di tante realtà che considerano la chiusura e il sabotaggio del CPT di Gradisca come un obiettivo primario per le lotte dei precari di tutta Europa contro l’attuale e articolata organizzazione del lavoro, di cui frontiere, CPT, deportazioni sono dispositivi di regolazione e governo della forza-lavoro, come lo sono la legge Biagi, le 32 tipologie di contratti precari, la mancanza di reddito e di accesso ai servizi fondamentali, l’uso di mobilità e flessibilità solo da parte dei padroni contro i diritti di lavoratori e lavoratrici. Come lo sono le leggi per la privatizzazioni di saperi e conoscenze, lo sfruttamento aziendale del ciclo della formazione. Questa organizzazione del lavoro capitalistico opera su spazi produttivi di tipo sociale, in cui la fabbrica è il territorio, la città, il continente. I migranti non possono essere considerati “solo” vittime di leggi razziste o “cattive”, ma sono a tutti gli effetti soggetti sfruttati e messi al lavoro secondo le logiche della precarietà sociale. La precarietà sociale definisce l’aspetto generale e non particolare di una condizione estesa all’intera società. Molti, anche a sinistra, vorrebbero i migranti come soggetto separato, incapace di uscire dalla sua condizione di “eccezionalità” verso una unità delle lotte del precariato. Vorrebbero che il migrante fosse “il povero immigrato” su cui esercitare la buona coscienza “democratica”, magari dopo aver sottoscritto leggi che lo condannano al contratto di soggiorno, rendendo precaria fino in fondo la sua vita. Il percorso di mobilitazione contro i CPT, non comincia nè tantomeno finisce sabato 26 febbraio. Nel territorio in cui si sta costruendo questo CPT come in tutta italia esistono da tempo realtà di movimento che si mobilitano quasi quotidianamente per veder riconosciuti i pieni diritti di cittadinanza a tutto il precariato migrante, anche nella nostra regione di confine non sono mancate negli ultimi mesi manifestazioni, presidi e iniziative di lotta.
Il NO ai lager per migranti si è concretizzato nelle mobilitazioni per il rilascio dei permessi di soggiorno, nelle manifestazioni davanti le Questure, Prefetture, Tribunali ecc., alla mille battaglie individuali e collettive vinte contro la Bossi e Fini, con il protagonismo diretto dei migranti, in piena autonomia e attraverso forme di autorganizzazione.
Il NO ai lager per migranti si materializza nelle lotte nei posti di lavoro, nelle vertenze contro i licenziamenti o nei soprusi di stampo etnico, nel conflitto contro la legge 30 e nei tentativi di dare solidarietà e continuità di reddito ai precari discriminati per il colore della loro pelle o dalla loro provenienza. IL NO ai lager per migranti prende senso e diventa concreto quando le famiglie o i lavoratori migranti decidono di autoassegnarsi una casa o un centro d’accoglienza per riuscire a liberarsi dal ricatto continuo degli affitti fuori controllo e dal razzismo dei proprietari immobiliari.
Il No è anche il sabotaggio, l’azione diretta, contro questi lager, che a Gradisca, in due occasioni, è giàstata praticata e speriamo possa ancora esprimersi. Si è trattato di azioni giuste e necessarie.
La giornata del 26 febbraio entra quindi a far parte del nuovo ciclo di lotte globali che si affaccia e che nello spazio europeo si concretizza con l’appello per fare del 2 Aprile una giornata comune di azione diretta e mobilitazione contro i Centri di detenzione per migranti, la militarizzazione delle frontiere, i dispositivi di controllo e deportazione del precariato migrante. La nostra partecipazione alla manifestazione di Gradisca è un passaggio di contributo e costruzione verso il 2 Aprile per arrivare insieme a tanti e tante a quella che si preannuncia come la più partecipata e consapevole mobilitazione del precariato europeo che si svilupperà nell’ambito della EuroMayDay ’05, con decine di città europee che si riempiranno del senso nuovo che il Primo Maggio sta assumendo per molti e molte precari@ in questi ultimi anni.
E’ lo stesso senso nuovo che diamo anche a concetti come “guerra” e “democrazia”. Guerra è il Cpt di Gradisca, guerra è l’imposizione di politiche di controllo e sfruttamento degli esseri umani, guerra è la repressione continua del diritto al dissenso. Democrazia non è ciò che può convivere con la guerra. O meglio questa è la “democrazia reale”, quella che nasce e si forma insieme alla guerra, quella che vede affiancate elezioni e carriarmati. Vi può essere vera democrazia nelle nostre città se vi costruiscono dei lager? Noi crediamo di no. La democrazia diventa tale se respinge la guerra, se vi resiste, se toglie spazio ad essa, se punta ad essere assoluta e non limitata o subordinata all’esistente. Il paradigma guerra/democrazia deve esprimere un conflitto, non un rapporto di convivenza o peggio, di attrazione tra una dimensione e l’altra. L’ibrido guerra-democrazia è il futuro che l’Impero ci vorrebbe imporre. Lo scontro guerra/democrazia è quello per cui noi lavoriamo collettivamente.
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