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La paura tra i soldati italiani
by SARA MENAFRA Sunday, Mar. 06, 2005 at 5:19 PM mail:

L'Unac: «Telefonate di militari spaventati per questa sparatoria»

ROMA

Si sono spaventati, i militari italiani. Tra l'altra sera e ieri mattina più di uno ha chiamato il call center dell'Unac - l'associazione dei carabinieri che ha più volte protestato contro la permanenza degli italiani in Iraq - per chiedere spiegazioni su quanto accaduto e raccontare la propria agitazione. «Un conto è quando un terrorista si fa esplodere davanti alla caserma e un altro pensare che a sparare possano essere gli americani, quelli che dovrebbero proteggerti le spalle», dice Michele Garau segretario regionale dell'Unac della Sardegna, una delle regioni da cui parte il maggior numero di militari coinvolti nella missione. Dalle parti dell'Arma e dell'Esercito nessuno si azzarda a mettere tra virgolette ipotesi su quanto sia realmente accaduto. Ma certo, aggiunge Garau «la situazione di rischio si è triplicata». «L'avevamo già detto. Le condizioni ormai in Iraq sono troppo instabili per pensare che il nostro contingente possa rimanere nel territorio. Ed ora lo pensiamo ancora di più».

In realtà in Iraq il contingente italiano entra difficilmente in contatto con quello americano. La zona di Bassora, dove si trova anche Nassiriya e quindi la base Camp Mittica di Tallil, è sotto il controllo degli inglesi. E per di più ormai da mesi gli italiani sono di fatto confinati nel loro compound, da cui escono solo per brevi perlustrazioni ma quasi sempre tenendosi ben lontani dalla città di Nassiriya. Anche l'incidente costato la vita a Simone Cola è stato particolarmente sfortunato, visto che la missione di appoggio in cui è morto il giovane elicotterista è stata una delle poche in cui sono stati coinvolti gli italiani negli ultimi mesi. Una iniziativa di appoggio al contingente portoghese, quella del 21 gennaio, in cui l'elicottero su cui viaggiava Cola avrebbe dovuto fornire una semplice copertura.

Il quadro non è cambiato neppure quando, circa un mese fa, a Nassiriya sono arrivati i Mangusta, i super elicotteri da combattimento con una potenza di fuoco di quaranta colpi al secondo e che per il momento non sono stati affatto impegnati nel territorio.

«Il pericolo "americano" per i nostri militari c'è, soprattutto perché i giovani marines mandati in Iraq sono terrorizzati e si muovono partendo dall'ipotesi che le vittime civili irachene non hanno alcuna importanza per l'opinione pubblica americana», spiega Francesco Bernardi, brigadier generale brigadier dell'Esercito italiano in congedo assoluto e direttore della webzine Paginedidifesa.it. E aggiunge: «Poi c'è un problema di fondo: non ci sono procedure concordate su come i nostri militari si debbano muovere in zone sotto il controllo americano, dato che abitualmente non ci siamo. E' per questo che in parte incidenti del genere, nel caso di militari italiani inviati a Baghdad, potevano e possono essere prevedibili anche a prescindere da questo incidente».

Da qui a dire che la missione italiana in Iraq potrebbe cambiare in qualche modo per quanto accaduto o che i tempi potrebbero essere ripensati ce ne corre. «Parlano di exit strategy - conclude Bernardi - ma l'invio dei Mangusta vuol dire mandare un segnale che va in direzione opposta».

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