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UNA FOTO CONTRO LA GUERRA
by viviana Sunday, Mar. 27, 2005 at 9:35 AM mail: vivianavivarelli@fuoriradio.com

Mand auna tua foto con un cartello che dice: No alle armi, o di te davanti alla bandiera della pace.

Lo voglio fare anch'io: Campagna ControlArms (www.controlarms.org) Amnesty International ha organizzato una raccolta di foto di visi di pacifisti, lo fa insieme a Oxfam e Rete Italiana per il disarmo (www.disarmo.org). Lo scopo è raccogliere entro giugno 2006 un gigantesco mosaico di fotografie. Primi piani di uomini, donne e bambini che esibiscono un cartello contro il commercio di armi che ogni anno uccide milioni di persone o si fanno fotografare davanti alla bandiera della pace. Ogni minuto che passa un uomo muore ucciso da un'arma. La campagna prende spunto da quella americana con cui migliaia di cittadini degli Stati uniti si sono fatti fotografare con un cartello "Sorry", per chiedere scusa al mondo per la rielezioni di Bush. www.sorryeverybody.com Ora l'esperimento si allarga a decine di paesi per convincere i governi a sottoscrivere un trattato mondiale contro il commercio delle armi. La richiesta, appoggiata da 20 premi Nobel per la pace, è stata lanciata in Italia dalla Provincia di Roma durante la presentazione del libro "Il commercio delle armi. L'Italia nel contesto internazionale" di Chiara Bonaiuti, Francesco Terreri e Achille Ludovisi, edito da Jaca Book. «L''Italia è il quarto produttore e il secondo esportatore mondiale di armi leggere, ed è molto probabilmente italiana anche l'arma che ha ucciso Nicola Calipari», denuncia Tonio Dell'Olio, coordinatore dell'associazione Pax Christi. «Tutti i marines americani di stanza in Iraq, infatti, hanno in dotazione una pistola Beretta 92 - continua Dell'Olio - Non è un caso che il premier Berlusconi abbia proposto l''ingegner Beretta come ambasciatore italiano negli Stati Uniti». La corresponsabilità dell'Italia emerge soprattutto da un dato: oltre il 90% delle vittime dei conflitti odierni è provocato proprio dalle armi leggere, impiegate soprattutto nei conflitti del terzo mondo. Secondo i dati diffusi dall'Onu, tra il 1990 e il 2000 le sole armi leggere hanno causato nel mondo più di 5 milioni di morti, la metà dei quali bambini. «La realtà ci dimostra che nessun prodotto viene fabbricato se non per essere usato» prosegue Dell'Olio «tutto quello che le industrie producono è interesse delle stesse industrie che venga poi utilizzato. E dunque, bisogna fare in modo di limitare il commercio di armi se si vuole limitarne l'utilizzo». «La produzione mondiale di armi ha subito un'accelerazione con l'11 settembre e la guerra in Iraq. Dopo l'attacco alle Torri Gemelle parlare di disarmo è diventato un tabù. Le nazioni occidentali sacrificano sull'altare di una concezione di sicurezza basata esclusivamente sulla forza militare risorse ingentissime, mettendo a rischio il welfare e lo sviluppo. Chi ci guadagna è solo l'industria bellica, che in pochi anni ha visto lievitare i propri fatturati. Nel 2003 le spese militari mondiali sono cresciute dell''11%: un tasso di incremento quasi doppio rispetto al già notevole 6,5% del 2002. Nel 2004 sono arrivate a 956 miliardi di dollari, di cui metà spesi solo dagli Stati Uniti d''America. Una cifra più alta del debito complessivo di tutti i paesi poveri. Ora nel mondo c'è un'arma ogni dieci persone, e la diffusione continua a crescere. alimentando un circolo vizioso di impoverimento dei paesi del sud del mondo: il paradosso è che dal 2002 i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sono responsabili del 90 per cento della vendita di armi nelle zone più devastate dai conflitti: Medioriente, Asia, America Latina e Africa. «Uno dei punti più preoccupanti della questione è che il commercio di armamenti tende sempre più ad affrancarsi dal condizionamento delle leggi e della politica. Anzi, sono gli interessi delle lobby delle armi a influenzare le scelte dei governi». È l'analisi di Giovanni Melillo, magistrato della direzione nazionale Antimafia, esperto di traffici d'armi. Inoltre, gli accordi relativi al commercio di armi sono spesso circondati da riservatezza se non da segretezza e difficilmente i reali termini delle negoziazioni sono noti. Per questo si pone un problema di controllo democratico». Tanto più che il commercio di armi tira in ballo altri interessi, muovendo le fila dell'intera economia. Lo spiega Francesco Terreri, presidente di Microfinanza: «Bisogna tener conto della convergenza di diversi interessi. Il commercio delle armi è legato a quello di petrolio, dell'oro, del legname, dei diamanti». «La nostra legislazione è vecchia di 30 anni e ad oggi non disponiamo di nessuna forma di controllo sugli intermediatori internazionali di armi» conclude Dall'Olio. «Occorre migliorare gli strumenti legislativi e di trasparenza. La società civile in Italia ha una lunga tradizione di lotta al commercio legale e illegale di armi; la maggior parte delle vittime di un conflitto si contano fra le popolazioni civili, ed è logico che siano queste a mobilitarsi».

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